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Giovanni Battista Casti Animali parlanti IntraText CT - Lettura del testo |
Sorge di là dal Gange, in non ben nota
oriental contrada, immensa rupe
affatto inaccessibile e remota
da uman commercio, ed ha profonde e cupe
caverne in sen, di fere antico albergo,
e di sassi e di sterpi ha ingombro il tergo.
Sgorga dal fianco dell'alpestre masso
fonte, che nel camin rompesi e casca
romoreggiando giù pei borri al basso,
fino al muscoso sen d'amena vasca:
quivi nel gran calor sovente a bere
van le anelanti sitibonde fiere.
Da questa si diraman due ruscelli
che bagnan della rupe entrambi i lati,
ed inaffiano i fiori e gli arboscelli
sparsi sui verdeggianti erbosi prati,
cui fa confine impenetrabil bosco
di foltissime piante ombroso e fosco.
Su per montagne asprissime la selva
si dilata d'intorno e si distende
per lungo tratto, a ogni feroce belva
covo ed asilo; ivi principio prende
dei monti Altai, cui l'occhio siegue appena.
Questa è la reggia ove il Lion si tenne;
l'antro maggior per le adunanze elesse,
per feste a Corte o funzion solenne;
e destinò due spelonchette annesse,
l'una a servir per camera da letto,
l'altra per studio e affar di gabinetto.
In un altro contiguo appartamento,
più comodo e più vasto, il qual s'unia
del Lione al suddetto alloggiamento
per mezzo d'una bella galleria,
pomposamente ad abitar fu messa
Ogni quartier d'intorno fu assegnato
alle primarie cariche di Corte
ed ai ministri e consiglier di stato;
e anditi, corridor, passaggi e porte
di comunicazion costrutte furo
pel più pronto servigio e più sicuro.
Ampia inoltre al di fuor terrazza e loggia
fa comodo e piacer a chi v'alloggia;
quindi il Lion de' sudditi animali
potea bear l'impaziente affetto,
talor mostrando il suo sovrano aspetto.
Avanti alla magnifica terrazza,
per pubblici spettacoli o gran festa,
evvi rotonda e spaziosa piazza,
d'onde menan fin dentro alla foresta
due gran viali a dritta e a manca; e tutto
fu con gran speditezza a fin condutto.
Di questo architettonico lavoro
tutta la presidenza e la primiera
direzion suprema ebbe il Castoro;
era egli amfibio e di spezie straniera,
dal re Lion fu non ostante eletto
della Corte real primo architetto.
Poichè non s'era ancor il patriotico
uso fra quei quadrupedi introdotto,
che al nazional, benchè ignorante e zotico,
il forastier, benchè perito e dotto,
per savia economia debba a ogni costo
e indispensabilmente esser posposto.
Il re qui vive: e, benchè re, pretesto
o sotterfugio non cercò, e mantenne
la sua parola al Cane, e molto è questo:
e a vero dir, poichè l'intento ottenne,
se fatto re da ogni dover disciolto
non si credette, ancora questo è molto.
Preso a quattro occhi il Can: rammento assai
gli disse quanto oprasti a favor mio;
grato ti son e il guiderdon ne avrai.
A te pertanto confidar vogl'io
l'onor, la gloria e gl'interessi miei:
primo ministro mio fin d'or tu sei.
Il Can, con tonde ed ampollose frasi,
gli fece un bel ringraziamento in prosa,
poichè bravissimo era in questi casi,
e disse a lui: sopra di me riposa;
io farò che di te, delle tue glorie
risuonino le favole e l'istorie.
E inver quantunque il Can soffrisse alcune
eccezioni e avesse alcun difetto
(Poichè chi mai d'ogni difetto è immune?
chi mai nel mondo si può dir perfetto?),
avea però quanto bramar si de'
da un Can ministro d'un Lione re.
Er'egli, per esempio, un po' mordace,
un po' burbero, un po' provocativo,
un po' avido, un po' falso, un po' vorace,
un po' arrogante, un po' vendicativo;
ma questi difettuzzi io non li conto
de' suoi massimi meriti in confronto.
Franco simulatore e disinvolto,
ripieghi avea prontissimi e compensi;
di core imperturbabile e di volto
sapea volger suoi detti in vari sensi,
e in questo, non minor di Cicerone,
spesso avea torto, e aver parea ragione.
Con aria grave e gran prosopopea
presso i creduli e sciocchi ammiratori
darsi importanza e credito sapea,
e celar l'imperizia e i propri errori,
e a tempo fomentar l'altrui speranza,
e trar profitto dalla circostanza.
Inoltre fatto avea studio profondo
sull'indol del padrone e sui talenti;
l'animo e il cor ne conosceva a fondo,
e destramente cogliere i momenti
sapea per meglio fare il suo negozio,
nè l'adulazion lasciava in ozio.
Tutto questo, a dir vero, era eccellente
per farsi presso il popolo baggiano
nome di gran ministro ed eminente,
e anche presso un padron superbo e vano.
Del resto poi sapea che teorie,
regole, probità son scioccherie.
Quanti perciò politici sublimi,
che arbitri son delle vicende umane,
dell'arte ignoran gli elementi primi
e appena san quel che sapea quel Cane;
ma se riescon poi nelle lor viste,
in questo il punto essenzial consiste.
Che il Can ministro dal sovran favore
nomato fosse, a' suoi rival non piacque:
se gli armò contro gelosia, livore,
e la mordace satira non tacque.
Ministro un Can! dicean gli animaleschi
zoili un Can ministro? or sì stiam freschi.
Ma sopra ben diverso altro registro
s'accordavan le voci universali,
e in lode del sovrano e del ministro
composer Poesie quegli animali;
prova che in certi casi consueti
fin d'allor gli animali eran Poeti.
Molti antiquari poi computi fero
di genealogia con studio e zelo,
e provar che lo stipite primiero
di lor famiglie provenia dal cielo,
d'onde di bestia in bestia erane poi
discesa un'immortal mandra d'Eroi.
Sopra dati perciò di fe sì degni
prese forse la Grecia occasione
di por fra gli astri e fra i celesti segni
il sirio Can presso il nemeo Lione.
Animalesca nobiltà! voi dite,
Follie! ma pria di farmi accusa, udite.
Che il Lion nobil sia non è mestieri
provar, che luogo negli stemmi egli ebbe
di prenci, di repubbliche e d'imperi.
Sol farsi al Can difficoltà potrebbe;
credo però d'aver trovato il modo
per della obbiezion sciogliere il nodo.
Vero è ch'esiste una cert'aura, un germe,
uno spirto purissimo nel sangue,
una specie d'etereo immortal verme,
o elettricismo tal che mai non langue,
che a certuni nell'intime midolle,
uom sia, sia bestia, ognor fermenta e bolle.
Ciò per altro non è mica comune
a ogni bestia e ad ogni uom. Vi son degli uomini,
v'erano allor, vi sono anche oggi alcune
bestie, senza ch'io quelli o queste nomini,
che han l'esclusiva di tal privilegio;
e in ciò di nobiltà consiste il pregio.
Chi sa se un giorno un fine microscopio
nel sangue nobiltà non scopra forse,
come nel sol le macchie il telescopio,
e laghi e monti nella luna scorse?
Dirassi allor che genealogia
non è che aristocratica mania?
Ogni corpo sul suo vicin diffuse
gli effluvi suoi: l'effluvio lionino
perciò nel Can la nobiltà trasfuse.
quindi chi a un prence o a un gran sovran vicino
stassene ognor, se non sovran, ben spesso
nobil diviene, e talor prence anch'esso.
Ciò non ostante convenir si dee,
che quando il re Lion montò sul soglio,
s'avean di nobiltà confuse idee,
nè della lor genealogia l'orgoglio
con i computi suoi rimontò mai
oltre secoli mille, a dire assai.
Nè mai potè l'araldica più dotta
origine fissar per retta linea
limpida, immacolata ed incorrotta,
o discendenza obbliqua e consanguinea,
oscura, imperscrutabile ed eterna,
come ognor fa la nobiltà moderna.
Non convien dunque che in silenzio passi
che, giunto al trono, il suddito bestiame
divise il re Lion tutto in due classi,
onde poi nel quadrupede reame
vi fur, com'or fra i popoli europei
piccioli e grandi, nobili e plebei.
La nobil classe comprendea i rapaci,
sanguinari, carnivori, gagliardi,
Lion, Tigri, Pantere e Leopardi,
rinoceronti, Giraffe, Elefanti,
che fra gli altri animai sembran giganti.
Costor distinzion, prerogative,
titoli, esenzioni e privilegi,
e tutti ottenner tosto i favor regi;
e fra loro il sovran trascelse poi
i cortigiani e i favoriti suoi.
Nella ignobile classe eran gl'imbelli,
timidi, inermi, deboli, piccini,
Daini, Lepri, Pecore ed Agnelli
e Conigli e Scojattoli e Armellini
e altri che utili sono o mal non fanno,
e ognor tranquilli e placidi si stanno.
Tosto costor dagli animai maggiori
come lor proprietà fur riguardati,
e dagl'impieghi esclusi e dagli onori,
i potenti a nutrir fur condannati
coll'opra, coll'industria e col lavoro,
e infin col sangue e colle carni loro.
Ed in sequela di sì bei sistemi
fra i quadrupedi sparve ogni eguaglianza;
tutto fu eccesso e tutto andò agli estremi:
quivi fu avvilimento, ivi arroganza:
i timidi di qua, di là i protervi;
d'una parte i padron, dall'altra i servi.
Ma il cortigiano in quella reggia altiera
non essendo che inetto ed ozioso,
qualche ignobil talor ammesso v'era,
come animal più attivo e industrioso;
e allor, con onorifico diploma,
grande il sovran lo crea, nobil lo noma.
E se avvien mai (poichè il favore in Corte
varia fu sempre e sempre instabil cosa)
se avvien mai che per merito o per sorte
ivi talun da stato vil pervenga,
e del sovrano i favor primi ottenga;
gl'invidi, altieri cortigiani allora,
che lo sdegnavan prima e aveanlo a schivo,
e allor pur anche, se possibil fora,
l'avrian sbranato e divorato vivo,
l'onorano, e con animo servile
prestangli ossequio vergognoso e vile.
Ma nel crear la nobiltà brutale,
crear volle il Lion sostegni e appoggi
come fan saviamente anche i re d'oggi;
che, se interesse del sovran non sia,
ogni interesse è nullo in monarchia.
Comunque sia però, tosto ch'eletto
fu il re Lion, più giorni a chiuse porte
standosi col ministro in gabinetto,
scelse quei per le cariche di Corte,
che per l'antica lor brutalità
sostenerne potean la dignità.
Prima araldico fer rigido esame
di molti ch'io per brevità non nomo,
cercando nel quadrupede bestiame
chi 'l luminoso onor di maggiordomo
con nobiltà sostenga e con decoro,
e fu a quel posto alfin promosso il Toro.
Antico autor, di tai materie pratico,
scrive che a tempo suo correa la voce
ch'ei stato fosse un animal salvatico,
grande, robusto, indomito, feroce,
che volgarmente, in itala favella,
o Toro o Bue selvatico s'appella.
Venuto a Corte, la natia rozzezza
ivi depose, ingentilissi e prese
tuon dignitoso, e con nobil fierezza
il suo grado sostenne, e non discese
ad atto vil, nè mai (raro prodigio)
di Corte ai vizi fu indulgente o ligio.
Vedendo poi per ogni regia stanza
un animal sì contegnoso e bello
con aria passeggiar di padronanza,
scelta sì degna d'un real cervello
inver d'alcuni l'amor proprio punse,
ma la difesa il pubblico ne assunse.
Lodar gli esterni pregi e i pregi interni,
la presenza, il vigor, le corna sue,
da farsi rispettar dai subalterni;
Che se poscia dicean diventa Bue,
successor se gli trova, o sostituto,
o se gli aggiunge un altro animal cornuto.
Fu poi creato gran cirimoniere
un grosso Bertuccion, che da fanciullo
s'era di cose tai fatto un mestiere,
sol per suo passatempo e per trastullo,
e lezie e scorci e lazzi e smorfie in guisa
facea talor, ch'era un morir di risa.
Si vuol che desse quello Scimiotto
al cerimonial le leggi prime
e avesse a certe regole ridotto
quel mestiero scimiatico sublime,
e riposte etichette e riverenze
nella categoria delle scienze.
Parver buffonerie tai cose avante,
ma l'adottar le lionine corti,
e divennero gravi e sacrosante;
due passi più o men lunghi, più o men corti,
un inchino talor più o men profondo
capace è di mandar sossopra il mondo.
Ma per le ragion dell'universo
tante le scimie son, piccole e grandi,
di pel, di forma e di color diverso,
che udir parmi talun che mi domandi
a qual specie di scimie ed a qual classe
il nostro gran cirimonier spettasse.
Questo per appurar punto di critica
gli affatto ignoti altrui scartabellai
scrittor della brutal storia politica;
e ch'er'allor cirimonier trovai
scimia che or cinocefala si dice,2
di Moco e Ceilano abitatrice.
Specie di collaron, di cappamagna
gli forma il lungo pel, qual porta indosso
ne' gravi riti; e attorno al capo un grosso
parruccon qual l'avean, Dio gli abbia in gloria,
veneti Pantalon buona memoria.
Veggiamo in fatti un gran cirimoniere
anche alle corti della specie nostra,
che per la dignità del suo mestiere
fra venerate liturgie si mostra
con qualche metamorfosi bizzarra
collaron, parruccon, toga o zimarra.
Poscia un gran ciamberlan dovea nomarsi,
e carica quella è di confidenza,
che del Lione assistere al levarsi
ogni mattin dovea con sua presenza:
onde dal Can per quel geloso posto
fu soggetto adattissimo proposto.
Sire disse al Lion per tale impiego
un soggetto mirabile, eccellente
hotti a propor, nè creder già, ti prego,
ch'io tel proponga perchè è mio parente.
mai sopra me potrà interesse infame:
piuttosto mi vedrai crepar di fame.
Oltre la fedeltà, che somma è in lui,
egli è d'ameno umor, gaio, giocoso;
onde se mai turbasse i sonni tui
cura, indigestion, pensier noioso,
in lui sempre il mattin, quando ti levi,
avrai chi ti diverta e ti sollevi.
Dubbio non v'è che aver taluno pronto
d'elettrizzar capace il buon umore,
cosa non sia da farsene gran conto
da qualunque gran prence o gran signore:
piuttosto lascerò che il mondo pera,
che il mio sovran veder con trista cera.
Ebben! chi è costui? chiese il Lione:
e il Can rispose: Il Can Barbone è quegli.
E il Lion sorridendo: Il Can Barbone!
Ah! lo conosco il Can Barbon, diss'egli;
e fu con beneplacito sovrano
nomato il Can Barbon Gran Ciamberlano.
Buon vivente è il Barbon, buon diavolaccio,
e ciascun persuaso era, a dir vero,
ch'ei molto ben si leveria d'impaccio.
Gli amici suoi lodar la scelta, e fero
pel regno Lionin voti concordi
agli dei, che talor sono un po' sordi.
Ma siccome vediam che tutto giorno
della Corte il favore invidia crea,
furtivamente sussurrar d'attorno
s'udia talor voce maligna e rea:
O deluse lusinghe! o voti vani!
che più resta a sperar? regnano i cani.
Ma voler tor dai stati i malcontenti,
è voler che non nasca erba ne' campi;
prenci e sovrani hanno un bel far portenti:
da popolo inquieto il ciel ci scampi.
popol capace di capir non v'è,
ch'ei più felice è suddito che re.
Che se un re poi (se pur vi son re tali)
l'altrui tranquillità distrugge e turba
(Sempre intendo parlar dei re animali),
potrebbe dir l'animalesca turba:
se di star meglio è in mio poter, non veggio
ragion per cui tenermi io debba al peggio.
Ma il caso nostro non è mica questo;
che il Lion non ancor di lagno o d'odio
avea motivo alcun dato o pretesto.
So però ch'io propendo all'episodio,
e vado col pensier frullando attorno,
ma presto o tardi, onde partii, ritorno.
Dovea nel nuovo regno in vista aversi
oltre a un ben regolato ordine interno,
la sicurezza pubblica e i diversi
rami d'un vigil provvido governo;
in somma ciò che in gallica favella
oggi police anche fra noi s'appella.
Che a vero dire nel linguaggio tosco
voce o termine alcun che abbia la stessa
significazion non lo conosco;
perchè inutil ci par la cosa espressa:
ma se la cosa avrem, di che io non dubito,
un vocabolo poi si forma subito.
Dunque di tal police un presidente
voleasi, e chi ne avesse i requisiti,
trovar non si potea sì facilmente
fra gli animai più accorti e più scaltriti,
sicchè, l'esame essendosene fatto
si conferì tal presidenza al Gatto.
Ch'ei simula sì ben, che qualunque altro
furbo simulator non lo pareggia;
osserva, indaga, scopre astuto e scaltro;
e par che a nulla badi e nulla veggia;
e quando del suo fatto è ben sicuro,
fa il colpo, nè mai sbaglia, anche all'oscuro.
Nelle sorprese ed improvvisi assalti
attivo e pronto, e benche stiasi ascoso,
per tutto agil si trova in quattro salti.
Dilicato non è, nè scrupoloso:
la data fede e l'importun riguardo
mai non gli fu d'ostacolo o ritardo.
Sa inoltre ognun quant'egli osserva ed ama
la nettezza e la pubblica decenza,
e chi police animalesca brama
non ha che il gatto per tale incombenza.
basta veder con qual pudor cert'opra
che vuol natura ei col zampin ricopra.
Non crediate però che un gatto ei fosse
di quei di cui fra noi comune è l'uso;
feroce aspetto avea, pupille rosse,
candido il pel, nera la coda e il muso,
grande, terribil per li lunghi baffi,
pei denti acuti e per gli adunchi graffi.
Sire il Can soggiungea dee, se ti piace
capitan della guardia esser eletto
bestion, col grave esterior capace
di contener la folla e impor rispetto,
che starsi alla difesa ognor si veggia
della persona tua, della tua reggia.
So che trovar non puoi in tutto il regno
chi sia dell'Elefante a ciò più adatto;
ma colui troppo se n'è reso indegno
con quell'insigne e pubblico misfatto:
e tu per legge inviolabil dei
punir severo e non premiare i rei.
Degno il Lion rispose è d'alta lode
colui che un regno a governar imprende,
se le sue prime gesta illustrar gode,
e commendabil per virtù si rende.
Giusto è che il fallo sia punito sempre,
ma la punizion clemenza tempre.
Il Cane, ch'era un po' vendicativo,
com'io già vi dicea, da quel benigno
pensiero Lionin fu punto al vivo;
come può, ricompone il muso arcigno;
risponde poi: tu parli da par tuo.
ma giustizia aver debbe il luogo suo.
Ed il Lion: che non gli sia permesso,
in pena del gravissimo disordine
in pubblica assemblea da lui commesso,
a Corte comparir sino a nuov'ordine.
E il Can: L'escludi sol da questo loco?
E il Lion gravemente: e ti par poco?
E se intanto qualche altra impertinenza
ei non commette con quel suo nasaccio,
e non abusa della mia clemenza,
capitan delle guardie ancor lo faccio,
giacchè ad impiego tal ti par sì adatto.
E il Cane allora: Il tuo voler sia fatto.
Inoltre il regio interprete s'elesse;
non già perchè, come fra noi si suole,
l'estere lingue interpretar dovesse,
ma perchè dall'equivoche parole,
dagli sguardi del principe e da' moti
ne interpretasse i sentimenti ignoti,
e capisse qualor sotto apparenza
di virtude incorrotta e di giustizia
e di sovrana natural clemenza,
la scelleraggin covi e la nequizia,
e qualor sotto il suon di menzognero
benigno sì nascondasi un no vero.
scelser la Lince dalla vista acuta,3
per l'agil sua velocità famosa,
e per l'istinto traditor temuta:
poichè improvvisa addosso a un tratto giunge,
e la ferocia al tradimento aggiunge.
Nè sol vigile attenta osservatrice
esser dovea d'intenzioni arcane,
non interprete sol, ma esecutrice;
e per compir le volontà sovrane
a dar gli ordini allor rapida gia
o per se stessa gli ordini eseguia.
che, credendo ottenuto l'intento,
vedean deluse le speranze loro;
nè comprendean lo strano cangiamento,
per cui tutto all'opposto accadea spesso
di quel che il re poc'anzi avea promesso.
La Lince, per poter più prontamente
eseguir le sovrane intenzioni,
assidua all'udienze era presente.
e a tempo che regnarono i Lioni,
in sommo onor carica tal si tenne,
ma in oggi inutilissima divenne.
che dei sovrani l'interesse allora
non era dei lor sudditi interesse.
pur il sovran dovea parere ognora
che l'interesse loro a core avesse;
laonde un animal, benchè buon sire,
per ragion di mestier dovea mentire.
Perciò era allor fra gli animai regnanti
la finzion comune e la menzogna;
ma in oggi cose son sol pe' birbanti,
e vitupero fan, non che vergogna;
oggi la bocca d'un sovran che parla,
bocca di verità possiam chiamarla.
E se ad analizzar noi vorrem porci
i lor pensieri, le parole e l'opre,
ed i minimi moti e infin gli scorci,
vedrem che in tutto verità si scopre,
ed una tal semplicità d'idee
ch'edificarci e consolar ci dee.
L'immutabilità di lor promesse,
l'infallibilità dei loro detti
su prove omai troppo evidenti e spesse
stabilita veggiam: sian benedetti!
Han sempre al cor l'espression conformi:
sulla lor fe vivi sicuro e dormi.
Provvisionier certo animal fu eletto
d'aureo pel, che col nome di famiglia
Jakal dagli Zoografi vien detto:4
a grossa volpe e a lupo assai somiglia,
onde, per ben distinguerlo da loro,
soprannome gli dier di Lupo d'oro.
Erra la notte e il grido suo spaventa
il passaggier che l'ode alla lontana;
se incontro viengli altro animal, s'avventa
ratto per divorarselo e lo sbrana;
odia la luce, e non sì tosto aggiorna
che a rimpiattarsi entro il covil ritorna.
Ma Gran Provvisionier, Gran Siniscalco
tenor di vita allor cangiando, il Falco
prese per ajutante e la Faina,
e ben provvista per la regia mensa
tenne ognor la cucina e la dispensa.
Provvisionieri poscia e fornitori,
fra le specie di bipedi animali,
mostraron, nell'età posteriori,
talenti a quei dello Jakal eguali;
e non dirò per qual ragione e come
di Lupi d'oro han meritato il nome.
Regie foreste e regi parchi avere
voleasi inoltre, e pena impor di morte
a quei che osasse o carpir foglia o bere
negli esclusivi pascoli di Corte;
e acciò suprema ispezion ne avesse,
il Caracal gran cacciator s'elesse.5
Ed ei l'impiego esercitando anche oggi
di quel re de' quadrupedi alle cacce
assiste per gli adusti arabi poggi
o sui libici piani, e ognor le tracce
seguendo va di fuggitive prede,
che al Lione famelico provvede.
Il regio Grattator nomaron poi,
ch'era uno allor de' più distinti impieghi,
ma in uso non essendo oggi fra noi,
giusto è che con chiarezza io ve lo spieghi;
perocchè troppo in pratica e in teorica
amante io son dell'esattezza istorica.
Egli è in natura, e non pensier poetico,
che qualsisia sovran, bestia o non bestia,
talor risenta pizzicor, solletico,
che prude e rode, e che gli dà molestia
in tal parte, in tal sito, ove non giugne
a potervi applicare i denti e l'ugne.
Or saria caso inver straordinario,
che un sovran non si gratti ove gli prude:
un grattator gli è dunque necessario.
e da ciò si deduce e si conclude,
che, in cotanta di cariche abondanza
quella del grattator è d'importanza.
Lo Scojattol però credetter degno
d'esser creato grattator di Corte,
che di grattar con arte avea l'ingegno,
or piano, or presto, or lieve, or forte:
gratta ciascun, chi non lo sa? Si tratta
sol di saper se bene o mal si gratta.
Se il re Lion dicevagli, o la moglie:
Scojattolo, vien qua, grattami un poco;
quei, sempre pronto alle sovrane voglie,
tosto gli rispondea: Sire, in che loco?
Più qua... più là... più giù... più su... costì;
e quegli lo grattava appunto lì.
Oltre il pubblico regio Grattatore,
la Lionessa (almen così si dice)
perchè in lei più frequente era il prudore,
una secreta avea sua grattatrice:
dama d'onor per tal mestier perciò
una bella Scojattola creò.
Ma voi ridete udendomi in tal guisa
serio parlar di non più udito impiego:
cessin però l'inopportune risa,
e non vogliate regolar, vi prego,
sì leggermente li giudizi vostri
su quello sol che accade a' tempi nostri.
Quante inutili cariche, e con quanto
fatuo splendor al volgo abbaglian gli occhi,
e or tanto ambite e venerate tanto
dall'infinito numero dei sciocchi,
passeran presso i nostri discendenti
per ridicole smorfie inconcludenti!
Oltre di che, havvi sicuro indizio,
che in certe corti tuttavia sussiste
di Grattatrice e Grattator l'offizio:
la differenza solo in ciò consiste:
fra le bestie era pubblico e solenne;
nè so perchè secreto oggi divenne.
Forse perchè oggi ancor fra gli animali
si soglion sodisfar pubblicamente
come grattar, quando prudor si sente;
celare ai sguardi pubblici procura.
Di quel sagace Can non deggio omettere
il bel pensier che tanto onor gli reca:
promover volle ed onorar le lettere,
erigendo una regia biblioteca
acciò potesser gli studenti tutti
esser colà pubblicamente istrutti.
Erano allora i lor pensieri espressi
per via di certi convenuti segni
colle lor zampe rozzamente impressi
in assicelle, in tronchi informi, in legni;
e questi, giusta i loro istoriografi,
suppliano, o bene o male, ai nostri autografi.
Da queste fonti trassero di poi
China, India, Egitto e tutto l'Oriente
le cifre e i geroglifici, che noi
nelle guglie vediam presentemente,
nei monumenti de' Sesostri re,
nei bronzi e nelle scatole da the.
Or di tai pezzi esser dovea composto
quel pubblico deposito di codici,
che si dovean raccorre ad ogni costo
per l'orbe tutto con dispendi immodici,
da qualsisia collezion privata,
o da qualunque bestia letterata.
Come poscia a suo tempo in Roma feo
Attico e Pollione, e in Alessandria
così il Can radunò d'autor la mandria,
per cui fino d'allor fu necessario
eleggere il real bibliotecario.
Fra molti esser dovea pertanto scelto
qualche animal che i bassi palchi e gli alti
de' scaffali trascorra agile e svelto,
e ratto or su, or giù rampichi e salti:
la cosa in somma in due parole accorcio,
eletto fu bibliotecario il Sorcio.
Lo che può a maraviglia al chiaro porci
della ragion per cui le librerie
fan la delizia anche oggidì de' sorci;
e s'annidan sì ben nelle scanzie,
e la disperazion son dei librai;
perchè il lor gusto non perdetter mai.
E negli avidi lor studi famelici
rodon Platoni, Omeri ed Aristoteli,
le Sacre Bibbie ed i dottori angelici,
ed estirpar lo spazzator non puoteli,
e con lavori corrosivi e spessi
si fan la nicchia entro gli autori stessi.
E come per lo più vano, ignorante
di biblioteche il possessor, l'erede,
solo del lusso esteriore amante,
volumi ammassa e là non pon mai piede;
bibliotecari sorci ancora adesso
ne godono il pacifico possesso.
Questi son fatti, nè cercar fa d'uopo
più solenni argomenti e più specifici
per ispiegar, perchè sovente il topo
mirasi primeggiar fra i geroglifici:
simbolo esser vi può sì letterario
quanto quel d'un real Bibliotecario?
Ciò dico solo acciò talun non creda
che a voi pretenda bubbole spacciare;
ma la ragion di quel ch'io dico veda,
e che amo, grazie al ciel, le cose chiare;
perciò, quanto vi dissi, lo provai;
contro v'è poco a dir, ma poco assai.