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Giovanni Battista Casti
Animali parlanti

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CANTO TERZO

 

LA CORTE DEL RE LIONE

 

Sorge di dal Gange, in non ben nota

oriental contrada, immensa rupe

affatto inaccessibile e remota

da uman commercio, ed ha profonde e cupe

caverne in sen, di fere antico albergo,

e di sassi e di sterpi ha ingombro il tergo.

 

Sgorga dal fianco dell'alpestre masso

fonte, che nel camin rompesi e casca

romoreggiando giù pei borri al basso,

fino al muscoso sen d'amena vasca:

quivi nel gran calor sovente a bere

van le anelanti sitibonde fiere.

 

Da questa si diraman due ruscelli

che bagnan della rupe entrambi i lati,

ed inaffiano i fiori e gli arboscelli

sparsi sui verdeggianti erbosi prati,

cui fa confine impenetrabil bosco

di foltissime piante ombroso e fosco.

 

Su per montagne asprissime la selva

si dilata d'intorno e si distende

per lungo tratto, a ogni feroce belva

covo ed asilo; ivi principio prende

la vasta interminabile catena

dei monti Altai, cui l'occhio siegue appena.

 

Questa è la reggia ove il Lion si tenne;

l'antro maggior per le adunanze elesse,

per feste a Corte o funzion solenne;

e destinò due spelonchette annesse,

l'una a servir per camera da letto,

l'altra per studio e affar di gabinetto.

 

In un altro contiguo appartamento,

più comodo e più vasto, il qual s'unia

del Lione al suddetto alloggiamento

per mezzo d'una bella galleria,

pomposamente ad abitar fu messa

sua real maestà la Lionessa.

 

Ogni quartier d'intorno fu assegnato

alle primarie cariche di Corte

ed ai ministri e consiglier di stato;

e anditi, corridor, passaggi e porte

di comunicazion costrutte furo

pel più pronto servigio e più sicuro.

 

Ampia inoltre al di fuor terrazza e loggia

attenente alle camere reali

fa comodo e piacer a chi v'alloggia;

quindi il Lion de' sudditi animali

potea bear l'impaziente affetto,

talor mostrando il suo sovrano aspetto.

 

Avanti alla magnifica terrazza,

per pubblici spettacoli o gran festa,

evvi rotonda e spaziosa piazza,

d'onde menan fin dentro alla foresta

due gran viali a dritta e a manca; e tutto

fu con gran speditezza a fin condutto.

 

Di questo architettonico lavoro

tutta la presidenza e la primiera

direzion suprema ebbe il Castoro;

era egli amfibio e di spezie straniera,

dal re Lion fu non ostante eletto

della Corte real primo architetto.

 

Poichè non s'era ancor il patriotico

uso fra quei quadrupedi introdotto,

che al nazional, benchè ignorante e zotico,

il forastier, benchè perito e dotto,

per savia economia debba a ogni costo

e indispensabilmente esser posposto.

 

Il re qui vive: e, benchè re, pretesto

o sotterfugio non cercò, e mantenne

la sua parola al Cane, e molto è questo:

e a vero dir, poichè l'intento ottenne,

se fatto re da ogni dover disciolto

non si credette, ancora questo è molto.

 

Preso a quattro occhi il Can: rammento assai

gli disse quanto oprasti a favor mio;

grato ti son e il guiderdon ne avrai.

A te pertanto confidar vogl'io

l'onor, la gloria e gl'interessi miei:

primo ministro mio fin d'or tu sei.

 

Il Can, con tonde ed ampollose frasi,

gli fece un bel ringraziamento in prosa,

poichè bravissimo era in questi casi,

e disse a lui: sopra di me riposa;

io farò che di te, delle tue glorie

risuonino le favole e l'istorie.

 

E inver quantunque il Can soffrisse alcune

eccezioni e avesse alcun difetto

(Poichè chi mai d'ogni difetto è immune?

chi mai nel mondo si può dir perfetto?),

avea però quanto bramar si de'

da un Can ministro d'un Lione re.

 

Er'egli, per esempio, un po' mordace,

un po' burbero, un po' provocativo,

un po' avido, un po' falso, un po' vorace,

un po' arrogante, un po' vendicativo;

ma questi difettuzzi io non li conto

de' suoi massimi meriti in confronto.

 

Franco simulatore e disinvolto,

ripieghi avea prontissimi e compensi;

di core imperturbabile e di volto

sapea volger suoi detti in vari sensi,

e in questo, non minor di Cicerone,

spesso avea torto, e aver parea ragione.

 

Con aria grave e gran prosopopea

presso i creduli e sciocchi ammiratori

darsi importanza e credito sapea,

e celar l'imperizia e i propri errori,

e a tempo fomentar l'altrui speranza,

e trar profitto dalla circostanza.

 

Inoltre fatto avea studio profondo

sull'indol del padrone e sui talenti;

l'animo e il cor ne conosceva a fondo,

e destramente cogliere i momenti

sapea per meglio fare il suo negozio,

l'adulazion lasciava in ozio.

 

Tutto questo, a dir vero, era eccellente

per farsi presso il popolo baggiano

nome di gran ministro ed eminente,

e anche presso un padron superbo e vano.

Del resto poi sapea che teorie,

regole, probità son scioccherie.

 

Quanti perciò politici sublimi,

che arbitri son delle vicende umane,

dell'arte ignoran gli elementi primi

e appena san quel che sapea quel Cane;

ma se riescon poi nelle lor viste,

in questo il punto essenzial consiste.

 

Che il Can ministro dal sovran favore

nomato fosse, a' suoi rival non piacque:

se gli armò contro gelosia, livore,

e la mordace satira non tacque.

Ministro un Can! dicean gli animaleschi

zoili un Can ministro? or sì stiam freschi.

 

Ma sopra ben diverso altro registro

s'accordavan le voci universali,

e in lode del sovrano e del ministro

composer Poesie quegli animali;

prova che in certi casi consueti

fin d'allor gli animali eran Poeti.

 

Molti antiquari poi computi fero

di genealogia con studio e zelo,

e provar che lo stipite primiero

di lor famiglie provenia dal cielo,

d'onde di bestia in bestia erane poi

discesa un'immortal mandra d'Eroi.

 

Sopra dati perciò di fedegni

prese forse la Grecia occasione

di por fra gli astri e fra i celesti segni

il sirio Can presso il nemeo Lione.

Animalesca nobiltà! voi dite,

Follie! ma pria di farmi accusa, udite.

 

Che il Lion nobil sia non è mestieri

provar, che luogo negli stemmi egli ebbe

di prenci, di repubbliche e d'imperi.

Sol farsi al Can difficoltà potrebbe;

credo però d'aver trovato il modo

per della obbiezion sciogliere il nodo.

 

Vero è ch'esiste una cert'aura, un germe,

uno spirto purissimo nel sangue,

una specie d'etereo immortal verme,

o elettricismo tal che mai non langue,

che a certuni nell'intime midolle,

uom sia, sia bestia, ognor fermenta e bolle.

 

Ciò per altro non è mica comune

a ogni bestia e ad ogni uom. Vi son degli uomini,

v'erano allor, vi sono anche oggi alcune

bestie, senza ch'io quelli o queste nomini,

che han l'esclusiva di tal privilegio;

e in ciò di nobiltà consiste il pregio.

 

Chi sa se un giorno un fine microscopio

nel sangue nobiltà non scopra forse,

come nel sol le macchie il telescopio,

e laghi e monti nella luna scorse?

Dirassi allor che genealogia

non è che aristocratica mania?

 

Ogni corpo sul suo vicin diffuse

gli effluvi suoi: l'effluvio lionino

perciò nel Can la nobiltà trasfuse.

quindi chi a un prence o a un gran sovran vicino

stassene ognor, se non sovran, ben spesso

nobil diviene, e talor prence anch'esso.

 

Ciò non ostante convenir si dee,

che quando il re Lion montò sul soglio,

s'avean di nobiltà confuse idee,

della lor genealogia l'orgoglio

con i computi suoi rimontò mai

oltre secoli mille, a dire assai.

 

mai potè l'araldica più dotta

origine fissar per retta linea

limpida, immacolata ed incorrotta,

o discendenza obbliqua e consanguinea,

oscura, imperscrutabile ed eterna,

come ognor fa la nobiltà moderna.

 

Non convien dunque che in silenzio passi

che, giunto al trono, il suddito bestiame

divise il re Lion tutto in due classi,

onde poi nel quadrupede reame

vi fur, com'or fra i popoli europei

piccioli e grandi, nobili e plebei.

 

La nobil classe comprendea i rapaci,

sanguinari, carnivori, gagliardi,

feroci, insaziabili, voraci,

Lion, Tigri, Pantere e Leopardi,

rinoceronti, Giraffe, Elefanti,

che fra gli altri animai sembran giganti.

 

Costor distinzion, prerogative,

titoli, esenzioni e privilegi,

ereditarie cariche esclusive

e tutti ottenner tosto i favor regi;

e fra loro il sovran trascelse poi

i cortigiani e i favoriti suoi.

 

Nella ignobile classe eran gl'imbelli,

timidi, inermi, deboli, piccini,

Daini, Lepri, Pecore ed Agnelli

e Conigli e Scojattoli e Armellini

e altri che utili sono o mal non fanno,

e ognor tranquilli e placidi si stanno.

 

Tosto costor dagli animai maggiori

come lor proprietà fur riguardati,

e dagl'impieghi esclusi e dagli onori,

i potenti a nutrir fur condannati

coll'opra, coll'industria e col lavoro,

e infin col sangue e colle carni loro.

 

Ed in sequela di sì bei sistemi

fra i quadrupedi sparve ogni eguaglianza;

tutto fu eccesso e tutto andò agli estremi:

quivi fu avvilimento, ivi arroganza:

i timidi di qua, di i protervi;

d'una parte i padron, dall'altra i servi.

 

Ma il cortigiano in quella reggia altiera

non essendo che inetto ed ozioso,

qualche ignobil talor ammesso v'era,

come animal più attivo e industrioso;

e allor, con onorifico diploma,

grande il sovran lo crea, nobil lo noma.

 

E se avvien mai (poichè il favore in Corte

varia fu sempre e sempre instabil cosa)

se avvien mai che per merito o per sorte

a carica eminente e luminosa

ivi talun da stato vil pervenga,

e del sovrano i favor primi ottenga;

 

gl'invidi, altieri cortigiani allora,

che lo sdegnavan prima e aveanlo a schivo,

e allor pur anche, se possibil fora,

l'avrian sbranato e divorato vivo,

l'onorano, e con animo servile

prestangli ossequio vergognoso e vile.

 

Ma nel crear la nobiltà brutale,

crear volle il Lion sostegni e appoggi

alla sovrana potestà reale,

come fan saviamente anche i re d'oggi;

che, se interesse del sovran non sia,

ogni interesse è nullo in monarchia.

 

Comunque sia però, tosto ch'eletto

fu il re Lion, più giorni a chiuse porte

standosi col ministro in gabinetto,

scelse quei per le cariche di Corte,

che per l'antica lor brutalità

sostenerne potean la dignità.

 

Prima araldico fer rigido esame

di molti ch'io per brevità non nomo,

cercando nel quadrupede bestiame

chi 'l luminoso onor di maggiordomo

con nobiltà sostenga e con decoro,

e fu a quel posto alfin promosso il Toro.

 

Antico autor, di tai materie pratico,

scrive che a tempo suo correa la voce

ch'ei stato fosse un animal salvatico,

grande, robusto, indomito, feroce,

che volgarmente, in itala favella,

o Toro o Bue selvatico s'appella.

 

Venuto a Corte, la natia rozzezza

ivi depose, ingentilissi e prese

tuon dignitoso, e con nobil fierezza

il suo grado sostenne, e non discese

ad atto vil, mai (raro prodigio)

di Corte ai vizi fu indulgente o ligio.

 

Vedendo poi per ogni regia stanza

un animalcontegnoso e bello

con aria passeggiar di padronanza,

sceltadegna d'un real cervello

inver d'alcuni l'amor proprio punse,

ma la difesa il pubblico ne assunse.

 

Lodar gli esterni pregi e i pregi interni,

la presenza, il vigor, le corna sue,

da farsi rispettar dai subalterni;

Che se poscia dicean diventa Bue,

successor se gli trova, o sostituto,

o se gli aggiunge un altro animal cornuto.

 

Fu poi creato gran cirimoniere

un grosso Bertuccion, che da fanciullo

s'era di cose tai fatto un mestiere,

sol per suo passatempo e per trastullo,

e lezie e scorci e lazzi e smorfie in guisa

facea talor, ch'era un morir di risa.

 

Si vuol che desse quello Scimiotto

al cerimonial le leggi prime

e avesse a certe regole ridotto

quel mestiero scimiatico sublime,

e riposte etichette e riverenze

nella categoria delle scienze.

 

Parver buffonerie tai cose avante,

ma l'adottar le lionine corti,

e divennero gravi e sacrosante;

due passi più o men lunghi, più o men corti,

un inchino talor più o men profondo

capace è di mandar sossopra il mondo.

 

Ma per le ragion dell'universo

tante le scimie son, piccole e grandi,

di pel, di forma e di color diverso,

che udir parmi talun che mi domandi

a qual specie di scimie ed a qual classe

il nostro gran cirimonier spettasse.

 

Questo per appurar punto di critica

gli affatto ignoti altrui scartabellai

scrittor della brutal storia politica;

e ch'er'allor cirimonier trovai

scimia che or cinocefala si dice,2

di Moco e Ceilano abitatrice.

 

Specie di collaron, di cappamagna

gli forma il lungo pel, qual porta indosso

canonico d'Italia, d'Alemagna

ne' gravi riti; e attorno al capo un grosso

parruccon qual l'avean, Dio gli abbia in gloria,

veneti Pantalon buona memoria.

 

Veggiamo in fatti un gran cirimoniere

anche alle corti della specie nostra,

che per la dignità del suo mestiere

fra venerate liturgie si mostra

con qualche metamorfosi bizzarra

collaron, parruccon, toga o zimarra.

 

Poscia un gran ciamberlan dovea nomarsi,

e carica quella è di confidenza,

che del Lione assistere al levarsi

ogni mattin dovea con sua presenza:

onde dal Can per quel geloso posto

fu soggetto adattissimo proposto.

 

Sire disse al Lion per tale impiego

un soggetto mirabile, eccellente

hotti a propor, creder già, ti prego,

ch'io tel proponga perchè è mio parente.

mai sopra me potrà interesse infame:

piuttosto mi vedrai crepar di fame.

 

Oltre la fedeltà, che somma è in lui,

egli è d'ameno umor, gaio, giocoso;

onde se mai turbasse i sonni tui

cura, indigestion, pensier noioso,

in lui sempre il mattin, quando ti levi,

avrai chi ti diverta e ti sollevi.

 

Dubbio non v'è che aver taluno pronto

d'elettrizzar capace il buon umore,

cosa non sia da farsene gran conto

da qualunque gran prence o gran signore:

piuttosto lascerò che il mondo pera,

che il mio sovran veder con trista cera.

 

Ebben! chi è costui? chiese il Lione:

e il Can rispose: Il Can Barbone è quegli.

E il Lion sorridendo: Il Can Barbone!

Ah! lo conosco il Can Barbon, diss'egli;

e fu con beneplacito sovrano

nomato il Can Barbon Gran Ciamberlano.

 

Buon vivente è il Barbon, buon diavolaccio,

e ciascun persuaso era, a dir vero,

ch'ei molto ben si leveria d'impaccio.

Gli amici suoi lodar la scelta, e fero

pel regno Lionin voti concordi

agli dei, che talor sono un po' sordi.

 

Ma siccome vediam che tutto giorno

della Corte il favore invidia crea,

furtivamente sussurrar d'attorno

s'udia talor voce maligna e rea:

O deluse lusinghe! o voti vani!

che più resta a sperar? regnano i cani.

 

Ma voler tor dai stati i malcontenti,

è voler che non nasca erba ne' campi;

prenci e sovrani hanno un bel far portenti:

da popolo inquieto il ciel ci scampi.

popol capace di capir non v'è,

ch'ei più felice è suddito che re.

 

Che se un re poi (se pur vi son re tali)

l'altrui tranquillità distrugge e turba

(Sempre intendo parlar dei re animali),

potrebbe dir l'animalesca turba:

se di star meglio è in mio poter, non veggio

ragion per cui tenermi io debba al peggio.

 

Ma il caso nostro non è mica questo;

che il Lion non ancor di lagno o d'odio

avea motivo alcun dato o pretesto.

So però ch'io propendo all'episodio,

e vado col pensier frullando attorno,

ma presto o tardi, onde partii, ritorno.

 

Dovea nel nuovo regno in vista aversi

oltre a un ben regolato ordine interno,

la sicurezza pubblica e i diversi

rami d'un vigil provvido governo;

in somma ciò che in gallica favella

oggi police anche fra noi s'appella.

 

Che a vero dire nel linguaggio tosco

voce o termine alcun che abbia la stessa

significazion non lo conosco;

perchè inutil ci par la cosa espressa:

ma se la cosa avrem, di che io non dubito,

un vocabolo poi si forma subito.

 

Dunque di tal police un presidente

voleasi, e chi ne avesse i requisiti,

trovar non si potea sì facilmente

fra gli animai più accorti e più scaltriti,

sicchè, l'esame essendosene fatto

si conferì tal presidenza al Gatto.

 

Ch'ei simula sì ben, che qualunque altro

furbo simulator non lo pareggia;

osserva, indaga, scopre astuto e scaltro;

e par che a nulla badi e nulla veggia;

e quando del suo fatto è ben sicuro,

fa il colpo, mai sbaglia, anche all'oscuro.

 

Nelle sorprese ed improvvisi assalti

attivo e pronto, e benche stiasi ascoso,

per tutto agil si trova in quattro salti.

Dilicato non è, scrupoloso:

la data fede e l'importun riguardo

mai non gli fu d'ostacolo o ritardo.

 

Sa inoltre ognun quant'egli osserva ed ama

la nettezza e la pubblica decenza,

e chi police animalesca brama

non ha che il gatto per tale incombenza.

basta veder con qual pudor cert'opra

che vuol natura ei col zampin ricopra.

 

Non crediate però che un gatto ei fosse

di quei di cui fra noi comune è l'uso;

feroce aspetto avea, pupille rosse,

candido il pel, nera la coda e il muso,

grande, terribil per li lunghi baffi,

pei denti acuti e per gli adunchi graffi.

 

Sire il Can soggiungea dee, se ti piace

capitan della guardia esser eletto

bestion, col grave esterior capace

di contener la folla e impor rispetto,

che starsi alla difesa ognor si veggia

della persona tua, della tua reggia.

 

So che trovar non puoi in tutto il regno

chi sia dell'Elefante a ciò più adatto;

ma colui troppo se n'è reso indegno

con quell'insigne e pubblico misfatto:

e tu per legge inviolabil dei

punir severo e non premiare i rei.

 

Degno il Lion rispose è d'alta lode

colui che un regno a governar imprende,

se le sue prime gesta illustrar gode,

e commendabil per virtù si rende.

Giusto è che il fallo sia punito sempre,

ma la punizion clemenza tempre.

 

Il Cane, ch'era un po' vendicativo,

com'io già vi dicea, da quel benigno

pensiero Lionin fu punto al vivo;

come può, ricompone il muso arcigno;

risponde poi: tu parli da par tuo.

ma giustizia aver debbe il luogo suo.

 

Ed il Lion: che non gli sia permesso,

in pena del gravissimo disordine

in pubblica assemblea da lui commesso,

a Corte comparir sino a nuov'ordine.

E il Can: L'escludi sol da questo loco?

E il Lion gravemente: e ti par poco?

 

E se intanto qualche altra impertinenza

ei non commette con quel suo nasaccio,

e non abusa della mia clemenza,

capitan delle guardie ancor lo faccio,

giacchè ad impiego tal ti paradatto.

E il Cane allora: Il tuo voler sia fatto.

 

Inoltre il regio interprete s'elesse;

non già perchè, come fra noi si suole,

l'estere lingue interpretar dovesse,

ma perchè dall'equivoche parole,

dagli sguardi del principe e da' moti

ne interpretasse i sentimenti ignoti,

 

e capisse qualor sotto apparenza

di virtude incorrotta e di giustizia

e di sovrana natural clemenza,

la scelleraggin covi e la nequizia,

e qualor sotto il suon di menzognero

benigno nascondasi un no vero.

 

Carica a sostener così gelosa

scelser la Lince dalla vista acuta,3

per l'agil sua velocità famosa,

e per l'istinto traditor temuta:

poichè improvvisa addosso a un tratto giunge,

e la ferocia al tradimento aggiunge.

 

sol vigile attenta osservatrice

esser dovea d'intenzioni arcane,

non interprete sol, ma esecutrice;

e per compir le volontà sovrane

a dar gli ordini allor rapida gia

o per se stessa gli ordini eseguia.

 

Onde stupiti rimanean coloro

che, credendo ottenuto l'intento,

vedean deluse le speranze loro;

comprendean lo strano cangiamento,

per cui tutto all'opposto accadea spesso

di quel che il re poc'anzi avea promesso.

 

La Lince, per poter più prontamente

eseguir le sovrane intenzioni,

assidua all'udienze era presente.

e a tempo che regnarono i Lioni,

in sommo onor carica tal si tenne,

ma in oggi inutilissima divenne.

 

che dei sovrani l'interesse allora

non era dei lor sudditi interesse.

pur il sovran dovea parere ognora

che l'interesse loro a core avesse;

laonde un animal, benchè buon sire,

per ragion di mestier dovea mentire.

 

Perciò era allor fra gli animai regnanti

la finzion comune e la menzogna;

ma in oggi cose son sol pe' birbanti,

e vitupero fan, non che vergogna;

oggi la bocca d'un sovran che parla,

bocca di verità possiam chiamarla.

 

E se ad analizzar noi vorrem porci

i lor pensieri, le parole e l'opre,

ed i minimi moti e infin gli scorci,

vedrem che in tutto verità si scopre,

ed una tal semplicità d'idee

ch'edificarci e consolar ci dee.

 

L'immutabilità di lor promesse,

l'infallibilità dei loro detti

su prove omai troppo evidenti e spesse

stabilita veggiam: sian benedetti!

Han sempre al cor l'espression conformi:

sulla lor fe vivi sicuro e dormi.

 

Provvisionier certo animal fu eletto

d'aureo pel, che col nome di famiglia

Jakal dagli Zoografi vien detto:4

a grossa volpe e a lupo assai somiglia,

onde, per ben distinguerlo da loro,

soprannome gli dier di Lupo d'oro.

 

Erra la notte e il grido suo spaventa

il passaggier che l'ode alla lontana;

se incontro viengli altro animal, s'avventa

ratto per divorarselo e lo sbrana;

odia la luce, e non sì tosto aggiorna

che a rimpiattarsi entro il covil ritorna.

 

Ma Gran Provvisionier, Gran Siniscalco

eletto dalla Corte Lionina,

tenor di vita allor cangiando, il Falco

prese per ajutante e la Faina,

e ben provvista per la regia mensa

tenne ognor la cucina e la dispensa.

 

Provvisionieri poscia e fornitori,

fra le specie di bipedi animali,

mostraron, nell'età posteriori,

talenti a quei dello Jakal eguali;

e non dirò per qual ragione e come

di Lupi d'oro han meritato il nome.

 

Regie foreste e regi parchi avere

voleasi inoltre, e pena impor di morte

a quei che osasse o carpir foglia o bere

negli esclusivi pascoli di Corte;

e acciò suprema ispezion ne avesse,

il Caracal gran cacciator s'elesse.5

 

Ed ei l'impiego esercitando anche oggi

di quel re de' quadrupedi alle cacce

assiste per gli adusti arabi poggi

o sui libici piani, e ognor le tracce

seguendo va di fuggitive prede,

che al Lione famelico provvede.

 

Il regio Grattator nomaron poi,

ch'era uno allor de' più distinti impieghi,

ma in uso non essendo oggi fra noi,

giusto è che con chiarezza io ve lo spieghi;

perocchè troppo in pratica e in teorica

amante io son dell'esattezza istorica.

 

Egli è in natura, e non pensier poetico,

che qualsisia sovran, bestia o non bestia,

talor risenta pizzicor, solletico,

che prude e rode, e che gli molestia

in tal parte, in tal sito, ove non giugne

a potervi applicare i denti e l'ugne.

 

Or saria caso inver straordinario,

che un sovran non si gratti ove gli prude:

un grattator gli è dunque necessario.

e da ciò si deduce e si conclude,

che, in cotanta di cariche abondanza

quella del grattator è d'importanza.

 

Lo Scojattol però credetter degno

d'esser creato grattator di Corte,

che di grattar con arte avea l'ingegno,

or piano, or presto, or lieve, or forte:

gratta ciascun, chi non lo sa? Si tratta

sol di saper se bene o mal si gratta.

 

Se il re Lion dicevagli, o la moglie:

Scojattolo, vien qua, grattami un poco;

quei, sempre pronto alle sovrane voglie,

tosto gli rispondea: Sire, in che loco?

Più qua... più ... più giù... più su... costì;

e quegli lo grattava appunto .

 

Oltre il pubblico regio Grattatore,

la Lionessa (almen così si dice)

perchè in lei più frequente era il prudore,

una secreta avea sua grattatrice:

dama d'onor per tal mestier perciò

una bella Scojattola creò.

 

Ma voi ridete udendomi in tal guisa

serio parlar di non più udito impiego:

cessin però l'inopportune risa,

e non vogliate regolar, vi prego,

leggermente li giudizi vostri

su quello sol che accade a' tempi nostri.

 

Quante inutili cariche, e con quanto

fatuo splendor al volgo abbaglian gli occhi,

e or tanto ambite e venerate tanto

dall'infinito numero dei sciocchi,

passeran presso i nostri discendenti

per ridicole smorfie inconcludenti!

 

Oltre di che, havvi sicuro indizio,

che in certe corti tuttavia sussiste

di Grattatrice e Grattator l'offizio:

la differenza solo in ciò consiste:

fra le bestie era pubblico e solenne;

so perchè secreto oggi divenne.

 

Forse perchè oggi ancor fra gli animali

si soglion sodisfar pubblicamente

i bisogni comuni e naturali,

come grattar, quando prudor si sente;

e l'uomo l'esigenze di natura

celare ai sguardi pubblici procura.

 

Di quel sagace Can non deggio omettere

il bel pensier che tanto onor gli reca:

promover volle ed onorar le lettere,

erigendo una regia biblioteca

acciò potesser gli studenti tutti

esser colà pubblicamente istrutti.

 

Erano allora i lor pensieri espressi

per via di certi convenuti segni

colle lor zampe rozzamente impressi

in assicelle, in tronchi informi, in legni;

e questi, giusta i loro istoriografi,

suppliano, o bene o male, ai nostri autografi.

 

Da queste fonti trassero di poi

China, India, Egitto e tutto l'Oriente

le cifre e i geroglifici, che noi

nelle guglie vediam presentemente,

nei monumenti de' Sesostri re,

nei bronzi e nelle scatole da the.

 

Or di tai pezzi esser dovea composto

quel pubblico deposito di codici,

che si dovean raccorre ad ogni costo

per l'orbe tutto con dispendi immodici,

da qualsisia collezion privata,

o da qualunque bestia letterata.

 

Come poscia a suo tempo in Roma feo

Attico e Pollione, e in Alessandria

il greco Filadelfo Tolomeo,

così il Can radunò d'autor la mandria,

per cui fino d'allor fu necessario

eleggere il real bibliotecario.

 

Fra molti esser dovea pertanto scelto

qualche animal che i bassi palchi e gli alti

de' scaffali trascorra agile e svelto,

e ratto or su, or giù rampichi e salti:

la cosa in somma in due parole accorcio,

eletto fu bibliotecario il Sorcio.

 

Lo che può a maraviglia al chiaro porci

della ragion per cui le librerie

fan la delizia anche oggidì de' sorci;

e s'annidan sì ben nelle scanzie,

e la disperazion son dei librai;

perchè il lor gusto non perdetter mai.

 

E negli avidi lor studi famelici

rodon Platoni, Omeri ed Aristoteli,

le Sacre Bibbie ed i dottori angelici,

ed estirpar lo spazzator non puoteli,

e con lavori corrosivi e spessi

si fan la nicchia entro gli autori stessi.

 

E come per lo più vano, ignorante

di biblioteche il possessor, l'erede,

solo del lusso esteriore amante,

volumi ammassa e non pon mai piede;

bibliotecari sorci ancora adesso

ne godono il pacifico possesso.

 

Questi son fatti, cercar fa d'uopo

più solenni argomenti e più specifici

per ispiegar, perchè sovente il topo

mirasi primeggiar fra i geroglifici:

simbolo esser vi può sì letterario

quanto quel d'un real Bibliotecario?

 

Ciò dico solo acciò talun non creda

che a voi pretenda bubbole spacciare;

ma la ragion di quel ch'io dico veda,

e che amo, grazie al ciel, le cose chiare;

perciò, quanto vi dissi, lo provai;

contro v'è poco a dir, ma poco assai.

 

 

 




2 Si parla di quella specie di Scimmie o Babbuini, che da Brisson, da Gesner e da Naturalisti si chiamano Cinocefali, cioè a muso di cane, e che hanno una specie di parrucca, di collana, o mantello di lungo pelo o bruno o grigio o bianco, che scende loro sino a mezzo corpo. Se ne trovano frequenti nel Ceylan; e quell'Individuo, di cui M. Edwards mandò la figura a M. Buffon, come si vede impressa nella sua opera, che dicesi portata da Moco nel golfo Persico, secondo Lacepede, non è che la Scimmia o Babbuino a muso di cane. Può detta Scimmia esser forse anche quella che i naturalisti chiamano Mandrill, o ancor più propriamente quella detta Ovanderou.



3 La Lince quadrupede vorace, con pelle macchiata, coda corta, orecchie tese, che terminano in un pennacchino di pelo lungo e nero; abita ordinariamente i paesi freddi; comunemente si chiama ancora Lupo Cerviero, quantunque non abbia che la voracità e una specie di urlo simile a quella del Lupo: detta perciò più propriamente Gatto Cerviero, come chiamasi nel Canadà, avendo ella la figura e l'agilità del Gatto. Gli antichi hanno favoleggiato ch'avesse vistaacuta che penetrasse perfino i corpi opachi; e per questa ragione se le l'impiego d'osservare e scoprire le segrete intenzioni del re Lione.



4 Jakal o Sciacal, animal fiero e vorace, somigliante al Lupo, colorito d'un bel giallo; Vedi Osserv: de Belon, p. 163; detto però Chryseos dai Greci, e Lupus aureus dai Latini. Vedi Kæmpfer Amænit. exot. p. 143. Brisson, Reg, anim. P. 236; Linn. Systema naturæ.



5 Il Caracal, animal fiero anche egli e vorace di Libia, d'Arabia e altri luoghi di caldo clima; detto provveditore del Lione, perchè si vuole ch'ei lo segua da lungi nelle sue cacce. Vedi i viaggi di Thevenot e del P. Filippo Carmelitano scalzo cit. da Buffon, Hist. Nat.






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