Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giovanni Battista Casti
Animali parlanti

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

CANTO SESTO

 

RICEVIMENTO, LECCAZAMPA E PRANZO PUBBLICO

 

Stupor, e con ragion, forse a voi reca,

e caso parer dee straordinario,

un principe animal che in biblioteca

s'intrattenga col suo bibliotecario,

ed un ministro Can che Mecenate

si vanti delle bestie letterate.

 

Fenomenifatti, a vero dire,

e rari sono e da pregiarsi assai,

perciò di quel ministro e di quel sire

le meritate lodi io celebrai;

che grati sempre a tai ministri e prenci,

sieno bestie o non bestie, esser convienci.

 

Mentre il Sorcio dei codici la serie

mostra e spiega al Lion, e con dottrina

ragiona sopra tutte le materie,

dell'altera quadrupede regina

solennemente nell'appartamento

il pubblico seguia ricevimento.

 

Assisa ell'era sopra verde strato,

cui gran fiocchi di rose e di viole

pendon attorno: ha lo Zampiero allato

e di dietro al sedil due Cavriuole

di terso e rilucente pelo bigio,

per lo settimanal regio servigio.

 

Il Gran Cirimonier la sala scorre;

poichè in solenni pubbliche faccende,

per esser pronto a tutto ciò che occorre,

lo Scimmiotto o c'è, o ci s'intende;

e fa d'uscier l'ufficio un bel Micchetto,

suo parente, suo allievo e suo protetto.

 

In gran folla venian le bestie dame,

miccie, Cavalle e Cagne e Mule e Troie

e tutto quanto il femminil bestiame,

le giovini non men che le squarquoje;

ad una ad una allor la Maggiordoma,

per ordin presentandole le noma.

 

Sovra il lor stato e sovra il lor natale

la regina talor le interrogava:

chi dal Tibet venia, chi dal Bengale,

chi dal Siam, chi dal Pegù, chi d'Ava;

ed erano, fra discole e bizzoche,

molte le mamme e le zitelle poche.

 

Dopo che fatta avean la riverenza,

si confondean color nell'ampia sala;

ma il Gran Cerimonier con diligenza

quell'affollato stuol di bestie in gala

semicircolarmente e in simetria

della regina avanti al seggio unia.

 

A qualche bestia della prima sfera

far volendosi onor che dia sugli occhi,

per esempio alla Jena e alla Pantera,

d'erbe sopra un fastel, ma senza fiocchi,

acculattar facevasi, dal che

l'uso ne venne poi del Tabourè.

 

Ma sopra tutte una tal bestia dama

la regina distingue e favorisce,

specie di Miccia che Zebra si chiama,

pinta di belle e colorite strisce;

onde ciarle e motteggi in Corte nacquero,

e maldicenza e gelosia non tacquero.

 

Perciò dai primi , com'io dicea,

che formossi la Corte alla regina,

poco buona armonia vi si scorgea,

come in ogni adunanza femminina.

Quindi aspri motti e rustichezze e bronci

e bocchi alla furtiva, e lazzi sconci.

 

Ciò d'un certo rancor e d'una certa

discordia a poco a poco i semi sparse,

e cagionò l'inimicizia aperta,

che in seguito fra lor si accese ed arse,

non sol fra dame d'ordin secondario,

ma ancor fra quelle di rango primario.

 

Fe', per esempio ognor la Tigre altiera

sgarbi alla Zebra, e ne mostrò disprezzo;

e spesso si crucciò colla Pantera,

e a rottura con lei venne da sezzo;

come udirallo chi vorrammi udire;

ma pria ben altre cose abbiamo a dire.

 

Poichè la truppa fu tutta allogata,

preceduta dal Gran Cerimoniere

levasi la regina, e accompagnata

dalla sua gran Maitresse e dal Zampiere,

scorrendo la quadrupede assemblea,

di sua parola dell'onor la bea.

 

Chi avanti all'altre più che può si spinge

e gli ornati di gala in vista mette,

e chi dall'urto altrui spinta si finge

e tutte in opra pon le smorfiette,

per attirar sopra di se un benigno

sguardo della sovrana ed un sogghigno.

 

L'Asino allor, che sempre più insolente

in Corte divenia, le dame vecchie

con lazzi e motti deridea sovente;

onde taluna a lui disse all'orecchie:

Asino mio, più che a mostrar t'adopri

sagacità, più asino ti scopri.

 

Fra una Cerva e una Vacca un gran fracasso

nato era intanto in sull'esterno ingresso,

che l'una pretendea sull'altra il passo;

onde chi pria dovesse entrar, chi appresso,

fu question, e in sostener l'impegno

s'accesero ambedue d'ira e di sdegno.

 

E, come soglion donne inviperite,

pria di parole incominciar baruffa,

e titoli si dier... già mi capite:

poscia vengono ai fatti e attaccan zuffa,

s'urtan, s'avventan calci e si dan morsi;

alcun nei lor contrasti osa frapporsi.

 

Il Micco, il Micco sol, l'indiavolata

coppia tentò partir, ma, debil troppo,

respinto indietro fu con tal zampata,

che sen fuggì stridendo a mezzo zoppo;

la folla alfin che da ogni parte venne,

le litiganti a separar pervenne.

 

Giusto allor dall'interno appartamento

il Bertuccion per ire al re veniva,

sendo alla fine il gran ricevimento;

ed opportuno nel momento arriva

per decider tra lor su quel gran punto;

e si fa espor della questione il sunto.

 

Saputa la cagion di tai batoste,

esige ancor da quelle bestie irate

che hinc inde le ragion gli sieno esposte

su cui lor pretendenze avean fondate;

ch'ei, competente giudice, sentenza

pronunziata avria su tal vertenza.

 

Incominciò la Cerva: E a me costei

il passo contrastar dunque oserebbe?

Costei, che fra gl'ignobili e plebei

operosi servigi e nacque e crebbe?

A me, che nata e avvezza son nei parchi

a passeggiar de' regi e de' monarchi?

 

Dunque una pari mia, dunque una Cerva

esser non può bastante a impor rispetto

ad una Vacca mercenaria e serva

col solo portamento e coll'aspetto;

Cerva di cui gli avi e bisavi adorna

ebber la testa di ramose corna?

 

La Vacca allor: Non vane esterne cose,

come colei, vanta una Vacca, un Toro;

che se non abbiam corna alte e ramose,

corna dure abbiam noi più che le loro.

Vantar le Corna avite! pregi sui

vanti la Cerva, e non le corna altrui.

 

Chi di pospormi a lei farammi torto?

Al caldo, al gel per ben comune induro;

i necessari generi trasporto;

altrui la messe, arando il suol, procuro;

latte, cacio, util comodi, alimenti,

l'opra e l'industria mia porge ai viventi.

 

E soffrirassi che Cerva rivale

ad una Vacca in paragon si ponga?

E un vano pregio al pregio altrui reale

quell'oziosa inutil bestia opponga?

Giudica or tu, savissimo Scimmiotto,

chi tra noi due star sopra dee, chi sotto.

 

Tacquero; e allor così parlò quel saggio:

La Corte dal comun pensar si stacca;

ciò appunto che tu adduci in tuo vantaggio

in disvantaggio tuo milita, o Vacca:

la Corte, ognor del nobil ozio amica,

sprezza ed esclude la plebea fatica.

 

Pertanto, o Cerva, entra qualor tu vuoi;

entra tu prima, e il dritto tuo conserva;

s'entrar vorrà, la Vacca entrerà poi.

Parte irata la Vacca e allor la Cerva,

della decision superba e vana,

entra, e al circol si pon della sovrana.

 

Oh sublime scimmiatica dottrina,

gl'imperi, i regni e l'universo intero

avanti a te si prostra, a te s'inchina;

da te suo premio attende il merto vero!

L'alto poter dei gran dominatori

dona pel tuo canal cariche e onori.

 

Tu colle venerate auliche leggi

della volgar prevenzion trionfi,

tu la comune opinion correggi,

fieri per te van gli oziosi e gonfi;

per te gli studi, la virtù, la savia

industria al vizio cede ed all'ignavia.

 

Lungi dai ranghi e cariche primiere,

lungi il coltivator spregiato e folle

d'arte, di scienza e d'utile mestiere

e di dotto sudor sudicio e molle;

brilli mollezza e lusso, e goda tutto

della fatica e de' talenti il frutto.

 

Anticipatamente or qui vogl'io

tutto il seguito espor di quell'affare;

per non dover dipoi, malgrado mio,

sulla cosa medesima tornare.

Una volta che tutto esposto fu

cio che v'è a dir, non vi si pensa più.

 

Quando si divulgò la differenza

che la Vacca e la Cerva ebber fra loro,

dirovvi or per allor che la sentenza

del Gran Cerimonier non piacque al Toro:

poichè credea doversi onninamente

maggior riguardo ad una sua parente.

 

Indi freddezze e sgarbi e dissapori

e mal umor fra il Bertuccione e lui,

e l'uno e l'altro avendo i suoi fautori

ed i protetti e gli aderenti sui,

tosto ciascun in quelle lor contese

chi per l'un, chi per l'altro impegno prese.

 

La Corte in due partiti allor divisa

videsi fra scimmiatici e taurini:

le fazion famose in cotal guisa

sorsero poscia, e Guelfi e Ghibellini,

e Bianchi e Neri, e, nell'età più tarde,

i cappelli, i berretti e le coccarde.

 

E siccome vediam nascer tutt'ora

grandi effetti da piccole cagioni,

cominciossi a temer fin da quell'ora

che le private lor dissensioni

non producesser conseguenze grosse

da farne ai stati risentir le scosse.

 

Il re Lion perciò, che a parlar vero,

era il miglior degli animai sovrani,

lo stesso re Lion fe' da paciero,

e qual padre comun de' cortigiani;

per tal guisa potè, se non appieno,

rappattumarli in apparenza almeno.

 

Seco a mensa seder per sua clemenza

fece ambedue, che ad un comando espresso

di quell'ottimo prence, in sua presenza,

un fraterno si dier tenero amplesso;

se poi sincero fosse, io nol dirò;

so ch'eran cortigiani, altro non so.

 

E il cortigiano, in simular esperto,

vive talor fraternamente insieme;

ma d'amicizia sotto il vel coperto,

cova nel cor d'inimicizia il seme:

ma ciò non toglie e non aggiunge punto

al proposito nostro, al nostro assunto.

 

Saper più importa che d'allora in poi

fu convenuto e stabilito in sorte

ch'esser dovesser sempre, e Vacche e Buoi,

ammessi, accolti ed onorati in Corte.

Per or ciò basti, e ritorniamo omai

al punto ove poc'anzi io vi lasciai.

 

Poichè alla Vacca diè fra capo e collo

decisiva sentenza, al re si reca

la Scimia e, come io vi dicea, trovollo

fra il Sorcio e il Can ministro in biblioteca;

e allor sua maestà con essi venne

all'intimata funzion solenne.

 

Tutto disposto già pel leccazampa

colà trovando, l'animal sovrano

sotto l'eccelso baldacchin s'accampa;

e posando sul soglio il deretano,

dritto sui piè che fissi al suolo tiene,

di se la parte anterior sostiene.

 

I primi cortigian presso gli vedi:

stassene il Can barbone al lato manco,

stassene il Toro a destra, entrambo in piedi:

forma ampio cerchio delle guardie il branco;

e in faccia al trono e del sovrano a fronte

si pianta il capitan Rinoceronte.

 

Degli animai la moltitudin varia

per rango un presso all'altro omai s'avanza:

una zampa il Lion sospesa in aria

porge a leccar, com'è fra lor l'usanza;

s'arresta avanti a lui, la testa abbassa,

ciaschedun la leccatina, e passa.

 

Tien fisso il Bertuccion l'occhio alla penna,

e attento sta che tutto vada in regola:

previen ciò che dee farsi e altrui l'accenna,

e i moti di ciascun dirige e regola,

acciò (che il cielo mai non lo permetta)

disordin non accada in etichetta.

 

E se, mentre talun la zampa lecca,

il re scherzando aggrappalo pel ceffo,

o il piè ritira e fagli la cilecca,

o gli stampa sul muso uno sberleffo

(Che di faceto anche la gloria ambia)

la Corte a vezzi tai tutta applaudia.

 

Ma non mica a ogni suddito animale

indifferentemente era permesso

la sovrana leccar zampa reale:

solo a certi animai venia concesso

luminoso e nobil privilegio,

per merto avito o per diploma regio.

 

Vero è però che nelle grandi e grosse

bestie alcun pregio o merto alcun distinto

uopo non fu che personal ei fosse;

bastava che talun lor avo estinto

fama di gran sterminator avesse

per isbranate belve e guasta messe.

 

A ogni animale allor balordo e ignavo,

tralignante dai celebri antenati,

per dritto e sol pei meriti dell'avo,

di Corte eran gli onor tutti accordati:

onde, qual animal d'illustre stampa,

ammesso era all'onor del leccazampa.

 

Il leccazampa, con più fausti auspici,

in baciaman da noi fu trasformato;

e i giorni memorabili e felici,

i lieti avvenimenti dello stato,

per cui gloria maggior ridonda al trono,

con gala e baciaman distinti sono.

 

Dei baciaman la funzion novella

non ebbero Romani, Egizi, Achei;

sol riserbata fu cosa sì bella

per li moderni Popoli Europei:

Asia, Africa ed America cotanta

perfezion d'idee finor non vanta.

 

E senz'altro cercar, sol questo mostra,

con prove assai palpabili, evidenti,

quant'ella sia superior la nostra

alla condizion dell'altre genti:

Europa, che di te superba vai,

insuperbisci pur, ragion tu n'hai.

 

Oh pregio insigne, oh portentosa e grande

sublimità degli europei monarchi!

Sovente inver le gesta lor non spande

l'avara fama; e spesso ancor ben parchi

usi essi fan delle virtù volgari;

han però le virtù dei loro pari.

 

Cioè talmente san negli uman petti

introdur l'orgogliosa ed inquieta

ambizion, che stuol di servi eletti

d'onor crede toccar l'ultima meta,

se il servil bacio in quella mano imprime

che l'assoggetta e che talor l'opprime.

 

Nube improvvisa oscurò intanto il giorno,

e a un tratto scaricò grandine e pioggia

sovra la reggia animalesca e attorno:

onde quei ch'eran fuor sulla gran loggia,

tutti all'ingresso s'affollaro in frotta

per ricovrarsi nella regia grotta.

 

Si solleva un sussurro, un battibuglio

che disturba e interrompe il Leccazampa;

e di bestie bagnate un gran miscuglio

con impeto entra e dalla pioggia scampa;

e ogni lotosa allor plebea canaglia

tutti i ranghi disordina e sbaraglia.

 

Al non atteso insolito tumulto

tutti i leccazampisti ebber paura

di qualche assalto o repentino insulto,

o di ribellione o di congiura;

che non ben fermo ancor nuovo governo

il germe cova di fermento interno.

 

Onde sapendo ben che i cangiamenti

nuovamente in un popolo introdotti

fomentan mali umori e malcontenti,

finch'ei non vi si accomodi e gli adotti,

ad ogni mossa indifferente, incerta,

stavansi sospettosi, attenti e all'erta.

 

Venuti al chiaro poi di quei rumori,

i più altieri animai, Cavalli, Cervi,

tigri, Pardi, Lion, Pantere e Tori

d'ira s'acceser contro quei protervi,

che di sozzure carichi e di fango

mischiarsi osato avean col nobil rango.

 

Ma intanto, con i lor frequenti scrolli,

quegli animali poco inver galanti,

scuoter l'acqua volendo ond'eran molli,

lo spruzzo ne spandean sui circostanti,

che, urtandosi e spingendosi a vicenda,

grande facean confusion stupenda.

 

Di quel frastuon maravigliato il re,

al Gatto e al Bertuccion ch'eran colà,

Ite, disse, a veder, che diavol'è,

e a farmelo saper tornate qua;

La coppia allor fra quelle bestie entrò;

e disse: La finiamo, sì o no?

 

In presenza di quei grandi impiegati

ognun tace e s'arresta; e lo Scimmiotto

domandò lor, perchè così bagnati?.

Perchè, risposer, temporal dirotto,

come torrente impetuoso e grosso,

all'improvviso ci è caduto addosso.

 

Onde in vigor del dritto naturale,

per cui tutti cerchiam dal mal salvarci,

dritto sacro e comune a ogni animale,

al coperto qui dentro a ricovrarci

venuti siam dalla vicina loggia,

finchè cessi la grandine e la pioggia.

 

Che pioggia? esclamò il Gatto e gl'interruppe

che grandine inventate, o menzogneri?

Le nostre groppe, ancor bagnate e zuppe

risposer quei se immaginati o veri

sian gli accidenti e li racconti nostri,

ed il grondante pelo ve lo mostri.

 

Come? riprese il Gatto il re assicura

esser bella giornata; e il vostro, o sciocchi,

e l'ardir vostro un re smentir non cura?

E quei, ma piove... E il Gatto, o piova o fiocchi,

oggi è bella giornata, il re l'ha detto,

puote essere un re mai contradetto.

 

Indi rivolto ai sgherri suoi, su presto

lor disse una dozzina di quest'empi

legate e conduceteli in arresto.

Persuasi color da tali esempi,

Signor, dicean, con umili parole

scusate, errammo, ci ha bagnati il sole.

 

Or, benchè ciò strana follia del Gatto

parer debba a talun, col capo in aria

persuaso son io ch'ei non l'ha fatto;

Poichè so che alma schiava e mercenaria

d'un idol coronato avanti all'ara

il vero e il giusto ad immolare impara.

 

Oh santa verità, o tu del cielo

primogenita figlia, e che qualora

nuda te gli presenti e senza velo,

il savio ed il filosofo ti adora,

sol da te, di virtù sorgente viva,

solo da te felicità deriva!

 

Tu, sì tu sola preseder dovresti

degli stati al governo e degl'imperi;

tu all'errante politica potresti

gli smarriti segnar retti sentieri:

a te, chi di ragione il latte bebbe,

suoi rei desir a te immolar dovrebbe.

 

Pur, se in faccia a chi suol ragione e dritto

confonder, sovvertir, schietta ti esterni,

in sulle labbra di talun, delitto

tosto divieni allor: quindi in governi

animaleschi e lionini stati

bisogna dir che il sole ci ha bagnati.

 

Questo però sia detto sol per dire;

che s'io volessi in tuon grave e patetico

così moralizzato inrigidire,

passerei per cervel strambo e bisbetico;

e il gaio umor da' miei racconti espulso,

pedante diverrei, noioso e insulso.

 

Della brutal police il presidente,

bravo nel suo mestier, benchè novizio,

procedendo così sommariamente,

senza strepito e forma di giudizio,

degl'immondi plebei calmò il tumulto;

lasciò il leso Leccazampa inulto.

 

Poichè dier fine i due reali sposi

alla gran funzion, vollero alquanto

ire a sdrajarsi su' tappeti erbosi,

(che la giornata è faticosa tanto)

finchè del desinar l'ora non giunga,

che quel più del solito prolunga.

 

Disse il Lione al Gran Cerimoniere

che immobil starsi in un medesmo loco,

col sospeso zampin quattr'ore intere,

incomodato inver l'avea non poco.

Poi pian pian soggiungea, ma udito fu:

Caro Scimmiotto, io non ne posso più.

 

E quei: fu giusto ognor creduto e detto

che il suddito al sovran la zampa lecchi,

di dipendenza in segno e di rispetto;

ma se la zampa a far leccar ti secchi,

farti altra parte anche leccar tu puoi:

tutti ti leccheran quel che tu vuoi.

 

Videsi allor ciò che non si credea;

che sebben la real rappresentanza

la lionina vanità pascea,

pur, quando n'eran poi sazi abbastanza,

di ritirarsi erano ben contenti

nei domestici loro appartamenti.

 

Poichè le seccature in ogni stato,

dica chi vuol, son sempre seccature;

sicchè d'intorno avevano in privato

le confidenti solite figure,

e ivi, senza l'incomodo decoro,

eran buffoni e più buffon di loro.

 

Che un re, malgrado l'uso e l'esercizio,

alla lunga conosce e si convince

che continua apparenza ed artifizio

non si sostien e la natura vince;

Ma non facciam da cinici e da scaltri,

e fingiam creder ciò che credon gli altri.

 

Mentre i sovran stansi attendendo, e mentre

s'appresta il desinar, la regia fame

gia lor solleticando il voto ventre;

e i grandi che attendevano e le dame

dalla sala ne udian di fame figli,

i sovrani ruggiti ed i sbadigli.

 

Fatta intanto la Scimmia a se venire:

Ho fame, il re dicea, che ora fa?

alla Scimmia dimanda; ed ella: sire,

quella che piace a vostra maestà:

Esser l'ora del pranzo il re pronunzia;

ed ella parte, e pranzo e fame annunzia.

 

E immantinente servesi la mensa

in ampia aperta loggia; e copia grande

portano asini due sovr'asse immensa

di diverse odorifere vivande,

tutte squisite e ricercate e rare;

e di tal re ben degno è il desinare.

 

Il Bertuccione il desinar precede,

l'affare è di piccola importanza;

ritirasi ciascun, fa largo e cede

libero il passo alla real pietanza;

e mentre il treno rispettabil passa,

s'incurva infino a terra e il capo abbassa.

 

dei celesti cortigian la plebe

il nettare divin che Giove beve

mai tanto venerò, quantunque d'Ebe

per le candide man Giove il riceve,

quanto onorati furo i desinari

portati al re Lion da due somari.

 

Giusto è, che un re non sol, ma che s'onori

ciò che appartiengli e ciò ch'ei mangia e bee,

ciò che ha indosso e d'intorno e dentro e fuori,

ciò che v'entra e che n'esce, e uscir ne dee.

Chiunque grandi esempi averne brama,

consulti e bonzi e del Tibet i lama.

 

Pongosi allora i conjugi reali

a preparata mensa e lor fan cerchio

i più distinti nobili animali.

Grande è il lusso dei cibi, anzi soverchio;

ma due mangiano soli, e han fame tutti,

e assistono a chi mangia a denti asciutti.

 

Ma che non può produr d'avida gola

e stimol di ventricolo digiuno?

Mentre la beatifica parola

la real coppia compartia a taluno,

un Gatto, non credendo esser guardato,

pose a effetto un orribil attentato.

 

E avendo a se vicino un buon boccone

adocchiato di già, ratto lo chiappa,

e in bocca rapidissimo sel pone;

all'avvertenza altrui però non scappa

il sacrilego furto, e in pochi istanti

si divulgò fra tutti i circostanti.

 

L'indignazione universal richiese

punizion del temerario eccesso,

poichè fu reputato un crimen lese

contro la regia dignità commesso;

e tutti qual insigne malfattore

lo riguardar con sdegno e con orrore.

 

Onde della police il presidente

del sovran bruto all'oltraggiato nume

immola il Gatto, benchè suo parente,

ed ordin che sia gittato in fiume:

inesorabil stuol legollo a un tratto,

gittollo in fiume, e buona notte al Gatto.

 

Oh di virtù sublime atto pregiato!

Oh vigor d'alma a cose grandi avvezza!

Così forse dal rigido Torquato,

con esempio d'eroica fermezza,

quantunque grande invitto e prode e forte,

il figlio trasgressor fu messo a morte.

 

più di fatto tal d'allora in poi

si fe' parola e rammentossi appena;

che di Corte gli aerei e tronfi Eroi

di sì fatte miscee non si dan pena,

all'util proprio unicamente intenti,

e all'altrui danno affatto indifferenti.

 

Non era ancor la funzion compiuta,

era a mensa il Lion pur anche assiso,

allorchè entrar colà, tardi venuta,

videsi la Giraffa all'improvviso;

e sovra tutta quella folta schiera

altissima elevar la testa altiera.

 

E poichè nel venir mise gran tempo,

che venir non può d'Africa altrimente,

potuto non avea cogli altri a tempo

al consesso elettivo esser presente;

or tardi giunge alfin, ma benchè tardi,

tutti a se trasse di color gli sguardi.

 

Tosto che il re la vede, a se l'appella

per via del Bertuccion Cerimoniere;

tutti del viaggio i casi ei vuol da quella

e del ritardo la ragion sapere;

ed altre molte question le fece,

e la Giraffa in tutto il sodisfece.

 

Quei la congeda ed ella si ritira;

ed elevar vedendola tant'alto

il capo altier, con istupor la mira

tutto lo stuol, poichè neppur col salto,

non dente d'animal, non zampa aggraffa

l'altezza vertical della Giraffa.

 

Quel re distinguer volle anche il Cavallo

come pregiata bestia, e per lo stesso

Bertuccion formalmente appellar fallo,

e domande gli fa quando gli è presso;

e poscia, senza attenderne risposta,

fagli un sogghigno, ed il Caval si scosta.

 

La Lionessa allor, che tutto osserva,

e vuol far ciò che far vede al marito,

anch'essa a se fece appressar la Cerva,

e question le fa sopra il seguito

impegno con la Vacca; e pria che quella

risponda, la congeda e parte anch'ella.

 

Così allor quei quadrupedi Sovrani,

dei monarchici riti istitutori,

quando onorar voleano i cortigiani,

famelici tuttor di quegli onori,

pubblicamente e col boccone in gola

del nettar gli aspergean di lor parola.

 

Quindi ogni prence anche oggidì tu vedi

che ai cortigian lo stesso onor dispensa;

e quegli, attenti e immobilmente in piedi

attorno alla real pubblica mensa

la beata parola aspettan, fiso

tenendo il guardo al prence a mensa assiso.

 

Sul fin del desinar porta un Coppiere

(Ganimede non già) d'acqua una conca,

in cui si poser quei sovrani a bere;

e l'ampia rimbombevole spelonca

l'immenso stuol dei circostanti empiva

di lieti applausi e di festosi evviva.

 

Pasciuta in cotal guisa e abbeverata,

di mensa si levò la regia coppia,

e tutta ringraziò quella brigata,

che lieta il grido acclamator raddoppia,

la gran bontà esaltando e i sovrumani

pregi dei clementissimi sovrani.

 

E discioltasi allor tutta la Corte,

nei loro appartamenti interiori

ritiransi il Lione e la consorte;

e il tren, da quelle grotte uscito fuori,

si sparse poi per la campagna attorno.

così finì quel memorabil giorno.

 

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License