Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giovanni Battista Casti Animali parlanti IntraText CT - Lettura del testo |
Debbe l'utile storia aver due facce:
una rivolta a ciò che un tempo avvenne,
e l'altra all'avvenir, sicchè le tracce
di ciò che avverrà poi da lungi accenne.
in fisica e in moral, tutto nel mondo
di fondo in cima va, di cima in fondo.
Delle antiche perciò bestie parlanti
le vicende in udir, le costumanze,
maraviglia non è se somiglianti
si trovan spesso alle moderne usanze;
tal cosa crederai recente e fresca,
e fu pratica antica animalesca.
E anche oggidì nell'Europee contrade,
ove sorge ragion, l'errore cadde,
spesse volte in veder ciò che ora accade,
parmi veder ciò che fra bestie accadde,
e veder parmi nelle storie umane
l'Asino primeggiar, la Volpe e il Cane.
In quel de' due partiti aspro conflitto,
ivan le cose allor di male in peggio,
nè tratto ancor se n'era altro profitto
che la strage reciproca e il saccheggio;
ed oltre a tanti danni e a tanti orrori
v'eran sempre a temer mali maggiori.
Che d'ogni intorno, e fin sotto alla Corte,
coperti i campi, ingombre le foreste,
e pieni i fossi eran di bestie morte,
presagi infausti di vicina peste:
e già vapor maligni intorno pieno
avean l'aer di putrido veleno.
Di guerra inseparabile compagna
fame, crudel flagello, ancor sovrasta;
che de' prodotti suoi l'ampia campagna
inimico furor spoglia e devasta,
e interamente ha omai guasti e distrutti
fior, piante, frondi, erbe, semenze e frutti.
E ognun, vedendo il tutto ire in ruina,
credea doversi omai cangiar registro:
sol l'orgoglio fatal della regina,
la pertinacia sol del rio ministro,
contro il suffragio universal del regno,
persistean nel crudel funesto impegno.
Soffrir colei non può chi contro il soglio
la ribellante testa elevar osa;
e avida di vendetta, ebra d'orgoglio,
alla necessitate imperiosa
sdegna d'assoggettar l'animo altero,
e vada pur sossopra il mondo intero.
Fra le calamità straordinarie,
e nelle triste circostanze critiche,
render la Volpe vuol più necessarie
le sue sublimi qualità politiche,
e l'intento a ottener pon tutto in opra;
e vada pur la monarchia sossopra.
Possente instigator che grida guerra,
gorgogliamento par d'Etna o Vesuvio,
che copre d'atre ceneri la terra
e di bitumi erutta igneo diluvio,
ed annunzia alli miseri mortali
serie funesta d'infiniti mali.
E quantunque in suo cuor ciascun desia
del riposo il ritorno e della pace,
niuno al sovran volere opporsi ardia,
e l'interno desir nasconde e tace;
che sol pace nomar, crime di stato
E l'inquisizion del ministero
con dispotici vincoli incatena
la libertà del labro e del pensiero,
ed il respir libero lascia appena;
dell'alme l'energia comprime a forza,
e le avvilisce e ogni vigor ne ammorza.
Sol fra tutti il Cavallo, il qual sovente,
per distinto favore, in sulla sera,
nell'intimo quartier della Reggente,
ad un ristretto circolo ammesso era
con piccola sceltissima brigata
di nobil bestie in società privata,
solo il Caval con generoso ardire,
poichè di guerra a favellar si venne;
Se ognor da me, madama, imprese a dire,
l'onore si difese e si sostenne
del soglio Lionin, ciascun ben sallo:
nè mai di codardia peccò il Cavallo.
Ma che? giunser le cose a segno tale,
che con eccidi inutili e soverchi
par che non altro omai che la totale
distruzion reciproca si cerchi;
ah ch'una volta tal flagello termini,
pria che le razze animalesche stermini!
Se resta senza sudditi un sovrano,
che lo scettro si ficchi e la corona
e il titolo real nel deretano,
ch'ei non sarà che dignità buffona:
nella massa de' sudditi consiste
regio poter, nè re senz'essi esiste.
Inoltre, quei che sopraviveranno,
alla strage assuefatti e alla rapina,
l'abitudine ognor conserveranno
che a sparger sangue e a depredar gl'inclina;
onde s'avrà, non men che in guerra, in pace
un sanguinario popolo rapace.
Che se confidi poi che le alleanze
abbiano a sostener mal fermo regno,
perdona, maestà, le tue speranze
appoggi a troppo debole sostegno;
che chi non può contar sui mezzi sui,
molto men può contar sui mezzi altrui.
Opportun tentativo almen si faccia
di pace per mostrar qualche desire,
e per giustificarsi al mondo in faccia,
che piacer non si prende a inferocire;
forse alcun mezzo troverassi alfine
da porre a tante orride stragi un fine.
Niun più di me, la Volpe allor rispose,
v'è chi brami la pace e il ben ne veggia,
ma tolga il ciel che a dure e vergognose
condizion pace propor si deggia:
ci si proponga, e il grande affare è fatto
Oh di frode maestra ed inventrice,
iniqua Volpe, il reo pensier mal copri
con ascitizia esterior vernice,
che assai col fatto il falso cor discopri,
e più l'altrui delusa fe non vuole
esser ludibrio delle tue parole!
Ma oh come ben cotesto tuo linguaggio
oggi da' tuoi discepoli s'apprese!
Rapina ed illegittimo vantaggio
di moderazione il nome prese;
e legge che dettò poter rapace,
stabil s'appella ed onorevol pace.
Su queste basi l'invasor s'appoggia,
e questo è solo il grand'onor che cerca,
nè pace ed esistenza in altra foggia
il debol compra dal potente, o merca:
cotal pace il ladron carco di prede
allo spogliato passeggier concede.
Non dee (colei seguia) servo leale,
la gloria eletto a sostener del soglio,
fin de' rubelli a lusingar l'orgoglio;
finchè al timon del ministero io sono,
non coprirà cotanta infamia il trono.
Risorse immense e mezzi molti e forti
al nostro potentissimo padrone
restano ancor per vendicare i torti
e ridurre i rubelli alla ragione;
e ne' sudditi suoi se non si stanca
valore e fedeltà, poter non manca.
A detti tai scosso il Cavallo e punto,
Non fedeltà, riprese, e non valore
in noi mancò finor, ma il tempo è giunto
che non più del decor nè dell'onore,
(Titol che a beneplacito s'adatta)
ma di nostra esistenza omai si tratta.
Calcoli far sull'altrui vita ascolto,
da labbro non so dir se atroce o stolto,
quel che a sparger riman sangue innocente;
e quelle sussistenze, in ver non molte,
al guasto universal dal caso tolte.
Certamente non io, cui noto è assai
tuo pensar retto allor la Volpe disse
non io di te sospetterò giammai;
ma se altri in guisa tal parlar t'udisse,
forse, deh scusa, amico, avria sospetto
che di Cagnazzeria tu fossi infetto.
A quell'acre motteggio, altier nitrito
alzò il Caval di nobil cruccio in segno;
e forse fra di lor saria seguito
assai caldo contrasto e serio impegno;
e la Volpe men forte in quella lutta
forse potuto avria passarla brutta;
ma, per toglier lo scandalo e il periglio
che trar seco potea tal discrepanza,
sbadigliò la regina; e lo sbadiglio
segno è che congedar vuol l'adunanza.
ciascun parte e la lite allor fu tronca,
ed ingombrò Morfeo l'ampia spelonca.
D'alti affari a trattar colla regina
ita essendo la Volpe il dì seguente,
come solea pur fare ogni mattina,
de' discorsi si dolse amaramente,
che il Caval fatti avea la sera innanti,
con scandalo di tutti i circostanti.
Poichè quello è lo stil di chi ordir vuole
calunnia e tradimento all'innocenza;
attaccarla di fronte ei mai non suole,
poichè il guardo ne teme e la presenza,
ma la perfidia di soppiatto egli usa,
e i modi toglie di smentir l'accusa.
Chi l'occulta denunzia e la condanna
coprir coll'ombra del mister presume,
ingiusta eserce oppression tiranna;
giustizia e veritate a chiaro lume
si mostra apertamente e si presenta,
nè la censura pubblica paventa.
La Volpe: udisti (disse alla padrona)
udisti tu con quanta impertinenza
il Caval, che sì mal sempre ragiona,
osò contrariarmi in tua presenza?
Poichè contraria te, chi ostar procura
al tuo ministro e il minister censura.
E la Reggente: Il ver però dicea;
e allor la Volpe: e perchè a te davante
quella bestia il ver disse, appunto è rea:
in indigeno suol l'erbe e le piante
prosperan sol, non in terren straniero,
nè in ogni suol dee seminarsi il vero.
No, poscia soggiungea, non dei permettere
di ragionar con temerario ardire,
d'esaminar, discutere e riflettere;
fatto il suddito è sol per obbedire,
solo è il sovran di comandar padrone,
nè de' commandi suoi rende ragione.
E oh se ciascun prence animal potesse
tener le bestie incatenate e avvinte,
e scatenarle, se per lo interesse
o altro suo fin fosser in guerra spinte,
per poi di nuovo incatenarle ancora;
quanto saremmo più felici allora!
Ciò giusto è inver ripiglia la tutrice
ma se i sudditi miei storpia ed ammazza
questa guerra crudel sterminatrice,
estintane o scematane la razza,
non regnerò che su ben pochi omai.
E la Volpe: sì ben; ma regnerai.
La vita e l'esser della massa oscura
de' sudditi non è se non precario;
è un prestito che lor fa la natura,
di cui il sovrano è il vero proprietario.
Perciò i sudditi vita e sangue denno
sacrificare a un lor capriccio, a un cenno.
E acciò qualche scrittor, qualche libraccio,
che de' governi son la vera peste,
persuader non osi al popolaccio,
ch'una men val che milion di teste,
e semi rei d'indipendenza e lampi,
sparga di libertà (Dio ce ne scampi!)
convien per ogni mezzo il fanatismo
a tutta la quadrupede genia
inspirare in favor del dispotismo,
raddolcir e indorar la tirannia,
prometter sicurezza, proprietà,
Cosa è per altro chiara ad evidenza,
che se tu lasci negli stati tuoi
sussister le dottrine e la scienza,
goder intera autorità non puoi,
anzi non solo il Lioncino e tu,
ma cadranno gli Allocchi e il gran Cucù.
Che se appieno abolir non puoi le lettere,
i fonti del saper devi interdire:
cioè nè scritti mai, nè libri ammettere,
se non quelli che insegnano a obbedire:
giovan sol questi al principato e al trono,
gli altri o perniciosi o inutil sono.
Abbiti pur per massima costante,
e nel fondo del cor tientela teco,
che popolo fanatico, ignorante,
di superstizione ingombro e cieco
un'arm'ella è terribil sempre in mano
d'arbitrario dispotico sovrano.
Persuaditi ancor ch'è necessario
pascolar di parole il volgo ignaro;
ma il potere assoluto ed arbitrario
più che l'amor de' sudditi abbi caro.
docile è il volgo in schiavitù ridutto;
e amor che giova a chi è padron di tutto?
La Reggente, benchè femmina fosse,
benchè fosse regina e Lionessa,
tai massime in udir raccapricciosse,
cui repugnante è la natura stessa;
peggiore è assai malvagità volpina.
Chi crederia che massime cotali,
che procurò la Volpe in quell'etate
propagar fra i quadrupedi animali,
oggi si sieno sparse e propagate
generalmente e con successo pieno?
Pur la cosa è così, nè più nè meno.
E forza ognor vanno acquistando, a segno
che un certo galeotto alla catena,
a cui cinquanta almen colpi di legno
piovean ciaschedun dì sovra la schiena,
un'opra fe', stimata assai da' dotti,
Onde il governo, generosamente
volendo allor rimunerar l'autore,
e mostrarsi benefico e clemente,
fe' il benigno decreto in suo favore,
che invece di cinquanta bastonate,
sol quarant'otto gli ne fosser date.
Nè qui di rammentar fa di bisogno
l'altro che fu trent'anni prigioniero
per lo sospetto d'aver fatto un sogno
non conforme all'idee del ministero;
onde provò con riflessioni egregie
la libertà delle prigioni regie.
E inver fin da quel dì che trasformaro
i nostri felicissimi governi
il bianco in nero, ed in oscuro il chiaro,
l'eccellenza dei metodi moderni
il fuoco di ragion spegne e lo gela,
e pon gli autor sotto la sua tutela.
Quanto colpevol men saria chi regna
senza l'altrui malvagio incitamento!
La Lionessa d'adottar non sdegna
della Volpe il crudel suggerimento;
che ciò di che la teoria s'abborre
in pratica tuttor noi veggiam porre.
Perciò l'iniquo consiglier soggiunge:
Forse alla gloria preferir ti piace
il tranquillo riposo? Ma non giunge
a ben sicura ed onorevol pace,
che chi deciso e intrepido si mostra,
e pronto a entrar coll'inimico in giostra.
Mai pertanto da me, che che altri creda,
no, pace mai non si rigetta e schiva;
sempre, qualor politica il richieda,
a entrar pronta è la Volpe in trattativa;
purchè qualunque idea, qualunque impegno
della sovrana maestà sia degno.
Fra governi legittimi so bene,
che in tai casi trattar da pari a pari,
e con solennità spedir conviene
ministri e ambasciador straordinari;
ma con rubelli oprar con altre idee,
trattar con altre regole si dee.
e' saria disonor, saria vergogna
per lor riguardi aver, ch'essi non hanno;
d'alto in basso trattargli ognor bisogna,
e se non val la forza, usar l'inganno:
a canaglia sì perfida e superba,
che mai fe non serbò, fe non si serba.
Or battuto sentier non convien battere;
ma talun con secrete instruzioni
inviar senza pubblico carattere,
per esplorar del Can l'intenzioni.
Poichè sappiam che a suo piacere ei solo
gli affar dirige del rubelle stuolo.
Vedrà il mondo così, che noi bramiamo
la pace in tutti i vasti tuoi domini
ristabilir: che l'ami tu, ch'io l'amo;
che se continueran stragi e stermini,
certo non tu, non la fedel tua Volpe,
tutte i ribelli sol ne avran le colpe.
Qui pausa un poco. Inesplicabil cosa!
Se contro ingiusta oppression reclama
il popol stanco, o se alitar sol osa,
tosto il despota altier ribelle il chiama;
e a vendicar quei ch'egli appella affronti,
eserciti e carnefici son pronti.
Ma se un sovrano a' suoi dover rubello,
alli patti, a' trattati, a' giuramenti,
divien de' propri sudditi il flagello,
ribellion non è contro le genti,
contro le leggi e contro la natura,
che mali al mondo assai maggior procura?
E il mondo intanto ognor stupido e cheto
stassene a riguardar tai stravaganze?
Inesplicabil cosa! ancor ripeto:
la timida parola e le lagnanze,
e fino il pensier tacito all'oppresso
vietasi, e all'oppressor tutto è permesso.
Per tal commission scelta sicura
seguia la Volpe il Can barbon mi pare,
cugin del Can ribelle, e creatura
di cui sai ben che ci possiam fidare;
che più attaccato è alli gradin del soglio,
che non s'attacca l'ostrica allo scoglio.
Onde dubbio non v'è ch'ei non mantenga
della corona Lionina i dritti,
e scrupolosamente non si tenga
dentro i precisi termini prescritti
immobil, fermo, che più saldo e forte
non ha pilastro e barbacan la corte.
Che se gli affar prendessero altra piega,
e se nuova ragion sopravvenisse,
si disapprova al solito, e si nega
quanto il negoziatore o fece o disse;
o s'immola pur anche, in ogni evento,
al pubblico odio ed al risentimento.
E il nostro Can barbone, ella riprese,
che sì ben ci diverte e ci fa ridere,
sì buono, e che nessun mai non offese,
dovrem lasciar noi dunque a torto uccidere?
E riguardar con fredda indifferenza
farsi sì atroce insulto all'innocenza?
Se vaca impiego o muor talun, che importa?
la Volpe ripigliò: qualor tu vuoi,
bestia viva succede a bestia morta;
altro Gran Ciamberlan crear tu puoi,
e mille e mille Ciamberlani insieme;
l'onor, la gloria e l'util tuo sol preme.
Anzi di conferir cariche e impieghi
dei spesso occasion tu stessa darti;
così maggior beneficienza spieghi,
più frequenti così grazie comparti;
giacchè ciascun dell'affollata schiera
che assedia il soglio, o brama, o chiede, o spera.
Nè dal sacrificar ministro o servo
bontà t'arresti o scrupolo imbecille;
io sicura assai più massima osservo,
e peran mille alme innocenti, e mille:
virtù, merto, innocenza, onor che vale
Pusillanime core, alma volgare
tema impotente biasimo o censura:
il celeste del dì gran luminare
di rane il vano schiamazzar non cura;
e se insetti a migliaia arde ed infesta
la fiamma sua, non perciò il corso arresta.
L'ossequiosa turba, ancor che insigni,
le sovrane ingiustizie incensa e adora,
e i disegni più neri e più maligni
con vernice di lode abbella e indora;
sol ne' sudditi è il vizio; e o malo o buono
che un prence sia, tutto è virtù sul trono.
Se il vortice politico rimiri,
ruota ti par, che quanto arresta e impaccia
tutto sotto di se stritola e schiaccia;
e se d'alcun di quei che andar la fanno
sotto vi resta o piede o man, suo danno.
A dar gli ordini or corro; e in così dire,
tosto si congedò dalla Reggente
e fatto il Can barbone a se venire:
Amico disse uopo è che destramente
di rincontrar procuri il Can rubello,
e d'abboccarti a solo a sol con quello.
N'esplora allor le occulte intenzioni,
le viste indaga ed i disegni sui;
ma tienti ognor su vaghe asserzioni,
nè ti spiegar e non t'aprir con lui;
ma se desio di pace in quei si scorge,
o se a parlarne occasion ti porge,
digli che pace avrà, s'ei vuole, e digli
che generosa ognor la Lionessa
che por vorran la lor fiducia in essa,
e che di lor perfidia appiè del trono
verran pentiti a domandar perdono.
Sembrino i detti tuoi, non sian sinceri;
la sovrana clemenza e la dolcezza
esalta ed il valor de' suoi guerrieri
e del suo minister la saviezza,
nè in dispute e in ragion troppo t'estendere:
parla poco, odi assai; compra, e non vendere.
Che se al rubelle Can vien fantasia
tu statti all'erta, ed il discorso svia;
l'inquiete per por teste in fervenza
e alla ribellion dar consistenza.
Ed in due motti il tuo dover t'accenno:
i ministri politici e i congressi
nè procurar nè mai promuover denno
che dei prenci i vantaggi e gl'interessi;
e riguardar la massa dei viventi
siccome nullità non esistenti.
Convengo che l'affar è un po' scabroso,
e delicata l'incumbenza e critica,
Sempre, tu lo sai ben, sempre in politica
di due negoziator vinse il più scaltro,
cioè quei che sa meglio ingannar l'altro.
Compresi tutto, il Can barbon risponde;
come un affar politico si tratta
non ignora il Barbon, nè si confonde:
Quel disonor della canina schiatta,
dal cui caratter sì diverso è il mio,
vedrà che s'egli è un Can, son Cane anch'io.
Poi, pel decor del Gran Ciamberlanato,
per suo corteggio due Levrieri prende,
da cui solo esser vuole accompagnato;
e come far sogliono Araldi, appende
ad uno d'essi in sull'orecchia manca
una gentil banderuoletta bianca.
E in qualità di Can Parlamentario
al Cane antireal tosto l'invia,
per far saper che a lui, benchè avversario,
il Can Gran Ciamberlan parlar desia;
onde convenner, mediante quel messo,
di ritrovarsi assieme il giorno appresso.
Del dì seguente il mattutino raggio
dal balzo oriental dubbio apparia,
quando il Barbon sollecito in viaggio
si pose coi Levrier, che per la via
su quella mission quesiti vari
gli gian facendo e sui correnti affari.
Tu che del minister col perspicace
occhio puoi penetrar le viste ascose,
dinne, Barbon diceano avrem la pace?
E il Barbon gravemente a lor rispose:
Cotesto, o miei Levrieri, è un grand'imbroglio
che per altro strigar potrò, s'io voglio.
Fallo, i Levrier ripresero, deh fallo,
libera alfin da tal flagel la terra;
da gran tempo color che non han fallo,
vittima son di sì ostinata guerra.
Ed il Barbon: ecco l'eterno chiasso
che fa contro la guerra il popol basso.
troppo suol egli dar, troppo gran prezzo,
E le guerriere imprese e i marziali
moti, a chiamar calamitadi è avvezzo:
curar tai lagni un minister non dee,
e ha ben più grandi e più sublimi idee.
Ah Barbon replicarono i Levrieri
noi non c'imbarrazziam colla politica;
gli arcani rispettiam de' ministeri,
nè farne mica pretendiam la critica;
ma è ben crudel quel che da voi si mostra
alto dispregio della specie nostra.
Ma dinne, colla forza alfin l'intento
speri ottener, che non ancor s'ottenne?
E il Barbon: senza fallo; il tradimento
se i progressi finor di noi rattenne,
or l'amor pel sovrano in tutti causa
entusiasmo per la buona causa.
E i Levrier: benchè ognor sieno i ribelli
falsi nel ragionar, noi savi e retti,
pur corre opinion che pugnin quelli
per non restar, noi per restar soggetti;
nè sappiam qual de' due ragionamenti
l'entusiasmo universal fomenti.
Coteste allor riprese il Can barbone
son mere illusion, parole vane:
il fatto è che qua domina il Lione,
colà la Tigre, l'Elefante e il Cane,
onde qua per ragion regna un sol re,
colà contro ragion regnano tre.
Del Can barbon satelliti e mancipj,
non vollero i Levrier, seco in impegno
entrando, disputar sopra i principj;
e di prudenza e di rispetto in segno
taciti progredirono, e indi a poco
giunsero presso al convenuto loco.
E usciti alquanto fuori di cammino,
il Cane, capo del partito opposto,
trovaro assiso sotto ombroso pino
alla dat'ora e all'indicato posto;
lo che da quegli autori antichi e strani
l'abboccamento si chiamò de' Cani.
Il Cane antireal, che fine e astuto
d'ogni più astuto e fine al paragone
politico era, e come tal creduto,
ben conoscendo il suo cugin Barbone,
spassar si volle a porlo in qualche intrico,
ingenuo tuon prendendo e aria d'amico.
Onde vedendol appressarsi appena,
gli corse incontro e, o mio Barbon gli dice
e qual benigna sorte or qua ti mena?
Qual diresse i tuoi passi astro felice?
Sentendolo il Barbon parlar così,
tuttochè cortigian, s'intenerì.
rispose ognor parente e buon amico,
e grato ognor dentro il mio cuor ti fui;
perciò, quantunque noi destin nemico
desio di rivederti a te mi guida:
Conciosiachè... s'io son sì presso al trono,
sol lo deggio alla tua beneficenza,
sol tua mercè Gran Ciamberlano io sono.
Conciosiachè... la mia riconoscenza
so separar ben io dalla politica,
e faccio il mio dover, sfuggo la critica.
E il Can clubista: Che nuove mi dai?
Fiera e orgogliosa è ognor la Lionessa?
Inetto il Lioncino è più che mai?
La furba iniqua Volpe è ognor la stessa?
Lo stesso è il Ciuco, o ancor più vil s'è fatto?
Fabbrica ancor calunnie il falso Gatto?
Fioriscon sempre le virtù morali
in Corte? Sempre il minister travaglia
Non v'era a replicar cosa che vaglia;
pur rispose il Barbon: domando scusa,
la Corte a torto e il minister s'accusa.
È il principin d'umor gajo e vivace;
nobil la Lionessa e dignitosa;
instancabile, provvida, sagace
la Volpe è sì che par mirabil cosa;
e l'astio democratico in sinistro
prende e interpreta ognor Corte e Ministro.
Rise il clubista Can, di lui più accorto;
del Barbon la venuta un qualche oggetto
aver s'avvide, e disse: o dritto o torto
sia 'l fin che ti menò, favella schietto;
il cortigian dimentica per poco;
e al ver fra noi la finzion dia loco.
Ed il Barbon: E dubitar vorrai
della schiettezza mia, del mio candore?
In me non finzion ritroverai,
ma sol sincera espansion di core,
conciosiachè.... Ma il Can rubelle fisse
in lui lo sguardo sorridendo, e disse:
Parla, e non por ne' detti tuoi tant'arte;
cotesti tuoi conciosiachè, cotesti
arzigogoli omai lascia da parte;
tal io son qual ognor mi conoscesti:
a' miei conforma i sentimenti tui,
e sarò sempre amico tuo, qual fui.
Se per segreta instruzion volpina
hai tu cosa a propor, franco l'esponi:
dall'aperto sentier mai non declina
chi giustizia e potere ha per ragioni,
ma un Sì franco pronuncia, o un No ch'escluda
cabala o intrigo, e i sutterfugi eluda.
Il povero Barbon, che al par d'ogn'altro
pei politici affar criterio e testa,
e vasto aver credeasi ingegno scaltro,
a tal esordio imbarazzato resta;
poichè non conoscea che i torti giri
della vecchia politica, e i raggiri;
e non credea che sensi aperti e schietti
ammetta il diplomatico mestiero:
onde del già ministro ai franchi detti
affatto si trovò fuor di sentiero;
pur come più potè si ricompose,
ed affettando ingenuità rispose:
Nulla propor degg'io, ma se tu brami
fra noi ristabilir la pace omai,
se il comun mal perpetuar non ami,
facile il minister, facil potrai
bontà trovar nella sovrana mia,
che al reo perdona ed il passato obblia.
Digrigna e ride il Can rubello a questi
del Can Barbon patetici riflessi,
e dice: oblio? perdono? e che diresti,
se noi fossimo già vinti e depressi?
Poi s'avea pien poter gli domandò;
e il Can Barbon: pieno poter?... non l'ho.
Dunque soltanto esplorator tu vieni?
Dunque i disegni altrui scoprir sol vuoi?
l'altro ripiglia: or che più t'intrattieni?
Ogni commercio omai rotto è fra noi;
pur con nobil franchezza io vo' confondere
chi gli artificj suoi mal tenta ascondere.
Abbiasi ovunque ei vuole ogni animale
di pascer libertà, com'ebbe pria;
tal forma di governo abbiasi quale
più convenevol riputata sia;
ed ogni ostilità d'allora in poi,
ogni dissension cessi fra noi.
Dacchè soggiunge il buon Barbon s'accese
guerra crudel fra gli animali discordi,
voi gran tratto occupaste di paese;
e qual dunque compenso a noi tu accordi?
Compenso! allor ghignando il Can ripigli:
Compenso! scherzi? o qual follia ti piglia?
Compenso ha luogo allor che senza guerra
un bel comune o appartenente altrui,
di mutuo accordo, o mobil siasi o terra,
divider vuolsi, acciò ciascun de' dui
partitamente ivi si pasca e cubi,
dicendo: io do, tu dai; rubo io, tu rubi.
Ma se guerra s'alluma, e o sorte o forza
mal seconda l'imprese e i desir tuoi,
ed al nemico a cedere ti sforza
ciocchè occupare o ritener non puoi,
dimmi, Barbon, se dramma hai di buon senso,
qui come diavol mai c'entra il compenso?
Premio son del valor, che in noi non langue,
sprezzator del periglio e della morte,
gli acquisti da noi comperi col sangue:
se arriso amica avesse a voi la sorte,
se vinto aveste voi, come perdeste,
e qual compenso a noi concedereste?
Or si permetta ch'io ragioni alquanto
sul discorso del Can che, a dire il vero
a me non sembra irragionevol tanto,
il termin del compenso affatto nuovo,
e pria del Can barbon non vel ritrovo.
Se talun giuoca meco e perde cento,
e poscia per la perdita che ha fatto
esigesse da me compensamento,
ei mi parrebbe impertinente o matto;
Se tu perder non vuoi, di grazia in pochi
motti risponderei perchè tu giochi?
E peggio saria poi, ma peggio assai,
se il compenso da darsi ei fosse tolto
sovra la proprietà degli animai
che non v'abbiano a far poco nè molto;
sicchè il Barbon, che ingiusta vide e folle
esser l'instanza, insister più non volle.
E disse all'altro Can: Nè delle corti,
nè della offesa autorità sovrana,
dunque non pensi a riparare i torti?
E quei: Qualunque obiezione è vana;
in altra guisa mai, con altre idee
mai fra noi pace esser non può, nè dee.
Così dicendo, rimbruschissi, e tacque.
al povero Barbon quell'ultimato,
come potete credere, non piacque;
ma il Can clubista in tuon mezzo arrabbiato,
Addio gli dice, e te lo pianta lì.
e quel congresso in guisa tal finì.
Il nostro Can barbon, tutto confuso
per quella mission mal riuscita,
ai due Levrier con sbigottito muso,
O ben, o mal, dicea, questa è finita.
E i Levrier: pur poc'anzi a noi dicesti
ch'assestar tutto a tuo piacer potresti.
E il Can barbon: Quel ch'io dovea fec'io;
salvo è l'onor del trono e della corte,
salvo il decor del ministero e il mio;
cura poscia del resto avrà la sorte.
Or che s'ha egli a fare? ed un Levriero
umilmente propose un suo pensiero.
Molto ancor disse a noi riman del giorno:
far si potrebbe una passeggiatina,
pria che alla reggia facciasi ritorno.
Di qua non lungi è la rupe Corvina,
ove sul venerato, antico sorbo
rende i famosi vaticinj il Corbo.
Il sacro Uccel che l'avvenir predice
interrogar potrai, se pur ti piace;
e sentiremo un po' che diavol dice
sulla guerra presente e sulla pace.
Andiam; noi bestie siam corriere entrambe,
e tu, lodato il cielo, hai buone gambe.
Il Can barbone, per alcun momento
standosi assorto in un pensier profondo,
riflettea che un oracolo, un portento,
sempre fu, e sarà sempre in questo mondo,
poichè fur tutti i mezzi invan tentati,
il refugio che resta a' disperati.
Poscia disse al Levrier: poffareddio!
Il tuo pensiero è veramente bello;
bravo! vedo che tu, Levriero mio,
non men che buone gambe hai buon cervello;
gran tempo egli è, per dirtela, ch'io bramo
veder che storia è questo Corvo: andiamo.
ambasciador quanto il Levrier propose,
tosto senz'altra disputa in cammino
dietro quei svelti corridor si pose,
che pria di giunger a quel sacro loco
galoppar denno e sgambettar non poco.