Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giovanni Battista Casti
Animali parlanti

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

CANTO DECIMOSETTIMO

 

LA MITOLOGIA DEGLI ANIMALI

 

Tu che rapida puoi scorrer per entro

l'oscurità de' secoli remoti,

e in ciel penetri e dalla terra al centro

a discoprir gli arcani al volgo ignoti,

tu fammi, o Musa, il gran mister palese,

che lingua svelò, orecchio intese.

 

In qualunque animal pose natura

vita, moto ragion, loquela e senso,

al freddo polo e alla cocente arsura,

del globo inter sovra lo spazio immenso,

analoga all'idee ed al costume

diegli religione e culto e nume.

 

Or se le bestie dell'età primiere

possedean la loquela e la ragione,

dovean per conseguenza anch'esse avere

il culto lor, la lor religione,

le costumanze e gl'istituti pii,

e i sacerdoti loro, i loro Iddii.

 

Strano pertanto non dovrà sembrarvi

se della lor teologia favello;

pregovi dunque in mente a richiamarvi

ciò ch'io dicea, che del presago Uccello

il Barbon, dei Levrieri in compagnia,

a consultar l'oracolo venia.

 

Nel più folto del bosco erma s'inalza

sovra un immenso ruinoso ammasso

di spezzati macigni orrida balza;

di fori pieno e di fessure è il masso,

e antichissimo sorbo e mezzo marcio

l'ingresso ingombra d'un profondo squarcio.

 

Fama era che un gran Corvo in quel forame

da mille e mille secoli abitasse;

e si volea dal credulo bestiame

che il linguaggio profetico parlasse;

onde sopra di lui le bestie vecchie

spargean racconti e favole parecchie.

 

Altre della Natura il primogenito,

altre figlio il dicean del Caos antico,

per sua propria virtù nato e non genito;

ma il numero maggior dall'umbilico

emanato il credea d'un ente ignoto,

figlio della tempesta e del tremoto.

 

qui del volgo riferir vi voglio

tutti i portentosissimi racconti;

colla zampa talor d'arido scoglio

fatte avea zampillar limpide fonti;

talor de' vanni suoi lo scotimento

uragan cagionò, turbine e vento.

 

Talor nell'ira sua prodotti incendi,

e fiumi e mari avea ridotti a secco;

talor accesi i fulmini tremendi

col soffio sol dell'infocato becco:

in paragon di che, son cose nuove

l'aquila colla folgore di Giove.

 

Che qualsisia religion più santa

sovra la terra sostener non puossi,

se miracoli ai popoli non vanta

maravigliosi oltre ogni modo, e grossi;

fu ognor la fe l'appoggio suo primario,

e tutt'altro non è che secondario.

 

Si vuol ch'essendo un tempo fa la luna

da deliquio sorpresa in mezzo al corso,

egli aita porgendole opportuna,

la sostenesse sul pennuto dorso,

e che l'avesse poi contro l'accesa

vampa solar coll'ale sue difesa.

 

Quindi qualor seguia lunar eclisse,

dalle pie bestie il Corvo era pregato,

acciò la luna a sollevar venisse

in quel deliquio suo; perciò nomato

fu il Corvo, dal brutal volgo fanatico,

protettor della luna, ovver lunatico.

 

In somma tante su quel Corvo e tante

religiose stravaganze enormi

quegli animali ivan spargendo, quante

tra nazioni barbare ed informi

non ne spacciò religion chimerica

per l'Africa, per l'Asia e per l'America.

 

Or quel diverso interpretar che fero

i mister teologici coloro,

quella strampalatissima che diero

spiegazion diversa ai dogmi loro,

a molte e varie stravaganti sette

e a molti vari scismi origin dette.

 

E come poi Monoteliti e Gnostici,

e Luterani in oggi e Calvinisti,

furonvi allor Ageniti, Caostici,

Corvisti, Oracolisti, Umbilichisti,

ed altri e altri Teologi bisbetici,

novatori, Scismatici ed Eretici.

 

Di le strane opinion fantastiche,

le acerrime di dispute nacquero,

distinzion, sottilità scolastiche,

che tanto a quei controversisti piacquero,

che per sofismi e per parole vane

l'arti obliaro e le dottrine sane.

 

E per formule oscure e non comprese,

e per concezioni assurde e astratte,

non di parole solo ebber contese,

non solo orde straniere avean disfatte,

ma spesso ancor sulle lor specie istesse

orribili barbarie avean commesse.

 

Di queste teologiche materie,

che brevemente io qui stringo e raccorcio,

composta era de' codici la serie

di cui parlava al re Lione il Sorcio,

quando la biblioteca gli descrisse,

come a suo luogo e a tempo suo si disse:

 

Felice Europeo, che nudo e puro

il vero adori, e senza paradossi,

e sei di quanto credi arcisicuro,

mai chi fra i tuoi popoli ortodossi

le coscienze regola e governa,

lucciola ti fa creder per lanterna!

 

La troppo perigliosa esperienza,

la ragion frale ed i fallaci sensi,

e l'ingannevolissima evidenza,

non entran punto in ciò che credi e pensi,

ed impostura e ciarlataneria

tace a te avanti, e non si sa che sia.

 

Quegli animai religiosi e pii

a quell'uccello antico e semi-eterno

non si mostraro increduli o restii

una specie a prestar di culto esterno;

e ne' critici casi avean costume

di ricorrere a lui come a lor nume.

 

E quei che in tutto ognor cercan miracolo

e han sol per nume lo straordinario,

consultarlo solean come un oracolo:

e con certi lor riti e formolario,

giunti colà, gridavan: Corbo, Corbo,

esci dal buco fuor, vieni sul sorbo.

 

Dell'ali allor lo scotimento, il rombo

e il gorgogliar dell'intanato vento,

nel cavo fesso fea cupo rimbombo,

e il cor empia d'insolito spavento;

e dall'oscurità misteriosa

quegli esce, e in cima al sorbo allor si posa.

 

Alto sui tesi piè s'eleva e surge,

l'irte piume si drizzano sul dosso,

come brace ardon gli occhi, il collo turge,

palpita il becco trasparente e rosso,

spiega in cerchio la coda e l'ali stende,

e i venerati vaticinj rende.

 

Da quel Corvo, cred'io, l'augure etrusco

apprese ad osservar Corvo e Cornacchia,

se a destra o a manca, o all'aer chiaro o al fusco,

rapida o lenta vola o stride o gracchia;

e alla credula plebe timorosa

svelò del ciel la volontà nascosa.

 

Intorno a quei rottami, entro quei tufi,

del sacro Uccel ministri e sacerdoti

abitan Barbagianni, Allocchi e Gufi,

romito stuol, cui doni offrendo e voti,

gli animai del quadrupede dominio

veniano ad implorarne il patrocinio.

 

Famosi operator di gran portenti

stati v'eran fra lor ne' tempi antichi,

che agli Orsi avean moltiplicati i denti,

e cangiate le mosche in beccafichi;

e quell'uccel che sopra un palo urlò

centoventicinque anni, e poi crepò.

 

Veneravasi ancor quel Barbagianni,

a cui dal suol diviso arido stecco

fornì nespole e prugne, e per molt'anni

dopo anche morto dimenava il becco;

e quei che fecondò diecimil'uova,

gran protettor d'ogni animal che cova.

 

E l'altro a cui la rozza e la carogna

ricorrea come a universal chirurgo,

e guaria dalla rabbia e dalla rogna

ed era delle bestie il taumaturgo;

ed altre ed altre in general credute

mirabil cose da nessun vedete.

 

Ma quella fe supplia che supplir dee,

poichè il filosofar sopra ogni tema

vaghe e dubbiose ognor rende l'idee;

e se ciascun particolar sistema

fassi, alcun degli adottati ammette,

quanti i culti sarian, quante le sette?

 

Di sì fatte follie la stravaganza

le bestie a venerar eransi avvezze,

e la credula lor crassa ignoranza

facil fede prestava a tai sciocchezze;

si mantenean così gli Allocchi in credito,

e il volgo ad essi divenia più dedito.

 

Quei solitari augei per ogn'intorno

ampio esclusivo pascolo arrogato

eransi ancor, in tutto quel contorno

carpir d'albero foglia, erba dal prato

si saria mai permesso il pio bestiame,

anche a pericol di morir di fame.

 

Se turbine, se grandine, se arsura,

se gelo, alluvion, furia di venti,

o altro disastro o pubblica sventura,

i pascoli distrugge e gli alimenti,

soffra, pera chi vuol, ma non si tocchi

la proprietà dei Gufi e degli Allocchi.

 

Poichè da ciaschedun quel circondario

riputat'era inviolabil, sagro;

e se inoltrar dentro il temerario

passo osava animal profano e magro,

punit'era qual reo d'alto delitto,

e come usurpator di sacro dritto.

 

Dunque egualmente imparzial natura,

dunque a tutti i suoi doni invan dispensa?

Invan dunque di tutti ella ha egual cura,

se superstizion l'ignavia incensa,

e giustizia conculca e vilipende,

e la ragione e la natura offende?

 

So che prence animal col tempo venne

che il pascolo esclusivo a quelli tolse,

ma a se l'appropriò, per se il ritenne,

non mica a pro del pubblico il rivolse:

onde, fra quelle bestie, io ben m'avveggio

che il disordine andò di male in peggio.

 

So ancor che in altri tempi il pravo esempio

influì d'animai sovr'altra spezie;

e allor serviro i beni tolti al tempio,

al vizio, al lusso folle, a folli inezie;

ma di governi e principi il difetto

ragion, filosofia poscia han corretto.

 

Ben nutriti pertanto e venerati,

colla lugubre lor nenia molesta,

e coi tristi monotoni ululati

funestavan la folta ampia foresta,

e quel gracchiare alternamente e in coro

un dover si credea del culto loro.

 

V'era tradizion che in pezzi rotto

per tremoto caduto il masso fosse,

e l'Ente ignoto vi restasse sotto,

e indi desse alla terra orrende scosse,

come di sotto alla montagna Etnea

il fulminato Encelado facea.

 

Poichè dicean che la Tempesta madre,

essendo il terremoto omai decrepito,

l'avesse instrutto nel mestier del padre,

che più buono non era a far gran strepito;

e quindi il figlio divertiasi anch'esso

di sotto a crollar la terra spesso.

 

Sulla tomba perciò del genitore

locossi il Corvo, e come in lor delubri,

con rauchi stridi e querelo clamore,

notturni inni cantar gli augei lugubri

all'ignoto Ente che nomato fu

da quel funereo canto il Gran Cucù.

 

Per fermo avean però ch'egli sarebbe

dopo tremila secoli risorto,

ed in eterno allor dominerebbe

sull'universo dall'occaso all'orto;

e sotto il regno suo tutti i viventi

sarebber felicissimi e contenti.

 

Quella sublimità straordinaria

d'astrusi dogmi avea sì del bisbetico,

ch'una rivelazion fu necessaria;

quindi è che il Gran Cucù per lo profetico

becco del Corvo suo la rivelò,

e dagli Allocchi poi si propagò.

 

Che se d'autorità taluno è indutto

a creder cose ch'ei non può capire,

la rivelazion rimedia a tutto.

V'è rivelazion? Non v'è altro a dire:

e rivelazion qualor s'accetta,

stravaganza non v'è che non s'ammetta.

 

Convengo anch'io che assurditàstrane

non son conformi colle nostre idee:

ma fra religion pur anche umane

(Eccettuando però l'europee)

non ne ritroverem forse veruna

che, se assurda non è, faccia fortuna.

 

E chi studiò teologia dogmatica

sa ben che qualsiasi religione

(Del dogma parlo sol, non della pratica)

star insieme non può colla ragione;

che se ragion è in ciò che talun crede,

persuasion dee dirsi allor, non fede.

 

E questo fa veder quanto indiscreti

sieno certi filosofi censori

che chiamano i teologi ed i preti

della filosofia persecutori:

fan teologi e preti il lor mestiere;

e chi fa il suo mestier, fa il suo dovere.

 

Era di quel sacerdotal collegio

l'Allocco che chiamato a Corte fu

per instruir l'animalino regio

nella religion del Gran Cucù,

e che colà tanta influenza ottenne,

e direttor teologo divenne.

 

Or siccome allorchè la Lionina

Corte adottò e praticò gli accorti

precetti di politica Volpina,

li adottar le altre animalesche corti;

dacchè l'Allocco in Corte entrò, di brocco

voller le altre egualmente aver l'Allocco.

 

Poichè fra gli animai piccoli e grossi

gli Allocchi si credean i prediletti

figli del Gran Cucù, veri ortodossi,

e del presago Corvo amici eletti,

onde detti veniam per tutta l'Asia

i Cucuisti per antonomasia.

 

Questa d'augei sacerdotal genia

ebbe il sacro deposito in custodia

dell'antica brutal teologia;

ogni culto stranier condanna ed odia,

e raro inizia gli animai profani

dei sacri riti ai venerati arcani.

 

Ma sotto il contegnoso aspetto esterno,

sotto dolci maniere e stil di mele

covavano costor nel lor interno

indole intollerante e cor crudele;

e furo ognor coll'opra e colla voce

eccitator del fanatismo atroce.

 

Da tempi immemorabili ed ignoti,

della religion degli animali

gli esclusivi custodi e sacerdoti

e i ministri primari e principali

fur Gufi, Allocchi od altro augel che suole

viver fra l'ombre e teme i rai del sole.

 

E con profitto lor grandi e importanti

alle Aquile e ai Lion reser servigi;

e col suddito altieri, e coi regnanti

si mostrar sempre ossequiosi e ligi,

del forte ognor sulle minori fere

sostenendo il dispotico potere.

 

E qualor un sovran gravezze imporre

e smunger vuol lo stato a suo talento

e le tranquille bestie in guerra porre,

acciò non scoppi il pubblico scontento,

tosto allora un sermon l'Allocco sfodera,

e il popolo inquieto accheta e modera:

 

poichè d'ogni dispotica possanza

e delle oppression più ingiuste e dure

la superstizione e l'ignoranza

son le due basi solide e sicure,

e d'ambe gl'instancabili sostegni

gli allocchi sono, e i promotor più degni.

 

Ma fra gli avvenimenti antichi e bui

scisma seguì fra gli animai d'allora,

famoso, memorabile, di cui

la cagion vera e l'epoca s'ignora;

Degli amfibi si sa che cogli uccelli

ebber contrasto, e si staccar da quelli.

 

Sappiam di più, riguardo a un tal negozio,

che conferir gli amfibi al Coccodrillo

il titol regio e il sommo sacerdozio,

e in possesso pacifico e tranquillo

ei restonne, quantunque i Cucuisti

degli amfibi fur sempre antagonisti.

 

Pur qualunque animal terrestre e aquatico

nel Coccodrillo venerar si pregia

(Se d'Allocchi togliam lo stuol fanatico)

la podestà sacerdotale e regia;

doppio culto si rese al Gran Cucù,

ma la religion sempre una fu.

 

Allor tutte le corti animalesche,

e più dell'altre ancor la Lionina,

soleano fra le crapule e le tresche

trar vita sregolata e libertina,

senza gli altri contar vizi eminenti

ingenti alle corti ed inerenti.

 

Pur quella corruttela oscena impura

e quella indecentissima licenza

col manto ricoprir dell'impostura

voleano e sotto il vel dell'apparenza;

quindi l'aspetto esterior d'accordo

non iva mai col core iniquo e lordo.

 

e non sapendo che se passa il segno;

più buon non è giusto il giusto e il buono,

invece di decenza e di contegno

di bacchettoneria prendeano il tono;

e la moral ridotta ad artifizio,

falsa era la virtude e vero il vizio.

 

Tal chi pinge al di fuori, imbianca e intonaca

cloaca, sepoltura o cimitero,

con quella colorita esterna tonaca

invano ingannar tenta il passaggiero;

che chi ha buon naso e l'odorato aguzzo

vede l'inganno e lo conosce al puzzo.

 

Ma pur siccome la costante e vera

sperienza c'insegna e c'instruisce

che abitudin tuttor sulla maniera

di creder e pensar molto influisce,

perciò taluni si credevan buoni,

perchè eran divenuti bacchettoni.

 

Ma quella sperienza a un tempo stesso

ci fa veder con mille e mille esempi,

che sì nell'un come nell'altro sesso,

sì negli antichi che ne' nostri tempi,

libertinaggio e bacchettoneria

stanno perfettamente in compagnia.

 

Se accortamente il bacchetton farai,

pei più gran vizi tuoi s'avrà indulgenza;

impunemente e a tuo piacer potrai

tutti i strali aguzzar di maldicenza;

potrai a tuo piacere e impunemente

calunniare il giusto e l'innocente.

 

Col dolce e grave esterior procura

ogni opra tua comporre, ogni tuo detto;

l'odio, il livor, l'avidità, l'usura,

di virtù tosto prenderan l'aspetto;

qualunque atto tu faccia indegno e brutto,

la bacchettoneria compensa tutto.

 

Se il falso zel dei perigliosi Allocchi

contro il ragionator tranquillo e saggio

arma il braccio de' creduli e de' sciocchi,

il falso zel deciso ha ognor vantaggio;

e come il fatto prova e ci convince,

ragion soccombe, ipocrisia la vince.

 

Ah come, come mai possibil fia

che tanto a occhio mortale il ver s'asconda,

che colla probità l'ipocrisia,

e il vizio ognor colla virtù confonda?

Qual mai fatal inganno o error l'induce

a prendere le tenebre per luce?

 

Ma ciò dicea la Volpe, è indifferente,

qualor l'intento che si vuol s'ottenga;

sia pur religion vera o apparente,

purchè il poter dispotico sostenga.

Questo ognor diè la Volpe util ricordo,

ed in ciò coll'Allocco iva d'accordo.

 

Benchè la Volpe fosse a ciascun nota

per quel che noi diciam spirito forte,

pur a tempo sapea far la divota,

arte che di leggier s'apprende in Corte,

ove, se d'ogni intorno il guardo giri,

sembra che ipocrisia per tutto spiri.

 

E inver, quantunque odia gli Allocchi e i Corvi,

pur, se profitto vuol trarne talora,

come poc'anzi ebbi l'onor d'esporvi,

cogli Allocchi si lega, e i Corvi onora;

simula, finge e fa la bacchettona,

e inganna e mente, e in se così ragiona:

 

Se pel timor che a debili alme incute

della religione il dogma oscuro,

cieco obbedisce il volgo, e non discute,

e docil sempre a chi comanda, il duro

giogo che se gl'impon soffre e non duolsi,

da tal religion altro non vuolsi.

 

Alla rupe appressandosi il Barbone,

bestie incontrò che con silenzio tetro,

a musi bassi e code penzolone,

triste e compunte si traevan dietro

fasci d'acute spine, o enormi pesi,

altri alle zampe, altri alle orecchie appesi.

 

Coloro con quel pio pellegrinaggio

del Gran Cucù imploravan la clemenza

a pro di qualche illustre personaggio,

per li falli di cui fean penitenza;

e fra i denti tenean brani di carne

ai sacri allocchi oblazion per farne.

 

Più presso e attorno alla corvina rupe

alto silenzio e folto orror s'annida,

e sol fra l'ombre taciturne e cupe

s'odon talor di tristi augei le strida,

penitenti querele, espiatorie,

lamenti, omei, sospir, jiaculatorie.

 

Prostrati i Cani alla gran tomba avanti,

giusta la lor liturgica maniera,

usata in casi critici e pressanti,

cantaro in tre la solita preghiera:

Salva, santo Cucù, Cucù divino,

salva la Lionessa e il Lioncino:

 

fa che, i nemici suoi domi e distrutti

prosperi la famiglia lionina;

prosperi e regni sola, e servan tutti;

e se accader l'universal ruina,

o esser ne debba il mondo inter disfatto,

santo Cucù, il tuo voler sia fatto.

 

Ascesi alquanto poi su pel dirupo,

e fatto al Corvo il consueto appello,

ali rombar, vento soffiar nel cupo

cavo s'ascolta, ed il presago uccello

vien fuori, e in cima al sorbo allor si pianta,

alto stridendo, profetizza e canta:

 

Torbida luce ad Aquilon balena,

e infino ad Austro invia funesti lampi.

Ahi, che io veggio sgorgar d'alpestre vena

fiume di sangue, ed inondarne i campi,

e il cardo acuto, e lo pungente spino

veggo elevarsi sull'abete e il pino!

 

Alza l'immensa fera al ciel la fronte,

e d'Oriente i vasti piani ingombra,

e l'arbore fatal sull'orizzonte

distende i rami, e l'emisfero adombra;

ma le radiche sue del Gran Serpente

l'alito infetta, e il velenoso dente.

 

Allora sull'altissima montagna

del guerrier forte tonerà la voce;

e sulla spaziosa, ampia campagna

immensa moltitudine feroce

adunerà dai quattro venti in guerra,

e tremerà dai cardini la terra.

 

Ciò detto, inalza il Corvo orrendo grido,

ed agitando i rumorosi vanni

si rintanò dentro il petroso nido;

e gli Allocchi ed i Gufi e i Barbagianni

stridoni nei cavi fori, e ne rimbomba

del Gran Cucù la sotterranea tomba.

 

Or qui riguardo a quei corvini oracoli

seria cosa a sapersi è necessaria,

cosa che nelle storie dei miracoli,

a vero dir, non è straordinaria;

quando il Corvo gli oracoli rendea,

qualunque altro animal lo comprendea.

 

Benchè alle nostre idee non sia conforme,

e alla prima parer possa miracolo,

pur fenomeno tal va nelle forme;

poichè sappiam che ogni qualunque oracolo,

benchè senso comun aver non paia,

lo comprendono ben genti a migliaia.

 

E infatti se l'oracolo d'Ammone

parlava o quel di Delfo, o quel di Delo,

o quello di Trofonio, o di Dodone,

o quel di Giove Libico, o di Belo,

lo comprendea l'Assiro, il Perso, il Celta,

l'Indo, l'Acheo, l'abitator del Delta.

 

Un timido silenzio, un sant'orrore,

a sì infausti presagi e sì funesti,

la lingua intorpidisce e agghiaccia il core

al Can barbon e a' due Levrier, che mesti

per quei misteriosi oscuri gerghi,

taciti s'avviaro ai regj alberghi.

 

Quand'era il Can barbon giovine e fresco,

corvo e oracoli avea posti in ridicolo,

e tutto quanto il culto animalesco;

ma cangiando parer su questo articolo,

contratti avea (se veri o finti poi

io nol dirò) li scrupoletti suoi.

 

Forse a cagion d'età, che infievolire

sovente un'alma suol costante e forte,

per abitudin forse o per desire

di mettersi all'unisono di Corte,

bel bel, come veggiam avvenir spesso,

pinzocheron divenut'era anch'esso.

 

Pur al Levrier che consigliollo i torvi

sguardi volgendo, brontola e si lagna:

Or che facemmo? A consultar i Corvi

fra se dicea che diavol si guadagna?

Il Corvo e il Can rubello ai desir nostri

par che poco indulgente oggi si mostri.

 

Indi alli due Levrier confusi e mesti

grave si volse, e disse lor: capiste?

E quei: Nulla, signor, e tu intendesti?

Ed egli: Io non udii che cose triste;

ma per sollievo ai presagiti affanni

vo' sperar che l'oracolo s'inganni.

 

Mentre così il Can barbon dicea,

speme per inspirar nei due Levrieri,

di conforto bisogno ei stesso avea;

come il duce poltrone i suoi guerrieri

talora incoraggisce alla battaglia,

mentre gli trema il cor come una paglia.

 

Debil, superstizioso, instabil, vario,

per educazion e per natura,

cucciolo, stato essendo in seminario

degli Allocchi ancor ei sotto la cura,

vacillando ricade a ogni momento

ne' dubbi suoi, nel solito spavento.

 

E rindando in se lo stile enfatico

di tutto quel profetico garbuglio,

ravvisar non vi sa che un enigmatico

di parole e d'idee strano mescuglio,

e ritrova quel gergo astruso, opaco,

di profeta non già, ma d'ubbriaco.

 

Che diavol mai vuol dir fra se ragiona

la Serpe che le radiche avvelena?

La Fera immensa, e il gran Guerrier che tona?

E l'Aquilon che torbido balena?

Ma so che tutto ciò che il Corvo dice

dee venerarsi, e disputar non lice.

 

Avanti a te, o Gran Cucù, mi prostro,

che dai per ineffabile mistero

fatidica virtù d'un Corvo al rostro

d'annunziar l'impercettibil vero;

ma nessun seppe mai, nessun saprà

donde viene il tuo spirto e dove va.32

 

Pien di tristezza il cor, tremante il piede,

poscia sen gia, gli parea vi fosse

riparo al mal che sovrastar già crede;

pure alfin l'abbattuto animo scosse

dal profondo spavento ond'era oppresso,

e così fra di se parla a se stesso:

 

Barbon, coraggio; un animal tuo pari,

formato a Corte per le grand'imprese,

fermo mostrar si dee ne' grandi affari;

famoso in politica si rese,

fra i negoziator mai si distinse,

chiunque i grandi ostacoli non vinse.

 

Già il sole all'orizzonte it'era sotto,

e intanto della Luna al chiaro raggio

anelanti i tre cani e di buon trotto

proseguian pensierosi il lor viaggio;

e giunser stanchi alle reali grotte,

che già molto avanzata era la notte.

 

 

 




32 Jean, Apoc. Cap. 3. v. 8.






Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License