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Giovanni Battista Casti
Animali parlanti

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CANTO VIGESIMO

 

LA MARCIA

 

Di moto militar, d'ardor guerriero

tutta fervea l'animalesca reggia;

desir di sangue impaziente e fiero

negli occhi di ciascun brilla e lampeggia;

e d'ir contro al nemico ad alte voci

chiedon le schiere e i condottier feroci.

 

Ed ecco il Conte Babbuin che giunge,

e balocchi il seguian dietro e d'intorno,

che più miglia a incontrarlo iti eran lunge;

e assegnato gli fu per suo soggiorno

un bel casin, che per segrete porte

comunicava coi quartier di Corte.

 

In fretta dal Castor fu espressamente

quel casin pel nuovo ospite costrutto;

la Scimia vi si rese immantinente

per veder se fornito era di tutto:

e per viglietto visita gli fero

le cariche di Corte e il ministero.

 

La Lionessa gentilmente in dono

gli mandò commestibili parecchi,

di quei che più pregiati e rari sono:

frutta, erbaggi, zibibbo e fichi secchi;

e il Micco ed il Macacco a ogni suo cenno

stan pronti ognor, abbandonar lo denno.

 

Anzi si vuol che per allor, deposta

la dignità della real corona,

andasse a fargli visita nascosta

la regina medesima in persona,

e gentilmente nella regia armata

il comando gli offrì d'una brigata.

 

Ma quei, costante nei proposti suoi,

ricusò quello e ogn'altro onore offerto;

pur tennero ambedue d'allora in poi

un proceder fra lor franco ed aperto,

scambievoli si usar cortesi uffici,

e insomma parver divenuti amici.

 

Anzi credea talun qualche carezza

esser fra lor seguita, e qualche scherzo;

ma chi dirlo potea con sicurezza,

s'ai crocchi lor non intervenne un terzo?

Sia ciò che vuolsi; in quanto a me, non credo

sì fatte cose mai, se non le vedo.

 

Finchè stette colà, quel forestiere,

assiduo ogni mattin le militari

evoluzion rendendosi a vedere,

s'intrattenea coi capitan primari

a ragionar di tattica, e fra loro

la preferenza ognor dava al Castoro.

 

E tutto s'udia qualche bel tratto

di spirito sublime e d'intelletto:

e questo? Il Conte Babbuin l'ha fatto.

Quest'altro? Il Conte Babbuin l'ha detto.

E ciascuno ammirò l'ingegno acuto

dello straniero da lontan venuto.

 

Il Conte Babbuin perchè non ha

una coda ancor ei? chiedean taluni;35

e gli altri rispondean, che in verità

tutti han la coda i Babbuin comuni;

che secondo però l'ultima moda,

i Babbuini Conti non han coda.

 

Il Conte Babbuin è una gran testa,

altri dicean v'è fra noi la pari;

ed oh, se avessim bestia come questa,

o quanto meglio andrebbero gli affari!

E la guerra, che or tanto in guai ci tiene,

non l'avria fatta, o l'avria fatta bene.

 

Il Conte Babbuin ripiglia un altro,

gnaffe! conosce ben le bestie a fondo;

sfido a trovar un animal più scaltro,

ei fatto par per governare il mondo;

e il Conte Babbuino in tal maniera

il tema universal divenut'era.

 

Fra le belle quadrupedi galanti

entusiasmo tal per lui s'accese,

che ne parevan divenute amanti,

fra lor per gran tempo altro s'intese

che favellar dello stranier famoso,

amabil, sì gentil, sì spiritoso.

 

Ma ciò che più le avea colpite e tocche,

il ver vi narro, e non fandonie e ciancie,

cosa fu mai? Furon due larghe ciocche

d'ispido pel che gli coprian le guance,

ed un aspetto offrian fiero e robusto,

che suol dare alle femmine gran gusto.

 

Per piacere alle belle, i damerini

tutti adottaron tosto un cotal uso;

tutti quanti i quadrupedi zerbini

crescer si fer ciocche di pel sul muso;

moda alle belle e a' drudi lor diletta,

e che all'Orang-Utang poscia fu detta.

 

Tempo verrà... Ma che mai dissi, o stolto!

L'avventuroso tempo è già venuto

che gli amorosi giovani sul volto

si fan crescere a gara il pelo irsuto;

e ove fu carne e cute, ora ne' nuovi

orang-Utanghi altro che pel non trovi.

 

Ed al galante mondo ed al bel sesso

oggi è affatto impossibile che piaccia

talun, se pur non ha di folto e spesso

pelo una buona dose in sulla faccia;

e oggi pelo vi vuol, pelo e non pelle,

per far fortuna e innamorar le belle.

 

Seguite pur con instancabil studio

l'umana a imbestialir natia sembianza,

come felice veggone il preludio.

sperar vo' che qualor la bell'usanza

al grado a cui giunger dovrà, sia giunta,

solo del naso apparirà la punta.

 

in volto allor l'incomodo rossore,

di verecondia e di ribrezzo i segni,

e gli apparenti sintomi del core

s'esterneranno e i pentimenti e i sdegni:

sarete ognor l'istesse al caldo e al gelo,

o sembianze degnissime di pelo.

 

Con quelle parti cui fornì natura

peloso ammanto ed ispido contorno,

i vostri volti allor faran figura;

e forse allor alteramente al giorno

si mostreranno sol parti pelose,

e le prive di pel terransi ascose.

 

Invan diranno i Zoili mordaci

che la vandala moda ha il pelo schifo

sostituito ai bei color vivaci

e che d'un volto uman ne ha fatto un grifo,

qual barbaro invasor che in bel giardino

al frutto e al fior sostituì lo spino.

 

Invan rassomigliarvi agli stregoni

vorrà l'insulso censorello, ai maghi,

ai selvaggi Ottentoti, ai Patagoni,

ai Cannibali ed agli Antropofaghi;

gracchi egli pur, che il volto orrido e sporco

di pel vi ravvicina all'Orso, al Porco.

 

Regina potentissima del mondo,

che tanti dietro a te schiavi puoi trarre,

quai dal tuo vasto immaginar fecondo

non escon moltiformi idee bizzarre!

Potentissima Moda, a te il buon senso

soggiogato si prostra, e t'offre incenso.

 

Tu sola, sì, tu sola oprar portenti,

e sola pur nobilitar tu puoi

di natura i rifiuti e gli escrementi,

e farne vezzi pei seguaci tuoi,

e cancellar d'in sulle loro facce

d'umana ancor fisonomia le tracce.

 

Lode anche a voi, Ninfe del pelo amiche,

che con tatto squisito e gusto egregio

alle brutali costumanze antiche

render sapeste alfin tutto il lor pregio;

e fra i vostri galanti i primi ranghi

accordate ai moderni Orang-Utanghi.

 

L'entusiasmo per quell'animale

piccò de' cortigiani l'albagia;

e sopra tutti, com'è naturale,

della Volpe irritò la gelosia;

e fin d'allor pensò di fare in sorte

che partisse quell'ospite di Corte.

 

Forieri intanto e commissari attivi

copia ammassar di vettovaglia immensa,

e i necessari fer preparativi;

poichè il nemico prevenir si pensa,

e con impresa strepitosa e magna

aprir si vuol la prossima campagna.

 

E per le truppe della regia armata

e per tutti i quadrupedi guerrieri:

una proclamazion fu pubblicata,

che sotto i respettivi condottieri

denno adunarsi, e che tener si denno

pronti tutti a marciare al primo cenno.

 

Tutto disposto essendo alla partenza,

in un erboso poggiolin sul prato

con gran pompa e real magnificenza

fu palco maestevole elevato,

ove la Lionessa al far del giorno

s'acculattò colla sua Corte intorno.

 

Appiè del palco e su per li gradini

stassi il più bello, il più gentil bestiame,

zibellini, armellini e Cocallini,36

con ampie code e lucido pelame,

per cui le nostre belle e i zerbinotti

superbe han le pelliccie e i manicotti.

 

Dal regio palco un pochettin discosto

s'eresse un bel casotto a manca mano,

ove la marcia per veder fu posto

cogli assistenti suoi l'Orang-Utano;

e montata sul palco, la Regina

fegli un sogghino, e quegli a lei s'inchina.

 

Muovesi allor l'animalesca armata,

avanti a lui per ordine sfilando;

prima sen vien l'aligera brigata,

va terra terra lieve svolazzando,

e la vanguardia forma, e getta grida

discordi e strane, e un grand'Astor la guida.

 

Gruppo di grandi augei, che intanto unissi,

sull'ali equilibrato allor si tenne

e cagionò straordinaria eclissi;

e con ampia testuggine di penne

del sol cocente dalle vampe accese

la marcia dell'esercito difese.

 

All'ombra di quel vasto baldacchino,

in militar, bellissima ordinanza,

con dignitosa marcia, il lionino

esercito quadrupede s'avanza.

a spettacolbello e maestoso

alzano i spettator grido festoso.

 

Sotto il Lupo Cervier primo venia

uno spedito stuol d'esploratori

che da lontano l'inimico spia,

e danne avviso ai capitan maggiori;

e quel che noi facciam coi cannocchiali,

cogli occhi lor lo fean quegli animali.

 

Dietro quel primo stuolo il Liopardo

conduce irregolar leggiera truppa,

che sotto il duce rapido e gagliardo

i convogli intercetta ed inviluppa,

e varie avea sotto i vessilli sui

bestie che han molt'analogia con lui:

 

v'è il montano Serval37 v'è l'Ocelotto38,

v'è il Carcagiù, che nominiam Glutone,39

per la voracità detto anche il Ghiotto;

l'arabo Caracal40 che del Lione

chiamasi in oggi ancor provveditore,

ed era allor suo cacciator maggiore.

 

Di questa diramata ampia famiglia,

per la figura e per lo manto vario,

ciascuna specie all'altra assai somiglia,

e pel vorace istinto e sanguinario,

parte di lor la Tigre avea seguita,

parte colla Pantera erasi unita.41

 

Esser tutti color distribuiti

ne' più esposti dovean siti avanzati,

che di prede avidissimi ed arditi,

e sommamente a saccheggiar portati,

con scaramucce ed improvvisi assalti

s'uniscono e si sbandano in due salti.

 

Presso a costoro la Giraffa altera

presentasi, e Cammelli e Dromedari

compongon l'Ipocefala sua schiera,

e grandi eccelsi altri animai lor pari;

come anch'oggi, i più grandi e bei guerrieri,

marciano avanti a tutti i Granatieri.

 

Con terribile aspetto ed occhio bieco

indi venia la formidabil Iena;

spavento incute in sol mirarla, e seco

quanto mai v'è di più crudel si mena.

Chi può ridir le dispietate atroci

stragi che quelle fan bestie feroci?

 

V'è il nero Lupo, che d'Hudson la sponda

abita, e l'Orso v'è dai bianchi peli,

non quel che in terra or vive ed or nell'onda,

ma quel che di Siberia erra sui geli;

e altre tai fere a quella truppa associa

per gagliardia distinte e per ferocia.

 

Generalessa comandante e duce,

indi vien la Pantera, e le genie

di fere innumerabili conduce:

spiran terror le lor fisonomie,

e zannute, cornute, irsute, unghiute

bestie, il diavolo sa donde venute.

 

Sonando marcia militar con strani

strumenti procedea gran banda appresso;

poi di campo ajutanti e ciamberlani,

a cui vien dietro il principino stesso

fra il Bufalo e il Cavallo, e l'accompagna

magnifico equipaggio di campagna.

 

Verso l'Orang-Utang la Lionessa

fe' gentilmente colla Zampa un moto,

ed additogli il Lioncin, che appressa;

quegli avanzando, lo straniero ignoto

fissa e ver lui, come di Scimia è l'uso,

le labbra aguzza e spinge innanzi il muso.

 

A beffe tai l'Orang-Utang si cruccia,

che meritar non crede un tal disprezzo;

il Micco allor della real bestiuccia

esser quello affermò natural vezzo;

ma non badando, il Lioncin si spassa

ad irritarlo, e lo schernisce e passa.

 

S'arresta avanti alla regina madre,

e falle un brusco militare inchino;

poi gravemente le accennò le squadre,

e tornò a far di nuovo il burattino

con lazzi e sconci moti, e in pazza guisa

per fine in un gran scroscio di risa.

 

A quel lazzo infantil, di prence indegno,

il Bufalo, benchè Bufalo fosse,

cupamente mugghiò, fremè di sdegno,

e bruscamente le gran corna scosse:

sbuffa il Cavallo, e il prence innanzi spinge

e nelle spalle per pietà si stringe.

 

Sotto il frondoso baldacchin seduta

la Lionessa, con atto benigno,

ma dignitosa in volto e sostenuta,

al principin fece un gentil sogghigno,

e il decoro real sostener volle,

e dall'onta salvar quel regio folle.

 

Il consiglio di guerra indi venia

coi consiglieri e secretari suoi,

e tutta quanta la cancelleria;

il capitan Rinoceronte poi

ultimo siegue colla retroguardia,

ed ha le spalle dell'armata in guardia.

 

Altre per mole insigni bestie e brutte,

e altri Rinoceronti e Liocorni,

ignoti in oggi, in quella truppa, e tutte

le specie unite avea degli Unicorni;

sieguon di guastator due gran drappelli

sotto l'Orso e il Capron, lor colonnelli.

 

Indi di bagaglioni e vivandieri

e di baldracche svergognate e ladre,

di spion, truffatori e barattieri,

solito tren delle guerriere squadre,

viene l'immenso stuol, che si sparpaglia

e si disperde il della battaglia.

 

Dietro e attorno ronzar striduli e densi,

dell'esercito incomodi compagni,

d'insetti si vedean nuvoli immensi;

come sopra paludi o presso ai stagni

si sollevano in piaggia americana

nell'umida stagion, calda e malsana.

 

Finito ch'ebbe di sfilar la truppa

coi primi duci ed i bagagli loro,

all'avviso che pronta era la zuppa,

colla Volpe, coll'Asino e col Toro

la regina levandosi e le dame,

a pranzo andar, poichè basian di fame.

 

La Reggente invitar l'Orang-Utango

fe' a desinar, che si volea scusare

per l'etichette solite di rango;

ma pur alfin convennegli accettare;

e la Reggente, quando fu per bere,

fece un bel ghignettino al forestiere.

 

Le commensali amabili furbette,

cui quella sua fisonomia non spiacque,

lezie gli gian facendo e smorfiette;

lo che per altro in general non piacque;

e la Volpe, che usogli ogni riguardo,

volgeagli ad or ad or livido il guardo.

 

Di ciò colui non s'occupa, ed essendo

per ventura alla Zebra assiso accanto,

sbirciavala, e la zampa iva ponendo

sulla zampa di lei di tanto in tanto;

sorrid'ella e sogguardalo, non senza

tacito assentimento e connivenza.

 

L'atto del Damerin visto e osservato

fu tosto dalla cricca cortigiana,

che si propose fargliene un reato,

perchè il gusto sapea della Sovrana:

l'Orang-Utang, che se ne avvide, un segno

fece alla Zebra e posesi in contegno.

 

E rammentarvi or qui mi si permetta

che divertiansi in Corte a far la critica

alla Zebra, che fosse un po' civetta;

e che il Gatto, a disegno e per politica,

e il Toro, o per vanezza o per dispetto,

ambo avesser con lei qualche intrighetto.

 

Perciò gli attenti osservator maligni

sopra supposti tai, sopra tai dati,

conchiuser che quei lazzi e quei sogghigni

segni eran che fra loro eransi dati,

per segreti galanti appuntamenti,

in più comodi e liberi momenti.

 

Anzi su tal proposito si lesse,

nelle cronache oscure scandalose,

che ammesso lo stranier la Zebra avesse

a cenette talor misteriose;

e che, per amicarsel, di soppiatto

v'avesse ancor talvolta ammesso il Gatto.

 

Ma ciò facil è a dir, non così forse

facil ad avverar, in specie dopo

miriadi di secoli trascorse:

l'aneddoto è assai dubbio, onde fa d'uopo,

in proferir giudizio, andare adagio;

e al savio m'atterrò vostro suffragio.

 

Brindisi al re, non men che alla regina,

fersi a mensa, e si bevve alla salute

di tutta la famiglia Lionina;

e ignote s'invocar Deità brute

acciò la mossa dell'animalesca

reale armata prospera riesca.

 

L'Allocco allor da solitario masso,

ove rimoto dai profan vivea,

calando giù per l'erta balza al basso,

l'adunco piè con gravità movea,

e giunto avanti alla Reggente, fisse

autorevole in lei lo sguardo, e disse:

 

Stabiliran su ferma base il soglio

i tuoi guerrier (al detto mio ti fida)

e dei ribelli abbatteran l'orgoglio;

l'alto favor del Gran Cucù li guida

per lo dritto sentiero alla vittoria;

il Gran Cucù li coprirà di gloria.

 

L'immense dispiegando ali di foco,

l'augel sterminator, guerriero aereo,

fra il lampo e il tuono scenderà fra poco;

e col terribil suo becco funereo

distruggerà i rubelli, ed alle sue

alte vendette accoppierà le tue.

 

Ma se l'onnipossente alto favore

sempre sopra di te vuoi che si spanda,

la generosità del tuo gran core

copiosamente sulla veneranda

cucuistica stirpe ognor trabocchi,

ed in particolar sovra gli Allocchi.

 

Svelati ch'ebbe del destin gli arcani,

fe' l'alato teologo partenza;

e la Reggente e tutti i cortigiani

gli fero al suo partir gran riverenza;

ed esultanti per sì fatti auguri

di gran successi si credean sicuri.

 

Anzi (e può d'impudenza a cotal segno

giunger penna venale, adulatoria?)

scrittor vi fu, di cotal nome indegno,

che a scriver prese, ed annunziò la storia

delle campagne di Lion Secondo,

come s'ei conquistato avesse il mondo.

 

Altri i detti e gli aneddoti raccolse,

e comenti facendovi e postille,

la natural fisonomia lor tolse;

e l'inezie del Principe imbecille,

a forza di menzogne e di sofismi,

converse in apoftegmi e in aforismi.

 

E fin quando color, di cui la voce

esse dovria della virtù la tromba,

al potente che stupido o feroce

al merto aprì sotto i suoi piè la tomba,

tributeranno servilmente omaggio

che disdegnan prestare al giusto e al saggio?

 

Oh quale al pensator spettacol s'offre!

Domina stupidezza o tirannia,

e ognun serve, ognun tace ed ognuno soffre;

chi la voce o la penna oppor potria,

l'aspettativa pubblica defroda,

non segna il ben, al mal s'oppon, ma loda.

 

Se chi regge gli stati, intento solo

al ben pubblico, a se d'intorno chiama

delle virtù pacifiche lo stuolo,

ben parchi elogi accorda a lui la fama;

se hansi a cantar delitti e stragi e sangue,

dei cantori la voce allor non langue.

 

Ah perchè non intingere la piuma

nel sangue delle vittime scannate,

che sgorga ognor dalle ampie piaghe e fuma,

l'orgoglio ad appagar di bestie ingrate,

e l'esecrazion sparger ne' cuori

di tante atrocità contro gli autori?

 

Intanto varie imputazioni e accuse

contro l'Orang-Utang eransi sparse,

quantunque in verità dubbie e confuse,

e non poteron mal verificarse;

per mera gelosia, cred'io, di brocco

dalla Volpe inventate e dall'Allocco.

 

Che quelle bestie invidiose e rie

la Sovrana in veder che gentilezze

allo straniero usava e cortesie,

rivali a sofferir non anche avvezze,

si poser trame e cabale ad ordire

per fare il Conte Babbuin partire.

 

Sparser dunque che il Conte Babbuino

spesso il Castor tentato avea sedurre,

staccarlo dal servizio lionino,

e lui di furto a Mindanao condurre;

e dall'Allocco asseverato fu

che il conte non credea nel Gran Cucù;

 

e che chiamar solea semplici e sciocchi

tutti quanti color che di miracoli

credean che operator fosser gli Allocchi;

e che del Corvo deridea gli oracoli;

e che, del mondo avendosi un po' d'uso,

se gli vedea l'eretico sul muso.

 

E tutti allo stranier rimproveraro

di non aver i lor difetti stessi,

e ch'ei non fosse, per parlar più chiaro,

o sciocco o furbo o ipocrita com'essi;

che di ciascun l'opinion tiranna

chi com'egli non pensa, odia e condanna.

 

Fu sparso ancor che il Conte Babbuino

con atti avea poco decenti e casti

fatto a pubblica mensa il libertino,

e colla Zebra era venuto ai tasti;

e che (orribil bestemmia!) il Lioncello

tacciato avea d'inetto e pazzerello.

 

E instigando fer sì che la Reggente

contro l'Orang-Utang s'esacerbasse:

onde al Gatto ordinò che gentilmente

a partir di colà lo consigliasse:

e il Gatto, che sì ben simula e finge,

quell'incumbenza ad eseguir s'accinge.

 

Disse all'Orang-Utang che i tempi critici,

le circostanze, i torbidi, la serie

di molti e imbarazzanti affar politici,

e altre ragion non meno gravi e serie,

omai non permettean d'usar con lui

i riguardi dovuti ai pari sui.

 

E che d'altronde colla sua presenza

far nascer dei sospetti, e dar potrebbe

ombra a qualche sofistica potenza...

Flemma l'Orang-Utang più allor non ebbe:

Già compresi, interruppe, io qui non piaccio,

affretterommi a togliervi d'impaccio.

 

E infatti pria dell'alba mattutina,

senza congedo, co' seguaci suoi

abbandonò la Corte Lionina

l'Orang-Utang; da quel tempo in poi

d'aver veduti mai non mi ricordo

Lioni e Orang-Utang andar d'accordo.

 

Erasi dai politici creduto

che per proporre al Lioncin sua figlia

era colà l'Orang-Utang venuto,

onde far poscia un patto di famiglia;

e che sebben fosse impotente e matto

il Principino, avria luogo il contratto.

 

Che, matto essendo ancor, ferma credenza

avean che saviamente ei regnerebbe:

e che, a dispetto ancor dell'impotenza,

il Lioncin successione avrebbe;

ma il congedo che diesse al forestiere

fe' svanir tai politiche chimere.

 

Più ch'altri nel vederlo alfin partire

lieta la Volpe fu, che chi governa

può ben di certe qualità soffrire

talor confronto o preferenza esterna:

ma se di primeggiar campo se gli offre,

rivalità di spirito non soffre.

 

Perciò, se in Corte del favor reale

pienamente a gioir l'Asino giunse,

o il Mulo o altro animal materiale,

ciò della Volpe l'orgoglio non punse:

li sprezza ella in suo cor, ma in egual rango

ella por non potea l'Orang-Utango.

 

Intanto l'Elefante, il Can, la Tigre,

bestie di gran poter fra gli avversari,

quei mezzi ad impiegar non furon pigre

che parvero opportuni e necessari,

e a premunirsi, come più conviensi,

contro di quei preparativi immensi.

 

Eransi intanto unite ai malcontenti

feroci belve, e sì diverse e tante,

seguaci, affini, amici ed aderenti

della Tigre, del Can, dell'Elefante,

d'oltre i monti venute e d'oltre mare,

che alli regj daran non poco a fare.

 

Benchè, come sappiam, la Tigre avesse

sotto gli ordini suoi tutta l'armata,

pur di guerrieri un folto stuolo elesse,

e ne fe' sua particolar brigata:

feroci tutte e dispietate fere,

con cui non vorrei mai contrasti avere.

 

Distinguon quello stuol di fiere belve

gl'ispidi baffi e la pezzata groppa:

sbucando fuor delle vicine selve,

al campo unito e stretto insiem galoppa,

ed alla testa del feroce branco

marcia la Tigre, e ha l'Ippelafo al fianco.

 

Con tal truppa la Tigre al campo venne,

e il centro di battaglia riservossi:

la retroguardia al solito ritenne

il Liofante, e gli animai più grossi

v'unì, di specie o estinta o ignota o rara,

e il Tapiro e il Mammut e il Capibara.

 

L'Elefante però per lo Tapiro

presa avea simpatiaforte e strana,

strettamente in amistà s'uniro,

che l'amicizia greca e la trojana

di Pilade ed Oreste, Enea ed Acate,

credetemelo pur, son ragazzate.

 

Se si facean tra lor qualche carezza,

un certo non so che vi si vedea

di sensibilità, di tenerezza,

che dolce in tutti impression facea:

s'era colà Virgilio, io son d'avviso

che non si parleria d'Eurialo e Niso.

 

Eppur coloro che studian la natura

tutti son di parer che, non ostante

quella sua colossal corporatura,

spiritoso animal è l'Elefante;

molto ingegno gli accordano e buon senso

e balordo il Tapir fanno e melenso.

 

Ditemi poi che dall'analogia

di sentimenti, d'indole e d'idee

reciproca tendenza e simpatia,

che amicizia chiamiam, formar si dee:

Tutt'i discorsi son belli in astratto,

ma quando un fatto v'è, stommene al fatto.

 

Della tattica e degli accampamenti

e della militare architettura

e degli alloggi e dei trincieramenti,

al Can si confidò tutta la cura,

che fu dall'assemblea di quei guerrieri

eletto general degl'ingegneri.

 

Sotto la sua savissima condotta,

della guerra doveva esser diretta

quella che noi diciam la parte dotta;

perciò seguito fu da schiera eletta

d'esperte bestie ed ingegnose, e tutte

in tai materie esercitate e instrutte.

 

Dal Cane General fu riunito

a quella truppa intelligente e brava

lo stuol di tutti i Can del suo partito,

che quai parenti suoi li riguardava

con un'affezion particolare;

che il sangue alfin l'effetto suo de' fare.

 

Aiutanti creò di Cani un paio,

e in specie un certo can d'ingegno fine,

che poi si mise a fare il pecoraio,42

ceppo comun delle genie canine,

come san ben color che han per le mani

l'arbor genealogico dei cani.

 

Mena turba di rettili a coloro,

di gigantesca mole e d'ossea squama,

l'enorme Boa, che Bujo e Cacadoro

e dei serpenti imperator si chiama;43

ma dell'onor del nome iva sol pago,

poichè era allor re de' Serpenti il Drago.

 

Venut'era perfin dall'Orenoche,

ma non so per qual via si condusse;

so bensì che per mole o niuna o poche

bestie natura eguali a lui produsse,

e co' suoi modi tortuosi ed ampi

sotto l'immenso ventre ingombra i campi.

 

Dietro a colui con progressive spire

si slungano e rientrano in se stesse

e contro l'inimico attizzan l'ire

orride bisce in gruppi strette e spesse,

l'anidri, il Cencri44 e ogni altra specie strana,

dal nastro, dall'anel, dalla collana.45

 

Sopra tutte terribile e funesta

appresso vien la velenosa Naia,46

e drizza l'ampia coronata testa:

sieguon aspidi e vipere a migliaja;

il sibilo e lo strascico se n'ode,

e il tintinnir delle sonanti code.

 

Annunzia da lontano il Boachira

lo spaventevol suon del campanuzzo,

e del pestifer'alito che spira,

l'aria infetta e il respir soffoga il puzzo;

e mostri a due o tre code, a due o tre teste,

sieguon con corna e con sanguigne creste.

 

Ma nella Tigre han la maggior fiducia,

che quel feroce esercito conduce;

d'ardor guerriero arroventisce e brucia

l'orribil fera, e sotto un tanto duce

marcian con savi avvedimenti accorti

le rettilo-quadrupedi coorti.

 

Non mancaron pur anche a quei guerrieri

i gran divorator di vettovaglie,

i fraudolenti lor provvisionieri

e le seguaci solite canaglie,

e le altre degli eserciti sì fatte

tenaci, inseparabili mignatte.

 

Oltre a quella malvagia e vil brigata,

alli saccheggi avvezza e ai rubamenti,

general corruttela in quell'armata,

ove tutti credeansi indipendenti

erasi sparsa; e rei di tali eccessi

o complici rendeansi i duci stessi.

 

fu solo funesta agl'inimici,

ma divenne fatal quella licenza

agli alleati stessi ed agli amici;

che non già libertà dall'insorgenza,

ma da quella, diceano, e non a torto,

prodotto sol di libertà un aborto.

 

E a che stupir se aggirator sagaci

van dove forza e non giustizia ha impero?

S'ivi sensali e incettator rapaci

fan di traffico vil sporco mestiero,

e traggon dal disordine profitto,

dalla licenza e dal comun delitto?

 

A che stupir se dove il suo dominio,

di passion sfrenate in mezzo all'urto,

piantò la violenza e l'assassinio,

regni la mala fe, la frode, il furto,

e fra i rovesci pubblici dei stati

rampollino i disordini privati?

 

Guerra è un funesto turbine che porta

sterminio, e che nel suo vortice reo

le subalterne iniquità trasporta,

siccome il nono ciel di Tolomeo,

coll'alte sue rotazioni prime,

alle sfere minori il moto imprime.

 

Tutta la truppa in marcia allor si pose,

e di postarsi a tempo ebbe gran cura

nelle posizion più vantaggiose

che offre il local, sia bosco o sia pianura,

lungo un fiume, appo un lago, dietro un colle,

o in balza alpestre o in suol palustre e molle.

 

Di quelle militar disposizioni

dissi che data al Can fu l'incumbenza,

bestia distinta per mille ragioni;

ed ei con tanto ingegno e intelligenza

seppe adempirle, che far meglio appena

avria potuto un Cesare, un Turena.

,

Della scienza militar la parte

che castrametazion oggi si chiama

dai professori del mestier di Marte,

e che ai prodi acquistò cotanta fama

duci dell'alte età, dell'età basse,

da quel Cane ingegnoso origin trasse.

 

Perdono, o duci invitti, o eroi famosi

della moderna e dell'antica storia,

che con talenti eccelsi e luminosi

trar pel ciuffo sapeste la vittoria;

non credo offender la vostra modestia

se vi do per prototipo una bestia.

 

Perdon; se mai la bellic'arte ottenne

incremento e splendor, da voi sol l'ebbe;

e s'ella a tal perfezion pervenne,

o guerrieri campioni, a voi lo debbe;

il mondo il sa, lo sanno i morti e i vivi;

no, non andrete di tal gloria privi.

 

Pur se talun irarsen vuol, mi dica,

s'havvi alcun fra di noi che avesse a sdegno

previdenza apparar dalla Formica

o del Castoro pareggiar l'ingegno.

Pregevol non saria, mirabil cosa,

il poter imitar l'Ape ingegnosa?

 

Oh di quanti utilissimi mestieri,

figli d'un lungo meditar profondo,

di cui gl'ingegni uman vannoaltieri,

e di tant'uso esser veggiam nel mondo,

provvide, sagge, industriose e destre,

le bestie all'uomo fur prime maestre!

 

Se ciò non fosse, credereste ch'io,

che ho pur la mia (per dirla fra di noi)

pretensioncella e l'orgogliuzzo mio,

che avete, come ognun, forse anche voi,

scriver volessi d'animai la critica

istoria filosofico-politica?

 

Collocar del nemico alla scoperta

ed ai posti avanzati agile e lesta

truppa, per osservar vigile e all'erta

le ostili mosse, ed han l'Alce alla testa,

bestia nel corso estremamente ratta,

e che ha ramosa cornatura e piatta.

 

Per natura fortissima e per arte,

dietro a color un'eminenza v'era,

che sterpami e paludi ha d'una parte

e dall'altra una rapida riviera;

or qui l'armata antireal s'accampa,

e l'inimico attende a ferma zampa.

 

Quali si usasse allor ripari opporre

a nemico che arrampica e che nota,

e anche a quei che col vol per l'aria scorre,

confesso ch'arte tal m'è affatto ignota;

sia come vuol, non ci prendiam tai pene,

lasciamo fare al Can, che farà bene.

 

Strisciando attorno van l'orride serpi,

che si spargon d'avanti e d'ambo i lati,

fra l'erba ascose e fra li sassi e i sterpi,

in ajuto ai quadrupedi alleati,

moltitudin mai sì varia e tanta

il Moluccano ciurmator ne incanta.

 

Ma qui convien ch'io faccia pausa alquanto,

e ch'ai polmoni miei dia più vigore,

poichè narrar nel susseguente canto

cose dovrò che vi faranno orrore;

e mentre a proseguir io m'apparecchio,

rinforziamo io la voce e voi l'orecchio.

 

 

 




35 Si sa che l'Orang-Outangh non ha coda: onde da qualche naturalista vien pure anche chiamata: Scimia scodata.



36 Nome dato dal Buffon a una specie di Martora Americana descritta dal Fernandes. Hist. Anim. Novæ Hispaniæ. Cap. 26, p. 8.



37 Il Serval detto nel Malabar Marapute, specie di Tigre delle montagne dell'Indie.



38 Ocelotto, Gattopardo Messicano.



39 Carcagiù voracissimo animale, che ordinariamente vive ne' paesi freddi sì dell'uno che dell'altro continente; detto da noi Ghiotto o Goloso, in Francese Glouton o Carcagiù del Canadà. Vedi Olea Magno da Gent. Sept. Item Linneo, etc.



40 Sul Caracal vedi i viaggi di Thevenet e del padre Filippo Carmelitano Scalzo, citato dal Buffon come d'è detto nel canto 3.



41 Sono essi in fatti tutti animali partecipanti della Tigre, della Pantera, o sia del gatto, detti perciò Gattipardi, Gattitigri, etc. Vedi i naturalisti.



42 Vedi Buffon, Hist. Nat. Des Quadrupedes.



43 Il gran Serpente Boa maggior di tutti i Serpenti, i Francese Devin, in spagnuolo Bujo, e Cacadoro nelle contrade dell'Orenoque, ov'è più frequente; detto anche da Seba e da altri, imperador de' Serpenti: giunge egli talvolta alla lunghezza di 40 e più piedi.



44 Serpenti Americani della specie del Boa.



45 Varie specie di Serpenti così denominati da diversi accidenti della loro configurazione.



46 Naja detto anche Serpente Coronato o Serpente dagli Occhiali, a cagione di una riga di differente colore che se le ripiega in forma di corona o piuttosto di occhiali sul collo, il quale è ampio e dilatato, che la Naja o curvando la testa o spingendola avanti orizzontalmente, come suol fare, presenta in qualche distanza la somiglianza di una faccia umana. Serpente velenosissimo delle parti meridionali dell'Indie. Vedi Lacépède. Hist. Nat. des Serp. Lib. 3.






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