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Giovanni Battista Casti
Animali parlanti

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CANTO VIGESIMOQUINTO

 

CONTINUAZIONE

 

Ben vide il Can che per la loro antica

rivalità preso era ei sol di mira

dai detti amari della sua nemica:

potè chiusa in petto asconder l'ira;

ed essendo ver lui rivolte e fisse

le bestie tutte, in piè levossi, e disse:

 

Potentissime bestie, anch'io fui regio;

ed esser fondator fra gli animali

del sistema monarchico mi pregio;

e titolo e sovrani onor reali

per me fur conferiti a Lion Primo,

ch'estinto oggi amo ancor, venero e stimo.

 

Non però render altri e me soggetto

ai capricci di femina orgogliosa

e alle follie d'un bestiolino inetto,

alla cabala indegna e alla dolosa

furba perfidia d'un ministro rio,

o bestie potentissime, voll'io.

 

I liberi quadrupedi non volli

assoggettare all'ingiustizia, ai torti,

agl'insulti dispotici ed ai folli

vaneggiamenti dell'inique corti;

mai di render infelici e schiavi

i discendenti lor, dritto ebber gli avi.

 

Dar volli un difensor ch'abbia i supremi

voleri sempre al comun ben rivolti,

giusto distributor di pene e premi,

che dei supplici il priego e il lagno ascolti,

sotto l'ombra di cui tranquilla, e senza

inquieto timor sia l'innocenza.

 

Che con saviezza, integrità e giustizia

il patrimonio pubblico amministri,

dell'ambizion, della malizia,

della rapacità de' rei ministri,

d'intrigo, di livor, di gelosia

miseramente ognor vittima sia.

 

E questo fu l'oggetto unico e vero

che a se stesso ogni popolo propose,

quando ad un sol confidò regno e impero,

e al timon del governo un solo pose.

altro l'oggetto esser non può, debbe;

e se altro fosse mai, nullo sarebbe.

 

Se dunque è tal qual esser debbe, e quale

del fidato deposito custode

costituillo il voto universale,

dal pubblico riscuota applauso e lode:

e gl'inalzino i posteri e i viventi

d'alta riconoscenza i monumenti.

 

Ma se da lui sollievo e patrocinio

invano il merto e l'innocenza attende,

e di calamità, d'alto sterminio

strumento, autor, propagator si rende,

perchè chi altrui del suo poter l'uso,

frenar non può di quel poter l'abuso?

 

Non dei stati però l'ordin costante

pongon torbide teste in iscompiglio;

attentar mai contro le giuste e sante

costituite autorità consiglio

con tradigion, con violenza indegna:

giustizia i modi e la ragione insegna.

 

Perciò parte di noi libera e franca

si sottrasse agl'insulti e si divise,

più ormai di sofferir sdegnosa e stanca;

ma non pertanto ostilità commise:

tranquilla e cheta si rimase ognora,

tranquilli e illesi altri lasciando ancora.

 

Ma quando poi con militar solenne

spedizion il temerario ardire

dell'avversario insultator ci venne

nei pacifici alberghi ad assalire,

il dritto di natura alla difesa

allor ci autorizzò contro l'offesa.

 

Quando le ostilità comincian poi,

chi può temprarne o ritenerne il corso?

Cose note vi dico, e noti a voi

i fatti son, questo è un van discorso,

le massime mie v'altero o ascondo,

chiare l'esposi e le conosce il mondo.

 

Alto silenzio a quel parlar succede,

poichè per favellar sorge il Cavallo,

che nobil, generoso ognun lo crede,

e cogl'intrigator non entra in ballo;

tanto è ver che buon nome e buon concetto

suol perfino alle bestie impor rispetto.

 

patrocinator dicea qui vengo

di privilegio o dritto alcun privato;

sistemi politici sostengo,

pubblica son io bestia di stato;

come in se stesse son le cose miro,

la ragion storco a mia voglia o stiro.

 

Soffrasi pur la carestia, la peste,

fame, diluvio, fulmine, tremuoto;

affatto inevitabili esser queste

calamità della natura, è noto;

ma che a soffrir ci forzi immensi guai

l'altrui voler, io nol compresi mai.

 

Non di privati mali or si ragiona,

che ciascun per difetto o per eccesso

procura e chiama sulla sua persona;

chi è causa del suo mal pianga se stesso,

è proverbio volgar, proverbio antico,

ma che prova e conferma il ver ch'io dico.

 

Parlo di mali pubblici e comuni

che inondano e desolano la terra

per opra sol, per colpa sol d'alcuni.

o politica infame! o iniqua guerra!

Di voi sol parlo, o rei concepimenti

di cuori atroci e di malvagie menti!

 

Da un tempo la quadrupede famiglia

l'uno e l'altro flagel turba e desola:

Di politica rea la guerra è figlia;

di senno un politica fu scuola,

or scuola è solo d'artifizio e inganno,

l'util proprio sol cerca e l'altrui danno.

 

Di questi detestabili mestieri

i professor crudeli e i fieri mastri

son le vere cagioni, i fonti veri

di tutti quanti i pubblici disastri:

copron per loro solo il mondo tutto

sangue, calamità, miseria e lutto.

 

Alla Volpe, a quel dir, dell'ira il foco

ardea negli occhi, e ringhia e si dimena,

si torce, e non può star fissa al suo loco;

cagna o gatta parea di pulci piena;

ma poco tal convulsion le giova,

perocchè tutti conoscean per prova.

 

che, siccome più vittime che scanna

il sacerdote sanguinario ed empio

alla crudel divinità tiranna,

cui timor stolto eresse altare e tempio,

più glorioso e celebre presume

rendere il culto dell'atroce nume;

 

così, quanto maggior degl'infelici

è il numer che politica inumana

sacrifica alle vaste e distruttrici

viste d'iniqua ambizione insana,

di tanto maggior gloria coprir crede

se stessa, e quell'altier che in trono siede.

 

Onde tutti al Caval davan ragione,

che avea, per li suoi pregi, un gran partito,

e dall'universale approvazione

sostenuto, instigato, incoraggito,

derise i bronci della Volpe irata,

e così proseguì la sua parlata:

 

Ambo questi mestier, sì tralignanti

da retto fin, da ragionevol scopo,

della giustizia agl'incorrotti e santi

veri principj ricondur fa d'uopo,

toltili dal fatal traviamento,

ove il crudel gli torse altrui talento.

 

Tanti allor cesseran danni e molestie,

di cui solo al pensier mi raccapriccio;

tante periran povere bestie

o di pochi o d'un sol per lo capriccio;

quei che tanti orror prendonsi a gioco.

valuteran la vita altrui sì poco.

 

li governi alfin, che stabiliti

furon per lo comun pubblico bene,

diverran fonti di mali infiniti;

e in questo il voto mio con quel conviene

del Can; che il giusto e il ver sui labbri ancora

di nemico o rival da me s'onora.

 

Che se invasor rapace i doni torre

di natura a noi vuol, pascolo e vita;

contro la forza allor la forza opporre,

e la giustizia e la ragion c'invita:

che legittima e giusta è la difesa

contro l'aggression, contro l'offesa.

 

Così il Caval ragiona; e forti e giuste,

non che opportune, eran le sue ragioni;

poichè fra bestie in quell'età vetuste

frequentissime fur l'incursioni;

e in tai casi la guerra difensiva

un dover di natura diveniva.

 

Ma noi più non abbiam Vandali e Goti

ed Unni che inondar l'Europa un giorno;

e i loro gentilissimi nepoti

non han più voglia di mutar soggiorno,

seguon più la costumanza avita

di trar rapace e vagabonda vita.

 

Anzi d'Europa a segno tal stravolta

è la fisonomia d'allora in poi,

che color ch'eran barbari una volta

giungon quasi a chiamar barbari noi;

ed or che quelle inscursion cessaro,

di guerra difensiva il caso è raro.

 

Titoli invece abbiam che a maraviglia

giustifican la guerra anche offensiva:

leghe, sussidj, patti di famiglia,

dritto, succession, prerogativa,

equilibrio, confin, convenienza,

commercio, garanzia, preeminenza.

 

Dove lascio dei troni lo splendore,

la dignità dei regi, e i gonfi e vari

vocaboli che fan cotanto onore

dell'europea politica ai glossari,

e forman la scienza diplomatica

di cui sì necessaria è a noi la pratica?

 

Per sì belle cagion chi non darebbe

del sangue suo perfin l'ultima dramma?

Chi l'universo inter non manderebbe

per cagionibelle a ferro e a fiamma?

Ma datti pace, o cara umanità,

datti pur pace, chè così si fa.

 

Il savio del Caval ragionamento,

e tutto ciò ch'ei francamente espose,

riscosse il general approvamento:

ma la Volpe di fargliene propose

presso la Lionessa un crimenlese;

onde, rivolta a lui, così riprese:

 

Scusa, ma regio ambasciador qual sei,

in verità, Cavallo mio, non sembri:

scusa ti chiedo ancor; di ciò che dei

alla sovrana tua, non ti rimembri,

e tai ragionamenti or qui tu formi

alle instruzioni tue poco conformi.

 

E già forse obbliasti, o forse ignori,

ciò che ognun rammentar recasi a gloria,

che da tutti i quadrupedi elettori

creato fu il Lion, buona memoria,

re assoluto, non re costitutivo,

ereditario re, non elettivo.

 

E che quel venerabile consesso

non avendo vincolo patto,

apposta eccezion d'età di sesso

a quel solenne, irrevocabil atto,

perciò sua maestà la Lionessa

senza vincolo alcun succede anch'essa.

 

Fe' allor cenno al Vampir, ch'una gran filza

di documenti dalla Talpa prende;

indi, alquanto avanzatosi, gli sfilza,

e gli apre, e avanti all'assemblea gli stende.

E la Volpe: Ecco copia di prove

che qualsisia difficoltà rimuove.

 

Scroscia di risa l'ampia turba e sghigna

in ascoltar la leguleja Volpe;

ma non soffre il Caval, che la maligna

d'infedeltà nel minister l'incolpe;

e ver colei, che lo motteggia e punge,

rivolge il guardo torbido e soggiunge:

 

Aperto è l'oprar mio, sotto il manto

d'intatta fe, di probità, di zelo,

di cui chi privo è più, più si vanto,

oblique intenzion ricopro e celo.

grandi mali soffrimmo, e a ripararli

uniti qui ci siam; di ciò si parli.

 

Purchè una forma di governo esista,

a quella uniformarmi io non rifiuto,

siasi real, repubblicana o mista;

qual di lor sia la miglior discuto:

se dispotismo ed anarchia rimuova,

approvo ciò che il comun voto approva.

 

Ma nulla di sì sacro è sotto il sole,

di cui talun non possa abuso fare.

cibo che all'animal corpo dar suole

nutritivo alimento e salutare,

moderata qualor dose sen prende,

pernizioso intemperanza il rende.

 

così di libertà sfrenato eccesso

degenera in licenza e in anarchia;

e ov'è l'abuso del potere ammesso,

ergesi dispotismo e tirannia;

dentro giusti confin virtù si tiene;

se oltrepassarli vuol, vizio diviene.

 

Pera chi l'ordin pubblico sconvolge,

e delle sacre leggi il freno scuote,

e d'anarchia fra i vortici s'avvolge,

e aer tranquillo respirar non puote.

egli è dover a ogni animal prefisso

d'osservar l'ordin stabilito e fisso.

 

Ma, o che ad un solo o a più d'un sol si dia

l'alto esercizio del sovran dominio,

in lor arbitrio e in lor poter non sia

di procurar l'universal sterminio;

ma legittimo fren, che al mal provegga,

l'intemperanza del poter corregga.

 

Che si mantenga anch'io richiedo e bramo

sovra il soglio brutal la Lionessa;

ma facciam sì che in avvenir noi siamo

contenti ognor del suo governo e d'essa.

e che malizia di ministri rei

non renda esoso il suo governo e lei.

 

La provvida del bene operatrice

e della sicurezza universale,

suprema potestà, nella felice

impotenza ognor sia d'oprare il male;

e allor quei che a regnar eletti sono,

più ancor sicuri siederan sul trono.

 

Da quel suo favellar chiaro appariva

che non poter dispotico assoluto,

ma savia monarchia constituiva

stabilir il Cavallo avria voluto;

del tutto eran però quelle ragioni

contrarie alle volpine opinioni.

 

Onde colei gridò che idee cotali

astratte e più brillanti eran che vere,

per chi conosce il cor degli animali,

e assurde filosofiche chimere:

Ma la gran massa: A te a parlar non tocca,

grida, e le tronca la parola in bocca.

 

Lo Struzzo, il Cigno, l'Angue bianco e il giallo,

e la pluralità dell'adunanza

quasi tutti aderirono al Cavallo;

ma il Can levossi e di parlar fe' istanza;

e l'Idra la parola a lui concesse,

onde ognun tacque e il Can così s'espresse:

 

In un solo animal, colleghi miei,

entro fisso confin l'esecutivo

poter riconcentrar anch'io vorrei;

ma ovunque poni un re constitutivo,

fra il suddito e il sovran tosto introdotta

vedi perenne, perigliosa lotta.

 

Ciò che usurpa ciascun sul dritto altrui,

qual conquista legittima il riguarda

che fa il nemico sui nemici sui.

La vittoria a decidersi non tarda:

chi della forza e del poter dispone

l'altro soggioga ed ei si fa padrone.

 

Onde non solo io pienamente approvo

il voto del Caval, ma, a parer mio,

timido troppo e riservato il trovo.

e provar chiaro e dimostrar poss'io

che ogni poter non limitar, ma torre,

a chi ne abusa, ancor si può, se occorre.

 

Stoltezza è dir che da natura sia

più ad un che ad altro alcun poter concesso.

maggior stoltezza di talun saria

dir che il poter ch'egli ha, l'ha da se stesso.

il poter che ha talun, o che usurpato

hallo sovr'altri, o che altri a lui l'han dato.

 

Se usurpato è il poter, iniquo, ingiusto

egli è, non che illegittimo potere;

onde ritorlo a chi lo tolse è giusto.

contro può prescrizion valere;

e mai (cose son queste in jus già note)

legittimar l'usurpator non puote.

 

Se poi dato è il poter, perchè chi allora

a quei ch'ei volle ebbe di darlo il dritto,

dritto aver non dovrà di torlo ancora?

O perchè a lui farsen dovria delitto,

qualor, stanco, lo tolga a chi ne abusa,

e soggettarsi al suo dover ricusa?

 

Ma pretendenza è ben assai più stolta,

che di due parti che han fra lor rapporti,

l'una del tutto sia libera e sciolta,

e l'altra il peso unicamente porti;

e sotto il giogo di poter tiranno

abbia l'una il vantaggio, e l'altra il danno.

 

Di regnar jus legittimo s'acquista

o per contratto o per successione,

giusta i regi giuristi, o per conquista;

ma la conquista è il dritto del Ladrone;

altro dritto qualunque eredità,

che quel ch'ebbe in origine non .

 

Sul popol di regnar malgrado lui,

per trattato acquistar dritto non puossi.

È usurpator chi sol per voto altrui

dritto e poter sui popoli arrogossi:

nullo è il contratto, e tal possiam chiamarlo,

qualor chi 'l fa non ha il poter di farlo.

 

I ranci e insulsi zibaldoni vari

che avanti a voi fur dalla Volpe esposti,

atti essi son gratuiti, e arbitrari

ordin di prenci, a grado lor composti;

smania impotente di dispota folle

che legge ai tardi posteri dar volle.

 

Ma invan sostener vuolsi e si asserisce

non debba, ove non è, supporsi patto;

che la natura e la ragion supplisce

con egual forza, ovunque manca il fatto.

contro principj tai nulla è ogni legge;

convenzion, qualunque sia, non regge.

 

Per venir poi più strettamente al caso,

che alla succession la Lionessa

non abbia dritto alcun son persuaso,

malgrado tutto ciò che in favor d'essa

a suo capriccio e contro ogni ragione

la nostra Volpe immagina e suppone.

 

Poichè ella è cosa pubblica e notoria

che quando fu per comun voto eletto

Lion, di felicissima memoria,

dei quadrupedi re, non fu mai detto

che il sesso femminil succederebbe:

, se detto non fu, suppor si debbe.

 

Finor del dritto: in quanto al fatto poi

qual si fe' abuso del poter suppongo

noto per trista esperienza a voi;

a voi però d'esaminar propongo

qual sia forma per noi più savia e sana

o monarchica, ovver repubblicana.

 

Al nome di repubblica, sì strane

grida e clamori alzaro i realisti,

che favellar più non lasciaro il Cane;

minor chiasso fer gli antagonisti:

e seguito di peggio ancor saria,

se l'Idra i sette capi non copria.

 

In faccia all'autorevole cappuccio

i minacciosi strepiti, i clamori,

le discordanti voci e l'ira e il cruccio

cessar di quei feroci ambasciadori;

e ad un tratto fra quella indocil schiera

la placida tornò calma primiera.

 

Così gorgoglia in gran caldaia, e bolle

esuberante umor, gonfiasi, abbonda,

e fuor degli orli alto la spuma estolle;

ma se frigida sovra acqua s'infonda,

tosto l'umor lo stato suo riprende,

e al suo livello natural discende.

 

Allor dell'Idra al torbido collega

l'assemblea si rivolge, e istantemente

il taciturno Ippopotamo prega

con franchezza ad espor, cosa ei ne sente;

ma quel burbero e fiero animalaccio,

D'inezie tai risponde io non m'impaccio.

 

Girando poi, di fier dispregio in segno,

il torvo sguardo intorno all'assemblea,

sghignazza con sardonico disdegno;

onde ciascun: poffaredio! dicea

bisogna ben che gran buffon noi siamo

per far rider perfin l'Ippopotamo.

 

Levossi intanto il Cigno, e con soave,

melodioso canto incominciò

un andantin con un bemolle in chiave,

ch'era una certa specie di rondò;

trilla, gorgheggia, e tutti applauso fero

al dolce canto, e non capirne un zero.

 

Ma sendo avvezzo a passeggiar sull'acque

dei reali giardini e dei gran parchi,

a più d'uno perciò sospetto nacque

ch'ei lodasse i dispotici monarchi,

ma non fu fatta attenzion veruna

a ciò ch'ei disse, onde non fe' fortuna.

 

Il Porco, che dormia profondamente,

forte allor russò, che tutti scosse,

e tutte con istrepito insolente

le tribune gridar, che astretto fosse

anche il Porco il suo voto a proferire:

ond'ei, forzato alcuna cosa a dire,

 

lento rizzossi, e fe' questa parlata:

Qualunque sia governo a un porco piace,

se, anche a costo di qualche bastonata,

mangiar, bere e dormir lo lascia in pace;

altra miglior politica non trovo;

e qui si tacque, e si sdrajò di nuovo.

 

Tutti allora proruppero in gran risa,

ma quel repubblicano ambasciadore

udendo favellare in cotal guisa

vider ch'er'ei monarchico in suo core;

il Can guardollo, digrignando i denti,

e proseguia li suoi ragionamenti.

 

Ma la Volpe interruppe: a me non pare

risibil tanto il ragionar del Porco;

anzi trarrò dal savio suo parlare

ovvia ragion, ch'io non isforzo o storco,

e per cui fin l'umana specie istessa

del Porco la politica professa.

 

Poi, volta al Can, soggiunse in tuon satirico:

Tu, tremendo orator, che qui venisti

di repubbliche a farci il panegirico,

nemico capital de' realisti,

io qui non vo' ragionamento astratto

far teco, vo' convincerti col fatto.

 

Le repubbliche osserva, e non vi scerni

che malcontenti e queruli e inquieti;

poi volgiti ai monarchici governi,

e tutti ivi vedrai tranquilli e cheti

starsi in riposo placido e profondo....

Rispondo il Can ripiglia allor rispondo:

 

in repubbliche ognor sui governanti

porti i critici sguardi orizzontali,

tutto a livello miri a te d'avanti,

nulla sopra di te, e ne' tuoi eguali

ti compiaci trovar difetto o sbaglio,

e parmi udirti: io ben di voi più vaglio.

 

Aggiungi in combustion sempre e in conflitto

le passion, cui fren non poni o morso,

perocchè di lasciar ti credi in dritto

alla lingua e al pensier libero il corso;

quindi nelle repubbliche sempre odi

lagni, accuse, censure e rare lodi.

 

Tutt'altro è in monarchia: con riverente

guardo sopra di te miri un padrone

infallibil, supremo, indipendente,

in faccia a cui non val dritto o ragione;

tutto ei può, tutto egli è, nulla tu sei:

soffrir, tacer ed obbidir sol dei.

 

Di cose usualissime ti parlo:

se per esempio un qualche re animale

ruba, assassina, egli è un sovran, può farlo,

ma se alcun pochettin di cosa tale

stato repubblican tentar sol osa,

ella è esecranda e detestabil cosa.

 

Nel despota non dei trovar difetto;

periglioso è per te, se sol ne cerchi;

d'ogni tua passion nullo è l'effetto,

son gl'istessi desir vani e soverchi.

in qualunque governo, e ovunque vuoi,

esser tranquillo a prezzo tal tu puoi.

 

Per quei che, volontario e paziente

sotto il giogo incallito il collo piega,

ogni più rio governo è indifferente;

come il nostro opinò Porco collega:

di vegetazion dritto a lui basta,

usurpato poter altrui contrasta.

 

Esistenza meccanica e passiva

da natura a costor fu sol concessa;

impulso o scossa elettrica ravviva

l'anima lor, da torpidezza oppressa,

e a costo di viltà la turba schiava

compra la nullità di vita ignava.

 

A quei però che servilmente oppresso

sotto il poter dispotico soccombe,

quel funesto riposo è sol concesso

che concedon le carceri e le tombe;

su corpo privo di sensibil fibra

crudeltà stessa invan suoi dardi vibra.

 

Non di costor (che, di destin migliore

indegni, hanno qual meritan la sorte),

parlo di chi germi racchiude in core

di sentimento generoso e forte,

che al vero e al giusto il voler suo rassegna

e vergognosa servitù disdegna.

 

Sa ognun quant'io la monarchia promossi:

ma se contro i miei voti, ove sperai

vera trovar felicità, trovossi

serie funesta d'infiniti guai,

perchè del dritto non usar che dato

fu a ciaschedun di migliorar suo stato?

 

Sia pur la Volpe replicò qual vuoi

cotesta tua repubblica che vanti;

ma se animali son, come siam noi,

gli esecutori, i membri, i governanti,

come tu torrai lor le passioni,

d'un eterno disordine cagioni?

 

Ma l'argomento il Can tosto ritorse:

Coteste passion, colui rispose

le torrai forse a chi può tutto? O forse

son esse men funeste e perigliose

in bestia avvezza a sodisfarle appieno,

che in animai cui por si puote un freno?

 

Affettando la Volpe allor modestia,

disse: Le bestie, o Cane, e tu lo sai,

poichè, ciò che tu vuoi, tu ancor sei bestia,

le bestie son cosa cattiva assai;

dispotismo ci vuol, tu lo dicesti

quando la monarchia ci proponesti.

 

E il Can: Delle repubbliche i difetti

conosco; e in quella occasion palesi,

(poichè doverli palesar credetti)

con coraggiosa libertà li resi;

E monarchia di buona fe, per zelo,

proposi; errai, ma l'error mio non celo.

 

D'idee cangiano i saggi e di parere,

e l'idea non potrò cangiare anch'io?

Deciderete voi se false o vere

sian le ragion del cangiamento mio;

se certa dose in se di mal, di bene

monarchia e repubblica contiene;

 

se l'una e l'altra è difettosa e suole

traviar spesso dai principj suoi;

se chi in mano ha il poter leggi non vuole,

perchè quella adottar sdegnerem noi

che di ben maggior dose in se racchiude,

e la massa maggior dei mali esclude?

 

Di forti passioni e veementi

l'urto so ben qual produr suol tremenda

convulsion ne' stati ancor nascenti;

cose che tempo e sperienza emenda;

quei però dei monarchici governi

son mali irrimediabili ed eterni.

 

Se di padron superbo ereditario

geme l'oppressa moltitudin schiava

sotto il poter dispotico, arbitrario,

il mal distor che sovra a lei s'aggrava,

può lagnarsi della sua catena;

delitto è già se se ne accorge appena.

 

Se alcun repubblican ne' dover suoi

mostrasi inetto, od infedel prevarica,

rimuover, sindacar, punir lo puoi,

ed al più degno conferir la carica;

e delle sante leggi esecutori

sceglier color che crederai migliori.

 

Ma un prence opra è del caso, o malo o buono,

l'educazion mai buon lo feo;

e l'impunita iniquità sul trono

dei venerar d'inviolabil reo;

e se ria passion, vizio o delitto

corregger osi in un sovran, sei fritto.

 

Malvagio è il prence ereditario o inetto?

all'inetto, al malvagio obbedir dei.

è un folle? al folle esser tu dei soggetto.

È un barbaro? un crudel? forzato sei

e la schiena al flagel porger, s'ei vuollo,

e alla mannaia od al capestro il collo.

 

L'intollerabil taccio insano orgoglio,

e del sommo poter l'abuso enorme;

e l'ignoranza che detta dal soglio

di leggi il zibaldon confuso, informe:

mentre tutto si regola e si regge

dall'arbitrio d'un sol, non dalla legge.

 

A quel che tenne il precessor, contrario

sempre sistema tien chi al trono ascende;

e da governo instabile, arbitrario

il ben, la vita e l'onor tuo dipende;

onde il natio più non agisce e ferve

vigor nelle avvilite anime serve.

 

Se alcun sovran del suo favor ti priva

malgrado la giustizia e la ragione,

t'abbandona ciascun, ciascun ti schiva;

contro l'arbitraria oppressione

di quei che può ciò che in cervel gli viene,

non ti difende alcun, ti sostiene.

 

Non favello in teorica e in astratto,

da lontano le ragion mendico;

per prova io parlo e testimon di fatto;

frutto d'esperienza è ciò ch'io dico;

se esempi ancor ne ricercate, espresso

esempio, bestie mie, v'offro in me stesso.

 

Dicon che la repubblica è di grandi

contrarietà e disordini un pasticcio:

ma non è peggio ancor che un sol comandi

ingiuste e inique assurdità a capriccio,

di cui il voler forza di legge ottenga,

autorità vi sia che lo rattenga?

 

Dicon che la repubblica è una vacca

che ciascun mugne e il latte ne divora;

contagion che facile s'attacca,

mal grande inver: ma non è peggio ancora,

che mentre e vacche e buoi arano il suolo,

bue vi sia che non ari e pasca solo?

 

Ma ripetute eccezion son queste,

che conosce ciascun, ciascun osserva;

altro io dirò, di che non intendeste

parlar, che raro forse e con riserva,

pur cosa è che mostrar ad evidenza

de' due governi può la differenza:

 

S'egli è ver che il peggior di tutti i mali

è la crudel, sterminatrice guerra,

e se è ver che a sollievo de' mortali

togliersi appien non può d'in sulla terra;

osserviam, se frequente ella più sia

in repubblica, ovvero in monarchia.

 

Vedrem di guerre cagionar gran parte

di regnante famiglia alcun privato

titol da dubbie tratto oscure carte,

pretension d'incognito antenato,

dritto del signor zio, del signor nonno;

cose che i stati interessar non ponno.

 

Come se nazion, popoli interi,

e di posterità la più remota

non conosciuti e liberi voleri

possan servir d'eredità, di dota,

come acquistar vediam privati eredi

campi, vigne, poderi e case e arredi.

 

Ella è ben strana e deplorabil cosa,

che per causa al ben pubblico straniera,

per vertenza legal, vecchia e dubbiosa,

solo a pro di colui che a caso impera,

popolo contro popolo con rabbia

a trucidar ed a distrugger s'abbia.

 

Le repubbliche titoli e ragioni

non han di parentele e di famiglia,

non vincoli di sangue e matrimoni;

non testa la repubblica e non figlia,

appannaggi non cerca e allogamenti

per figli, per nipoti e per parenti.

 

Se interamente esser non può distrutto

flagellocrudel, sì furibondo,

tante può calamità del tutto

previdenza mortal toglier dal mondo,

tolta l'ereditaria monarchia

la massa lor quanto minor saria?

 

A battersi coi torbidi regnanti

le repubbliche inver son spesso astrette;

che i gelosi, inquieti e confinanti

per opprimerle stansi alle vendette.

repubblica non speri averli amici;

se tu schiavo non sei, son tuoi nemici.

 

Simili al Nibbio son, che occhio ed artiglio

teso tien sovra Tortora o Colomba,

che se incauta evitar non sa il periglio,

sovra improvviso il rapitor le piomba;

e quindi in guardia ognor, per sostenersi,

deggion gli stati liberi tenersi.

 

Pur troppo inver di conquistar la smania

agita le repubbliche sovente:

se sanarle non puoi da tale insania,

almen chi vuol, s'oppon, chi vuol consente;

non pugnan tutti a pro d'un sol. tutti hanno

comun gloria, periglio, utile e danno.

 

Grida allora la Volpe, e l'interrompe:

E la guerra civil fors'è uno spasso?

A tal voce il silenzio a un tratto rompe

tutto il congresso, e levasi un gran chiasso,

un gran tumulto fra i partiti siegue;

ma l'Idra s'incappuccia, e il Can prosiegue:

 

Forse la Volpe a dimostrar s'impegna

la monarchia da civil guerra immune

malgrado ciò che l'evidenza insegna?

E che ad ogni governo ella è comune,

e in monarchia più assai frequente ancora,

forse fuor della Volpe alcun l'ignora?

 

Chi sì stupido è mai per non sapere

che ove guerra civil trovar non puote

disparità di rango e di potere,

mai la torbida sua face non scuote?

Come fia che talun sovr'altri saglia,

se tutti legge imparziale agguaglia?

 

Che se talor d'emule gare ardita

ferve dissension, contrasto interno,

moti essi son di vigorosa vita,

non sintomi di languido governo;

e veder forte atleta allor mi sembra.

ch'eserce e addestra le robuste membra.

 

L'onda rimira che d'alpestre balza,

romoreggiando rapida discende

e biancheggiante urta ne' scogli e sbalza,

puro e limpido al mar tributo rende,

ma se impaluda, ed ivi torpe e stagna,

spande il putre vapor per la campagna.

 

Che se alla legge cittadin rubelli,

di discordia civil spargono i semi,

di spirante repubblica son quelli

gli ultimi tratti e i parosismi estremi;

gli odj, le stragi ed il civil furore

palpiti son di libertà che muore.

 

Che in repubblica mai scorger tu puoi

forti scosse e tai sconvolgimenti,

se non ne abbian le leggi i figli suoi

infrante pria, per divenir potenti;

spenta è allor libertade, e fra quei che hanno

usurpato il poter, sorge il tiranno.

 

Sempre al poter dispotico che nasce

sanguinario terror veglia alla cuna,

e violenza del suo latte il pasce,

e intorno i suoi satelliti gli aduna:

ella ne forma l'indole feroce,

il duro cor, la baldanzosa voce.

 

Poscia desio di regno e fiero orgoglio,

che ad ogni iniqua atrocità conduce,

fra quei che vantan natal dritto al soglio

di rivali poter l'urto produce.

Qui l'interruppe uno de' due Serpenti,

e parlò, sibilando, in tali accenti:

 

S'esser si vuol da civil guerra esente,

se si vuol sicurezza in monarchia,

nella real famiglia altro vivente

fuor d'un erede o d'un sovran non sia:

altri nascer non debbe, o nato appena

si strangola, si affoga o s'avvelena.

 

A massimebarbare ed atroci,

confusi in tutta l'assemblea s'udiro

strepiti, grida e disdegnose voci,

e fino i cor più duri inorridiro;

non però l'Idra in collera si mise,

e il torbido Ippopotamo sorrise.

 

Anzi (chi il crederebbe!) anche ai moderni

tempidispietate ed inumane

pratiche nei dispotici governi

di porre in uso orror non s'ha; ma il Cane,

sdegnando confutar le serpentine

massime, al suo parlar così diè fine:

 

E quando entusiasmo ardimentoso

di nazioni al giogo reo sottratte

con magnanimi sforzi il mostruoso

colosso alfin del dispotismo abbatte,

quegli che resistenza a oppor s'ostina,

seco tragge, cadendo, ampia ruina.

 

Così pregno di zolfi e di bitumi

volcan, che sparse intorno alto terrore

ed eruttò di fuoco immensi fiumi,

scoppiando alfin con orrido fragore,

formò i fertili colli, ove il frumento

biondeggiar vedi, e pascolar l'armento.

 

Il Can così ragiona; e provar tenta

che dispotismo sol, o nasca o muoja,

di sangue ognor si nutre e si alimenta,

e qual voragin tutto assorbe e ingoja,

mostro divorator, figlio di rea

feroce ambizion; poi soggiungea:

 

Me mai favellar, agir mai fanno

odio, interesse, adulazion, stipendio;

amo il giusto governo, odio il tiranno:

della dottrina mia questo è il compendio;

e altrui renderla esosa invan procura

la maligna calunnia e l'impostura.

 

I superbi tiranni, al vile omaggio

avvezzi ognor dei decorati schiavi,

so ben che il filosofico linguaggio

odiano, e il franco ragionar de' savi;

e che rubello il Can chiamano ancora,

lo so, ma l'odio de' tiranni onora.

 

Dissi, e quel che diss'io, solo lo dissi

perchè non altra intenzion la mia

fu mai, se non governo alfin si fissi

il più sicuro che possibil sia:

esposi il mio parer, la cosa è seria:

a voi tocca a decider la materia.

 

Allor certo zoofilo animale

che conciliator spirito avea,

farne uso volle in circostanza tale;

onde propose una sua bella idea

per mettere d'accordo i due partiti

e gli animi discordi ed innaspriti.

 

Lasciam dicea che illimitata o mista,

per chi viver non sa senza un sovrano

la monarchia quadrupede sussista;

ma il governo lasciam repubblicano

a quei che, per tendenza o per ragione

a monarchia repubblica antepone.

 

Così esclusi i disordini inerenti

a dispotico stato o a stato anarchico,

egualmente vivran tutti contenti

tanto il repubblican quanto il monarchico;

alcuno, ad onta de' principj sui,

piegar dovrà sotto la forza altrui.

 

Ma per quanto plausibile apparisse

la mozion di quel rappresentante,

più d'un vi fu che vi si oppose, e disse,

che finch'entrambi avran forza bastante

repubbliche e monarchi in sulla terra

saran fra lor eternamente in guerra.

 

Poichè, d'angusti limiti non paga,

d'attorno libertà rapidamente

le lusinghiere massime propaga;

l'elettrico vigor, la sua potente

voce gl'intorpiditi animi scuote,

e ciò piacere ai despoti non puote.

 

Rode i regnanti un inquieto verme

che libertà di mano lor non tolga

il ferreo scettro; e a soffogarne il germe

ciascun tutti i suoi sforzi avvien rivolga,

o che l'occulte insidiose frodi

usar gli giovi o i violenti modi.

 

Simula allor ch'inferior si crede,

malgrado suo l'altera fronte piega;

ma se acquista poter, non tien più fede,

e contro lei l'aperta forza impiega;

onde per tai ragion dubbio e perplesso

sulla decision stette il congresso.

 

Intanto risuonar per l'assemblea

s'udir susurri e striduli clamori

che la minuta moltitudin fea

dei piccoli, inquieti ambasciadori,

Cicale, Moscerin, Zanzare e Grilli,

ch'empiean l'aer di strepiti e di strilli.

 

Stridean coloro e non volean star zitti,

se non fossero, pria d'ogni altro assunto,

ben stabiliti della bestia i dritti,

come fondamental primario punto;

ma a quelle besticciuole romorose

la presidente allor silenzio impose.

 

Poi disse: Il vostro dritto d'ora in poi

sia di sempre annojar, di strider sempre;

siccome dritto che compete a noi,

cui diè natura più robuste tempre,

sarà, qualor noiate siam, di darvi

una zampata, un morso ed ischiacciarvi.

 

Or qui mi si permetta, in cortesia,

moralizzando intrattenermi alquanto,

e franca espor l'opinione mia

sul decreto dell'Idra; e vedrem quanto

dell'Idra riprometterci possiamo,

del Coccodrillo e dell'Ippopotamo.

 

Quel picciolo bestiame avea ragione;

ma picciol era, e aver ragion non basta:

il grande vuol far sempre da padrone,

e al picciol sempre il dritto suo contrasta;

e questa, quando avralla a far col forte,

sarà sempre del debole la sorte.

 

E in fatti qual ragione o qual consiglio,

qual legge mai potria mettere al pari

aquila e Moscerin, Tigre e Coniglio,

tanto fra lor dissimiglianti e vari,

e colla libertà repubblicana

sproporzione associarstrana?

 

Troppe fra gli animali pose natura

disuguaglianze fisiche e reali;

e invan libero stato si procura

fissar fra specie varie e disuguali;

e dove son l'idee del giusto ignote

esister mai repubblica non puote.

 

E finchè vi saran Tigri e Lioni,

aquile, Coccodrilli, e zanne e artigli,

sempre questi faranno da padroni,

e serviran le Pecore e i Conigli:

onde ragion aver potean gli insetti,

ma non potean sperarne mai gli effetti.

 

Se d'una specie d'animai pertanto

in società raccolti e conviventi

allor trattato fossesi soltanto,

sarian le lor ragion state eccellenti;

ma parlando di specie varie e molte,

le instanze lor divenian vane e stolte.

 

 

 




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