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Giovanni Battista Casti
Animali parlanti

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APOLOGO III.

 

LA LEGA DEI FORTI.

 

 

 

La Tigre, un tempo fa, l'Orso e il Lione

Sendosi un giorno ritrovati insieme,

Contrassero fra lor stretta unione,

Da cui trar gran vantaggi ebbero speme;

E per toglierle dispute, fur fatti

Della triplice lega espressi patti.

 

Poichè dicean, dall'union dei forti

Nascer l'ordin politico e morale,

Ed esser natural che si riporti

Qualunque subalterno al principale;

Siccome l'armonia degli elementi

Tranquillo rende il mondo ed i viventi.

 

Onde scorrendo pian per la campagna

Esca cercando alle affamate gole;

E se in valle, in foresta o se in montagna

Incontravano Cerve o Cavriuole,

Daini, Lepri, Pecore ed Agnelli

Strage facean di quelle mandre imbelli.

 

Chiaro videsi allor ed in effetto

Malgrado le politiche ragioni,

Qual di tai società fosse l'oggetto

Trattandosi di Tigri, Orsi, e Lioni;

Cioè, le sanguinarie avide brame

Sull'inerme sfogar debil bestiame.

 

Pur le tremende fere andar d'accordo

Finchè potè di separate prede

Sfamarsi il fier triumbestiato ingordo;

Ma il patto social sciogliesi e cede

A fronte della violenta insana

Voracità, tanto brutal che umana.

 

Color per tanto all'improvviso un giorno

Minaccioso ascoltar cupo boato

Che rimbombar fea colli e valli attorno.

Arrestaronsi a quell'inusitato

Tremito orrendo ed a quel rombo ignoto,

E lo credetter tuono o terremuoto;

 

Ed alquanto inoltrando il passo poi,

Su verde prato presso alla foresta

Videro pascolar branco di Buoi

Cui s'elevan gran corna in sulla testa,

E in paragon di quei foran piccini

E quei di Transilvania e i Perugini.

 

Per quanto estranei sieno alla paura

Orsi, Tigri, Lioni e fece simili,

Pur vedendo di mole e di figura

strane bestie e sì da lor dissimili,

Tal sorpresa provar, tal maraviglia,

Che se timor non è se gli assomiglia.

 

Onde, quantunque vigorosi e arditi,

Pure alla colossal macchina enorme,

Ai risonanti orribili muggiti,

Alle alte corna, alle robuste forme,

In quei corpulentissimi animali

Forze credean corrispondenti eguali.

 

Perciò si ritiraron fra le spesse

Piante d'alcune pertiche in distanza,

Per consultar fra lor qual si dovesse

Prender partito in quella circostanza;

E il Lion coraggioso ivi primiero

Espose il suo magnanimo pensiero:

 

Se ciaschedun di noi, dicea, rimembra

Le proprie geste se stesso oblia,

Poco, colleghi miei, or qui mi sembra,

Poco, anzi nulla a consultar vi sia.

Avvezzi ad assalir e a vincer sempre,

Cangiate avremmo forze, indole e tempre?

 

Su dunque, o tutto di coloro il branco

S'assalga unitamente o io sol l'assalto.

Io, l'Orso disse, assalirò di fianco;

Ed io, la Tigre soggiungea, d'un salto

Sovra di lor mi lancerò di dietro;

E il Lion: io di fronte, e non m'arretro.

 

Ciò detto i fieri soci in un istante

S'aprir passaggio inosservato e fosco

Frammezzo folte ed intricate piante,

E improvvisi sbucarono dal bosco,

E concertatamente su quel grosso

Bestiame corser da tre parti addosso.

 

Quei che li vide incontro a se venire,

Chi qua chi precipitosamente

Sbaragliandosi posesi a fuggire;

Lo che cosa assai strana e sorprendente

Parve agli assalitor, che in quel cornuto

Stuolo gran resistenza avean temuto.

 

Un Toro sol fra tutto quel bestiame,

Distinto per l'armata altera testa

E pel candido e lucido pelame,

In mezzo al prato immobile s'arresta

E a quel che Giove un celò somiglia,

Quando rapì d'Agenore la figlia.

 

Il guardo osservator d'attorno gira

Per veder qual cagione in fuga ha messa

La spaventata mandra, e l'Orso mira

Che capitombolando a lui s'appressa:

Imperterrito il guarda, e colla zampa

Raspa il suol, mugghia, sbuffa ed'ira avvampa

 

L'Orso, ch'era primiero entrato in lizza

Con lazzi a baloccar si pose il Toro;

Buffoneggiando in su due piè si drizza

Per dar tempo ai colleghi, acciò coloro

Giungan per dar l'assalto triplicato,

Chi di cul, chi di fronte e chi dal lato.   

 

Quando il Toro ad un tratto il salto spicca

Rapido contro l'Orso, e il corno abbassa;

E se in corpo quel bruscolo gli ficca,

Da parte a parte netto glielo passa;

Striscia il colpo la cute, e l'urto solo

Impetuoso lo strabalza al suolo.

 

Da opposte parti intanto a lui soccorso,

E al cornuto animal terribil guerra,

Portano allor Tigre e Lion, cui l'Orso

S'unisce rilevandosi da terra.

Incredibili sforzi il Toro fe',

Ma che mai far potea sol contro tre?

 

Troppo la pugna è disugual, e troppa

Superiorità negli aggressori.

Chi a fronte, chi di fianco e chi alla groppa

L'assale, com'è stil de' traditori;

Ond'egli cade, e la vorace e strana

Lega crudel lo lacera e lo sbrana.

 

E mentre ad infarcir il ventre ingordo

Nel fumante carname immerge il dente

E il muso d'atro sangue intriso e lordo,

Ciascun verso il compagno avidamente

Rivolge obliquo il guardo e s'avvicina

Come se insidia mediti o rapina:

 

L'altro addentando il sanguinoso pasto

Col pieno gorgozzul brontola e sbuffa,

E col fremito in pria fa sol contrasto;

Poscia più seria attaccasi la zuffa,

E un contro l'altro adopra l'ugna e'l morso

Ora la Tigre ora il Lione, or l'Orso.

 

Poichè sovente avvien che farsi amici

Per depredar e per rapir tu veda

Potenti che fra lor fur pria nemici;

Ma se poi viensi a ripartir la preda,

Patto non v'è ch'obblighi i forti e leghi

I rapaci famelici colleghi.

 

di quell'Orso abbiate opinione

Che manco forte e formidabil manco

O della Tigre fosse o del Lione,

Essend'egli un grand'Orso, un Orso bianco;

Razza peggior che immaginar si possa,

Terribil per la mole e per la possa.

 

Poichè color calmata ebber la fame

E il buzzo riempiuto e la ventraja,

Al suol scarnito lasciano il carname;

Ciascun stanco e satollo allor si sdraja;

Poi tacito chi qua chi si volse.

E in guisa tal la lega lor si sciolse.

 

Ma ciascun membro della sciolta lega,

In sen covando il mal talento e l'ira,

Solingo erra pel bosco e del collega

Per ogni mezzo a vendicarsi aspira:

Solo il Lion, che in suo vigor confida,

A campo aperto ogni rival disfida.

 

Dall'Orso infatti ei fu tentato spesso

A sorprender la Tigre unitamente;

E l'Orso ad assalir nel modo istesso

Dalla Tigre tentato ei fu sovente:

Ma il Lion rigettò l'invito indegno,

E per l'insidia vil mostrò disdegno.

 

Si vuol che l'Orso allor si collegasse

Colla Tigre, il Lion sperando abbattere,

E che il Lion per fin degenerasse

Dal vantato magnanimo carattere;

E per via della forza o dell'inganno

Ciascun cercasse al suo rival far danno.

 

Per quella scission, per quel dissidio

Poteron per allor gl'imbelli armenti

Scampare ancor dal lor totale eccidio;

Che la lega dei forti e dei potenti

Il danno altrui coll'util suo combina,

E dei deboli sempre è la ruina.

 

E s'egli è ver che l'union de' forti

Sol di rapacità si nutre e pasce,

Onde ai deboli eccidio avvien che apporti;

La gelosia che fra i potenti nasce

E che rivali intra di lor gli rende,

Dei deboli l'eccidio almen sospende.

 

Ciò per altro va ben, se si ragiona

Di pennuti o quadrupedi animali,

Che fansi guerra colla lor persona,

E contro i lor nemici e i lor rivali

Battonsi corpo a corpo e nelle pugne

Impiegano le zanne i rostri e l'ugne;

 

Ma se parliam d'altri animali a cui

S'accorda gius d'agir come lor frulla,

Guerreggiando, la vita, il sangue altrui

Espongono tuttor, rischian nulla;

E sempre fur, sempre saran costoro

Sterminatori della specie loro.


 

 

 




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