Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giovanni Battista Casti Animali parlanti IntraText CT - Lettura del testo |
SULL'AUTORE E SUL POEMA
SCRITTE
_________
Tratto dalle vicende a farmi talvolta editore, ho procurato almeno di non mai riprodurre che opere somme. Il Casti, quanto allo stile, non potrebbe aspirare che a secondi onori; ma quanto all'invenzione, alla novità dell'argomento, alla grandezza ed architettura della macchina, all'oggetto e all'idee, questa sua produzione degli Animali parlanti, la sola di ch'io m'incarichi, gli merita una prima palma. Composto nel secolo andato, e uscito in luce al cominciar del presente, questo resterà forse il più notabile poema di ambedue i secoli.
Nel 1800 l'Autore vi ponea l'ultima mano in Parigi; e ne leggeva un canto in casa sua il nonidì d'ogni decade (la settimana essendo allora sbandita) ad un'adunanza di amici. Vincenzo Monti, Giovanni Pindemonte, l'improvvisator Gianni, Valeriani il traduttore di Tacito, e altre persone fra le quali io medesimo avea l'onor di trovarmi, godevano di tal lettura. La prima volta, e prima d'aprire il manoscritto, incominciò in tal guisa: È cosa ben bizzarra! Nato nel picciol villaggio di Montefiascone, io vengo a lasciar l'ossa nel gran Parigi; e dopo di essere stato il poeta e quasi l'amico di Giuseppe secondo, dopo di aver conosciuto le primarie corti d'Europa, dopo di aver conversato coi più eminenti personaggi di questa parte del mondo la più illuminata, in età di ottant'anni io son ridotto a non saper altro linguaggio che quel delle bestie. E non crediate ch'io ambisca di emular Ovidio, raccogliendo nel mio poema un gran numero d'apologhi, com'egli seppe raccogliere in quelle sue metamorfosi quasi tutte le favole della mitologia. E non vogliate immaginarvi che raccontandovi la storia politica delle bestie, io intenda narrarvi quella degli uomini. Non ho ne tanta ambizione, nè tal intenzione. Se nel mio libro s'incontra qualche cosa di simile, non è colpa nè merito mio. Io non fo che mettere in versi una storia vera, aggiungendovi alcune ciarle che debbonsi perdonare ed un vecchio. Eccovi il fatto nella più esatta verità.
Nove cento ottanta nove mila secoli fa, le bestie parlavano, e formavan tra loro, come gli uomini formano adesso, regni ed imperi. Non durò questo che dieci mila secoli, ma prima che passi un milion di secoli, la stessa cosa deve accader di nuovo, e durerà più lungo tempo. Voi ridete, signori? (proseguiva il poeta con lepida gravità) s'io m'ingannassi di qualche migliajo di secoli, che importa? Il fatto è verissimo. Ne lessi io stesso la storia in un codice in pergamena, scritto da prima in lingua jeroglifica, spiegato e consegnato da un Bramino a un viaggiator inglese, perduto in un naufragio, inghiottito da una balena, e che il nonno d'un mio intimo amico comprò in Islanda da alcuni pescatori che lo avevan trovato chiuso in un tubo di latta nel grosso ventre di quel pesce che ingojò ben altro che tubi. Il mio amico, Sr. Valerio Gianfichi di Malta me lo comunicò sotto il sigillo del secreto, ed io col medesimo patto lo comunico a voi1.
Il codice (continuava l'autore) è diviso in 26 capitoli, ed io ne fo 26 canti. Assisteremo incominciando all'assemblea generale degli animali di stato, i quali volendo costituirsi in società cercano la miglior forma di governo, e si determinano per la monarchia assoluta. Si passa all'elezione. Tutte le bestie, senza eccettuarne l'Asino, mettono in campo i lor i pregi. Dopo lunghi dibattimenti e prove di squittinio iterate, tutti i voti dividonsi fra l'Elefante e il Lione; ed il Lione finalmente la vince:
Così, se s'urta impetuoso stuolo
Di vari venti su l'ondoso agone,
Cedon vinti i minori, e restan solo
Borea contr'Austro in singolar tenzone;
Sinchè un de' due dopo crudel contrasto
Riman solo padron del campo vasto.
La scelta fa un gran numero di malcontenti, e l'Elefante sopra tutto si ritira sdegnato volgendo in mente pensieri di vendetta. Vediamo in seguito le dignità luminose del ministero e della Corte. Il Cane alano, la cui facondia avea servito il re Lione e ch'era seco d'intelligenza, è fatto primo ministro. Il Gatto è nominato presidente della polizia generale; la Lince, interprete delle leggi, o per dir meglio delle voglie del Lione; lo Scimiotto, primo maestro di cerimonie; Il Jakal, intendente e provveditore della casa scalano alquanto di:il'origine prima: reale; il Can barbone, gran ciambellano; il Toro, gran maggiordomo; il Rinoceronte, capitano delle guardie; il Sorcio, bibliotecario, e la Talpa, archivista; l'Asino è scelto per ajo del nascente lioncino; il Castoro, primo architetto; il Caracal, gran capocaccia; l'Allocco, primo professore di mitologia e direttore delle coscienze; il Pappagallo, maestro di lingue; l'Orso, direttore de' balli, etc.
Il Ricevimento, il Leccazampa, il Pranzo pubblico e tutto le cerimonie di Corte si fanno con la maggior pompa e senza nessun disturbo. Tutto andò bene nel regno di Lion primo, sotto il ministero del Cane; E quindi venne la costellazione del Sirio Can presso il Nemeo Lione. Anche le bestie sapevano divinizzare la forza. Le turbolenze cominciano sotto la Reggenza della Lionessa. Alcuni la calunniano tacitamente d'aver mandato in paradiso il consorte un po' prima del tempo. Allor la Volpe succede al Cane. Per consolarlo di tal disgrazia, vien coperto di ciondoli, di ciondoletti, di ciondoloni che gli coprono il collo, l'orecchie e la coda. Ma tutto invano. Il Cane forma una triplice alleanza coll'Elefante e la Tigre; e seco traendo gran numero di malcontenti, ecco la guerra civile. Questi tre capi di ribelli non volean che la picciola bagattella di convertire la monarchia in repubblica e d'esserne le Triumbestie. Vediamo da una parte le galanterie della Reggenza, e dall'altra gli orribili preparativi di guerra. Succedono le battaglie, i funerali, le tregue, le negoziazioni, i devoti pellegrinaggi, le profezie, gli oracoli e tutta l'artiglieria dell'antiche imposture degli animali; la lega dei quadrupedi cogli aliferi e i rettili; gli uni de' quali dichiaransi per la Corte lionina, gli altri per gl'insorgenti; mentre gli anfibj, aspettando l'evento, si dicon neutrali. La Corte creò un giornale e nominò un giornalista per publicare i bullettini dell'armata, e dar la vittoria a chi lo paga. Ad un tal posto fu nominata la Gazza. Non dovete quindi stupirvi che il primo giornale d'Europa preso abbia il nome di Gazzetta a Venezia, e poi di Gazette a Parigi; e vi stupirete ancor meno che tutti i giornalisti si risentano alquanto dell'origine prima:
Or come, in dubbio omai più non si mette
Che le gazze non sien fra gli animali
Le prime che stendesser le gazzette,
Bestie mendaci, garrule, e venali,
Perciò i loro discepoli e seguaci
Furon venali, garruli e mendaci.
(Ch. XI, st. 114.)
Il re degli anfibj, il gran Coccodrillo, propone la sua mediazione, la quale vien accettata dai due partiti, stanchi d'esser battuti cantando vittoria. Un solenne congresso si raccolse in quell'isola che nominossi l'Atlantide. Tradizioni confuse parlan dell'esistenza e sparizion di quell'isola; ma io ho potuto avverare nel codice prezioso di ch'io vi parlai, ch'essa occupava in fatti immenso spazio tra l'Africa e l'America, e che un tremuoto la ricacciò nell'abisso: le navi scorrono ove sorgeano i palagi:
Da profonda voragine assorbita
Or più vestigio alcun di se non lassa,
E sovra spesso con la nave ardita
L'Europeo navigator vi passa;
E ove sorsero già mura e foreste,
Mugghiano i flutti e fremon le tempeste.
Questo tremuoto avvenne appunto nel tempo in cui trovavasi unito in quell'isola famosa il generale congresso di tutti gl'imperi animaleschi che prometteva al mondo la pace e la perpetua felicità. Un tal tremuoto, come io vi dicea, inghiottì l'isola; un rovesciamento totale della natura distrusse, disperse, avvilì la varie schiatte di quegl'illustri animali, che perdettero l'uso della parola e persin la memoria della prisca grandezza; come il vedrete (diceva Casti terminando il suo prologo) qualor vi piaccia di venir ad intendermi sino alla fine. Applausi unanimi e sinceri copersero la voce dell'amabilissimo autore che scartabellava ridendo il manoscritto del poema per cominciar la lettura. Gli stessi applausi lo accompagnarono in seguito a vari passi, e sopra tutto ai seguenti
Musa, che non di Pindo abiti i poggi,
Nè di Cirra passeggi i boschi e i prati,
Ma nelle menti creatrici alloggi
E nel fecondo immaginar de' vati;
Nata, non da Mnemosine e da Giove,
Ma dall'urto d'idee fervide e nove.
..........................
Come cresciuto per gran pioggia il fiume
Che l'acque mena impetuose e torbe,
Entro il suo vorticoso ampio volume
Gl'irrigui ruscelletti involve e assorbe;
Così i piccioli stati entro i più forti
Ampi dominj alfin restano assorti.
..........................
Ah giacchè più d'onor stimoli in seno
Non senti, ed esser libera non sai,
O mandra vil, sappi esser schiava almeno,
E servi e taci e non lagnarti mai
Alla sonante sferza offri la schiena;
Soffri, e bacia la man che l'incatena.
..........................
Possente instigator che grida guerra,
Gorgogliamento par d'Etna e Vesuvio,
Che copre d'atre ceneri la terra,
E di bitumi erutta igneo diluvio,
Ed annunzia alli miseri mortali
Serie funesta d'infiniti mali.
..........................
Vieni pur nel tuo vero aspetto osceno,
Mostrami pur lo spaventoso ceffo,
Non temo che a me nuoca il tuo veleno,
O vil malignità, di te mi beffo;
Se virtù mi sostiene, in lei m'affido;
Dell'innocenza mia m'armo e ti sfido.
Ma se di finzion, etc......
Tre anni dopo gli amici che l'aveano applaudito, ne piansero la morte.