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Giovanni Battista Casti Animali parlanti IntraText CT - Lettura del testo |
Squarciato della notte il fosco velo,
forier di quel gran dì splendea 'l mattino;
e già, scorrendo per le vie del cielo,
annunziava l'aurora il sol vicino;
e al suo venir si nascondean le stelle
sdegnose d'apparir di lui men belle.
E le bande di Corte e i dilettanti,
sparsi sul prato ed alla reggia intorno,
falsi bordon vanno alternando e canti
preparatorj a quel festivo giorno;
e già di Gatti e Can, Lupi, Orsi e Iene
e Porci e Volpi eran le logge piene.
Venuti ancor da region lontane
uccelli molti per veder la festa,
di strida e voci dissonanti e strane
riempiono la valle e la foresta.
oche, Piche, Cornacchie e Corvi e Galli
e Gallinacci e Arare e Pappagalli.
A grave e lento passo intanto usciva
il corteggio real fuor della Reggia:
Viva il Lion tutti gridaron viva;
E al lieto grido il monte e il piano echeggia.
levansi a vol gli augelli, e in un istante
tutti ingombrar le più vicine piante.
L'ispettor di police il treno scorta;
e marcia avanti in abito festivo:
dietro si trae la truppa sua, che porta
un rosso collarin per distintivo;
gatti ancor essi, e tutti grossi e belli,
bianchi, pezzati, bai, bigi e morelli.
In bell'ordin seguia, messa in gran gala
l'animalesca nobiltà, che s'era
di già adunata nella vasta sala,
ciascun con vario ornato a sua maniera;
nè spettacol più bello e più giocondo
erasi visto da che il mondo è mondo.
Chi vaghi fiori di color diverso
adatta sulla testa e sulla groppa,
chi annoda in trecce il lungo pel disperso,
chi in vari ciuffi lo raccoglie e aggroppa,
chi d'edera tessuta ha la gualdrappa,
e chi in foglie larghissime s'accappa.
In gran pompa le cariche maggiori
seguono a passi gravi e sostenuti,
e i cortigian primari e i barbassori;
e i più superbi sono i più cornuti.
Ma il maggiordomo sopra tutti loro
primier si distinguea vo' dire il Toro.
Dalle corna pendean lucide conche,
e gocciole d'umore azzurro e giallo,
che stillò nelle gelide spelonche,
e condensato poi si fe' cristallo:
brillano in faccia al sole, e gettan fuore
riverberi di tremolo splendore.
E siccome il parer, non l'esser colti,
fu ognor la passion degli Animali,
l'ignaro Toro avea diversi e molti
rari fossili indosso e minerali;
onde di storia natural lo credi
ambulante museo, se andar lo vedi.
Stan costor del Lione al carro intorno.
da sei guarnite Mule è tratto il cocchio,
di frondi e fior pomposamente adorno.
non ha ornato il Lion che abbagli l'occhio;
la maestà del venerato aspetto
più che la pompa, impone altrui rispetto.
Su bacin di pur'ambra un Dromedario
porta le due corone innanzi al carro.
Non vi starò a parlar del suo vestiario,
ch'era caratteristico e bizzarro.
che se tutto descrivervi volessi,
seccherei me e seccherei voi stessi.
Del Lion la corona era a due piani,
di palme l'un, l'altro di verde alloro,
premio di re, d'eroi, di capitani,
e altri grandi animai simili a loro
(Che d'animali io parlo solo); e quella
della regina è fatta di mortella.
Sul carro, in piè (che in piè gli Eroi star denno)
stassi il Lione; e mentre il carro passa,
del Bertuccion cirimoniero a un cenno,
curva la schiena ognuno e il capo abbassa.
Quei maestosamente il guardo gira,
e sol col guardo riverenza inspira.
Segue il corteggio poi della regina,
e fra lor l'etichetta è più severa:
delle dame minori e da dozzina
apria la marcia, e precedea, la schiera;
Coccole attorno al collo e pennacchiere
in testa avean di piume bianche e nere.
Ma le gran dame, che hanno alla sovrana
l'accesso ulterior, messe alla moda,
di purpurei corimbi han la collana,
e il privilegio del fiocco alla coda;
e gruppi in testa di natio corallo,
e piume di pavon, di pappagallo.
Poi la regina vien, carca di perle
e di piume dell'araba Fenice,
rarissime, bellissime a vederle,
che altrove mai che qui veder non lice:
tutte per ben disporle e in bella vista,
molto ebbe a far la Martora modista.
Più ancor lo spettator ammira e loda
il lavorio di vaghi fior contesti,
che ornamento real fanno alla coda.
E acciò in andar non la ritardi e arresti,
due paggi la sostengono, cioè
Monsieur Zibetto e l'Armellin Giakè.
Il Gran Zampier, che porgerle la zampa
per etichetta in quel gran dì non debbe,
tien l'ombrellin, senza di che la vampa
del sol a lei molesta esser potrebbe;
e altera, al fianco della Lionessa,
marcia la Tigre, in ricca gala anch'essa.
Quella dama fierissima e gagliarda,
di gelosia, d'orgoglio e d'astio pregna,
con lividi occhi la sovrana guarda,
e ad ogni atto servil scender disdegna.
Difficile è amicar quelle signore:
sdegna una il grado ugual, l'altra il minore.
D'erbe palustri e alghe marine adorno
viensene il capitan Rinoceronte
col poderoso formidabil corno,
onde quel guardacorpo arma la fronte,6
e appresso a lui la truppa sua, composta
di bestie grandi e grosse, scelte a posta.
Giunti al luogo ove fu gran mole eretta
ad uopo tal, d'eccelso trono in forma,
ciascun, giusta il rigor dell'etichetta,
in ordinato circolo si forma.
Ogni trasgression fora delitto
contro il più sacro inviolabil dritto.
Il re Lione allor dal carro scende,
e dal Cerimoniero accompagnato,
su pei gradin dell'alto soglio ascende,
e ponsi sotto al baldacchin formato
di foglie arcigrandissime, e di quelle
che in America servono d'ombrelle.
Sul trono stesso, e uno scalin più basso,
ponsi la Lionessa a mano manca.
Stassi al suo posto immobile qual sasso,
il Can Barbone, e al suo dover non manca;
e più di lui non v'è chi l'importanza
senta della real rappresentanza.
A mantener la calma ed il buon ordine
salta il Gatto qua e là vigile e furbo,
e attento che non nasca alcun disordine
che a quella funzion rechi disturbo;
la truppa sua l'ampia platea circonda
e gira intorno a' palchi e fa la ronda.
S'impon silenzio; e in quella turba folta
non moto, non istrepito, non crocchio,
non respiro, non alito s'ascolta;
non vedi gesto far, non batter occhio:
tace la garrula aura e, rispettosa,
la lieve fronda scuotere non osa.
Allor montò su pulpito eminente
il Can, di cui non v'è da Tile a Battro
orator più famoso e più eloquente;
e provò, come due e due fan quattro,
che assoluto dispotico governo
è buono per l'estate e per l'inverno.
Poscia il gran cor lodò, lodò l'immensa
pietà del buon sovran, dal ciel lor dato;
ciò ch'ei dice lodò, ch'ei fa, ch'ei pensa
la notte, il giorno, in pubblico e in privato;
dolce il suo fiel chiamò, benigni i denti,
il fremito gentil, l'ugne clementi.
E fece alfin fervidi voti al cielo,
che dal torrido cerchio al freddo polo
rampolli ognor dal lionino stelo
di successivi prenci un regio stuolo
che regni, e leggi all'universo dia,
mille secoli e mille; e così sia.
Allora la corona, ivi già pronta
il Toro prende; e dietro al Bertuccione
con gran formalità sul trono monta,
e sulla testa del Lion la pone;
con cerimonia ugual la Lionessa,
dopo il Lion, fu coronata anch'essa.
Tosto, per natural moto istantaneo,
alzan l'acclamator grido concorde,
ed assordano il ciel con simultaneo
di mille voci strepito discorde,
gli aligeri-volatili-pennuti,
e i pelosi-quadrupedi-cornuti.
Nel tempo stesso udivasi il latrato,
lo strido, il ragghio, il sibilo, il ruggito,
il fremito, il miao, l'urlo, il boato,
il grugnito, il garrito ed il muggito.
Figuratevi un po' che bagatella,
e che casa del diavolo era quella.
Staffette allor partirono e corrieri,
che avean la gamba più spedita e snella,
per le contrade d'ambo gli emisferi
colla strepitosissima novella,
che il re Lione in quella gran giornata
divenut'era bestia coronata.
Nè fur di Delfo il tripode o di Delo,
nè il Palladio e la quercia di Dodona,
nè il sacro Ancile che cadde dal cielo,
sì portentosi, come la corona
che in testa a un animal, benchè baseo,
poneasi, e dir parea: io re ti creo.
Le virtù, le scienze e le dottrine,
e l'infuso saper de' Salomoni,
e l'intelletto più sublime e fine,
son bagattelle in paragon dei doni
che una real corona infonde a josa
dentro la testa sopra cui si posa.
Poichè la funzion fu terminata,
allo speco real fece ritorno
il tren della quadrupede brigata;
nitidissimo il sol, placido il giorno,
l'aer tranquillo e la stagion gioconda,
tutto la lor bestialità seconda.
Ritornati al salvatico palagio
con tutto il lor corteggio i regj sposi,
pel sofferto calor, per lo disagio,
sentiansi alquanto stanchi, e bisognosi
di riposarsi nella fresca grotta;
che calda è la stagione e il sole scotta.
Alla delicatissima sovrana
di molle sudoretto il pelo stilla:
si ritirò perciò nella sua tana,
per starsene un momento ivi tranquilla.
Nella sala maggior fermossi il re
coi cortigiani suoi d'intorni a se;
e mostrando, umanissimo e benigno,
ai circostanti il lionino aspetto,
a chi un gentil sorriso, a chi un sogghigno,
a chi un scherzo comparte ed a chi un detto;
con tai lazzi quei mimici sovrani
solean felicitare i cortigiani.
Quell'aulica chimerica famiglia
quei lazzi ricevea, quelle moine
a bocca aperta, come la conchiglia
riceve le rugiade matutine:
onde motteggiatori arguti e pronti,
per vezzo, li dicean Camaleonti.
Di nettare per lor, d'ambrosia pregna
è l'atmosfera che il padron circonda.
Il nome solo d'un padron che regna
par che nei cori lor delizia infonda.
Padron! soave suon più che mel dolce,
dilettosa armonia che i sensi molce.
Sia benedetta pur l'età moderna,
in cui ben altrimenti opera e pensa
chiunque regni e popoli governa,
e al vero merto sol favor dispensa:
Fra i cortigiani odierni il caso varia;
han grande il core e non si pascon d'aria.
Ma pur per etichetta alla sua Corte
quel re del tempo e del calor dovea
e di cose parlar di simil sorte:
Bella giornata il ciel ci diè dicea.
Giornata bella! la turba adunata
gia ripetendo allor, bella giornata.
Credo ben soggiungea che pel viaggio
affaticati alquanto esser dovrete,
marciato avendo esposti al caldo raggio;
Alquanto affaticati ognun ripete;
sua Real Maestà dice d'incanto:
Affaticati, affaticati alquanto.
Qual in concava valle o in cupo speco,
in estiva talor tacita notte,
odesi da lontan ripeter l'eco
voci confuse o articolate o rotte;
tal rimbombar s'udia per tutti i lati:
bella... alquanto... giornata... affaticati.
Poi la bestia real di cose varie,
cose premeditate a bella posta,
parlava colle cariche primarie,
e d'alcun mai non attendea risposta;
e avendo alfin preso in disparte il Gatto,
gli parlò sotto voce e di soppiatto:
Lodo dicea lo zelo onde il buon ordine
sai sì ben mantenere; e lodo quella
destrezza onde impedisci ogni disordine;
ma se aneddoto alcun, se coserella
discopri, esercitando il tuo mestiere,
non mancar mai di farmelo sapere.
Ringraziollo umilmente il Gatto, e disse,
che nè tumulto alcun, nè impertinenza,
in tempo della funzion, nè risse
turbata avean la pubblica decenza;
solo il Micco un momento... ma non nacque
inconveniente alcun; e qui si tacque.
E il Lione: Ah, ah! il Micco, oh! sarà bella;
Ebben, che fe' colui? che far pretese?
Son curiosi i micchi: or via, favella.
E il Gatto: scusa.... Ma il Lion riprese:
Di scrupoli sai ben ch'io non mi picco,
franco narrar mi puoi l'affar del Micco.
E il Gatto incominciò: sul palco stesso,
la festa per veder questa mattina,
essendo il Micco ad una cagna appresso,
si pose a vezzeggiar la sua vicina,
facendo or colla zampa ed or col muso
della cagnesca compiacenza abuso.
E co' suoi movimenti e colle molte
sue smorfie infastidia gli spettatori,
che perciò seco brontolar più volte;
Ma quei, nulla curando i lor clamori,
al pubblico mancando di rispetto,
s'accinse a un atto un po' licenziosetto.
Allor sul palco sollevossi un chiasso,
e tutti a un tempo fur al Micco addosso,
e tanto fer che lo gittaro al basso;
onde, cadendo, dislogossi un osso.
Perciò l'affar non ebbe conseguenza,
nè bisogno vi fu di mia presenza.
Sorridendo il Lion dicea: Mi spiace
per quel povero diavolo; ma impari
a esser men libertino e men salace,
poichè i vizietti suoi gli costan cari:
ma se altro tale avvien, tu, caro Micio,
vieni il rapporto a farmene ex-officio.
E il Gatto: Inver sì lievi affar non mertano.
E il Lion: Tu eseguisci i miei comandi,
nè d'altro t'impacciar; purchè divertano,
anche i piccoli affar per me son grandi;
del piccolo e del grande non vogl'io
altra misura aver che il piacer mio.
Il furbo Gatto, a tal discorso e invito,
previde sin d'allor ch'egli sarebbe
del padron confidente e favorito,
ed un'interna compiacenza n'ebbe;
onde, fatta profonda riverenza,
prese congedo, e fe' da lui partenza.
Nè cabala, amoretto o affar piccino,
nè intrigo poi, nè gelosia, nè impegno,
nè pueril vi fu, nè femminino
pettegolezzo in tutto quanto il regno
(Poichè si fu del regio gusto accorto),
ch'ei non andasse a fargliene rapporto.
E volendo con lui farsene onore,
se fatti gli mancarono, li finse;
o almen, per compiacere il suo signore,
con tai color gli aneddoti dipinse,
come foss'ei d'ogni minuzia istrutto,
che sfigurolli e gli alterò del tutto.
Che cale se il pudor, se l'innocenza,
o l'altrui delicato onor ne soffra,
purchè pascolo alcun di compiacenza
al pettegolo prence appresti ed offra?
Virtù s'asconda, e il mondo inter si pregi
di secondar le passion dei regi.
E' par destin che, se onest'uom la carica
che allora il Gatto ottenne in oggi ottiene,
spesso dal buon sentier travia, prevarica,
duro, crudel, calunniator diviene;
raro è che del dover le leggi osservi,
raro è che l'onesta indole conservi.
Forse quel ch'ei contrasse uso frequente,
della carica sua nell'esercizio,
col reo, col delator, col delinquente,
sovra gli attrae l'infezion del vizio;
onde abitudin dal delitto prende
che a lui bel bel familiar si rende.
Del Gatto almen l'esempio ad evidenza
una tal verità prova col fatto;
poichè, pria di ottener quell'incumbenza,
savio era, amabil, dolce, alfin buon Gatto.
Ma poi divenne un animal cattivo,
contento sol quand'era altrui nocivo.
S'era il Lion a grandi cure intento,
se anche a grave colloquio avea taluno,
presentavasi il Gatto? in sul momento
facealo entrar, nè ricevea più alcuno.
E se il primo ministro, il Cane istesso,
venia per serio affar, non era ammesso.
Abitudine tal di donnicciuole
nutra il garrir, ma di gran prence è indegna;
alla calunnia occasion dar suole,
e la denunzia incoraggisce e insegna;
di pravo cor, di picciol'alma indizio,
e che gode alle imagini del vizio.
Pur, come in tutti i luoghi, in tutti i tempi
vediam che l'uom non men che il bruto è avvezzo
a imitare e seguire i grandi esempi;
il frivolo perciò pettegolezzo
spesso, d'allora in poi, grande e solenne
dei gran sovran la passion divenne.
Ma ciò destò nel Can pensier sinistri,
sospetto, gelosia che in cuor mal serra;
e d'allor cominciò fra i due ministri
aperta inimicizia, aperta guerra;
e per questa ragion, costanti e strani,
duran gli odj oggi ancor fra gatti e cani.
Quante ignorate origini dubbiose
di pratiche, costumi, usi introdotti,
di mode e di tant'altre belle cose,
si saprebber dai critici e dai dotti,
se un po' meglio volessero gli annali
e le storie studiar degli animali.
Ma intanto il Can, che ciò vedea con pena,
a distaccar il re Lion dal Gatto
pur alfin giunge, e in biblioteca il mena
per osservar quanto colà si è fatto,
ed i volumi ch'eransi raccolti,
e che per bestie si potean dir molti:
Poichè le più erudite e più zelanti
spontaneamente offrir vari lor codici;
e il Cane, che n'avea molti e importanti,
ei sol ne regalò ducento-dodici;
pertanto il re Lion con lui si reca
a visitar la nuova biblioteca.
Dall'atrio esterior in sull'ingresso
il monumento ad osservar s'arresta
fatto eriger colà dal Cane istesso.
In piè mirasi il Can, che sulla testa
al quadrupede re pon la corona:
gruppo in abete sculto alla carlona.
Ordin di vote nicchie intorno intorno,
e ovati si vedean più o meno angusti,
e destinati a collocarvi un giorno
animalesche statue, e teste e busti
di bestie benemerite ed industri,
nelle utili arti e in guerra e in pace illustri.
Quei primi il re lodò bozzi d'ingegno
nell'informe lavor, ma a lui non piacque
che talun creda che corona e regno
ad altri ei debba e non a se, ma tacque.
Gratitudin per quei che in alto è asceso
dolce non è sensazion, ma peso.
E l'orgoglio non men piccò d'alcune
della Corte brutal bestie primarie,
che la prerogativa altrui comune
s'appropriasse il Can, nè fra le varie
accuse che gli fer l'astio e il livore
questa, per vero dir, fu la minore.
Di dator di corone il privilegio
come dicean come arrogarsi ei puote
e con insultantissimo dispregio
per grazia a noi lasciar le nicchie vote?
E invero un tratto tal di vanagloria
degrada un pochettin del Can la storia.
Ma chi non sa che ambizione insana
per frivola sovente e intempestiva
ostentazion, per compiacenza vana,
d'un vero ben, d'un ben real si priva?
I parlanti animali allor gli stessi
difetti che or abbiamo, aveano anch'essi.
Poichè il Sorcio avvisar che il re venia
quel dotto a visitar stabilimento,
itogli incontro fuor di Libreria,
estemporaneamente un complimento
sparogli in versi, e l'introdusse poi:
di grazia, accompagnamolo anche noi.
Pronto ad udir le volontà sovrane
lor si presenta il Sorcio; e il re diè lode
all'attività sua; e allora il Cane
disse al vigilantissimo custode
che in succinto al Lion dar si dovea
dei più famosi codici un'idea.
E il Sorcio prese a dir. Grand'opra e seria
vedi in quei cento codici; contrasta
il breve titol suo colla materia.
Il titol breve, e la materia è vasta,
e contien le dottrine essenziali
fisiche, metafisiche e morali.
Se il titol chiedi, ella ha per titol Io.
Io! ripiglia il Lion certo è gran cosa.
E il Sorcio allor: L'uomo, la bestia e Dio
dell'Io senton la forza portentosa;
riceve solo da quell'Io le attive
sue facoltà quanto si muove e vive.
L'opra che poscia vedi in vicinanza
il Sorcio proseguia tratta ampiamente
della necessità dell'ignoranza,
opra d'antico autor forte e possente,
che credesi usurpasse un vasto impero
di là dal mar, di là dall'emisfero.
Massime tai nei secoli passati
i despoti asiatici tiranni
le feron promulgar nei loro stati;
s'obliar poi; ma coll'andar degli anni
i prencipi trovar la via sicura
d'abbandonarne ai preti lor la cura.
Meditando costor su questo tema,
per renderlo più grato a chi comanda
e analogo al dispotico sistema,
imaginaro un pian di propaganda
su fondamenti sì inconcussi e dotti,
che possibil non è che non si adotti.
Poichè il saper di chi ragiona e pensa,
quantunque idee fornisca e sentimenti,
e il buono e il giusto e il ver segni all'immensa
universalità delli viventi,
pur col poter dispotico contrasta;
e per doverlo detestar ciò basta.
Ed in ver cos'è il mondo e cosa sono
dell'universo i popoli, in confronto
di quei pochi che siedono sul trono?
Fra gli enti, in quanto a me, neppur li conto.
E perchè tal dottrina ai prenci giova,
so che la vostra maestà l'approva.
Accennò poscia altro volume e disse:
Quegli tratta del dritto della bestia;
e chiaro appar che bestia fu chi scrisse,
che ogni eguaglianza odiò, poichè molestia
impunemente al debole il robusto,
secondo lui, dar può, nè il trova ingiusto.
Perciò quell'altro autor che lo confuta,
prova o che dritto non esiste alcuno,
o, se alcun dritto esiste e si valuta,
debbe suo proprio dritto aver ciascuno.
Ciascun difender puote i dritti sui,
nè può esister mai dritto a danno altrui.
Eccoti ignoto codice: s'appella
nuovo spedal dei spiriti ammalati;
sopra antico bisogno opra novella.
Dall'anime brutali in quei trattati
s'insegna ad estirpar radicalmente
le malattie del core e della mente.
Farmachi di consiglio e di ragione
e altri calmanti tai l'autore esclude;
del tutto opposti metodi propone
di più vigor; doversi alfin, conclude
curar morbi d'un anima brutale
con rimedi più forti ancor del male.
L'altro codice insegna arcano metro
da far retrogradar gli anni e la vita,
forzando a ritornar natura indietro
per quella via che prima avea seguita;
onde, dopo lung'ordine di giorni,
di bel nuovo all'infanzia alfin si torni.
E ridur la natura a quei sistemi
che osservan le stagioni e il cielo e il mare
che giunti nel lor corso ai punti estremi
soglion, ricominciando, ire e tornare,
e le fasi rinnovano coi noti
progressivi e retrogradi lor moti.
Quella è una storia universal, che a tutte
le animalesche dinastie rimonta;
e le vicende, e come fur distrutte
da dispotismo o da languor, racconta.
Sogli e corone, che non fur disfatte
da esterna forza, interno vizio abbatte.
Incontrastabilmente si dimostra
con tai ragion, con documenti tali,
che, sebben la real maestà vostra
si dica il primo re degli animali,
pur, giusta la brutal cronologia,
altri pria di voi furo e anche altri pria.
E provar si potria, con tali esempi,
l'indefinita antichità del mondo:
e che col lungo volgere de' tempi
sì spesse volte dalla cima al fondo
la faccia ne scompose o l'acqua o il foco,
che, s'eterno non è, ci manca poco.
Di prenci dissoluti e violenti
e imbecilli e dispotici discorre,
cui visser schiavi i stolidi viventi
e ira ultrice distrusse e fama abborre.
Altri vi son che gloria anche oggi onora,
e vostra maestà vi conto ancora.
Di repubbliche parlasi pur anche,
allor che schiave bestie il giogo scossero
dal dispotismo affaticate e stanche;
ma non perciò l'antico mal rimossero;
che anzi cadder, mal caute, in guai peggiori
fra civili discordie e stragi e orrori.
Mira colà di codici una fila
che ingombra poco men di due scanzie;
costituzioni son circa duemila
per repubbliche ovver per monarchie,
opra di pochi dì: da quei barlumi
tardo legislator trarrà gran lumi.
L'altro è autor teologico, e de' culti
l'immensa moltitudine descrive,
che dalle prime età con dogmi occulti
tormentan l'alme timorose e schive;
mille Dei strani annovera l'autore,
figli di fantasia e di terrore.
Difficil cosa è a dir gl'infandi eccidi
e la crudel carnificina insana,
che cagionaron dispute e dissidi
d'oscura idea o di parola vana.
Sire, ah non fia che il labbro mio con questi
racconti atroci il tuo pensier funesti!
Tutti son didascalici scrittori
quelli onde pieni son gli altri due piani;
l'uno insegna a slungar le corna ai tori
e l'altro a raddrizzar le gambe ai cani;
chi a ingentilir agli asini gli orecchi,
ed altri ed altri metodi parecchi.
Il re l'istruzion, l'eccelso ingegno
commendò del real Bibliotecario
e lo nomò, di gradimento in segno,
intimo Consigliere e Secretario;
e inver, se altri hanno una tintura esterna,
il Sorcio ne' volumi entra e s'interna.
Tutto anelante il Gran Cerimoniere
allor sen venne al re, per render conto
di sue gran cure e fare a lui sapere
per la gran funzion tutto esser pronto.
E il re fra il Cane e il Bertuccion si rende
alla gran sala ove la folla attende.