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Giovanni Battista Casti
Animali parlanti

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CANTO DECIMOQUARTO

 

LA NEUTRALITÀ

 

Qualor picciola in pria, poi vasta e grande,

se alimento da Borea avvien riceva,

la fiamma rapidissima si spande

e gli ostacoli rompe, e si solleva

da materie ammassate in chiuso loco

in immensa piramide di foco;

 

il provvido governo, acciò all'intatte

magion non si comunichi l'incendio,

le case attorno e gli edifici abbatte,

e non riguarda perdita o dispendio;

e se è una qualche parte arsa e distrutta,

fa che almen la città non pera tutta.

 

D'incendio marziale ai dì moderni

qualche parte talor d'Europa avvampa;

cos'allor fanno i provvidi governi?

Dentro più angusti limiti la vampa

chiuderne almen procuran forse? oibò:

salvano il resto almen? signori, no.

 

Anzi, all'incontro, cogli altrui dominj,

per via di scaltri ipocriti trattati,

accomunan le stragi e gli esterminj.

Quasi sia poco il mal che ai propri stati

reca un sovran se, come i stati sui

infelici non rende i stati altrui.

 

gode a titol di lega e d'alleanza

esercitar malefica influenza,

ed il peso aggravar di sua possanza,

sopra la mondial circonferenza;

ed il divorator fuoco di guerra

spander sul mar, non che sovra la terra.

 

Quai non eccita orrori e aborrimenti

l'esecranda politica canina,

che i spietati venefici serpenti

spinse della sua specie alla ruina?

Ma il sogno?... è facil la risposta mia,

spesso si sogna ciò che si desia.

 

E non forse lo stesso a' nostri tempi

fassi pur anche nelle guerre umane?

Forse imitarsi non vediam gli esempi

che detestiamo in quell'antico Cane?

Non anche oggi s'assoldano i sicari,

i ladri, gli assassini e gli incendiari?

 

E non tuttor crudeli animi atroci

assai più che le Tigri e le Pantere,

spingon di distruttor le orde feroci

a trucidar le nazioni intere,

e a procurare ancor le più funeste

calamità, la fame e infin la peste?

 

E ciò per soddisfar l'ambiziosa

frenesia di rapir gli stati altrui!

E la santa del cielo ira pietosa

scherniti ed oziosi i fulmin sui

lascerà sempre, ed impuniti andranno

gli autor d'immenso irreparabil danno?

 

E permetter ei può ch'esista e viva

anima rea, di tanti orror capace,

atrocemente d'uman senso priva?

E se il permette il ciel, la terra tace?

E all'ingiusto, all'inetto, il giusto, il saggio

prostrar dovrassi e tributargli omaggio?

 

Come, ah come mai fia che il mondo tutto

vada in combustion, e il ciel s'invochi,

acciò sia l'uman genere distrutto

sol per l'ambizion d'uno o di pochi?

Ah, chi vuol di ragion star sul sentiero

torca da tal'idee, torca il pensiero!

 

e si torni a parlar di bestie antiche,

che al cor non ci daran sì gran molestie;

e se si mostran di pietà nemiche,

cen darem pace, e potrem dir: son bestie:

forse l'illusion di tal parola

l'odiosità slontana, e ci consola.

 

Le quadrupedi bestie, e regie, e quelle

che al dominio real s'eran sottratte,

novell'impegni ad union novelle

e offensive alleanze avean contratte:

quelle con quei che al ciel spiegano il volo,

queste con quei che strisciano sul suolo.

 

Fra le potenze allor belligeranti

vie più s'accese e incrudelì la guerra,

e i Serpenti e i Quadrupedi e i Volanti

di spaventose stragi empir la terra,

e infierian contro quei che conosciuti

pria non s'erano mai, nè mai veduti.

 

Nè in massa, in ordinanza e in simetria

batteansi solo, ed in formal battaglia;

ma qualora rincontransi per via

l'un contro l'altro rapido si scaglia,

e con rancor privato ed astio assiduo

individuo pugnò contro individuo.

 

Chi memorar volesse ogni aspra pugna,

e i modi espor d'uccision, di morte,

onde il rostro, la zanna e il corno e l'ugna

stragi feron del debole e del forte,

potria del bosco numerar le fronde

e le stelle del cielo e del mar l'onde.

 

Dell'antro antireal per li contorni

vedevansi talor nuvoli immensi

di Passere, di Rondini, di Storni,

sovra i prati calar serrati e densi;

e foglie devastar, erbe e semenze,

ai nemici per tor le sussistenze.

 

Di più quella volatile marmaglia,

col violento scuotere dell'ali,

in qualche giorno di campal battaglia

toglie la vista a quei guerrier brutali

che, invece di combattere il nemico,

imbarazzati combattean l'amico.

 

Ma i più robusti e poderosi uccelli,

Casoario, Avoltor, Struzzo e Smeriglio,

contro i fieri quadrupedi ribelli

pugnan col rostro e coll'adunco artiglio;

e per tal guisa alfin lor dalla testa

strappan gli occhi, e finiscono la festa.

 

Chi numerar potria le ignote e rare

forti specie volatili, grifagne,

o sui stagni volteggino o sul mare,

o abitin le rupi e le montagne,

o preda cerchin far di pesce o d'angue,

e di carne si pascano o di sangue!

 

La Buzza21, il Solitario22, ed il Pigargo23,

l'Occo24, il Dodo25 e altri augei di somma possa,

che prede vive ingoiano, e col largo

rostro spezzano i nicchi e frangon l'ossa,26

e quei che sbranan cervi e vacche e tori,

onde nomati fur Laceratori;27

 

e l'immenso Condor28 americano,

terribil per la forza e per la mole,

e il portentoso Rocco29, augello strano,

ch'elefanti solleva, e oscura il sole

quando le smisurate ali distende,

sì famoso nell'arabe leggende:

 

questi ed altri volatili guerrieri,

della Corte alleati ed ausiliari,

frequentissimi fean conflitti fieri

coi rettiloquadrupedi avversari,

nè le battaglie lor strane e bizzarre

cantor potria coi carmi suoi ritrarre.

 

Quindi bello è il veder la strana zuffa

che talun di color fa colla Biscia;

l'urta coi forti vanni e la rabbuffa,

e mentre quella alza la testa e striscia,

colpo di rostro avventale, e la canna

della gola stracciandole, la scanna:

 

o fra gli artigli suoi l'adunghia e serra

sicchè non se gli volga a dargli ambascia,

e altissimo levandosi da terra,

sovra nudo petron cader la lascia;

cadendo ella sfracellasi, e in più parti

schizzan le membra infrante e i pezzi sparti.

 

Ma più dannosi i rettili sui nidi

rampican degli uccelli e frangon l'uova,

e de' pulcini fan stragi ed eccidi,

o anche la madre mordono, se cova:

e d'augei sì gran numero s'ammazza,

che v'è a temer di perderne la razza.

 

Fra rotti sassi e fra intralciati sterpi,

o fra l'erbe talor, com'è lor uso,

standosi ascose insidiose serpi

mordon le zampe ai lor nemici o il muso,

e penetran furtive entro gli asili

delle lor tane e delli lor covili.

 

Che direm degli orribili serpenti

dalla lingua a due punte e gli occhi rubri,

e dagli acuti velenosi denti,

e Draghi e Anfesibene e altri colubri,

mostruosi per mole e per figura,

che a nominarli sol fanno paura?

 

Ma rettil più terribile fra quella

moltitudin non v'è del Boachira:30

spaventevol suonar la campanella

odi alla coda, ed il fetor che spira

l'aere appesta, ed ha velen sì forte

che reca ad un tratto irreparabil morte.

 

Quadrupedi a quadrupedi e a volatili,

e volatili a rettili e a quadrupedi,

e rettili a quadrupedi e a volatili,

e quadrupedi a rettili e a quadrupedi,

sull'ampia superficie della terra

facean spietata ed implacabil guerra.

 

La Corte ed i quadrupedi ministri,

come potesser cose tai celarsi,

tacevano i guerrier fatti sinistri,

e i piccioli vantaggi erano sparsi

solennissimamente e celebrati

con istrida, ruggiti, urli e latrati.

 

Un clamoroso innumerabil mondo

udendo il Lioncin sotto al palazzo

alto gridar: viva Lion Secondo!,

all'Ajo domandò: qual mai schiamazzo

fa intorno al mio quartier tanta canaglia?

E l'Asin: Sire, hai vinto una battaglia.

 

Vinto io battaglie? il principin riprese

Io mangio, bevo, dormo e non combatto.

Non per perigli e per guerriere imprese

l'Asin ripiglia un re tuo pari è fatto:

il tuo popol però te rappresenta,

ed ogni gesta sua, la tua diventa.

 

E il Lioncin: dunque io non perdo mai?

E l'Ajo: il dubbio è giusto, io te lo sciolgo;

perdite, avversità, disgrazie e guai

son cose per li sudditi e pel volgo;

le vittorie e i felici avvenimenti

son sempre per li grandi e pei potenti.

 

Ottimi, incontrastabili ritrova

il docil Lioncin quegli asinini

sublimi insegnamenti; e questo prova

quanto per porre in testa ai principini

così profonde massime, i somari

non solo utili sian, ma necessari.

 

Venian intanto al minister rapporti

che l'armata real sempre avanzando

con retrograda marcia e moti accorti,

e attrezzi indietro e magazzin lasciando,

con fine strattagemma, a bella posta,

erasi in sito inespugnabil posta.

 

Esservi molti in ver che abbandonata

vigliaccamente avean la causa regia,

ma la parte miglior ch'era restata

tutti esser guerrier bravi e truppa egregia:

onde una tal diserzion, ell'era

utile più d'una vittoria vera.

 

Ed offizialmente i gazzettieri

annunciar solean vantaggi e fatti

che rare volte si trovavan veri,

e alterati eran tutti e contraffatti;

perciò fra lor proverbio era usuale:

falso come una nuova offiziale.

 

In quel tumulto animalesco, in quella

animalesca universal barbarie,

di tutti gli animai la rabbia fella,

e l'astio distruttor fe' molte e varie

specie perir, di cui per fino il nome

oggi s'ignora, e il quando e il dove e il come.

 

Ma qual profitto dalla trista istoria,

qual util gli uomin trassero, qual frutto?

Ah che tuttor omaggio rende e gloria

a' sanguinari autor del comun lutto!

E scienza si formò sterminatrice

dell'avvilita umanità infelice.

 

Con fier comando e sgangherata voce,

a esecrabil crudel carneficina

il mercenario condottier feroce,

le vilipese vittime strascina;

ed inspirando altrui li suoi furori,

grida al gregge seguace: uccidi o muori.

 

Nè della Patria amor, nè ben di stato,

nè contro ingiusta invasion difesa,

ma capriccioso altrui scopo privato,

o frivola ragion d'alta contesa,

o titol d'alleanza e di sussidio

spesso è cagion d'universale eccidio.

 

Qual parte il cittadin, qual prender puote

interesse il cultor di pace amico,

alle altrui pretendenze oscure ignote,

a titol dubbio di retaggio antico,

sicchè i popoli sieno in guerra spinti

per servir sempre, o vincitori o vinti?

 

Nè per altra ragion sparger dovranno

fiumi di sangue i sudditi infelici,

che per cangiar o non cangiar tiranno?

Che cal se amici sieno o sien nemici

gl'inumani guerrier? Forse migliori

i difensori son degli aggressori?

 

L'uom, fiero più delle più fiere belve,

è di sua specie disonor, vergogna:

pugnan color nelle natie lor selve

in lor difesa e per la lor bisogna;

l'un contro l'altro s'armano in lor danno

gli uomini folli, e lo perchè non sanno.

 

A che pro dunque fur dalla natura

superiori pregi a lor concessi,

se lor follia i più bei don non cura,

e inferior li rende ai bruti stessi,

e il dritto e la ragione e il giusto e il vero

soggettano all'altrui comando austero?

 

Pur nome han di trofei spogli e rapina,

e di trionfo nome ha l'assassinio;

e color cui crudel mestier destina

di vittime innocenti allo sterminio,

la non mai ragionante e lieve fama

incorona di gloria, eroi li chiama.

 

Per voi, dunque, o d'altieri usurpatori

sanguinari satelliti feroci,

gloria è per voi di farvi esecutori

delle ingiustizie le più infami e atroci

di cui fornito esempio abbian le storie?

Stragi, distruzion, per voi son glorie?

 

Voi di calamità strumenti, voi

sterminatori della specie vostra,

voi del mondo flagel, chiamar eroi

il filosofo udrà dell'età nostra?

E il vecchio errore a voi tributar lode

e applausi e omaggi e titoli di prode?

 

Voi veri eroi dirò, voi prodi e forti,

se vi vedrò, non per l'ingiusta offesa,

non pe' tiranni e per l'inique corti,

ma pugnar della patria alla difesa,

e contro chi a rapir pronto si mostra

la vita, i dritti e la sostanza vostra.

 

Ma qual patria, qual dritto omai ti resta,

o gregge vil? Qual volontà conservi,

se dura tirannia sulla tua testa

scuote la ferrea verga, e taci e servi?

E di padron feroce agli ordini pazzi,

qual forzato sicario, o rubi o ammazzi?

 

E credi che ogn'indegna opra esecranda

atto divenga di virtù repente,

se coronato malfattor comanda;

e che comando di padron potente

di natura i dover rompa e dissolva,

e d'ogni scelleraggine t'assolva?

 

Dunque non posan più virtù e dovere

sovra principi e sovra base eterna?

Solo dunque il dispotico volere

a grado suo l'ordin moral governa?

E per fatal sovversion d'idee

a lui virtù e dover soggiacer dee?

 

E l'orgoglioso usurpator rapace

colmarsi intanto di pomposi encomi

odi dal vile adulator mendace.

oh giustizia! oh ragione! oh sacri nomi!

Siete voi qualità reali e vere,

o vane illusion, sogni e chimere?

 

Eppur, per quanto ingiuste e violenti

sian l'opre lor, per quanto inique e prave,

troveran sempre gli oppressor possenti,

nelle avvilite nazioni schiave,

inerzia tanta e tanta stupidezza,

che a venerar l'iniquità le avvezza.

 

Popoli sempre troveran costoro

sì ciechi nei lor dritti ed interessi,

che s'armeran, si scanneran fra loro

per lo piacer di rimanersi oppressi,

e per incomprensibile follia

sulla terra eternar la tirannia.

 

Quantunque all'uom natura intimamente

dat'abbia a libertà tendenza e istinto,

è da lunga abitudine sovente

lo slancio natural compresso e vinto;

qual pin, che dritti i rami in alto spiega,

e agli urti d'Aquilon si curva e piega.

 

S'havvi ch'il ben scorga da lungi, e tente

ravvicinarlo ed indicarlo altrui,

di passion lottar contro un torrente,

e veder debbe ir vani i sforzi sui,

onde miglior partito avvien ch'ei stimi

starsen tranquillo agli erramenti primi.

 

Libertà poni fra l'umana razza,

in mano un augellin poni al fanciullo;

lo maltratta, lo strazia, e alfin l'ammazza,

e vano rende ogni suo vezzo e nullo:

non vuolsi l'augellin, vuolsi il Lione,

che tenga i stolti popoli a ragione.

 

Ma tu, che di sì cieco orgoglio pieno

vanti mente sublime, alto talento

su quanto esiste, il tuo conosci almeno

stato di schiavitù, d'avvilimento,

mortale altiero; e su l'altrui dipoi

vanta la tua condizion, se puoi.

 

Qual mai dunque, qual mai miglior ti lice

sorte sperar, se te par che natura

destinat'abbia ad essere infelice,

e perciò di sventura in isventura

funesta ognor fatalità ti spinge,

e ove non è, felicità ti finge?

 

E mai tenerti, o misero, non sai

entro giusto confin, costante e fisso,

e sottrarti a un malor non tenti mai,

senza gettarti nell'opposto abisso:

se di tue passion tu non ti spogli,

t'agiti invano, e cangi il mal, nol togli.

 

Oh sol compianti dall'uomo giusto e saggio

dell'intelletto uman traviamenti!

Ah! dell'eterna sapienza un raggio

scenda dall'alto a illuminar le menti

e tolga alfin dall'intelletto umano

l'illusion del paradosso strano.

 

Ad ogni patto ambo i partiti opposti

volean gli Anfibj aver per alleati,

e gran vantaggi furon lor proposti,

e i primi, a effetto tal, furo impiegati

negoziatori più periti e destri,

d'eloquenza politica maestri.

 

Sovrana ha il Coccodrillo alta potenza

sopra qualunque ancipite animale

che ha nell'acque e sul suol doppia esistenza;

e inoltre dal consenso universale

di tutte le altre bestie al mondo note

riconosciuto fu Gran Sacerdote.

 

Che sacro ognor fu il Coccodrillo, o fusse

che Egitto involge ne' misteri sui

quanto il fecondator Nilo produsse:

o fosse ancor che riconobbe in lui

ogni bestia domestica e salvatica

duplice podestà, terrestre e acquatica.

 

E in cotal qualità il Coccodrillo

nelle vertenze lor parte non prese,

ma se ne stette imparzial, tranquillo,

e si offrì mediator di lor contese;

e procurò, con salutar ricordo,

come padre comun, porle d'accordo.

 

Ma persistendo nella lor discordia

i feroci partiti e sanguinari,

non cessò d'esortarli alla concordia,

e untuose omelie e circolari

di spedir d'ogni intorno avea costume,

ripiene di dolcior, di tenerume.

 

Pur genia di malevoli protervi,

sovente screditandolo, dicea:

che de' più fidi suoi sudditi o servi

acquatici e terrestri ei si pascea,

che succhiavane il sangue, e sull'estinte

vittime poi spargea lagrime finte;

 

Che fanatico, ipocrita, impostore,

covava il fiel sotto soave aspetto;

ch'altro avea sulle labbra, altro nel core,

nè al fatto mai corrispondeva il detto;

ch'esosa al mondo intier rende e deturpa

l'autorità chimerica che usurpa.

 

Che neutral solo a disegno e ad arte

rimaner si volea per la malizia

di profittar dall'una e l'altra parte,

non mica per virtù, nè per giustizia,

e che ognor si dovean guardar da lui

tanto gli amici, che i nemici sui.

 

Comunque fia, l'intenzioni interne

folto ricopre impenetrabil velo;

sol giudica il mortal dell'opre esterne,

e dell'intenzion giudica il cielo:

io, che per altro son di pace amante,

più inclino al neutral che al guerreggiante.

 

Sempre più intanto il Lionin partito

(E il perchè non saprei) s'indebolia,

e si rendea l'Antireal più ardito;

forse del principin la scioccheria,

forse spiaceva il femminile impero,

forse la mala fe del ministero.

 

Perciò leghe a formar straordinarie

la Volpe avendo i suoi pensier diretti,

seco coalizzar pensò le varie

repubblichette dei minuti insetti,

persuasa che trarne avria potuto

assai maggior, ch'altri non crede, aiuto.

 

Costor, che neutrali eran rimasi

nel general litigio infino allora,

eran fra loro decisi e persuasi

di rimanersi neutrali ancora

come il re amfibio; ed imparar da lui

a non entrar nelle querele altrui.

 

Poichè la passion predominante

di tutto quel minuscolo bestiame,

era di comparir scaltro, importante;

e i bestiolin d'ogni minuto sciame

tutti avean la mania di fare i critici

e di prendere il tuon di gran politici.

 

Onde sapean che se impacciar si vuole

debol con forte e piccolo con grosso,

qualor col peso suo, colla sua mole

bestion s'appoggia ai bestiolini addosso,

o sovra lor si frega, ovver si sdraia,

ne soffoca e ne infrange le migliaia.

 

Questo de' più sensati, industriosi,

e Bigatti e Formiche e Aragni ed Api,

ed altri animalin laboriosi

era il parer; ma gli sventati capi,

vagabondi, insolenti, susurroni,

zanzare, Scarabei, Vespe e Mosconi,

 

tutti costor, senza pensar più innanzi,

prender parte alla guerra avrian voluto,

e d'impegnar tentato avean dianzi

varie orde di quel popolo minuto

a entrare in lizza, e coraggiosi e arditi,

l'uno o l'altro sposar dei due partiti.

 

Ma come soglion spesso i scrupoletti

de' deboli agitar la conscienza,

molti inermi vi fur deboli insetti

che provar repugnanza e renitenza

di far offesa e recar danni e guai

a quei da cui non furo offesi mai.

 

Ma quello stuol d'ignorantelli apprese

che la ragion politica non tiene

conto verun delle private offese,

che opprimer gl'innocenti è spesso un bene;

se giova e il vuol politica, si faccia;

quand'ella parla, la moral si taccia.

 

Color ciò appreser dall'Allocco istesso,

che in una certa pastoral dicea,

esser dal Gran Cucù favor concesso

a ogni Prence animal, per cui potea

legittimare e autorizzar certi atti

che il volgo appella iniquità, misfatti.

 

Inoltre, con promesse e allettamenti,

molti la Volpe guadagnò e sedusse,

cioè li più intriganti e turbolenti;

lo che contrasti e scission produsse;

onde ne' gruppi lor, ne' lor consigli

sempre per tal cagion v'eran bisbigli.

 

Ma un ardito Tafan, bestia inquieta

e sommamente incomoda e molesta,

che mai star non potea tranquilla e cheta,

del partito real era alla testa,

e col ronzar, col susurrar perenne,

a trarne molti al suo parer pervenne.

 

Or costui sempre ripetendo gia,

quando gran bestie han fra di lor conflitto

la neutralità non sol pazzia,

ma in politica sempre esser delitto,

e si finia col non avere amici,

e ambo i partiti rendersi nemici;

 

che per la Lionessa e pel Lione

dichiarar si dovean tutti gl'insetti;

ma il numero maggior sempre si oppone.

La Volpe allor, da quei politichetti

più soffrir non volendo omai ritardi,

gl'incominciò a trattar senza riguardi.

 

E con brusche maniere, e minacciando,

a dichiararsi pel Lion forzolli;

e con duro, dispotico comando

superbamente e da padron trattolli,

più che non fea con quei che riguardati

fur come del Lion sudditi nati.

 

Sui prati, che alla Corte eran vicini,

fe' immensa moltitudine adunare

di Formiche, di Mosche e Moscherini,

di Scarabei, di Vespe e di Zanzare,

che rodono, che mordono, che pungono,

rovinano, devastano ove giungono.

 

Pria li onora col titolo d'amici,

indi comanda che, d'allora in poi,

ciascun considerar debba i nemici

del re Lion come nemici suoi,

e recar loro ogni possibil danno,

come inimici ad inimici fanno.

 

A quel parlar tosto elevar s'udio

in quell'immenso stuol d'animaletti

un susurro, uno strepito, un ronzio,

che della Volpe applauso fece ai detti;

e fu quel general borbogliamento

l'espression del lor consentimento.

 

Se formavasi allor lega o alleanza

fra principi animai, fra stato e stato,

era fra lor, com'è fra noi, l'usanza

formalmente di stenderne trattato,

in cui solean, come facciam noi stessi,

i reciproci patti esservi espressi.

 

Onde, acciocchè nulla vi fosse a dire

con quella moltitudine piccina,

la Volpe stipulò che in avvenire

fra gl'insetti e la Corte Lionina

scambievole amistà, buon'armonia,

e alleanza perpetua saria.

 

Che rechino però gl'Insetti omai

fior, frutti, foglie, erbe, semenze e spiche

ne' regj magazzini e ne' granai,

e il mel le Api, e il grano le Formiche;

e che l'industrie lor sieno impiegate

tutto a profitto delle regie armate;

 

e che omai tener pronti ognor si denno

a rendersi e operar, ove fia d'uopo,

del ministero e della Corte a un cenno,

senza cercarne la ragion, lo scopo;

nè avran per vantaggioso alcun oggetto,

se non quel ch'esser tal verrà lor detto;

 

e che sarà da' regj schiacciatori

qualunque lor trasgression punita

con ischiacciar in massa i trasgressori.

E che richiese una Bestiuccia ardita

che ci accordate voi per parte vostra?

A cui la Volpe: l'alleanza nostra.

 

Fin le bestie più rozze e meno accorte

allor conobber chiaro e ad evidenza

ciò che il debol sperar deggia dal forte:

ma oime! che dalla trista esperienza

appieno il mondo ancor non sembra instrutto,

nè da tai lezion raccoglie frutto.

 

Intanto fin d'allor danni parecchi

causaro agl'insorgenti, agli ausiliari,

or zufolando lor dentro gli orecchi,

ed or negli occhi, ed or su per le nari

ficcandosi, e in qualunque altro forame

dell'avversario antireal bestiame.

 

E in guisa tal quei piccioli animali

alle bestie gagliarde oltre il comune,

e coll'aculeo e colle stridule ali

noje dan molestissime, importune:

onde avvenia che quei nè se difendere

potean sovente, nè il nemico offendere.

 

Vero è che alfin dal loro irritamento

niuna di quelle bestioline scampa,

che ne stritola e schiaccia a cento a cento

colpo talor di coda, ovver di zampa;

e taluna, che più si stizza e annoja,

l'imbocca, e molte a un tratto sol ne ingoia.

 

Che dei deboli ognor piccioli stati

questo è il destin: che se di gran possanza

per sventura divengono alleati,

pagan caro l'onor dell'alleanza;

chè, quando s'ha da far con grandi e prenci,

pur troppo è ver che van per l'aria i cenci.

 

Come nutre il pastor tenero agnello

nella capanna sua, e in fronte un fiocco

ed al collo gli appende un campanello,

e ne fa sua delizia e suo balocco,

l'accarezza, l'ingrassa; e alfin lo chiappa,

l'ammazza, l'arrostisce, e se lo pappa;

 

così a signor di piccolo dominio

promette con magnifiche parole

re potente e vantaggi e patrocinio,

quando dell'opra sua giovar si vuole,

e spande con finezza e con malizia

atti di gentilezza e d'amicizia;

 

ma in suo pensiero, infin da quel momento

che collegarsi seco ei non disdegna,

al suo proprio interesse e ingrandimento

pascolo lo destina; e purchè ottegna

il desiato fin, non ha vergogna

d'impiegar l'artifizio e la menzogna.

 

E invan mostrare, invan provar vorrai

la falsità di mendicate accuse:

per forza di ragion non lo potrai

distor che del potere ei non abuse,

sicchè, malgrado gli argomenti tuoi,

l'alleato non schiacci e non ingoi.

 

e se inter non l'ingoia e non lo schiaccia,

se sussister lo lascia, è affinchè i gravi

danni in comun sofferti ei sol rifaccia,

e il peso sopra lui tutto s'aggravi,

tutto vada a cader sopra di lui

il mal che accade per la colpa altrui.

 

Pronto è allor chi di re sì buono e grande,

che largamente i suoi favor profonde,

i pregi esalta e d'ogni intorno spande,

e del giusto e del ver l'idee confonde,

e la menzogna vil, la lode ingiusta

pianta di verità sull'ara augusta.

 

Nei boschi e sovra i pubblici sentieri,

o mercenaria adulatrice razza,

vanne, dove gl'inermi passeggieri

l'inumano ladron spoglia ed ammazza,

là troverai i coraggiosi eroi

degni egualmente degli elogi tuoi.

 

Ma non men vero è ancor che neutrale

se picciol stato rimaner si prova,

contro armato poter ragion non vale,

di neutralità titol non giova,

sicchè il debol non sia preda sovente

del forte ingiusto o del vicin potente.

 

Come cresciuto per gran pioggia il fiume,

che l'acque mena impetuose e torbe,

entro il suo vorticoso, ampio volume

gl'irrigui ruscelletti involve e assorbe;

così i piccioli stati entro i più forti

ampi dominj alfin restano assorti.

 

S'havvi stato pacifico e tranquillo,

che ami placidi studi, innocue cure,

nè di bronzo guerrier goda allo squillo,

nè sia strumento dell'altrui sventure,

esca divien d'ambizion vorace

o presto o tardi, o di guerrier rapace.

 

E per autorizzar la violenta

invasion, lo spoglio manifesto,

dall'infame polemica s'inventa

dritto o titol chimerico, o pretesto

onde stato formar ampio ed estenso,

indennità, recupera, compenso.

 

E di ragione il nome, sacro, augusto,

e adottati vocaboli e parole

dal consenso comun, qualor del giusto

in altri risvegliar l'idea si vuole,

dall'oggetto e dal fin per cui fur fatte

furto e ingiustizia a palliar son tratte.

 

Un certo curioso fattarello

su proposito tal vo' raccontarvi

che vi parrà straordinario e bello;

e tai riflession potrete farvi,

da cui risulterà che s'io rampogno

certe soverchierie, non me le sogno.

 

Se l'autentiche cronache e le storie

degli antichi leggiam popoli Traci,

troviamo incontrastabili memorie,

che alcuni d'essi con augei rapaci,

falchi, Aironi, Sparvieri, avean contratto

specie fra lor di società, di patto.

 

Per cui concordemente acerba guerra

contro gl'inermi fean timidi augelli,

che inseguiti da questi e spinti a terra,

uccisi allor a colpi eran da quelli

o presi in rete; e dopo un tal lavoro,

la preda i socj ripartian fra loro.

 

E invan talun di screditar procura

racconto tal, poichè non so in qual tomo31

Aristotele il narra e l'assicura

sulla parola sua di galantuomo;

e qual negar potrà cervel bisbetico

l'autorità del gran peripatetico?

 

Ed inoltre, egli è forse esempio raro

che due potenti, e anche fra lor nemici,

s'accordino per tor scampo e riparo

ai deboli, agl'inermi, agl'infelici?

O non avvien che tutto dì si veda

unirsi i forti a ripartir la preda?

 

E che attender si può da chi nè dritto,

nè legge, nè ragion rispetta, e a cui

sempre indifferentissimo è il delitto,

tosto che giovi alli vantaggi sui?

Nè arresta la rapace violenza,

che dove forza trova e resistenza?

 

E dunque di quaggiù giustizia e pace

fuggì, per non far più fra noi ritorno?

Dunque rapina e avidità vorace

fissato han sulla terra il lor soggiorno?

Qui dunque solo iniquitade impera,

qui giustizia e innocenza è ognor straniera?

 

Che se quei che su seggio eccelso, augusto

dal voto universal fur collocati,

come custodi e difensor del giusto,

per lo bene de' popoli e de' stati,

più che altri a umanità dannosi ed empi,

danno dell'ingiustizia i primi esempi,

 

come esigere amor, stima e rispetto?

Come leggi al costume impor potranno?

Come argin porre al propagato effetto

del periglioso scandalo che danno?

Come impedir che non divenga il mondo

di ladron, di malvagi asilo immondo?

 

 

 




21 Buzza, Bozzagro, o Bocciario, Lat. Butro, franc. Buse.



22 Solitario, grand'Uccello, che vive solingo in alcune Isole d'Oriente.



23 Pigargo, specie d'Aquila con coda bianca.



24 Occo, specie di Gallinaccio Americano.



25 Dodo, grand'Uccello con testa circondata da una specie di cappuccio, detto Cigno incappucciato. In franc. Bronte.



26 Uccello, specie d'Aquila di mare, ossifraga spezzattrice d'ossa.



27 Avoltoi, detti dall'Aldovr. Lanieri o Laceratori.



28 Contor o Cantur grandissimo Uccello rapace del Perù o del Chili. Ved. Le Storie dell'Indie e degl'Incas d'Acosta e di Garcilasso.



29 Rocco o sia Ruch, smisurato Uccello famoso presso gli orientali, di cui i Conti Arabi e Marco Polo hanno spacciato esagerazioni e favole.



30 Ved. De Lacepede Stor. Nat. Dei Serpenti tom. 4; Kalm memorie dell'accademia di Stokolm; Margrave Hist. Rer. Nat. Brus. Lib. 68. Tyson Transact, Philos. N. 144.



31 Arist. Hist. Anim. L. 9. e 36, tit. p. Aelian. De Nat. Anim. Lib. 2, cap. 42.






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