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Giovanni Battista Casti Animali parlanti IntraText CT - Lettura del testo |
Tu che rapida puoi scorrer per entro
l'oscurità de' secoli remoti,
e in ciel penetri e dalla terra al centro
a discoprir gli arcani al volgo ignoti,
tu fammi, o Musa, il gran mister palese,
che nè lingua svelò, nè orecchio intese.
In qualunque animal pose natura
vita, moto ragion, loquela e senso,
al freddo polo e alla cocente arsura,
del globo inter sovra lo spazio immenso,
analoga all'idee ed al costume
diegli religione e culto e nume.
Or se le bestie dell'età primiere
possedean la loquela e la ragione,
dovean per conseguenza anch'esse avere
il culto lor, la lor religione,
le costumanze e gl'istituti pii,
e i sacerdoti loro, i loro Iddii.
Strano pertanto non dovrà sembrarvi
se della lor teologia favello;
pregovi dunque in mente a richiamarvi
ciò ch'io dicea, che del presago Uccello
il Barbon, dei Levrieri in compagnia,
a consultar l'oracolo venia.
Nel più folto del bosco erma s'inalza
sovra un immenso ruinoso ammasso
di spezzati macigni orrida balza;
di fori pieno e di fessure è il masso,
e antichissimo sorbo e mezzo marcio
l'ingresso ingombra d'un profondo squarcio.
Fama era che un gran Corvo in quel forame
da mille e mille secoli abitasse;
e si volea dal credulo bestiame
che il linguaggio profetico parlasse;
onde sopra di lui le bestie vecchie
spargean racconti e favole parecchie.
Altre della Natura il primogenito,
altre figlio il dicean del Caos antico,
per sua propria virtù nato e non genito;
ma il numero maggior dall'umbilico
emanato il credea d'un ente ignoto,
figlio della tempesta e del tremoto.
Nè qui del volgo riferir vi voglio
tutti i portentosissimi racconti;
colla zampa talor d'arido scoglio
fatte avea zampillar limpide fonti;
talor de' vanni suoi lo scotimento
uragan cagionò, turbine e vento.
Talor nell'ira sua prodotti incendi,
e fiumi e mari avea ridotti a secco;
talor accesi i fulmini tremendi
col soffio sol dell'infocato becco:
in paragon di che, son cose nuove
l'aquila colla folgore di Giove.
Che qualsisia religion più santa
sovra la terra sostener non puossi,
se miracoli ai popoli non vanta
maravigliosi oltre ogni modo, e grossi;
fu ognor la fe l'appoggio suo primario,
e tutt'altro non è che secondario.
Si vuol ch'essendo un tempo fa la luna
da deliquio sorpresa in mezzo al corso,
egli aita porgendole opportuna,
la sostenesse sul pennuto dorso,
e che l'avesse poi contro l'accesa
vampa solar coll'ale sue difesa.
Quindi qualor seguia lunar eclisse,
dalle pie bestie il Corvo era pregato,
acciò la luna a sollevar venisse
in quel deliquio suo; perciò nomato
fu il Corvo, dal brutal volgo fanatico,
protettor della luna, ovver lunatico.
In somma tante su quel Corvo e tante
religiose stravaganze enormi
quegli animali ivan spargendo, quante
tra nazioni barbare ed informi
non ne spacciò religion chimerica
per l'Africa, per l'Asia e per l'America.
Or quel diverso interpretar che fero
i mister teologici coloro,
quella strampalatissima che diero
spiegazion diversa ai dogmi loro,
a molte e varie stravaganti sette
e a molti vari scismi origin dette.
E come poi Monoteliti e Gnostici,
e Luterani in oggi e Calvinisti,
furonvi allor Ageniti, Caostici,
Corvisti, Oracolisti, Umbilichisti,
ed altri e altri Teologi bisbetici,
novatori, Scismatici ed Eretici.
Di là le strane opinion fantastiche,
le acerrime di là dispute nacquero,
distinzion, sottilità scolastiche,
che tanto a quei controversisti piacquero,
che per sofismi e per parole vane
l'arti obliaro e le dottrine sane.
E per formule oscure e non comprese,
e per concezioni assurde e astratte,
non di parole solo ebber contese,
non solo orde straniere avean disfatte,
ma spesso ancor sulle lor specie istesse
orribili barbarie avean commesse.
Di queste teologiche materie,
che brevemente io qui stringo e raccorcio,
composta era de' codici la serie
di cui parlava al re Lione il Sorcio,
quando la biblioteca gli descrisse,
come a suo luogo e a tempo suo si disse:
Felice Europeo, che nudo e puro
il vero adori, e senza paradossi,
e sei di quanto credi arcisicuro,
nè mai chi fra i tuoi popoli ortodossi
le coscienze regola e governa,
lucciola ti fa creder per lanterna!
La troppo perigliosa esperienza,
la ragion frale ed i fallaci sensi,
e l'ingannevolissima evidenza,
non entran punto in ciò che credi e pensi,
ed impostura e ciarlataneria
tace a te avanti, e non si sa che sia.
Quegli animai religiosi e pii
a quell'uccello antico e semi-eterno
non si mostraro increduli o restii
una specie a prestar di culto esterno;
e ne' critici casi avean costume
di ricorrere a lui come a lor nume.
E quei che in tutto ognor cercan miracolo
e han sol per nume lo straordinario,
consultarlo solean come un oracolo:
e con certi lor riti e formolario,
giunti colà, gridavan: Corbo, Corbo,
esci dal buco fuor, vieni sul sorbo.
Dell'ali allor lo scotimento, il rombo
e il gorgogliar dell'intanato vento,
nel cavo fesso fea cupo rimbombo,
e il cor empia d'insolito spavento;
e dall'oscurità misteriosa
quegli esce, e in cima al sorbo allor si posa.
Alto sui tesi piè s'eleva e surge,
l'irte piume si drizzano sul dosso,
come brace ardon gli occhi, il collo turge,
palpita il becco trasparente e rosso,
spiega in cerchio la coda e l'ali stende,
e i venerati vaticinj rende.
Da quel Corvo, cred'io, l'augure etrusco
apprese ad osservar Corvo e Cornacchia,
se a destra o a manca, o all'aer chiaro o al fusco,
rapida o lenta vola o stride o gracchia;
e alla credula plebe timorosa
svelò del ciel la volontà nascosa.
Intorno a quei rottami, entro quei tufi,
del sacro Uccel ministri e sacerdoti
abitan Barbagianni, Allocchi e Gufi,
romito stuol, cui doni offrendo e voti,
gli animai del quadrupede dominio
veniano ad implorarne il patrocinio.
Famosi operator di gran portenti
stati v'eran fra lor ne' tempi antichi,
che agli Orsi avean moltiplicati i denti,
e cangiate le mosche in beccafichi;
e quell'uccel che sopra un palo urlò
centoventicinque anni, e poi crepò.
Veneravasi ancor quel Barbagianni,
a cui dal suol diviso arido stecco
fornì nespole e prugne, e per molt'anni
dopo anche morto dimenava il becco;
e quei che fecondò diecimil'uova,
gran protettor d'ogni animal che cova.
E l'altro a cui la rozza e la carogna
ricorrea come a universal chirurgo,
e guaria dalla rabbia e dalla rogna
ed era delle bestie il taumaturgo;
ed altre ed altre in general credute
mirabil cose da nessun vedete.
Ma quella fe supplia che supplir dee,
poichè il filosofar sopra ogni tema
vaghe e dubbiose ognor rende l'idee;
e se ciascun particolar sistema
fassi, nè alcun degli adottati ammette,
quanti i culti sarian, quante le sette?
Di sì fatte follie la stravaganza
le bestie a venerar eransi avvezze,
e la credula lor crassa ignoranza
facil fede prestava a tai sciocchezze;
si mantenean così gli Allocchi in credito,
e il volgo ad essi divenia più dedito.
Quei solitari augei per ogn'intorno
ampio esclusivo pascolo arrogato
eransi ancor, nè in tutto quel contorno
carpir d'albero foglia, erba dal prato
si saria mai permesso il pio bestiame,
anche a pericol di morir di fame.
Se turbine, se grandine, se arsura,
se gelo, alluvion, furia di venti,
o altro disastro o pubblica sventura,
i pascoli distrugge e gli alimenti,
soffra, pera chi vuol, ma non si tocchi
la proprietà dei Gufi e degli Allocchi.
Poichè da ciaschedun quel circondario
riputat'era inviolabil, sagro;
e se inoltrar là dentro il temerario
passo osava animal profano e magro,
punit'era qual reo d'alto delitto,
e come usurpator di sacro dritto.
Dunque egualmente imparzial natura,
dunque a tutti i suoi doni invan dispensa?
Invan dunque di tutti ella ha egual cura,
se superstizion l'ignavia incensa,
e giustizia conculca e vilipende,
e la ragione e la natura offende?
So che prence animal col tempo venne
che il pascolo esclusivo a quelli tolse,
ma a se l'appropriò, per se il ritenne,
non mica a pro del pubblico il rivolse:
onde, fra quelle bestie, io ben m'avveggio
che il disordine andò di male in peggio.
So ancor che in altri tempi il pravo esempio
influì d'animai sovr'altra spezie;
e allor serviro i beni tolti al tempio,
al vizio, al lusso folle, a folli inezie;
ma di governi e principi il difetto
ragion, filosofia poscia han corretto.
Ben nutriti pertanto e venerati,
colla lugubre lor nenia molesta,
e coi tristi monotoni ululati
funestavan la folta ampia foresta,
e quel gracchiare alternamente e in coro
un dover si credea del culto loro.
V'era tradizion che in pezzi rotto
per tremoto caduto il masso fosse,
e l'Ente ignoto vi restasse sotto,
e indi desse alla terra orrende scosse,
come di sotto alla montagna Etnea
il fulminato Encelado facea.
Poichè dicean che la Tempesta madre,
essendo il terremoto omai decrepito,
l'avesse instrutto nel mestier del padre,
che più buono non era a far gran strepito;
e quindi il figlio divertiasi anch'esso
di là sotto a crollar la terra spesso.
Sulla tomba perciò del genitore
locossi il Corvo, e come in lor delubri,
con rauchi stridi e querelo clamore,
notturni inni cantar gli augei lugubri
all'ignoto Ente che nomato fu
da quel funereo canto il Gran Cucù.
Per fermo avean però ch'egli sarebbe
dopo tremila secoli risorto,
ed in eterno allor dominerebbe
sull'universo dall'occaso all'orto;
e sotto il regno suo tutti i viventi
sarebber felicissimi e contenti.
Quella sublimità straordinaria
d'astrusi dogmi avea sì del bisbetico,
ch'una rivelazion fu necessaria;
quindi è che il Gran Cucù per lo profetico
becco del Corvo suo la rivelò,
e dagli Allocchi poi si propagò.
Che se d'autorità taluno è indutto
a creder cose ch'ei non può capire,
la rivelazion rimedia a tutto.
V'è rivelazion? Non v'è altro a dire:
e rivelazion qualor s'accetta,
stravaganza non v'è che non s'ammetta.
Convengo anch'io che assurdità sì strane
non son conformi colle nostre idee:
ma fra religion pur anche umane
(Eccettuando però l'europee)
non ne ritroverem forse veruna
che, se assurda non è, faccia fortuna.
E chi studiò teologia dogmatica
sa ben che qualsiasi religione
(Del dogma parlo sol, non della pratica)
star insieme non può colla ragione;
che se ragion è in ciò che talun crede,
persuasion dee dirsi allor, non fede.
E questo fa veder quanto indiscreti
sieno certi filosofi censori
che chiamano i teologi ed i preti
della filosofia persecutori:
fan teologi e preti il lor mestiere;
e chi fa il suo mestier, fa il suo dovere.
Era di quel sacerdotal collegio
l'Allocco che chiamato a Corte fu
per instruir l'animalino regio
nella religion del Gran Cucù,
e che colà tanta influenza ottenne,
e direttor teologo divenne.
Or siccome allorchè la Lionina
Corte adottò e praticò gli accorti
precetti di politica Volpina,
li adottar le altre animalesche corti;
dacchè l'Allocco in Corte entrò, di brocco
voller le altre egualmente aver l'Allocco.
Poichè fra gli animai piccoli e grossi
gli Allocchi si credean i prediletti
figli del Gran Cucù, veri ortodossi,
e del presago Corvo amici eletti,
onde detti veniam per tutta l'Asia
i Cucuisti per antonomasia.
Questa d'augei sacerdotal genia
ebbe il sacro deposito in custodia
dell'antica brutal teologia;
ogni culto stranier condanna ed odia,
e raro inizia gli animai profani
dei sacri riti ai venerati arcani.
Ma sotto il contegnoso aspetto esterno,
sotto dolci maniere e stil di mele
covavano costor nel lor interno
indole intollerante e cor crudele;
e furo ognor coll'opra e colla voce
eccitator del fanatismo atroce.
Da tempi immemorabili ed ignoti,
della religion degli animali
gli esclusivi custodi e sacerdoti
e i ministri primari e principali
fur Gufi, Allocchi od altro augel che suole
viver fra l'ombre e teme i rai del sole.
E con profitto lor grandi e importanti
alle Aquile e ai Lion reser servigi;
e col suddito altieri, e coi regnanti
si mostrar sempre ossequiosi e ligi,
del forte ognor sulle minori fere
sostenendo il dispotico potere.
E qualor un sovran gravezze imporre
e smunger vuol lo stato a suo talento
e le tranquille bestie in guerra porre,
acciò non scoppi il pubblico scontento,
tosto allora un sermon l'Allocco sfodera,
e il popolo inquieto accheta e modera:
poichè d'ogni dispotica possanza
e delle oppression più ingiuste e dure
la superstizione e l'ignoranza
son le due basi solide e sicure,
e d'ambe gl'instancabili sostegni
gli allocchi sono, e i promotor più degni.
Ma fra gli avvenimenti antichi e bui
scisma seguì fra gli animai d'allora,
famoso, memorabile, di cui
la cagion vera e l'epoca s'ignora;
Degli amfibi si sa che cogli uccelli
ebber contrasto, e si staccar da quelli.
Sappiam di più, riguardo a un tal negozio,
che conferir gli amfibi al Coccodrillo
il titol regio e il sommo sacerdozio,
e in possesso pacifico e tranquillo
ei restonne, quantunque i Cucuisti
degli amfibi fur sempre antagonisti.
Pur qualunque animal terrestre e aquatico
nel Coccodrillo venerar si pregia
(Se d'Allocchi togliam lo stuol fanatico)
la podestà sacerdotale e regia;
doppio culto si rese al Gran Cucù,
ma la religion sempre una fu.
Allor tutte le corti animalesche,
e più dell'altre ancor la Lionina,
soleano fra le crapule e le tresche
trar vita sregolata e libertina,
senza gli altri contar vizi eminenti
ingenti alle corti ed inerenti.
Pur quella corruttela oscena impura
e quella indecentissima licenza
col manto ricoprir dell'impostura
voleano e sotto il vel dell'apparenza;
quindi l'aspetto esterior d'accordo
non iva mai col core iniquo e lordo.
e non sapendo che se passa il segno;
più buon non è nè giusto il giusto e il buono,
invece di decenza e di contegno
di bacchettoneria prendeano il tono;
e la moral ridotta ad artifizio,
falsa era la virtude e vero il vizio.
Tal chi pinge al di fuori, imbianca e intonaca
cloaca, sepoltura o cimitero,
con quella colorita esterna tonaca
invano ingannar tenta il passaggiero;
che chi ha buon naso e l'odorato aguzzo
vede l'inganno e lo conosce al puzzo.
Ma pur siccome la costante e vera
sperienza c'insegna e c'instruisce
che abitudin tuttor sulla maniera
di creder e pensar molto influisce,
perciò taluni si credevan buoni,
perchè eran divenuti bacchettoni.
Ma quella sperienza a un tempo stesso
ci fa veder con mille e mille esempi,
che sì nell'un come nell'altro sesso,
sì negli antichi che ne' nostri tempi,
libertinaggio e bacchettoneria
stanno perfettamente in compagnia.
Se accortamente il bacchetton farai,
pei più gran vizi tuoi s'avrà indulgenza;
impunemente e a tuo piacer potrai
tutti i strali aguzzar di maldicenza;
potrai a tuo piacere e impunemente
calunniare il giusto e l'innocente.
Col dolce e grave esterior procura
ogni opra tua comporre, ogni tuo detto;
l'odio, il livor, l'avidità, l'usura,
di virtù tosto prenderan l'aspetto;
qualunque atto tu faccia indegno e brutto,
la bacchettoneria compensa tutto.
Se il falso zel dei perigliosi Allocchi
contro il ragionator tranquillo e saggio
arma il braccio de' creduli e de' sciocchi,
il falso zel deciso ha ognor vantaggio;
e come il fatto prova e ci convince,
ragion soccombe, ipocrisia la vince.
Ah come, come mai possibil fia
che tanto a occhio mortale il ver s'asconda,
che colla probità l'ipocrisia,
e il vizio ognor colla virtù confonda?
Qual mai fatal inganno o error l'induce
a prendere le tenebre per luce?
Ma ciò dicea la Volpe, è indifferente,
qualor l'intento che si vuol s'ottenga;
sia pur religion vera o apparente,
purchè il poter dispotico sostenga.
Questo ognor diè la Volpe util ricordo,
ed in ciò coll'Allocco iva d'accordo.
Benchè la Volpe fosse a ciascun nota
per quel che noi diciam spirito forte,
pur a tempo sapea far la divota,
arte che di leggier s'apprende in Corte,
ove, se d'ogni intorno il guardo giri,
sembra che ipocrisia per tutto spiri.
E inver, quantunque odia gli Allocchi e i Corvi,
pur, se profitto vuol trarne talora,
come poc'anzi ebbi l'onor d'esporvi,
cogli Allocchi si lega, e i Corvi onora;
simula, finge e fa la bacchettona,
e inganna e mente, e in se così ragiona:
Se pel timor che a debili alme incute
della religione il dogma oscuro,
cieco obbedisce il volgo, e non discute,
e docil sempre a chi comanda, il duro
giogo che se gl'impon soffre e non duolsi,
da tal religion altro non vuolsi.
Alla rupe appressandosi il Barbone,
bestie incontrò che con silenzio tetro,
a musi bassi e code penzolone,
triste e compunte si traevan dietro
fasci d'acute spine, o enormi pesi,
altri alle zampe, altri alle orecchie appesi.
Coloro con quel pio pellegrinaggio
del Gran Cucù imploravan la clemenza
a pro di qualche illustre personaggio,
per li falli di cui fean penitenza;
e fra i denti tenean brani di carne
ai sacri allocchi oblazion per farne.
Più presso e attorno alla corvina rupe
alto silenzio e folto orror s'annida,
e sol fra l'ombre taciturne e cupe
s'odon talor di tristi augei le strida,
penitenti querele, espiatorie,
lamenti, omei, sospir, jiaculatorie.
Prostrati i Cani alla gran tomba avanti,
giusta la lor liturgica maniera,
usata in casi critici e pressanti,
cantaro in tre la solita preghiera:
Salva, santo Cucù, Cucù divino,
salva la Lionessa e il Lioncino:
fa che, i nemici suoi domi e distrutti
prosperi la famiglia lionina;
prosperi e regni sola, e servan tutti;
e se accader l'universal ruina,
o esser ne debba il mondo inter disfatto,
santo Cucù, il tuo voler sia fatto.
Ascesi alquanto poi su pel dirupo,
e fatto al Corvo il consueto appello,
ali rombar, vento soffiar nel cupo
cavo s'ascolta, ed il presago uccello
vien fuori, e in cima al sorbo allor si pianta,
alto stridendo, profetizza e canta:
Torbida luce ad Aquilon balena,
e infino ad Austro invia funesti lampi.
Ahi, che io veggio sgorgar d'alpestre vena
fiume di sangue, ed inondarne i campi,
e il cardo acuto, e lo pungente spino
veggo elevarsi sull'abete e il pino!
Alza l'immensa fera al ciel la fronte,
e d'Oriente i vasti piani ingombra,
e l'arbore fatal sull'orizzonte
distende i rami, e l'emisfero adombra;
ma le radiche sue del Gran Serpente
l'alito infetta, e il velenoso dente.
Allora sull'altissima montagna
del guerrier forte tonerà la voce;
e sulla spaziosa, ampia campagna
immensa moltitudine feroce
adunerà dai quattro venti in guerra,
e tremerà dai cardini la terra.
Ciò detto, inalza il Corvo orrendo grido,
ed agitando i rumorosi vanni
si rintanò dentro il petroso nido;
e gli Allocchi ed i Gufi e i Barbagianni
stridoni nei cavi fori, e ne rimbomba
del Gran Cucù la sotterranea tomba.
Or qui riguardo a quei corvini oracoli
seria cosa a sapersi è necessaria,
cosa che nelle storie dei miracoli,
a vero dir, non è straordinaria;
quando il Corvo gli oracoli rendea,
qualunque altro animal lo comprendea.
Benchè alle nostre idee non sia conforme,
e alla prima parer possa miracolo,
pur fenomeno tal va nelle forme;
poichè sappiam che ogni qualunque oracolo,
benchè senso comun aver non paia,
lo comprendono ben genti a migliaia.
E infatti se l'oracolo d'Ammone
parlava o quel di Delfo, o quel di Delo,
o quello di Trofonio, o di Dodone,
o quel di Giove Libico, o di Belo,
lo comprendea l'Assiro, il Perso, il Celta,
l'Indo, l'Acheo, l'abitator del Delta.
Un timido silenzio, un sant'orrore,
a sì infausti presagi e sì funesti,
la lingua intorpidisce e agghiaccia il core
al Can barbon e a' due Levrier, che mesti
per quei misteriosi oscuri gerghi,
taciti s'avviaro ai regj alberghi.
Quand'era il Can barbon giovine e fresco,
corvo e oracoli avea posti in ridicolo,
e tutto quanto il culto animalesco;
ma cangiando parer su questo articolo,
contratti avea (se veri o finti poi
io nol dirò) li scrupoletti suoi.
Forse a cagion d'età, che infievolire
sovente un'alma suol costante e forte,
per abitudin forse o per desire
di mettersi all'unisono di Corte,
bel bel, come veggiam avvenir spesso,
pinzocheron divenut'era anch'esso.
Pur al Levrier che consigliollo i torvi
sguardi volgendo, brontola e si lagna:
Or che facemmo? A consultar i Corvi
fra se dicea che diavol si guadagna?
Il Corvo e il Can rubello ai desir nostri
par che poco indulgente oggi si mostri.
Indi alli due Levrier confusi e mesti
grave si volse, e disse lor: capiste?
E quei: Nulla, signor, e tu intendesti?
Ed egli: Io non udii che cose triste;
ma per sollievo ai presagiti affanni
vo' sperar che l'oracolo s'inganni.
Mentre così il Can barbon dicea,
speme per inspirar nei due Levrieri,
di conforto bisogno ei stesso avea;
come il duce poltrone i suoi guerrieri
talora incoraggisce alla battaglia,
mentre gli trema il cor come una paglia.
Debil, superstizioso, instabil, vario,
per educazion e per natura,
cucciolo, stato essendo in seminario
degli Allocchi ancor ei sotto la cura,
vacillando ricade a ogni momento
ne' dubbi suoi, nel solito spavento.
E rindando in se lo stile enfatico
di tutto quel profetico garbuglio,
ravvisar non vi sa che un enigmatico
di parole e d'idee strano mescuglio,
e ritrova quel gergo astruso, opaco,
di profeta non già, ma d'ubbriaco.
Che diavol mai vuol dir fra se ragiona
la Serpe che le radiche avvelena?
La Fera immensa, e il gran Guerrier che tona?
E l'Aquilon che torbido balena?
Ma so che tutto ciò che il Corvo dice
dee venerarsi, e disputar non lice.
Avanti a te, o Gran Cucù, mi prostro,
che dai per ineffabile mistero
fatidica virtù d'un Corvo al rostro
d'annunziar l'impercettibil vero;
ma nessun seppe mai, nessun saprà
donde viene il tuo spirto e dove va.32
Pien di tristezza il cor, tremante il piede,
poscia sen gia, nè gli parea vi fosse
riparo al mal che sovrastar già crede;
pure alfin l'abbattuto animo scosse
dal profondo spavento ond'era oppresso,
e così fra di se parla a se stesso:
Barbon, coraggio; un animal tuo pari,
formato a Corte per le grand'imprese,
fermo mostrar si dee ne' grandi affari;
nè famoso in politica si rese,
nè fra i negoziator mai si distinse,
chiunque i grandi ostacoli non vinse.
Già il sole all'orizzonte it'era sotto,
e intanto della Luna al chiaro raggio
anelanti i tre cani e di buon trotto
proseguian pensierosi il lor viaggio;
e giunser stanchi alle reali grotte,
che già molto avanzata era la notte.