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Giovanni Battista Casti Animali parlanti IntraText CT - Lettura del testo |
Ai funerali dell'estinto infante
successero i politici timori,
poichè nel Lionin ramo regnante
mancando i mascolini successori,
la Lionessa avea ragion di credere
d'esser costretta altrui lo scettro a cedere.
Ciò le facea desiderar d'entrare
cogli avversari in qualche trattativa;
ma vedea ben che a maneggiar l'affare,
bestia più della Volpe accorta e attiva
trovar nella brutal non si potria
quadrupede politica genia.
Sacrificarla pria volle al suo sdegno,
e ora, spinta da stimolo contrario
valer sen vuol per ritener il regno;
favor e disfavor sempre è arbitrario;
capriccio sol e passion sol dallo,
nè premio è alla virtù, nè pena al fallo.
Pur, cercando conforto al rio dolore
che le recar gl'infausti avvenimenti,
fe', per supposto e non provato errore,
crudelmente perir bestie innocenti;
perocchè sangue sol, crudeltà sola,
dei tiranni il dolor molce e consola.
Ma d'inquieta tema ha il cor colpito,
che il Can di libertà colla lusinga,
dalla vittoria omai reso più ardito,
a rivolta i suoi sudditi non spinga;
e con furbo artifizio lusinghiero
non li sottragga al lionino impero.
E all'annottar, fra gravi cure immersa
soletta un giorno standosi e pensosa,
sfogava il duol contro la sorte avversa,
quando coll'asta in pugno e minacciosa
negli atti alteramente e nel sembiante,
gigantesca ombra le comparve avante.
Rapida, la real bestia gagliarda
contro si slancia a quel fantasma tetro
che immobile e imperterrito la guarda;
e a quel guardo colei trabalza indietro,
da insolito terror sorpresa, e a quei
chiese con fievol voce: e tu chi sei?
Come per l'aere il tuon mugghia improvviso,
Son Libertà, gridò l'ombra feroce,
e scosse l'asta, e fiammeggiò nel viso.
L'atto tremendo e la tremenda voce
all'atterrita fera un fulmin parve;
cadde sul suol riversa, e l'ombra sparve.
Forse così, se il greco autor non sbaglia,52
a Bruto l'ombra spaventosa e strana
apparve pria della fatal battaglia
in cui perì la libertà romana;
antagonisti eran quei spettri: amico
l'un fu di libertà, l'altro nemico.
Colà la Volpe in quel momento venne,
e vedendola al suol supina e stesa:
Maestà grida Maestà, che avvenne?
Colei si scuote, e avendo alfin ripresa
alquanto forza, le narrò il portento
che il cor le riempì d'alto spavento.
Io non saprei dicea qual mi colpisse
magico suono o talismano ignoto,
che stupida mi rese e m'interdisse
sentimento, vigor, loquela e moto;
le membra un torpor frigido m'invade,
e cado come corpo morto cade.
Dunque una Lionessa, una tua pari
la Volpe ripigliò, larve e fantasmi
teme, e tali spauracchi immaginari,
e poi in altri il timor condanni e biasmi?
Eh via, depon cotai timor chimerici,
che altro forse non son ch'effetti sterici.
E ci occupiam di che occuparsi è urgente.
uopo è che pien poter tu mi conceda
d'oprar ed ordinar liberamente
ciò che per la tua causa utile io creda.
La Lionessa in serio allor si pose,
crollò il capo, fissolla, e poi rispose:
Ah Volpe, Volpe, il contrastar col fato
che giova? Deh, pensiam piuttosto omai
di pace a procurar pronto trattato.
Ma la Volpe esclamò: Che dici mai?
Disperi al perder sol d'una battaglia?
Se la forza non val, l'astuzia vaglia.
Sì, vinceremo alfin, io ten prevengo;
a riparar della fortuna i torti
vasto pian volgo in mente, ed or qui vengo
nuovo, infallibil metodo a proporti;
mancar non puote il colpo. Ed ella: e quale?
E allor ripiglia il perfido animale:
Io fra i ribelli tra di lor divisi
attizzerò di civil guerra il foco;
più sicuri in tal guisa e più decisi
avrem vantaggi, e lo vedrai fra poco.
Cui la regina: il credi? ebben fa tu,
fa quel che credi, e non seccarmi più.
Il potente così che ampio dominio
assoggettar volendo alla corona,
distruzion non sparmia ed esterminio,
per noia o per umor poscia abbandona
il destino dei popoli e dei regni
alla balia di rei ministri indegni.
Costoro, in mano avendo i fili arcani
dei pubblici rapporti e degli affari,
procuran presso ai stupidi sovrani
di rendersi importanti e necessari,
col raggiro e col perfido consiglio
fomentando il disordine e il periglio.
S'accinse allor la Volpe all'opra grande,
e di finezza e di volpin talento
prove a dar strepitose e memorande,
odj ovunque spargendo e malcontento,
come d'intrighi e cabale maestra,
perita in arte estremamente e destra.
In Corte intanto un maggiordom novello
doveasi aver per rimpiazzare il morto;
animal dignitoso al par di quello,
e che non vada per puntiglio storto,
come fe' la buonanima del Toro,
a farsi dinoccar dal Cacadoro.
Per lo più degno era il Caval tenuto,
ma quei, qualunque la ragion ne sia,
da un tempo avea già fisso e risoluto,
e protestossi allor, ch'ei non avria
nè in Corte alcuna carica accettato,
nè alcun impiego pubblico di stato.
S'eclissa allor ogni altro concorrente
in faccia al Mulo e all'Asino, a dir vero:
il Mulo è della guerra il presidente,
ma l'Asino, benchè fosse Zampiero,
parve al regio decor non sconvenire
maggiordomo e Zampiero insieme unire.
Pertanto in forma pubblica e solenne
l'Asino, attesi i suoi pregi eminenti,
gran Maggiordomo proclamato venne;
ciò prova che chi ha meriti e talenti
simili a quei dell'Asino, sostiene
molte cariche insieme, e tutte bene.
Divulgatosi intanto il tristo caso,
per opera sacrilega seguito
del regicida elefantino naso,
il Coccodrillo ripetè l'invito
per li suoi messi ai potentati in guerra
a non voler più spopolar la terra.
Ch'ei, come comun padre, ai guerreggianti
s'offeria mediator dei lor litigi;
e color, stanchi alfin d'eccidi tanti,
al Coccodrillo si mostrar più ligi;
che guerra e fame e peste e forca e boja
può divertire un po', ma alfine annoja.
E la regina Vedova, di cui
l'ambizioso cor non è tranquillo,
ben volentier per li disegni sui
la proposta accettò del Coccodrillo;
che la costante avversità l'orgoglio
doma di quelli ancor che stan sul soglio.
E non sangue, non gemito, non pianto,
nè di pietà, nè di ragion la voce,
nè senso alcun d'umanità mai tanto
può muovere e ammollire un cor feroce
che spinge tante vittime al macello,
a far che cessi il distruttor flagello.
Purchè egli appaghi ambizion che il rode
e l'orgoglio fatal che lo divora,
non intende ragion, priego non ode,
e il mal ch'ei cagionò non cura, o ignora;
cieco all'altrui calamitadi orrende,
e sordo al grido universal si rende.
Ma se il periglio, che credea lontano,
sul proprio capo avvicinar poi vede,
vinto da vil timor l'orgoglio insano,
ad ogni indegnità s'abbassa e cede;
impotenza total solo il convince,
e dura sol necessità lo vince.
Ed or vile, or crudele ha sempre in bocca
l'onor della corona e dell'impero;
a un titol vano, a una chimera sciocca
pronto a sacrificare il mondo intero;
e di sì grossolano iniquo inganno
acciecati i mortali ognor vivranno?
Oh! se il soffio dell'ira onnipotente
voi dalla superficie della terra
esterminasse inesorabilmente,
o scellerati mantici di guerra,
per qualche anima rea che andria punita,
oh! quante alme innocenti avrian la vita!
La Vedova real, che sempre avea
avanti agli occhi minaccioso spettro,
sol con trattati assicurar credea
nelle sue mani il titubante scettro;
onde la Volpe, suo malgrado, idee
di pace alfin anch'essa adottar dee.
Mentre pertanto il minister trattava
della mediazione il grand'affare,
uscito fuor della petrosa cava,
l'Allocco a Corte videsi calare;
nella reggia introdotto, a che venisse
la regina il richiese, e quei le disse:
che il fatidico augel, che d'ogni specie
animalesca procurar non cessa
il comun bene, e ama le bestie, e in specie
sua real maestà la Lionessa,
offria benigno alle potenze in guerra
l'alta sua mediazione in aria e in terra;
e ch'ei di sì onorevole incumbenza
dal sacro Corvo essendo incaricato,
l'opra sacerdotale e l'influenza
e il suo credito avria tutto impiegato
a pro della famiglia Lionina
e di tanto adorabile regina.
La Lionessa restò alquanto incerta;
pur, da bestia di spirito, rispose:
ch'ella a sì bella e generosa offerta,
che del gran Corvo fra le più famose
opre dal mondo inter saria pregiata,
sensibil era estremamente e grata;
E che di sì magnanima proposta
in forma fatto avria tener registro
nei regj archivi, e a lui passar risposta
per lo canal del suo primier ministro;
poi congedollo, e quel partì; e di nuovo
si rintanò nel solitario covo.
Alla regina poi la Volpe venne
per concertar della risposta il tuono.
si discusse l'affare, e si convenne,
che per ragion di stato e onor del trono,
non men che per lo pubblico interesse,
l'impegno anterior si mantenesse.
All'Allocco spedì la Volpe allora
il dottor Ibi, medico di Corte,
a dir che la regina assai s'onora
dell'amistà corvina, e a sua gran sorte
ascrivea tant'onor, ma che di fatto
anterior impegno avea contratto;
che il Gran Corvo sapea che la promessa
d'una sovrana bestia è sacrosanta:
con più forte ragion la Lionessa,
che il più illibato onor professa e vanta,
non dee fra regie bestie unica e sola
mancar di fede e non tener parola;
che si sperava che la retta e pia
intenzion sovrana, e la giustezza
di tai ragion pesato il Corvo avria
sulla bilancia della sua saggezza;
e che a tutto il quadrupede dominio
l'alto accordar vorrà suo patrocinio.
Credea l'Allocco che maggior riguardo
esatto avrebbe il mediator proposto
senza incontrar difficoltà o ritardo
e ch'ei però di tutto avria disposto,
e se si aprisse qualche conferenza,
ottenerne sperò la presidenza.
E in guisa tal, d'intrighi esperto artefice,
dalli grandi tentò pubblici affari
l'amfibio slontanar pseudo-pontefice,
in cui gli Allocchi e altri animai lor pari
ravvisavan con cieco odio fanatico
un anti-Cucuista, uno scismatico:
onde pensoso e attonito restosse
per sospetto inquieto, e per timore
che traspirato in pubblico non fosse
de' suoi grandi maneggi alcun sentore;
ma qual occulto allor vasto maneggio
l'Allocco avesse, io poi spiegar vi deggio.
Temè la Volpe che la preferenza
data sopra i volatili agli amfibi
non portasse sinistra conseguenza,
fatal per l'alleanza; e il dottor Ibi
spedì a giustificar cotal rifiuto
alla regina dello stuol pennuto.
L'Aquila l'Ibi udì ma entrar con lui
non volle in tali affar: rispose dunque,
ch'ella non s'ingeria ne' fatti altrui,
che a suo piacer oprar potea chiunque,
o Corvo, o Coccodrillo, o Lionessa:
tutti padron; ma son tutt'un per essa.
Poichè notoria e pubblica si rese
cotal risposta, inver bruschetta alquanto,
per favorevolissima si prese,
e tutto all'Ibi se ne dette il vanto,
che sì ben maneggiar sapea gli affari
coi politici suoi talenti rari.
E quei, che fin allor non avea fatto
che ordinar purghe o mettere un cristero,
restò stupito nel vedersi a un tratto
immerso negli affar di ministero;
e dal purgare i ventri duri e stitici
trasportato a trattare affar politici.
E il volgo, sempre in giudicar sinistro,
sempre gli oggetti in valutar lo stesso,
lo credè divenuto un gran ministro,
e appoco appoco lo credette ei stesso,
tanto applaudito e celebrato fu!
cose che in oggi non accadon più.
La Volpe al mediator re degli amfibi
l'atto di accettazion, come si pratica,
spedì per mezzo allor del solito Ibi,
omai laureato in diplomatica,
onde por mano al grande affar politico,
che il caso è urgente, ed ogn'indugio è critico.
Poichè giunto era a segno il violento
stato di cose e il general disordine,
che si temea total rovesciamento
se non vi si ponea sistema ed ordine,
pria che funesta esplosion non scoppi,
e ogni vincolo rompa e il mal raddoppi.
Nè men duro, men critico, men brutto
era lo stato allor degli avversari;
questi non men di quei, privi del tutto
degli articoli omai più necessari,
eran del paro esposti alle sequele
di guerra ostinatissima e crudele.
E non prendean partito o provvidenze,
che in fatti poi non riuscisser vane
per gelosia, per male intelligenze,
massimamente fra la Tigre e il Cane:
ciascun era del duce agli ordin sordo,
nè i primi capi eran fra lor d'accordo.
Il Can, che ambizione ardente, immensa
copre di libertà col sacro nome,
a primeggiare e a dominar sol pensa;
governar vuole, e non importa come:
di se s'occupa sol, nè oltre s'impaccia,
il Lionfante, e chi vuol far, che faccia.
Ma pel suo nudrimento e sussistenza
spogliansi i campi, e in ciò a sperar non v'era
nè riguardo da lui, nè compiacenza;
se dee di fame altri perir, che pera;
e più vendicativo e più profondo
cupo simulator non v'ha nel mondo;
tenendo a un scopo ognor sue mire tese,
d'indolente stupor sotto apparenza,
costantemente delle antiche offese
la fredda cova in sen reminiscenza.
Sanguinaria è la Tigre e violenta,
e guai a chi opporsi ai suoi voler sol tenta;
ed inquieta ambizion la rode
d'eguagliar nel poter la Lionessa,
che di lei non si reputa men prode,
e degna di regnar forse più ch'essa;
e ne' suoi modi imperiosi, altieri
fea trasparir gli occulti suoi pensieri.
La Volpe avea negli animi disposti
già cominciato a seminar zizania,
e a lusingar nel Can, giusta i nascosti
desir di lui, di governar la smania;
e sendo il trono Lionin vacante,
di regno a dar speranze all'Elefante.
Circa le Serpi poi, loro alleate,
riguardat'eran come indocil razza
di bestie atroci ed insubordinate,
che di riguardi mai non s'imbarazza;
e son perniciose e distruttrici
degli amici non men che dei nemici.
Spento d'entusiasmo il primo ardore,
quei ch'estinti non furo, oppressi e stanchi
e a numero ridotti ognor minore,
alle foreste lor tornano a branchi;
e quei che restan pur, in ver non troppi,
è una massa d'invalidi e di stroppi.
Nè avendo fra di loro alcun sistema
fissato ancor di regolar governo,
l'universal confusione estrema
qualunque sciolto avea vincolo interno;
e senza valutar dritti o ragioni,
tutti egualmente si credean padroni.
Onde l'abuso allor, la frenesia,
e della libertà la falsa idea,
che è la suora carnal dell'anarchia,
ogni ordin social nullo rendea.
sicchè a forza accettar dovean gl'inviti
del mediatore amfibio i due partiti.
Dunque d'ambe le parti si convenne
d'un armistizio a un tempo illimitato,
finchè congresso general solenne
sia nelle forme debite adunato,
in cui ciascun ogni rancor deponga,
e sue pretension libero esponga.
A quel solenne, general congresso
ogni sovran dovrà, purchè sia bestia,
inviar messi, oppur venir ei stesso,
se in persona venir non gli è molestia;
e il Coccodrillo preseder vi de'
qual mediator, qual sacerdote e re.
Varietà di pareri e discrepanza
fra le grandi potenze in prima v'ebbe
il luogo per fissar dell'adunanza;
ma convennero alfin che si terrebbe
nell'isola che Atlantide si disse,
di cui cotanto si parlò e si scrisse.
Ella è per altro indubitabil cosa,
e non già fola o finzion chimerica,
che ampio spazio quell'isola famosa
occupasse tra l'Africa e l'America,
nel mar ch'anch'oggi atlantico s'appella,
e il divario non è che bagattella.
Da profonda voragine assorbita
or più vestigio alcun di se non lassa;
e sovra spesso colla nave ardita
l'europeo navigator vi passa;
e ove sorsero già mura e foreste,
mugghiano i flutti e fremon le tempeste.
Come l'aspetto cangiano del mondo
gl'incendi, i terremoti ed i diluvi!
Quanti scoppiar dall'infuocato fondo
della convulsa terra Etne e Vesuvi!
E ove l'alpestri cime or sollevare
veggonsi i monti, ondeggiò un tempo il mare.
Là dunque l'assemblea fu convocata,
come in più adatto e convenevol sito,
d'entrambi i continenti alla portata,
e ove in tempo minor sariasi unito
numer maggior di bestie Americane,
europee, Asiatiche, Africane.
Per le volanti e per le amfibie specie
nessuna in ciò difficoltà trovossi,
ma gli animai quadrupedi, ed in specie
i più pesanti, più corputi e grossi,
era impossibil che, varcati i flutti,
all'isola approdar potesser tutti.
Onde le bestie del cetaceo regno,
e le Foche e le Morse e le Balene,
di portar fin colà preser l'impegno
sulle cerulee smisurate schiene
degli animai quadrupedi lo stuolo,
che andar non vi potean o a nuoto o a volo.
Condur le razze e le marmaglie tutte,
ciarlatani, istrioni, cameriere,
birri, frati, giudei, scolari e putte
a Livorno, a Venezia ed a Bochere,
di Lione e di Padova in tal guisa
veggiam la barca e il copertin di Pisa.
Sia pur quanto si vuol strano e bizzarro,
il fatto è incontestabile ed autentico;
che, grazie al ciel, quando una cosa io narro,
di storico il dover mai non dimentico:
pur tanto è singolar, ch'io vi confesso
che in testa qualche scrupolo m'ha messo.
Perchè, diss'io perciò fra me sovente,
l'Atlantide a quell'epoca non può
esser stata congiunta al continente?
Ma un sospetto fu sol, poichè chi entrò
in quel d'antichità buio profondo?
Nè di quei tempi abbiamo un mappamondo.
Ma il mio pensier non è pensier novello.
e perchè il Mar, gran rompitore d'Ismi,
non potrebbe aver rotto ancora quello?
Questi son raziocini e non sofismi;
che l'Atlantide d'Africa o d'America
parte fosse, non parmi idea chimerica.
E questo detto sia per abbondare
con voi, che meco sì gentili siete,
ma non sperate poi ch'io debba fare
per minuzie sofistiche indiscrete,
sovra aneddoto rancido ed antico
ognor l'apologia di quel ch'io dico.
Del fianco oriental presso alla sponda
s'apria pianura in forma di teatro,
alle falde di cui frangeasi l'onda,
nè il suol fu rotto mai da vanga o aratro;
varie colline di verdura amena
s'alzano in cerchio e chiudono la scena.
Qui discuter doveansi i grandi affari,
e stabilir fra gli animai la pace.
Per ragioni politiche e per vari
gravi motivi che la storia tace,
il Coccodrillo colla sua presenza
non venne a decorar la presidenza.
Sappiamo inoltre ch'egli ha per costume
di non mostrarsi in pubblico che raro;
misteriosamente ascoso in fiume
stassen, sapendo ben che il volgo ignaro
con rispetto maggior ciò che non vede
e ciò che ignora, più venera e crede.
E per ambasciador l'Idra spedisce53
che in fierezza primeggia e si distingue
fra le più mostruose amfibie bisce:
drizza le sette teste e sette lingue
vibra ad un tempo, e sette colpi avventa,
e col fischio settemplice spaventa:
forse da quella poscia in altra etade
l'Idra spaventosissima discese,
terrore dell'argoliche contrade,
cui d'atro sangue intrisa a morte stese,
e di fetente velenosa bava
sparse il Lerneo pantan l'Erculea clava.
Or amico, or rival del Coccodrillo
è il quadrupede amfibio Ippopotamo;
quel re coll'Idra all'assemblea spedillo
medico e ambasciador; cotal non amo
medico aver, ma persuaso io sono
che per ambasciador sia bello e buono.
Quel feroce animal, da fame spinto,
chi incontra, ammazza e ingojalo, e non burla;
egli ha per voce un fremito indistinto,
soffia, rugge, nitrisce e mugghia ed urla;54
torbid'occhio, terribile mostaccio;
torpido e traditore animalaccio.
L'Idra, al contrario, è certa bestia ardita
che sibila, che strepita, che strilla;
piena di moto, di vigor, di vita,
nè può restarsi mai cheta e tranquilla;
solo una lingua a noi natura dette,
e non taciam: come tacer con sette?
Ciò mostra assai quanto sensati e saggi
del Coccodrillo sian gli avvedimenti,
poichè seppe accoppiar due personaggi
d'indole fra di lor sì differenti;
e in guisa tal, savio non men che scaltro,
l'un fe' servir di correttivo all'altro.
Ma il Coccodrillo altre più gran ragioni
per nominar l'Ippopotamo avea;
sacre, antiche fra lor relazioni
v'eran, di cui voi non avete idea,
e che può sol dalla lettura aversi
della teologal Bibbia dei Persi.
Imperocchè dal Coccodrillo e dalla
Ippopotamo femmina già nacque
l'orribil triquadrupede Cavalla
che rapida scorrea sul suol, sull'acque,
per cui l'invitto Uscienk i Dives vinse
ed al di là dei monti Caf li spinse.55
Quel pontefice amfibio in generale
lor diè l'istruzion di sostenere
la real dignità sacerdotale
ed il terrestre-aquatico potere;
in specie poi da lui fu lor prescritto
dalla mediazion di trar profitto.
E l'Idra allor per ambedue parlò:
Usuali per me cose son queste,
la potestà terraquea sosterrò,
mi dovesse costar cinque o sei teste.
Non fe' parola, ed al real comando
l'Ippopotamo acconsentì mugghiando.
La Lionessa ambasciador suo primo
nomò la Volpe, e l'Asino volea
per secondo nomar: rispetto e stimo
l'Asino anch'io la Volpe allor dicea
ma più forse giovarne altro animale
potria de' suoi consigli; ed ella: e quale?
Benchè la Volpe odia il Caval, stimarlo
finge, e per lui vanta amicizia, e prega
la Vedova real di nominarlo
suo aggiunto, suo compagno e suo collega;
e ne parlò, come in suo cor non pensa,
sapendo ch'ella era per lui propensa.
Ma fin d'allor dentro di se combina,
che se avverrà che il lor maneggio in fallo
vada contro il desir della regina,
la colpa allor ne imputerà al Cavallo;
e già nel suo pensier l'iniquo gode
piacer della vendetta e della frode.
Chi riparar può di calunnia i colpi,
se tanto colla lingua il cor contrasta?
E tanta moltitudine di volpi
l'umana società corrompe e guasta!
E tante covan false alme maligne
sotto fisonomie dolci e benigne?
Vieni pur nel tuo vero aspetto osceno,
mostrami pur lo spaventoso ceffo,
non temo che a me nuoca il tuo veleno,
o vil malignità; di te mi beffo;
se virtù mi sostiene, in lei m'affido;
dell'innocenza mia m'armo, e ti sfido.
Ma se di finzion le seducenti
dolci maniere e gli artifizi adopri,
se d'amicizia il tuon simuli e menti,
e il manto alla virtù rubi e ten copri,
sotto le furbe insidie tue la stessa
virtù soccombe, e l'innocenza oppressa.
La Lionessa allor che si lusinga,
per un orgoglio ai pari suoi comune,
che alcuno avanti a lei giammai non finga,
e dalle insidie altrui credesi immune,
della Volpe il parlar sincero crede,
e il Caval per collega a lei concede.
La Volpe, che amicarselo pur brama,
ella stessa l'annunzio a darglien corse;
e il buon Caval, che socia tal non ama,
fu d'accettar per alcun tempo in forse,
ma per giusti riguardi e per prudenza
alfin cesse, e accettò quell'incumbenza.
Ma se le furbe del ministro astuto
istanze non giungeano opportune,
l'Asino ambasciador avriam veduto.
Ma l'Asin sempre?... Sì: se avvien che alcune
bestie talor di certe idee s'invasino,
vogliono l'Asino sempre, e sempre l'Asino.
Dalle antiregie bestie a quel congresso
ambasciador fu nominato il Cane,
o, per dir meglio, ei nominò se stesso,
che nulle riuscian le mire e vane
d'ogni più assiduo brigator fra loro,
se non eran del Can l'opra e il lavoro.
La Tigre allor, la Tigre stessa a lui
s'offerse in quell'ambasceria per socia;
ma non sperando il Can gl'intrighi sui
combinar di colei colla ferocia,
l'astio nascose, e con astute ciarle
procurò tal pensier dal capo trarle.
Condur dicea gli eserciti tu dei,
e lasciami il politico mestiero:
tu a grand'imprese destinata sei,
io gli affari a trattar del ministero;
sai che manda, e non vien, la Lionessa;
dovrà dunque la Tigre esser men d'essa?
Noi tratterem, tu l'armi, ed io gli affari,
e le cure saran fra noi divise,
e utili al ben comun sarem del pari
Così il Can ragionava, e per tai guise
giunse a svolger la Tigre, ed in sua vece
per suo collega il Porco elegger fece.
Io non so dir per quai ragioni avvenne,
che all'insorgente antireal brigata
unissi il Porco, e antireal divenne;
forse perchè egli fu gran democrata,
nè accomodarsi bestia sì plebea
agli usi aristocratici potea.
Ma meglio poi la question discussa,
non altra esser trovai la ragion vera,
che l'esecrando affar del Babirussa;
poichè il Porco comun riputat'era
di quel Porco indian transversalmente
in grado ottantottesimo parente.
Ma senza scerre un porco, i malcontenti
forse in confronto del real partito
fra di lor non avean teste e talenti?
Scegliere un porco! Io resto inver stupito,
fra tante bestie degne di rispetto
vedendo il Porco ambasciador eletto.
un porco ambasciador! Nelle assemblee
si sa però che il Can volea brillare,
e il Porco è un animal che mangia e bee
e dorme e non s'impaccia, e lascia fare;
questa del Can fu la ragione, e in Corte,
come nel ministero, è ragion forte.
Ma di quel Can politico le mire,
gli occulti intrighi ed i maneggi suoi
con più precision vi vo' scoprire,
acciò, se ambasciador siete anche voi,
esser sappiate a tempo e loco scaltri,
nè vi lasciate intrappolar dagli altri.
È noto che al Lion procurò il regno
il Can per divenir primo ministro;
ma essendo a voto poscia ito il disegno,
pensò cangiare al solito registro;
e di nuovo in repubblica vorria,
s'è possibil, cangiar la monarchia.
Poichè, vedendo esser follia por fede
nell'arbitraria volontà d'un solo,
di governar più facilmente crede
qual docil gregge un numeroso stuolo;
e acciò non sia chi gli osti in tal idea,
trovar miglior del Porco non potea.
Temea pertanto che la Tigre, infetta
di regie pretendenze essendo anch'essa,
per far più memorabile vendetta
della rivale sua, la Lionessa,
in se non meditasse il gran disegno
di formar nuovo separato regno.
Scusar voleasi il Porco, a cui molesta
è ogni incumbenza, ogni fatiga è critica;
e al Can dicea: Cosa ti salta in testa
d'aggregar anche i Porci alla politica?
E il Can: Esperienza, a quel ch'io veggio,
non hai del mondo ancor; tu vedrai peggio:
credi tu che politiche incumbenze
in corti animalesche, in gabinetti,
in pubblici congressi, in conferenze
non si maneggian spesso da soggetti
in paragon di cui tu co' tuoi pari
più fatto sei per maneggiar gli affari?
Scuotiti dunque alfin: nulla far vuoi,
acciò dei Porci ancor parli la storia?
E il Porco: ciascheduno ha i gusti suoi;
lascia a me l'ozio, e lascio a te la gloria;
tu piacer provi a fare il faccendiere,
e io trovo in non far nulla il mio piacere.
E il Can: M'avveggio ben che non presumi
come tant'altre bestie, e che diffidi
de' tuoi propri talenti e de' tuoi lumi;
ma se ardue cose odi vantar, deh ridi:
il mestier per cui credi acume e ingegno
richiedersi, in due motti io te l'insegno.
Ad altro stil l'indole tua natia
dalle usate abitudini non torco;
continuerai, come facesti pria,
a far la vita del beato porco.
Potrai, senza contrarre alcun legame,
mangiar, dormir, finchè avrai sonno e fame.
Fa sol quel che dich'io, nè fallerai;
lascia le cose andar com'esse vanno:
se andranno ben, tutto l'onor n'avrai;
se mal, la colpa i subalterni avranno:
gli animai per lo più guastar le cose;
natura al posto lor poi le ripose.
Basta per farti onor che ti procuri
per lo servigio solito ordinario,
due buoni appoggi solidi e sicuri,
un bravo cuoco e un bravo segretario,
l'un per gli affari e l'altro per la mensa;
e ciò da ogni altra cura ti dispensa.
Il mondo, Porco mio, va da se stesso,
e chi governa men, meglio governa;
e se me vedi attivo ed indefesso,
ciò vien da malattia innata interna:
ambo la causa pubblica con frutto
servirem, tu nulla facendo, io tutto.
Mentre il Can gia così sillogizzando
coll'ordinaria sua persuasiva,
il Porco, grufolando e bofonchiando,
sonnecchiava talor, talor grugniva;
stanco e noiato alfin d'ascoltar più,
disse: Giacchè la vuoi così, fa tu.
Uopo mica non è ch'io qui dimostri
che di ministri bestie il Can parlasse;
ma oh come idee dovria cangiar, se a nostri
tempi quel Can politico tornasse!
Pur veridico autor sempre s'adatta
all'idee di quei tempi onde si tratta.
Così quell'animal gaglioffo e immondo
per deferenza al Can fu aggiunto a lui
in qualità d'ambasciador secondo.
Molti ne mormorar, ma quei da cui
ben conosceasi il Can, dicean fra se:
Se il Can l'ha scelto, ei ben saprà il perchè.
L'Aquila nominò lo Struzzo e il Cigno:
canta questi che sembra un Marchesino,
ha bianche piume e aspetto uman, benigno;
or canta sol quando è a morir vicino,
allor sempre parlar cantando volle
alternando il diesis e il bemolle.
Ed esser dovea pur la bella cosa
un deputato udir che il suo parere
in mezzo a un'assemblea tumultuosa
espon cantando, e tutti allor tacere
per ascoltar del Cigno il dolce canto,
e non curar quel ch'ei si dica intanto.
Così folto uditorio e romoroso
s'acqueta e in gran silenzio ascoltar suole
o cantatrice o musico famoso,
senza punto badare alle parole;
e inver piuttosto ambasciador che canta
vo' udir, che quando frottole mi pianta.
Lo Struzzo è assai maggior; sì forte ha l'epa,
di stomaco e di fibra ha tal vigore,
che ingoja fin l'acciar, nè però crepa,
che pari a lui non v'ha digeritore:
e chi aspira all'onor di gran politico,
nè a digerir pigro esser dee, nè stitico.
Che politica è come una pietanza
dura, insalubre o che alteraro i cuochi;
ministri che abbian acido abbastanza
per digerirla, in verità son pochi:
buon gorguzzule aver convien, gran buzzo,
e sopra tutto stomaco di Struzzo.
Il re Drago inviò due gran Serpenti:
dolcissimo è l'un, candido e liscio,
con due begli occhi neri e rilucenti;
lo venera Ghinea, ne fe un Fetiscio;
di prosperità pubblica e di gioja
autor lo crede, e lo nomò Daboja.56
E il prete, ognor mendace, ognor creduto,
gli offre in ispose le fanciulle More,
e alla superstizion rende il tributo
che riservò natura al puro amore:
l'altro angue è color d'oro, e l'idolatra
Bachian, Banda, Tidor, Java e Sumatra.57
Poichè il Drago sapea che più malefici
sono i sudditi suoi che parlatori,
e perciò non orribili venefici
volle inviar serpenti ambasciadori,
ma i più docili, e a cui fornì natura
la bella squama e la gentil figura.
Ma ciò che sommamente in lor condanno
l'equivoca non è parca favella,
ma il sordo e basso strascinio che fanno,
l'ambigua marcia e i torti giri, e quella
insidiosa lor condotta obliqua,
infallibil segnal d'indole iniqua.
Oltre di ciò la tetra e la spiacente
traditoresca lor fisonomia
fa sì che chi ricontrali, risente
ribrezzo, abborrimento, antipatia,
più ancor dopo il famoso affar del pomo,
quando al mondo apparir la donna e l'uomo.
Inoltre ogni repubblica d'insetti
al gran congresso anch'essa inviar vuole
deputatelli ed ambasciadoretti
che suppliscon col numero alla mole;
e credean con istrepito indefesso
di far la lor figura in quel consesso.
Ed esiger volendo alcun riguardo
dalle gran bestie, almeno in apparenza,
s'attaccaro a talun grosso e gagliardo
ambasciador di qualche gran potenza;
onde da quei che ognor trovan difetti,
polipi diplomatici erano detti.