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Emilio De Marchi Oggi si recita in casa dello zio Emilio IntraText CT - Lettura del testo |
UN UOMO AMANTE DEL QUIETO VIVERE
(SCHERZO IN UN ATTO PER GIOVINETTI).
Don Tranquillo, signore sulla quarantina tra il linfatico e il bilioso.
Don Ippolito, suo cognato, deputato al Parlamento, carattere attivo e pieno di buon senso.
Il pittore.
Melchisedecco, servitore, ragazzetto non troppo furbo e non troppo svelto.
Avvertenze per la rappresentazione.
La scena è lo studio di Don Tranquillo, cioè un salotto con un unico ingresso e una finestra. C'è anche un caminetto nascosto da un telajo. Oltre ai mobili soliti d'uno studio (scrivania, libreria, libri. sedie, ecc.) occorre un'ampia poltrona a bracciuoli con cuscini.
Lo scherzo è ordito in modo che la rappresentazione si può fare in un angolo d'una sala grande, basta determinare la scena con qualche paravento opportunamente collocato.
Occorre anche un campanello elettrico, il bottone del quale si finge collocato a fianco del caminetto, un poco in basso, per la ragione che si vedrà.
Nella stanza vicina al teatro devono essere pronte alcune persone per eseguire tutti gli atti e i frastuoni delle ultime scene.
NB. Con pochi mutamenti il personaggio di Don Ippolito può esser trasformato con vantaggio in quello di Donna Teresa, moglie di Don Tranquillo.
SCENA PRIMA.
Don Tranquillo, poi il servo.
vestito in abito nero da gala, con guanti chiari o cappello a tuba entra agitando un parapioggia grondante. Mentre asciuga i piedi nella stuoia, grida:
Melchisedecco, Melchisedecco, dovo sei? Bel divertimento, proprio! un gusto matto! E lo chiamano progresso! Melchisedecco!
Viene avanti,
Il servo.
spiega l'ombrello e sta per collocarlo in un angolo.
Il Servo.
intende che debba chiudere l'ombrello.
Ah, scusi, aveva capito d'aprirlo....
Il Servo.
Ah l'uscio....
Coll'ombrello sotto il braccio corre a chiudere l'uscio.
E ora, apri bene le orecchie o ascolta quello che ti dico.
Il Servo.
torna correndo presso il padrone.
Che ne fai di questo ombrello? Mettilo giù.
Il Servo.
torna c.s. a collocare l'ombrello in un cantuccio.
Aperto....
Il Servo interrompendo.
Sissignore....
Dico se hai aperto le orecchie?
Il Servo.
confuso porta macchinalmente lo mani alle orecchie come se facesse l'atto di aprirle.
Bene, ascolta. Venisse anche il papa, venisse anche l'imperatore di tutte le Russie, guarda che non voglio essere più seccato.
Il Servo.
Dammi ora la mia veste di flanella.
Il Servo.
va per pigliarla, ma il padrone
Vieni qua, prima aiutami a levare questi guanti che mi fanno nascere le formicole nel sangue.
Colloca il cappello nuovo sulla sedia dietro il servo che tira le punte del guanto. Battono due colpi nell'uscio.
Il Servo.
Hanno picchiato.
Vorrebbe correre ad aprire, ma il padrone lo arresta per una falda della livrea.
Chi è? che un galantuomo non possa vivere un momento in santa pace?
Una voce di dentro.
Signor conte, c'è quel vecchio pittore che si raccomanda alla sua carità.
Anche i pittori adesso. Ho dato duecento lire al piovano perchè soccorra i bisognosi, Vada da lui....
quasi pentito della sua durezza
Più aspro.
Non potete intanto dargli da colazione?
Continuando da sè.
Più un uomo è amante del suo quieto vivere e più si direbbe che la gente abbia gusto di tormentarlo. Adesso levami anche questo.
Porge l'altra mano al servo che tira rovesciando il guanto.
asciugandosi la fronte e contorcendosi.
Son bagnato di sopra e di sotto, stretto, strozzato nell'amido, soffocato dal colletto, intricato nelle maniche.... Tira.
Il servo.
nel dar l'ultima strappata al guanto perdo l'equilibrio e va a sedere sul cilindro del padrone.
Don Tranquillo fuori di sè.
Asinaccio.... va a spaccar della legna.
Il servo piagnucolando.
Ho creduto che fosse una sedia.
Meriteresti....
A un tratto muta tono o si rabbonisce.
Ma non voglio arrabbiarmi, voglio essere filosofo a vostro dispetto. La prima e più sicura pace, ha detto un sapiente, è quella che viene da noi stessi. Io dirò dunque, per non guastarmi il sangue, coll'antico Epitetto: "Se il tuo servo sederà sul tuo cappello e lo schiaccerà, non meravigliarti. Non sapevi tu, uomo ragionevole, che il tuo cappello è di feltro e che il tuo servo è un balordo?" - Alzati, libellula, e va a pigliare la mia veste di camera.
Il servo.
si alza con un senso di paura.
Prende il cappello schiacciato, lo contempla un istante e mentre lo colloca sulla scrivania dice con serenità filosofica:
M'è capitato un bell'originale.
nell'atto di togliersi la giubba.
Aiutami a levare questo panno mortuario.
Si slaccia il colletto, infila la veste, mette al collo un fazzoletto di seta.
Dammi il mio berretto di lana.
Guarda se trovi la mia tabacchiera.
Il servo.
fa un giro intorno alla scrivania.
sentendosi volontà di starnutare si palpa indosso.
Il fazzoletto da naso, presto prest....
Il servo
corre col fazzoletto saltando sopra l'ombrello.
E ora....
con calma
Fortuna che è un uomo amante del quieto vivere; Dio mi salvi dai padroni furiosi!
Monologo di Don Tranquillo.
Si accomoda prima la veste indosso, fa un nodo al fazzoletto del collo, si schiaccia in testa la callotta, piglia un pizzico di tabacco, e con tono di filosofo rassegnato comincia:
Proprio un bel divertimento! crescentino era un paesetto quieto, solitario, quasi perduto in mezzo ai boschi, di costumi pastorali e semplici, dove un galantuomo amante del quieto vivere poteva sperare di trovare un vero e perfetto riposo nel seno innocente della natura.
Crescentino era un'oasi in mezzo a questo arido deserto che si chiama il mondo degli intrighi, dei pettegolezzi, degli affari, delle invidie, delle ambizioni, dove io venivo tutti gli anni in questa mia villa a rifarmi lo spirito nella contemplazione di queste praterie belle, verdi, fiorite,
le farà quasi vedere col gesto
dove non odi che il gorgoglio dei ruscelli, qualche gorgheggio o cip cip d'uccellino, e il dlen, dlen, dlen....
degli armenti pascolanti....
Rimane un istante come beato in contemplazione.
Ma era scritto che doveva spuntare anche per Crescentino il giorno del progresso. Mio cognato Ippolito, deputato. consigliere, segretario, tre o quattro volte cavaliere, uomo omnibus, venuto un giorno a far colazione da noi, scoprì che a Crescentino non c'era nemmeno una strada ferrata e una stazione.
Affrettando il discorso.
Presto, presto, carta, penna e calamaio, scriviamo una petizione al Consiglio di Stato, un'altra al Parlamento, si aprono sottoscrizioni d'azionisti; si facciano subito i rilievi, ed ecco arrivato il beatissimo giorno della inaugurazione.... S'invitano le autorità, la banda, ed il clero e cim e cim andiamo ad inaugurare il progresso di Crescentino.... Oh! un bel gusto: alzarsi presto, infilare l'abito a coda, i guanti chiari, metter tanto di cravattino bianco, per rimanere poi due ore e mezzo sotto la pioggia esposti ai colpi del vento, coi piedi nel fango, in mezzo ai villani che ti pigiano, ti urtano, ti ammaccano le costole e tutto ciò per il profitto di.... di.... di....
di prendere un bel raffreddore....
Melchisedecco, le mie pantofole! ....un raffreddore e forse anche una bron.... bron....
bronchite e tutto questo per il piacere d'intendere il signor vice - prefetto a proclamare il progresso economico delle nostre castagne. Bah! ne troveremo sette per guscio adesso.... e c'è della gente che si diverte! Povera umanità! Se Crescentino era prima un paesello simpatico ed idilliaco come un'egloga virgiliana, adesso colle sue quattro corse al giorno di arrivo e quattro corse di partenza, coi treni merce, gli espressi, gli straordinari, ecc., è un paesaccio come tutti gli altri. Anche quelle poche quaglie scapperanno via.
La mattina non avrai ancora aperti gli occhi che sentirai fiiii
di qui, poi di nuovo fiiii di là, poi dlen dlen, dlen dlen, dlen dlen
e poi ciuff.... ciuff.... bum.... bum.... La sera lo stesso;
starai per chiudere gli occhi quando di nuovo.... fiiii.... dlen, dlen, dlen.... perepèè bum, bum.... La domenica sarà un andare e venire di villani e di borghesucci festajoli
c. s.
che prima stavano a casa loro a rosicchiare castagne; d'autunno sarà una persecuzione di visite nojose, tutta gente che prima si contentava di scrivere e che adesso vorrà approfittare di questa comodità per riempirti la casa, per....
E queste pantofole?
Per me son dell'opinione del Chinesi, che dopo averlo provate le hanno strappate tutte le ferrovie. Gran paese la China! Vorrei anch'io poter innalzare una gran muraglia di porcellana intorno alla mia casa per tener lontani questi nuovi barbari del progresso. Mio cognato è di questi. Egli farebbe una strada ferrata anche sotto il tuo letto. E mia moglie gli va dietro, si scalda la testa e per qualche libro francese che ha letto, per qualche elogio che le hanno fatto i giornali, crede d'essere la regina Teodolinda.
- Melchisedecco, lumaca.
Mia moglie vorrebbe che anch'io mi agitassi, mi scalmanassi, mi facessi portare candidato in qualche cosa.... Io! pazienza benedetta! non mi fido nemmeno degli asini che mi portano e devo farmi portare dagli elettori!
Se è necessario soccorrere il poverello e far del bene al popolo, eccovi la mia borsa, pigliatevi pure un pezzo della mia terra, fabbricatevi pure scuole, asili, ospedali....
con rilievo
manicomi, fin che volete. Se vi son lagrime da asciugare pigliatevi pure tutti i miei fazzoletti o anche qualche lenzuolo, ma per carità, non mi seccate con idee incomode e ambiziose.
Mol....chi....sedecco! lumacone.
Don Tranquillo, il servo.
Il servo.
rientra correndo colle pantofole in mano.
E non ti basta di avere un nome lungo come il serpente boa che tu voglia essere lungo anche a servirmi?
Il servo.
Non sono ancora molto pratico della casa.
Don Tranquillo tra sè.
Ha fatto molto male a morire il povero Anselmo.
Al servo.
Animo, tirami fuori queste scarpe che sembrano due spugne.
Siede sulla poltrona e alza una gamba, Il servo nel tirare la scarpa trascinerà un poco anche il padrone e la poltrona sulle ruote.
Il servo.
La signora contessa mi ha detto di dirle....
Che cosa ti ha detto di dirmi? Una nuova seccatura?
Il servo.
Se deve invitare al pranzo degli ufficiali anche l'organista.
Tu vuoi dire al pranzo ufficiale. Dille che lo inviti pure. Per me son già malato d'indigestione. Anzi, aspetta; intanto che sono a tempo, scriveremo a buon conto a donna Teresa un bel bigliettino, come, qualmente....
Con un piede in una pantofola e l'altro calzato va alla scrivania e piglia la penna.
"Cara Teresa, per tua regola e norma io sono morto. Di' a tutti questi bravi signori, che mi dispiace tanto, ma non posso prendere parte alla nobile festa del progresso, perchè...."
S'interrompe e pensa
Che cosa devo dirle? se mi dò per malato mia moglie mi manda qui tutti i medici del Circondario. Ne ho riconosciuti tre nella folla.... E d'altra parte non ho proprio voglia di fare il grande cerimoniere....
Seguendo il filo de' suoi pensieri, si alza e viene più innanzi simulando una specie di ricevimento.
È un mestiere abbastanza nojoso quello del padron di casa in queste circostanze. Ti piantano sulla porta o mentre gli altri mangiano i tuoi sandwiches e bevono il tuo Marsala, tu devi fare riverenze a destra, riverenze a sinistra, salutare, chieder scusa, ringraziare, e non sai di che e perchè.... - Oh troppo onore! prego, prego, restino serviti. - Commendatore, anche lei? io sono mortificato. - Caro direttore generale! Avvocato, mi rallegro, ho letto il suo articolo sullo Scarafaggio.... Chi vedo, anche la baronessa Struzzi - Merluzzi.... Io son commosso.... Posso servirla in qualche cosa? un caffè, una tazza di birra? un sorbetto? un catino per la barba? uno scaldaletto? presto, Martino, Gaspare, Melchiorre, Baldassare, Melchisedecco....
Il servo.
Durante la scena era rimasto in piedi colla scarpa nelle mani, cogli occhi in aria. Sentendo il suo nome, si scuote da una specie di sogno e grida:
Che fai lì con una scarpa in mano?
Il servo.
Aspetto l'altra.
Hai detto alla signora Contessa ciò che ti ho detto di dirle?
Il servo.
Il signor conte non mi ha detto nulla da dire alla signora contessa.
Va a dirle dunque che t'ho detto di dirle che non posso salutare e ricevere quei signori, perchè....
Don Tranquillo, Don Ippolito, il servo
Don Tranquillo, siete qui?
Misericordia, mio cognato.
Perchè vi siete chiuso dentro? vi sentite male?
Presto, tira avanti la poltrona....
Il servo.
mette la scarpa sotto il braccio e spinge la poltrona verso il caminetto.
zoppicando, come se avesse male al piede.
Il servo.
piega l'ombrello e va per aprire.
Lo richiama.
Il servo.
colla scarpa e l'ombrello sotto i bracci torna indietro.
Il servo
nel prendere il cuscino lascia cadere l'ombrello in terra.
Presto, serpente boa.... e ora sta attento.
Siede, mette il piede sul cuscino.
Il servo.
Dirai a tutti che mi son fatto male.
Il servo compassionando.
Sta zitto. Dirai che un asino poco fa nella folla ci ha camminato su.
Il servo.
Il servo.
Un asino, sissignore, anche alla Contessa.
All'asino, sissignore.
Nell'uscire.
Intanto l'asino sono io.
Apri, fa presto....
Tra sè.
È scritto nel libro del mio destino ch'io non abbia mai da avere un minuto di riposo. Un'altra volta voglio nascere frate. Ma fingeremo d'aver un piede ammaccato....
Don Ippolito e Don Tranquillo.
Si può venire?
raccoglie l'ombrello caduto in terra e lo colloca in un cantuccio.
Mi rincresce disturbarvi, Vostra moglie vi cerca per mare e per terra, caro don Tranquillo, Ha cento cose da dimandarvi.
A me basta questo piede da grattare.
Che ci avete fatto a quel piede?
Non sapete! poco fa, laggiù, nella folla, una bestia ferrata l'ha creduto un ciottolo.... e paf! sicuro.... Un male, vi dico, che fa vedere tutte le stelle come un telescopio.
O diavolo, vi siete fatto molto male? Lasciate vedere.
Ahi ah! non toccate.... La bestia dalle lunghe orecchie ha voluto vendicarsi.
Ora che hanno fatta la ferrovia ci sarà meno lavoro per lei; e poichè si sa che anch'io sono azionista.... ahi! ahi!
Volete che faccia venire il dottor Cerotti? è qui.
No, no, è quasi passato: è una semplice contusione. Vedete la differenza, cognato mio, tra noi; io li porto gli asini, e voi.... vi fate portare.
Pare che il vostro piede non v'impedisca di fare dello spirito. Comincio quasi a dubitare che sia un male, dirò così, diplomatico.
Pigliatelo come volete, ma non toglietemi alle mie pantofole.
E se invece io vi pregassi d'un piccolo sacrificio?
Volete che io sottoscriva ancora diecimila lire per una strada ferrata nelle nuvole?
Vi ringrazio: nelle nuvole ci si va anche senza strade. Vengo a darvi la bella notizia che avremo tra i nostri invitati anche il Segretario generale del Ministero dei Lavori Pubblici.
Davvero? è un onore che mi fa dolere anche l'altro piede.
Io devo molta gratitudine al Segretario generale perchè, si può dire, è merito suo se Crescentino oggi ha una strada ferrata.
Davvero? se mi capita nelle mani sta fresco.
Egli viene apposta per voi.
Per me? io non ho strada in aria.
Nella mia molto specificata relazione al Ministero, intorno all'esecuzione di questo nuovo tronco che allaccia Crescentino coi principali centri industriali dell'Alta Italia....
....insieme ai sacrifici compiuti dai diversi comuni ho dovuto naturalmente tener conto delle offerte dei privati e specialmente di quelle date a premio perduto. Quindi il vostro nome figura primo nella lista.
Dovevate dire ch'è stata mia moglie.
O voi o vostra moglie poco importa nel caso nostro. Il fatto è questo: che Sua Eccellenza il Ministro, sensibile come sempre per tutti coloro che cooperano direttamente o indirettamente alla prosperità e al miglioramento morale e materiale del paese, ha preso nota della mia relazione e
con rilievo
vi manda oggi per mano del suo Segretario generale le insegne di cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro....
Ahi! ahi! queste sono pugnalate al cuore d'un galantuomo che ama il suo quieto vivere. Caro cognato, e non potreste pigliarle voi queste insegne?
Vi farei volentieri questo piacere se potessi.
E perchè non potete?
Son già cavaliere.
Guarda che disgrazia! anche questa mi doveva capitare quest'oggi.
Io capisco, caro cognato, che un uomo possa amare il suo quieto vivere; ma ci sono dei doveri sociali, ai quali un buon cittadino non può sottrarsi senza incorrere nel biasimo delle persone oneste.
Tra i doveri del buon cittadino mettete anche quello di lasciarsi crocifiggere?
Capisco la semplicità della vita o dei costumi, ma guardate che questo eccessivo amore al riposo non sia poi in fondo della poltroneria bella e buona. E la poltroneria è sorella dell'egoismo.
Non è la prima volta che noi disputiamo su questo argomento o pur troppo, come due filosofi di scuole diverse, siam fatti per non intenderci. Voi avete scritto (scusate la mia franchezza), sulla vostra bandiera: Seccare il prossimo come sè stesso. Io invece: Vivere e lasciar vivere. Son due bandiere che possono liberamente sventolare all'aria libera. Io non impedisco che voi conduciate in casa mia non soltanto il Segretario generale, ma anche il Ministro se vi garba, il prefetto, il maresciallo e tutta la guarnigione di terra e di mare, non esclusa l'artiglieria e qualche fregata. Similmente non impedisco a mia moglie d'invitare non solo il sindaco e il segretario comunale, ma anche, se occorre, l'organista, il sagrestano e il facente funzione di vice - campanaro. Ma invoco per me.... un pajo di pantofole.
Don Ippolito un poco irritato.
Nessuno vuol rubarvele le vostre pantofole.
Ma non posso ricevere quei bravi signori in questo arnese.
Non vi manca nemmeno un pajo di scarpe.
Don Tranquillo più eccitato.
Mi manca la volontà di metterle.
Son cose di convenienza, meno faticose di quel che credete.
Ho io cercato qualche cosa al signor Ministro?
E allora perchè siete venuto al mondo, se vi seccano tanto gli uomini?
Ho io domandato al buon Dio che mi mettesse al mondo?
Voi fareste uscire gli usci dai gangheri.
E voi pure se la mia pazienza non avesse gangheri d'acciaio.
E non vi pare che per troppo amore al vostro quieto vivere facciate vivere molto incomodamente gli altri?
Lasciatemi nel mio guscio.
Forse che è minor fatica calzare una scarpa, infilare un abito, che fingere la parte di zoppo, tossire e starnutare per forza, inventare bugie e paradossi, tormentare il vostro servo con centomila bisognini e fare innanzi al mondo la figura d'un orso selvatico?
E aggiungete: ascoltare delle prediche noiose....
....con citazioni.
Voi non siete un egoista, no....
Meno male.
Il vostro cuore è aperto a tutti i buoni affetti del bene.
Don Tranquillo con ironia.
La vostra mano soccorre e benefica largamente; ma avete un gran torto....
Don Tranquillo c. s.
Oh, oh!
Invece di lasciar venire da sè quella pace che tien dietro naturalmente ad ogni buona azione, vi affaticate a cercarla dove non c'è....
Dove?
Nelle pantofole.
Ah cognato! che direste di me s'io vi rinfacciassi tutto quel che penso di voi in questo momento?
Avrei la pazienza d'ascoltarvi e di perdonarvi.
Credete forse che non vi sia un mestiere più degno di un libero cittadino, di quello di mettere il naso
con sarcasmo
nelle pantofole altrui!..
Scusate, non lo farò più. Dirò dunque al Segretario generale che una bestia ferrata....
Come vi piace. Dirò che un asino vi ha morsicato....
Don Tranquillo solo
agitato, fuori di sè, passeggiando in fretta e zoppicando senza accorgersi.
Egli ha voluto fare della satira e della morale, egli l'uomo indispensabile, l'uomo omnibus, il seccatore perpetuo, il distillatore del buon senso, il sale, la canfora della virtù. E a un povero uomo non deve essere concesso di vivere a modo suo, in casa sua, no, no....
Abbiamo fatto il quarantotto, il cinquantanove, il sessanta per conquistare questa santa libertà
stringe tra le due mani la callotta
e sono questi signori liberaloni, che non permettono a un galantuomo di morire senza la croce di cavaliere. No, ci deve essere una croce prima di morire e una croce dopo sul tuo povero corpo....
Butta in alto la callotta. Scalmanato.
Melchisedecco! Mi sento già la febbre addosso, son rauco, ho freddo; ma no, miserabile, tu non hai più diritto di avere i polmoni in disordine, di tossire e di star.... star....
I tuoi polmoni sono proprietà del ministro dei lavori pubblici, e il tuo stomaco è una assicella per l'esposizione delle decorazioni e delle Grazie Ricevute. È un'infamia, un'ignominia, una barbarie che l'eguale non si è data nemmeno ai tempi dei Goti, degli Ostrogoti, dei Visigoti,
Melchidesecco! (Nota bene l'errore).
Pigliando la giubba nera dalla sedia.
Volete decorare il mio palandrone? pigliatelo!
Getta il vestito contro l'uscio.
Pigliatevi anche la mia pelle e fatene il
Più rauco ancora.
Cercando intorno.
Non c'è più nemmeno un campanello! Una volta c'era un cordone qui.... Melsidechecco! sei qui, visigoto?
Don Tranquillo e il Pittore.
Il pittore.
È un vecchio malvestito, con una barba lunga e un'aria di mattoide. Ha sotto il braccio una cartella. Parla con voce flebile, riscaldandosi di tempo in tempo fino all'entusiasmo.
Sarei un uomo tinto della più nera ingratitudine se io partissi da questa casa senza aver baciata la mano del mio generoso benefattore....
Di che cosa? chi siete? che cosa volete?
Il pittore.
Io sono quel vecchio pittore, Agenore Mangiastoppa, al quale la Signoria Vostra Illustrissima ha fatto avere un sussidio.
Andate alla parrocchia, non mi seccate....
Il pittore.
Sono già stato. Bastò ch'io pronunciassi il nome della Signoria Vostra Illustrissima perchè ottenessi un largo sussidio a' miei bisogni non solo, ma la commissione di una Via Crucis....
Bene, mi rallegro: andate in santa pace....
Il pittore.
No, io sarei un uomo tinto della più nera ingratitudine se partissi da questi luoghi senza aver baciato almeno il lembo del mantello di colui che mi ha salvato dall'abbiezione....
Scusate, ho gente, ho molto da fare....
Il pittore.
riscaldandosi nel discorso.
Non è vero che il mondo sia popolato soltanto di serpi invidiosi e di ipocriti coccodrilli. V'è ancora qualche essere degno dell'ammirazione e dell'adorazione dei posteri.
Vi ringrazio.... A rivederci....
Tra sè.
Che peccato quasi di non essere un coccodrillo.
Il pittore.
Non ho voluto partire da questi paesi senza dare prima al mio generoso Mecenate un segno della mia abilità,
Comincia a sciogliere i nastri della cartella.
Io ero nato per percorrere la strada luminosa della gloria. Fin dagli anni più teneri una voce segreta andava dicendomi:
Cammina, la tua strada è quella che hanno tracciata prima di te i Raffaelli, i Tiziani, i Michelangieli, i Van Dyck, i Rubens, i Murillo.... ma ahimè! il bisogno, le malattie, il tradimento o la verde Invidia dei maligni mi hanno ridotto a campare quasi di elemosina. Ma in mezzo a tante miserie non è spenta in me la viva scintilla dell'arte, no, no.... e quel giorno ch'io potrò immortalare in un ritratto le sembianze del mio benefattore, quel ritratto sarà per me il monte della gloria.
Abbandonandosi nella poltrona e sospirando.
O divina pazienza! egli comincia da me
Il pittore.
Io sono nato il 10 agosto 1831 da poveri ma onesti genitori.
Adesso mi racconta tutta la sua vita.
Il pittore.
Mio padre faceva l'arrotino e mia madre lavava le robe di colore. Di qui la mia vocazione.
Oh in nome del cielo! non ho tempo di ascoltare queste favole.
Il pittore.
Favole? ah fossero favole, eccellenza! Fosse una favola questo mio viso macilento, questo mio abito logoro, queste mie scarpe che ridono e piangono sul mio destino. Fosse una favola il tradimento che mi hanno fatto nel 1867 quando per una congiura di potenti invidiosi mi fu tolto il premio che il voto unanime del popolo aveva assegnato al mio Trionfo dei Salamini.... Quel giorno che ai miei Salamini, dipinti col più classico stile che uscisse dalla scuola dei Canova e degli Appiani, preferirono uno scarabocchio di un certo Hayez, quel giorno che preso un affilato coltello io feci a pezzi i miei Salamini che mi erano costati un anno di studi.... quel giorno fu l'ultimo della mia vita. Io non sono più un uomo, un artista, un vivo.... Io sono lo scheletro, l'ombra di me stesso.... - Ma anche in questo scheletro palpita il sentimento dell'arte o della riconoscenza, o se la Signoria Vostra illustrissima vuol compiacersi a scorrere questi miei lavorucci....
Don Tranquillo tra sè.
(Pigliamolo colle buone.) - Potete, Mangiastoppa, lasciarmi quella cartella per qualche giorno? io vedrò, sceglierò, e vi prometto che riconoscerò generosamente i vostri meriti sconosciuti. Questa è la sorte dei genii. Anche Torquato Tasso morì in un ospedale! ma dopo la morte un glorioso tempio accoglie gl'immortali che hanno lasciato dietro di sè la traccia luminosa del loro genio.
Il pittore entusiasta.
Sì, un tempio.... oh fosse vero che io potessi salire i gradini di quel tempio....
Don Tranquillo tra sè.
Il pittore.
Potessi vedere una parete di quel tempio decorato de' miei Salamini.... voi sapete, Eccellenza, la storia dell'antica vittoria riportata dai Greci contro il re persiano Serse nel golfo di Salamina.
La so benissimo. Ma io avrei un argomento ancora più grande da suggerire al vostro genio,
Il pittore.
Quella è storia antica, passata e trapassata e non rappresenta infine che il trionfo della forza materiale: ma accostatevi a quella finestra. Che cosa vedete voi? Ecco lontano una nuova stazione di ferrovia; ecco un viale addobbato a bandiere e una gran tavola preparata. Questa è la festa della pace, dell'industria, del lavoro: questa è la grande vittoria dei Salamini moderni....
Il pittore.
preso da improvviso entusiasmo.
È vero! una nuova via si schiude davanti a me.
Eccovi la porta, non perdete tempo. Fatemi uno schizzo di questi nuovi Salamini e avrete in me un generoso protettore.
Il pittore.
Io sarei un uomo tinto dalla più nera ingratitudine se tardassi un momento a compiacere alla volontà di un signore che quasi nuovo sole viene a rischiarare la strada della mia gloria.
Vi ringrazio....
Il pittore.
Mi sia intanto concesso di baciare questa mano che mi toglie dal fango. Voi siete per me il mio Leone X.
Dio lodato, se ne va. Se rimaneva un poco ancora mi faceva scoppiare come una vescica. - Ora vediamo se ci riesce di stare in pace un momento.
Cercando intorno.
Una volta qui c'era un campanello. In questa casa non c'è più ordine e chi comanda meno è il padrone.
Melchisedecco....
Don Tranquillo e il servo.
Eccomi.
Chi ha levato il cordone del mio campanello?
Il Servo.
Ella sa: ora c'è il campanello elettrico qui....
Indica il luogo presso il caminetto.
non volendo ascoltare.
Che elettrico! vieni qua. Conosci tu i denari?
Toglie dal taschino del panciotto alcune monete.
Il Servo.
Un poco.... di vista.
Quante lire sono queste?
Una, due, tre, quattro lire d'argento.
Piglia, son tue.
Mie?
Tue, a un patto, che tu faccia tutto ciò che ti dico....
Il Servo.
A ogni frase del padrone dirà: Sissignore.
Uscirai. Chiuderai l'uscio con due giri di chiave: metterai la chiave in tasca: senza lasciarti vedere da nessuno andrai all'osteria del Falchetto: e beverai alla salute del tuo padrone, fin che hai un soldo. Non tornerai che quando sarà bujo fatto.
Il Servo.
Sissignore. (È un bel matto).
E se ti chiedono di me, di' pure che ho un febbrone di quaranta gradi.
Il Servo.
Sissignore.... e il vino lo bevo rosso o bianco?
spingendolo verso la porta.
Andiamo, to' la chiavetta, va fuori, chiudi....
gira la chiave.... un'altra volta.... crac.... Così.
Con un sospirone.
Ah! vediamo ora chi avrà coraggio d'entrare. Il signor Segretario generale, immagino, non vorrà passare per il buco della chiave. - Per le corna e per la coda del diavolo! bisogna proprio che un uomo si faccia chiudere in casa per salvarsi dalle persecuzioni?
Accomodandosi le pieghe della veste.
Vediamo ora se ci riesce di leggere una pagina del mio vecchio Virgilio.
Siede sulla poltrona e stende le gambe.
Benedetta pace! e dire che si sta tanto bene colle gambe distese, tra i suoi libri, colla coscienza tranquilla. Che cerco io agli uomini? lascio loro le locomotive, i telegrafi, i telefoni, le torpedini, la polvere, la dinamite e tutte le diaboliche invenzioni che fanno rumore....
A questo punto risuona nell'interno uno scampanio a festa.
....le campane....
Si rannicchia nella poltrona e prende un libro, legge forte:
"Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi.
"Silvestrem tenui musam....
- Una volta le campane suonavano solamente per i santi, adesso suonano anche per il diavolo.
"Silvestrem tenui musam...."*
Appoggia un orecchio contro la poltrona.
Se si può tornerebbe a tempo un bel colpo di mortaio.
rivoltandosi nella poltrona.
Anche i mortaj! E chiamano questo un far allegria.
Risuonano molto grida di evviva.
Colle cocche del fazzoletto si tura le orecchie e torna a leggere più forte.
"O Meliboee, Deus nobis haec otia fecit
Namque erit ille mihi semper Deus: illius aram.
Saepe tener nostris ab ovi....li....bus...."
Risuona in mezzo agli evviva una banda campestre.
Buon Dio, perdona loro perchè non sanno quel che suonano. Di legger non c'è maniera. Vediamo so almeno ci riesce di dormire.
Colloca una sedia presso il caminetto, e sopra mette un cuscino della poltrona in modo che si appoggi al bottone del campanello elettrico. Accosta un'altra sedia, sulla quale si siede o si sdraia, appoggiando la testa sul cuscino. Il campanello vibra. Don Tranquillo alza la testa un momento: il campanello cessa di suonare. Ripone la testa e il campanello torna a vibrare. Prende un altro cuscino, se lo mette sulla faccia. Per un quarto di minuto gli evviva, le campane, la banda, i mortai e il campanello elettrico fanno un chiasso indescrivibile.
Don Tranquillo, Voci dal di fuori.
con voce soffocata e piagnucolosa.
Quale delitto ho io commesso ne' miei giovani anni, perchè debba scontarlo con questo inferno anticipato? quando ho io strappata la coda a una gallina, un'ala a una mosca, un pelo a un gatto? Ho io forse scritto dei poemi o delle tragedie noiose? ho io fatto mai dei discorsi politici agli elettori, dando loro a intendere lucciole per lanterne?
Don Tranquillo! - Signor padrone! - Signor conte! - È lei che chiama? - Si sente male? - Apra.
È caduto sulla sedia, gli è venuto male: presto, scassinate l'uscio. Un fabbro, un fabbro.
Si vuole anche scassinare l'uscio! un libero cittadino non è più sicuro nemmeno sotto due giri di chiave? Guerra per guerra! Voi adoperate i vostri grimaldelli, io edificherò le mie barricate.
Spinge la poltrona contro la porta: vi ammucchia alcune sedie rovesciate, e sopra vi pianta l'ombrello aperto.
La disperazione dei popoli è il castigo dei tiranni. Ma che sento di qua?
Verso la finestra.
Misericordia! il giardino è pieno di gente d'ogni colore. Tutti corrono verso la casa. Portano una scala. Ecco là il signor segretario, il prefetto, il dottore, mia moglie, il campanaro. Cani barbini! danno la scalata alla finestra.
Sta un momento riflettendo, gira gli occhi intorno e trovata l'idea esclama:
Ingrata patria tu non mi farai cavaliere.
Toglie in fretta il telaio del caminetto e vi si rannicchia dentro, nel momento che Don Ippolito, spalancato l'uscio, si affaccia dietro la barricata.
Don Tranquillo e Don Ippolito.
Don Tranquillo, dove siete? Cospetto! Egli era qui poco fa e se non è uscito dalla finestra.... Guarda, guarda: sembra la stanza delle streghe dopo la tregenda del sabato. Non si potrebbe essere più amanti dei propri comodi che mettendo le sedie colle gambe in su.... Don Tranquillo, dove vi siete cacciato voi? Nel cassetto, nel calamaio?
Il telaio del caminetto si muove: Don Tranquillo nascosto dietro cerca di fuggire per la porta; ma trova il passo barricato. Non volendo che Don Ippolito si avveda di lui, si ferma appoggiato al muro. I due attori per un momento possono continuare la burla, traendo profitto dalle condizioni della scena. Finalmente Don Tranquillo lascia cadere il telaio e si rizza indolenzito col muso nero di fuliggine.
Da che parte venite voi, caro cognato? Ah! ah! So di morti che sono usciti dal loro sepolcro, ma di gente nata da un caminetto, proprio non ho mai sentito parlare. O che muso, cognato mio! non avete uno specchio?
con voce d'uomo sofferente
Tacete, nell'andar là sotto ho battuta la testa nel sasso. Mi sento tutto quanto dinoccolato. Colpa vostra! vi avevo pregato di lasciarmi stare.
Voi ci avete fatto un gran spavento col vostro campanello.
Io non ho suonato campanelli.
Va a sedersi sulla sedia presso il caminetto e il campanello vibra.
Va verso l'uscio per avvertire i servitori che non c'è bisogno di loro.
saltando su, butta in terra il cuscino.
Anche questo un frutto del progresso! Un pover'uomo non può sedersi senza farlo sapere a tutto il mondo. Se si va innanzi così ci metteranno una locomotiva nella pancia, e un campanello elettrico per orecchio.... Ecco l'uomo dell'avvenire! ma per quel tempo io spero d'essere morto.
Zoppicando va a prendere una sedia della barricata e la trascina avanti senza accorgersi che manca del cuscino. Il pubblico lo vedrà.
Continuando nella sua malinconica querela:
Là, due braccia sotto la terra, nessuno ti secca più con sottoscrizioni, e decorazioni, e mortaj e campane, e campanelli Là puoi stare in pantofole fino al giorno del giudizio, in cui il Signore Iddio ti giudicherà secondo i meriti tuoi. In quel dì io non chiederò al buon Dio che un angolo quieto, tra una nuvola e l'altra, là dove si possa contemplare da lontano e in pace la gloria del Paradiso.
Quasi commosso.
Per avere quel posticino non mi farebbe nulla di morire stasera e lasciar tutto il mio in elemosina ai poveri.... Quale beatitudine di poter sedersi....
Così dicendo si abbandona sulla sedia e cade nel vuoto del fusto. Grida:
Don Tranquillo, Don Ippolito e il servo.
Don Ippolito e il servo corrono, E aiutano a tirar fuori Don Tranquillo. Il servo ha sotto il braccio la scarpa del padrone.
O me infelice!
Il servo.
Non si spaventi, caro padrone: ho già bevuto alla sua salute.
zoppicante, sconnesso, con una mano sul capo, l'altra sulla coscia, dice con voce da moribondo:
Tacete, conducetemi in letto. Chiamate il notajo. Voglio far testamento. Voglio morire.
Il servo accompagna via Don Tranquillo sorreggendolo.
rimasto un poco indietro, esclama verso il pubblico:
Povero uomo, mi fa pietà, Forse egli ha imparato a quest'ora che il miglior modo per riposare è di lavorare e che la pace.... non viene in pantofola.
FINE.