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Ernesto Ragazzoni Buchi nella sabbia e pagine invisibili IntraText CT - Lettura del testo |
che il cielo la terra importuna
col lampo d'innumeri occhiate,
– occhiate di stelle! – e le cose
(che troppo si sentono addosso
mal dormono un sonno commosso,
è allora che vengono fuori,
e, a un fiume che sanno, in pianelle,
nell'acqua. Bocconi, alla scabra
han liquido un cielo alle labbra.
– offerto al lor giubilo – il lume
dei mondi lontani e le ghiotte
nell'acqua ove nuota, la notte,
il fosforo e l'or delle sfere.
castel che si dondola in aria,
e le principesse lontane.
si lanciano a schiudere breccie
nel ciel, verso cieli ignorati,
non mai, con lo scettro nel pugno,
dal grembo dei verni tremanti.
è sol per gonfiarsene i sogni.
che insegne d'ostiere han per bussola
e donchisciottini ben cauti
impantofolati di mússola,
sen vanno – nel grado opportuno –
Tra i nembi a ghermirsi il suo mondo,
per gioghi intentati altri salga;
piú giova cercarselo al fondo
d'un flutto, tra qualche fil d'alga;
e quelli – a portata d'un sorso –
d'ebbrezze ne han mille milioni,
(quanti Aldebarani in lor corso
sommersi fantasmi degli astri,
per loro han piú fascini e lacci
degli astri viventi, i grand'astri.
Borbottano l'acque. Dai margini
s'allungan le lingue volubili,
Gorgogli, glu-glu (giú pei vicoli
dell'epa) di gocciole garrule,
arpeggi qua e là – dai ventricoli –
di blandule bolle bizzarrule.
raccolti ad abbeveratoi,
d'alcun che tropp'avido ingoi.
Null'altro nell'ombra s'intende;
null'altro, se non questa sola
orchestra di fauci in faccende,
E quelli tracannano, e dalla
che in gocciola al labbro s'approccia,
tal bacio che s'offre, e non sboccia.
il mento i beventi, ed il naso,
un cielo in lor credono chiuso,
e (quasi s'avessero i mondi
nell'acqua de' lor ventri tondi,
com'entro un boccal, pesci rossi),
ed empiono l'ombra di ciancia,
di cui hanno gonfia la pancia.
Ognun sembra in estasi, ognuno
– Me Venere inzuppa! – Portento,
traspiro Mercurio! – Ed io Marte!
filtrarmi nel cor da ogni parte!
Io Giove! – Altair! – Vega! – Arturo!
strillando proclama: – Vi giuro,
che in corpo ci ho l'Orsa Maggiore!
– Che buona, Alcïone! – che aroma
– È come un sciroppo, la chioma
– Per me, questo infuso di sfere
virtú dïuretiche ha rare...
– Sui piedi – volete vedere? –
vi sprizzo la Stella Polare...
Le voci s'incalzano, e un dotto,
il labbro leccandosi tumido,
che valga un Empireo in umido...
quant'ora, in quest'otri elegiaci?
Cosí, cotti a punto, i compari,
si danno a una danza simbolica,
coll'arte e la grazia raccolta
d'idropici ch'abbian la colica;
fra i timi squillando – per loro! –
Li vidi una volta... E – Ben giunto
– l'un d'essi mi disse – fra noi...
L'inter firmamento abbiam munto...
Ma ancor stelle restano. – Vuoi?
– Vuoi tu con noi scendere? Mentre
sei qui, puoi levartene l'uzzolo.
Mi senti un tintinno nel ventre?
Son stelle sonanti. Ne ho un gruzzolo.
– Ve n'hanno di bianche, di gialle,
di rosse; infinite ne sgorgan,
scarselle di Carnegie e di Morgan.
cosí vai agli astri, e d'avena
celeste cosí ci s'impingua....
Parlava, ed or quella ed or questa
di stelle m'offerse: una ad una...
Ma dissi di no. – Nella testa,
ci ho già, che mi gira, la luna...