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Ernesto Ragazzoni Buchi nella sabbia e pagine invisibili IntraText CT - Lettura del testo |
I. I vinti
Dinanzi al palazzo Salmatoris a Cherasco, il 27 aprile 1796 (8 floreale anno IV della Repubblica francese) dove il generale Bonaparte, comandante supremo dell'esercito repubblicano in Italia, ha stabilito il suo quartier generale. Sotto un cielo grigio, freddo, basso, gonfio di pioggia la giornata volge al tramonto. Cittadini d'ogni classe si aggruppano curiosando, attendendo, interrogando e nella piccola folla si trova ripercosso il pauroso stupore che in tutto il Piemonte ha diffuso la fulminea conquista. In quindici giorni, i trentacinquemila sanculotti laceri, scalzi, affamati che il «giovane côrso» ha messo in campagna, senz'altri fondi che i due mila luigi da lui portati da Parigi nella sua vettura, hanno ridotta a nulla la forza dei sessantamila austro-sardi disciplinati ed ordinati di Beaulieu e di Colli. Il fulmine ha percosso a Montenotte, a Dego, a Millesimo, a Ceva, alla Cosseria, a Mondoví; Alba, in un impeto di esaltazione si è proclamata a repubblica; il generale Colli si è ripiegato a Fossano e Bonaparte, occupato Cherasco, ha inviato di qui un suo imperioso «ultimatum» alla Corte di Torino la quale, sgomentatissima, presa tra il flagello dell'invasione e quello della rivoluzione interna, senza piú alcun appoggio nell'infida alleanza austriaca che rende vano il valore piemontese, si trova ridotta a sottostare ai durissimi patti. Tutta la giornata è stata una giornata di dubbi, di ansie, di timori. Ingrandite dalla paura corrono le piú strane dicerie.
– Se non viene subito una risposta da Torino bombarderanno la città... – la bruceranno! – Hanno portato via le campane per fonderle e farne dei cannoni! – Dicono che fucileranno i prigionieri! – Oh! oh!... ma non sono poi mica diavoli questi francesi! – Ma sono giacobini! – Hanno fatto la festa al loro re, figurarsi se avranno riguardi per noi! – Chiedete a quei di Mondoví che cos'hanno fatto! – Eppure, ieri ho visto io un accidente di caporale che l'avreste detto un brigante al primo aspetto, che si teneva sulle ginocchia uno dei nostri bambini e lo imboccava di pappa con una pazienza da nonno.
(Ognuno ha il suo caso terribile o curioso da raccontare. Di lontano, frattanto, giungono a quando rulli di tamburi. Pattuglie di soldati rivestiti di lunghi abiti azzurri rappezzati, col petto traversato da larghi budrieri bianchi, con immensi cappelli a mezzaluna in capo, – l'uno dei corni basso sulla fronte, l'altro sulla nuca, – passano tra un tintinnare ed uno sballottare di sciabole, di giberne, di corregge di fucili. Alcuni carriaggi, vuoti e mezzo sfondati, sobbalzano sul selciato seguiti da frotte di monelli chiassosi, felici di «vedere la guerra». All'ingresso del palazzo, vigilato da alte sentinelle colla baionetta in canna, è un continuo andirivieni di staffette. Una giunge a cavallo a spron battuto, e scompare nell'androne tempestando intorno pillacchere e fango).
Nella folla, per varie voci, si diffondono le impressioni: – Eccone uno ben conciato! Avete visto? Tra lui e il cavallo sembrano essersi tirati dietro un pantano! – Ci si deve affogare nelle strade con queste pioggie! (Qualche naso si volta in su a strologare il tempo) – To', e adesso ricomincia! – Par d'essere in novembre! – (Qualche mano si stende a tastare le gocciole) – E nevica, anche! – (In certi gruppi piú gravi l'arrivo della nuova staffetta desta riflessioni piene d'ansie e di preoccupazioni) – Certo viene da Torino. Chissà che cosa si macchina laggiú! – C'è poco da macchinare, c'è da fare quello che vogliono questi qui, i giacobini: cedere! – Il re forse lo vorrebbe; ma il principe Carlo Emanuele, ma il duca d'Aosta suo fratello che amano i repubblicani come il fumo negli occhi? – E allora vedremo i francesi marciare su Torino! – ... E la rivoluzione scoppiare in tutto il Piemonte... Avete visto che cosa è successo già ad Alba? – Pazzie da forca! – (Foglietti di proclami circolano di mano in mano. – Si sente una voce leggere forte:) — Ridestatevi dunque e contribuite ciascuno nella misura delle vostre forze e dei vostri mezzi a compiere una rivoluzione che farà la vostra felicità e quella delle generazioni future. Salute, coraggio e libertà! (Clamori, discussioni) – E di chi è la predica? – Di quei d'Alba! – È il proclama di Ranza, Bonafous, Rossignoli, Trombetta... – Tutti matti che guariranno con un giro di corda intorno al collo! – Hanno proclamata la «caduta del tiranno Vittorio Amedeo e la sovranità del popolo»! – Hanno piantato l'albero della libertà! – Vi penzoleranno appiccati! – E l'arcivescovo ha cantato in duomo un Magnificat solenne! – Già, il famoso Ranza ha trovato che il solito Te Deum è stato troppe volte profanato dai realisti! – Vorrei vedere che cosa faranno quei d'Alba colla loro repubblica! – Il gioco dei francesi, si capisce. – Largo, largo! – (Curvi sotto fasci di paglia, quindici, venti soldati passano correndo – Un sergente colle spalline color piombo, una gran sciabola a fodero di cuoio che gli batte bassa sui polpacci, e un cappello a piume rosse in testa, fa il galante in un crocchio di ragazze che si tirano l'una dietro l'altra scontrose e ridono – Tre cavalli attaccati ad un pilastro scalpitano. È l'ora in cui accanto ai picchetti d'armi, nei bivacchi lungo i bastioni e nelle piazze si cominciano ad accendere i fuochi sotto le magre marmitte che fumano. Dinanzi al quartier generale i curiosi levano ora alti stupori al passaggio di due suore che tenendo ciascuna per mano i capi di un grosso paniere si avanzano verso il palazzo Salmatoris, parlamentano colle sentinelle, ed entrano) – Capperi, che buon odore di pasticcini! – Eh, eh! le suore fanno la corte ai generali giacobini. Ecco che li regalano delle loro cialde... – La specialità del convento! – Si trattano bene al quartier generale! – La cantina di casa Salmatoris ha dell'Asti squisito. – In ogni caso, non si può dire che i capi ingrassino! – Avete visto quello giovane? – Il generalissimo? – È magro che fa spavento! – E come è giallo! – E come è brutto! – Ma ha due occhi... due occhi che vi mangiano quando vi guardano!... – Ha un nome italiano. – Credete che valga piú di Beaulieu? – Poiché lo ha battuto! – Ma perché Beaulieu ci si è messo di mala voglia, perché Beaulieu ed i suoi austriaci, bisogna dire la parola, ci hanno traditi! – Vedremo che cosa saprà fare... – Se campa, perché con quella faccia non mi ha l'aria di poter tirare innanzi un pezzo! (In un gruppo, l'odore di pasticcini freschi che ha solcato l'aria dietro le due suore, richiama nella mente mille preoccupazioni)... Ed intanto non rimarrà piú a Cherasco un sol sacco di farina! – Né un boccone di pane! – Hanno già tirato il collo a tutti i polli! – E tutta questa gente che ha fame bisognerà pure che mangi! – E noi? – Succederanno diavolerie come a Mondoví (Nell'ombra crepuscolare che scende, corsa da brividi di raffiche, rigata di pioggia sottile le «voci» che si diradano, si appartano, se ne vanno, parlano di saccheggi, di orrori, di massacri, di case incendiate, di forni assaltati, di soldati predoni sorpresi e fucilati sull'attimo; narrano della sciagurata caccia agli ebrei fatta dai piemontesi sbandati a Fossano; dicono di chiese devastate, di cascinali rovinati, di parroci malmenati, spogliati, ridotti a tal punto – come il parroco di Dego presso cui aveva preso alloggio l'aiutante generale Monnier – da non aver piú un solo tozzo di pane... Poi, un tumulto scoppia all'angolo della strada sull'uscio di una bottega. Corre voce che uno, colto a rubare, sia stato afferrato e condotto via per essere immediatamente passato per le armi. Un comandante ingiuria a grandi grida un oste che non vuole accettare in pagamento degli «assegnati»). – Di un po', tu (è il comandante che urla) forse che vuoi essere anche tu fucilato? Non ci costa che la fatica di metterti contro il muro! Non sai che la carta della Repubblica val meglio dell'oro dei tiranni? Basta, per questa volta chiudiamo un occhio!... La tua ignoranza ti salva!... Ma ti colga io un'altra volta a nascondere i viveri ed a rifiutare gli assegnati e m'incarico io di farti fucilare in mezzo alla piazza per servire di regola e di esempio agli altri! (Come per incanto tutto si è fatto deserto. Da un campanile scoccano lenti nell'oscurità otto rintocchi. Dinanzi al palazzo Salmatoris un sott'ufficiale di cavalleria, giovanissimo, rimasto di fazione si imbatte in un suo connazionale, un piacevole individuo un po' artista che segue l'esercito per suo diletto facendo schizzi, studi, caricature. I due si riconoscono, si salutano, si scambiano brevi parole).
l'ufficiale Siete voi, Gros?...
l'ufficiale Aspettatevi per domattina grandi novità... È giunta stasera una staffetta da Torino... Questa notte saranno sicuramente qui i plenipotenziarii del re di Sardegna... Certo ci sarà una interessante veglia al quartier generale!...
l'artista E credete voi che il «generaletto» oserà trattare contrariamente ad ogni parer del Direttorio? Il suo posto è il campo di battaglia e non il tavolo verde della diplomazia... È un colpo di testa...
l'ufficiale Oh!... io lo credo capace di ben altri colpi!... Questo non sarà che il primo! E invero, si può essere audaci quando si ha per sé la vittoria!... Vedrete!...
(Senza piú profferire parola, i due passeggiano in su e in giú l'uno a fianco dell'altro come assorti in una profonda meditazione. Ad un tratto, ad una delle finestre del palazzo, che si illumina, si disegna una sottile figura nera, un'ombra caratteristica che i due meditabondi passeggiatori subito riconoscono. E i loro sguardi, fissi sovra quell'ombra, rimangono a lungo, immobili, come affascinati).
Una vasta sala al primo piano del palazzo Salmatoris. Un gran fuoco arde nel camino altissimo che come un monumento occupa tutta la parete di fronte. I riflessi delle vampe e la luce dei doppieri che ardono su un ampio tavolo in mezzo, non riescono a scoprire tutta la profondità degli angoli lontani, e la camera a mezzo immersa nell'ombra ha qualcosa di anche piú grave e di piú solenne. In uniforme di generale comandante, stivali e speroni, ma senza sciabola, senza cappello e senza sciarpa, uno smunto pallido giovane di ventisette anni è seduto al tavolo con dinanzi una carta militare tutta irta di spilli. È il generale Bonaparte. I suoi capelli castani e lisci scendono bassi sulla fronte ed ai lati del volto. I suoi occhi sono rossi, affaticati, ma paiono lanciare continue scintille. Al suo fianco, un generale superiore, piccolo, tarchiato, dalla testa grossa, tenace, scorre e legge un fascio di rapporti, operazione che non gli impedisce di rosicchiarsi le unghie quasi ad ogni tratto. È Berthier. A quando a quando degli ufficiali d'ordinanza entrano, recano un messaggio o ricevono un ordine rapido ed escono.
bonaparte (come astratto nel suo pensiero, seguendo collo sguardo intento le linee topografiche della carta)... Strappare ora l'armistizio al Piemonte, liberare la Lombardia, traversare il Tirolo, raggiungere in Baviera l'armata del Reno, marciare su Vienna... Benissimo!... Il mio piano è completo... e la vittoria non è che questione di rapidità (una sferzata di pioggia sui vetri che tremano sotto la raffica lo ridesta dalla sua meditazione)... Continuate Berthier!... Pulcino!... Credete forse che io non sappia guardare una carta ed ascoltare un rapporto... Voi dicevate, dunque, il caporale Urgel del 32° fanteria...
berthier (continuando la lettura dei suoi rapporti) Il caporale Urgel del 32° fanteria, fucilato per aver rubato effetti di vestiario ad un contadino; il soldato Lefort del 51°, fucilato per aver scassinate le porte di una cappella e portati via degli arredi sacri; il caporale Rigolle del 29° cavalleggieri, fucilato per aver aggredito un abitante; il luogotenente Ripart, accantonato presso un orefice ed arrestato perché trovato in possesso d'una spilla e d'una catenella, di cui non seppe spiegare la provenienza...
bonaparte (scattando, fuori di sé) ... Sia degradato e fucilato!... Un luogotenente!... Vergogna!... Bisogna essere inesorabili!... Bisogna che gli esempi siano terribili!... Nessuna misericordia pei predoni!... Il predone è il cattivo soldato, il vagabondo, il vigliacco che si nasconde durante la battaglia e non ricompare che dopo la vittoria! (sempre piú eccitandosi) E sento anche che nella divisione di La Harpe si sono commessi degli orrori!... Voglio la verità...
berthier La divisione di La Harpe è ieri assolutamente mancata di pane e gli abitanti, poverissimi essi stessi, non hanno potuto soddisfare alle requisizioni.
bonaparte È inconcepibile come con Mondoví dietro di noi si manchi di pane. Il municipio di Mondoví deve a quest'ora avere inviate le requisizioni a Serrurier!
berthier (consultando le sue carte) Come era stato richiesto: 8000 razioni di pane, 3000 di biscotto, 8000 di carne, 4000 bottiglie di vino... Inoltre, 30.000 razioni di biscotto sono state inviate a Lesegno e 1000 alla Bicocca alle truppe del generale Joubert...
bonaparte C'è un errore!... Le razioni per Joubert debbono essere state 1500!
bonaparte (nervosissimo, prende a lanciare violenti colpi di temperino nei bracciali del seggiolone dove è seduto) Caro Berthier, pensano già troppo quelle canaglie del servizio d'approvvigionamento ad imbrogliare i conti! (Trascinato dalla collera, violentissimo) Sanguisughe!... Briganti!... Ed ecco i personaggi di fiducia di quei signori del Direttorio. Gli impresari si arricchiscono sulla fame dei soldati! Smascheriamo senz'altro i dilapidatori. Bisogna che l'esercito li conosca! Il capobanda di tutti quanti, quello svizzero... quell'Haller non ha egli detto che bisogna far fortuna in sei mesi? (Levandosi in piedi) Berthier, fate eseguire questi miei ordini all'istante... Masséna invii a Lesegno un ufficiale fermo ed attivo per impedire il saccheggio!... Il commissario di guerra Descamps parta per Ceva, dove veglierà alle distribuzioni dei viveri... Il commissario Mazade si incarichi di Mondoví...
(Gli ordini echeggiano sull'attimo dalla sala traverso i corridoi, gli atrii, i cortili del palazzo, dove staffette, corrieri, ufficiali d'ordinanza attendono in permanenza. Bonaparte tende l'orecchio. Già i cavalli giú in basso raspano impazienti di partire; per le scale tintinnano speroni affrettati, si sentono porte aprirsi e chiudersi sbattendo e risuonare brevi appelli di comando. Si obbedisce. Il generale si ripiega nuovamente sulla sua carta, ma nella sala, – coperto di fango da capo a piedi, come smontato in quel punto da cavallo dopo una lunga corsa, – è in quella entrato un ufficiale apportatore di un messaggio. Bonaparte, impazientissimo, lo strappa quasi di mano al messaggero, lo schiude, e lo scorre cogli occhi balenanti, ma senza dare a vedere la menoma emozione).
bonaparte (dopo aver letto, ed aver ripiegato il dispaccio colla massima calma) Credete voi, Berthier, che si possa improvvisare questa notte un po' di cena? Avremo degli ospiti, sul tardi... Bisognerà provvedere!... (Dopo aver riflettuto, ridendo) Le cialde delle suore sono proprio venute in buon punto!... Se non avremo altro da offrire offriremo quelle... Volete sapere chi aspettiamo?... Leggete!...
berthier (a cui Bonaparte ha dato il dispaccio ricevuto, legge queste parole) «Il generale De la Tour ed il colonnello marchese Costa di Beauregard, delegati del re di Sardegna presso il generale Bonaparte, sono in viaggio per Cherasco, dove giungeranno verso le undici... Sono scortati dal capitano di cavalleria Seyssel, dal luogotenente Morozzo della Rocca e da un picchetto di dragoni».
bonaparte Si avvertano Masséna, Angerau, Serrurier... Tutti gli ufficiali dello stato maggiore si trovino a disposizione. (Gaiamente) Sapete, Berthier, che ci troviamo in male acque?
berthier In male acque quando il nemico che abbiamo vinto viene a rimettersi ai nostri patti?
bonaparte Ciò non toglie che le nostre condizioni e le nostre posizioni siano pessime... Il nostro esercito? Ma non ha per cosí dire né artiglieria né cavalleria... e la fanteria manca di calzature. Le nostre posizioni? Precariissime. Se il re, ricordandosi di quello che ha fatto il suo avolo Vittorio Amedeo II nel 1706 pensasse di tener fermo a Torino, richiamando dalle Alpi una parte delle truppe del principe di Carignano a sorreggere Alessandria e Valenza; se la coalizione avesse l'idea di inviare dal Reno rinforzi nel Piemonte, noi potremmo benissimo essere cacciati dall'Italia con altrettanta rapidità quanto quella con cui ci siamo venuti. Che cosa potremmo fare noi contro piazze come Torino ed Alessandria, per esempio, sprovvisti affatto, come siamo, di cannoni d'assedio? Poi gli assedii non convengono affatto allo spirito del soldato francese, fatto per le azioni rapide e decisive... La rivoluzione su cui la Corte crede noi appoggiamo e contiamo?... Ma in Piemonte non esiste rivoluzione! Il terreno non ne è maturo. La repubblica d'Alba è una creatura nata morta! Questi repubblicani che declamano, che banchettano, che imbrattano proclami non sono gente pericolosa! Tutto quello che possiamo farne è servirci di loro come spauracchi!...
berthier (sconcertato) E allora?
bonaparte Allora non ci rimane che di usare del solo vero vantaggio che le nostre vittorie ci hanno dato sul nemico: del vantaggio morale. Bisogna che esso non abbia il tempo di riflettere, di pensare, di fare i propri calcoli, comprendere che effettivamente è il piú forte... Bisogna che noi profittiamo del suo stordimento, del suo sgomento e della sua demoralizzazione... Quanti prigionieri fuggiti ieri?
berthier Otto... Si sono lasciati scappare, come avete ordinato...
bonaparte Benissimo! Essi non avranno mancato di diffondere la voce che noi abbiamo l'intenzione di marciare su Torino ed aiutato ad aumentare il panico. Ci contavo! Come se prendere Torino sia tal quale bere una tazza di latte! ... Ma bisogna che lo credano, bisogna che le immaginazioni ne siano impressionate, sgomente... (Dopo essere rimasto un momento soprapensiero) Berthier, volete una verità sacrosantissima!... È coll'immaginazione che si governa il mondo!...
berthier (fra sé) E Beaulieu che si era messo in mente che «era tanto facile dare una buona lezione a questo giovinastro»!
bonaparte Voi disporrete tutto, Berthier. Fate chiamare il segretario Arnoult... Ma non si abbia l'aria di aspettare nessuno!... (Chiamando un valletto) Grizzi, il mio bagno!... Per un paio d'ore diamo un giro di chiave ai pensieri. (Il valletto lo precede con un candelabro). Mi lascerete riposare fino alle dieci e mezzo!... In genere, entrerete nella mia camera il meno possibile... Non mi svegliate mai quando avete da annunziarmi una buona notizia!... Una buona notizia può attendere... Se si tratta però di una notizia cattiva, tiratemi dal letto anche colla forza, perché in questo caso non c'è un istante da perdere... Arrivederci alle undici, Berthier!...
(Bonaparte esce. Sembra che il messaggio ricevuto gli tolga dal cuore un gran peso. Per un'abitudine d'infanzia, un'abitudine côrsa in lui persistente e che si rinnova ogni qualvolta un pericolo è superato, si fa sul petto col pollice un rapido segno di croce. Poi, il palazzo pare immergersi nel sonno. All'esterno, nessuna luce, non un'anima viva. All'ingresso, negli atrii, nel cortile, né cavalli, né furgoni, né muli d'equipaggio, né domestici. Le sentinelle sonnecchiano – L'intera città riposa nella calma e nel silenzio).
II. I vincitori
La mezzanotte è scoccata e siamo ai primi minuti del 28 aprile 1796. Nella grande sala del palazzo Salmatoris da oltre un'ora si dibattono intorno al tavolo le sorti del Piemonte. La luce dei doppieri rischiara cinque figure pensose ed inquiete: quella pallidissima accigliata di Bonaparte; la fisonomia secca ed ostinata del generale La Tour; il nobile, leale aspetto di Costa di Beauregard; la tozza persona di Berthier, e quella aitante di Murat, tutta sfolgorante di baldanza militare e di audacia. Due aggiunti aiutanti del quartiere generale francese, Ballet e Vedel, ritirati nel vano di una finestra, stanno in attesa di ordini. Il segretario particolare del generale Bonaparte, Arnoult, è occupato, ad un tavolo a parte, a copiare alcuni documenti. Il fuoco divampa nell'alto camino. Fuori, la notte è buia, tempestosa, freddissima. I vetri tremano sotto gli scrosci impetuosi della pioggia. Il vento sibila lungo le grondaie... E intorno al tavolo romba, nelle parole, un'altra tempesta.
Nelle camere attigue, dove dalle porte chiuse non giunge eco alcuna del dramma politico che si svolge tra il generale Bonaparte ed i due delegati del re di Sardegna, – La Tour e Costa di Beauregard, – bivaccano una ventina di generali di divisione, di comandanti di corpo, di ufficiali superiori dello stato maggiore; Masséna, secco, magro, vigoroso, le labbra sottili, l'occhio investigatore, il sorriso sarcastico; Serrurier, lento, massiccio, compassato, una guancia solcata dal largo sberleffo di una sciabolata; Angereau, alto, marziale, irrequieto, presuntuoso, fisonomia d'uccello da preda, modi da monello e da spadaccino; Le Harpe, figura severa di gentiluomo montanaro, fronte pensosa e risoluta; Killmaine, gigantesco, biondo, gli occhi cavi, il volto emaciato; – poi: Chasseloup, comandante del genio; Maubert, comandante dell'artiglieria; Beaumont, comandante della seconda divisione di cavalleria; Lannes, da pochi giorni comandante dei battaglioni di granatieri; – poi, ancora: i comandanti Garnier, Maquard, Marmont; gli addetti al quartier generale Dufresne e Franceschi, ecc. Tutti sono in divisa, in tenuta di campagna. Il solo personaggio in abito borghese è Francesco Cacault, agente della Repubblica francese, inviato dal Direttorio e giunto la notte istessa. Mentre gli altri, divisi in varii gruppi, fumano, bevono, discutono, Cacault si intrattiene famigliarmente in disparte col generale Angereau, il quale lascia sprizzare nelle sue parole tutta la sua indiavolata vivacità di ragazzaccio parigino.
angereau ... Cento quindici ore!
cacault Rettifico: cento dodici solamente.
angereau Mettiamo anche cento dodici! Cento dodici ore d'un fiato da Parigi a Cherasco è una bella tirata. E per qual bel proposito? Per venirci a spiare in nome di quei ciarloni del Direttorio! Tante grazie! Intanto sappiate, caro Cacault, che abbiamo pensato già noi ad inviare al Direttorio nostre notizie. L'altro ieri, Junot e Giuseppe Bonaparte sono partiti per Parigi con ventun bandiere tolte al nemico... E poi, il sipario sta per calare sul primo atto... Di là (fa un cenno verso la sala dove si tiene la conferenza) Bonaparte sta terminando il suo giuoco di bussolotti. Signori e signore, vedete voi queste tre fortezze? Si chiamano Ceva, Cuneo, Tortona... Marcia, passa, sparisci!... Le fortezze che erano in tasca del re di Sardegna si trovano in quelle della Repubblica una ed indivisibile, con tutta l'artiglieria e i magazzini... In compenso di questo nostro giochetto, brava gente del re di Sardegna, ci accontenteremo di poco... Ci permetterete di girare come piú ci piacerà sulle vostre strade militari, in modo che la madre patria comunichi con noi senza passare per vie fuori di mano e noi colla madre patria senza seccature di nessuna maniera; ci rimetterete Valenza, cosí possiamo correre dietro a Beaulieu al di là del Po senza aver la noia di guardarci dietro alle spalle, ed infine manderete a casa od in villeggiatura i vostri soldati, il tutto spolverato con qualche milioncino di contribuzioni!... I signori del Direttorio arricceranno probabilmente il naso che noi facciamo un po' di politica senza il loro permesso e non ci accontentiamo di essere semplicemente e puramente soldati... ma i vincitori siamo noi e bisogna pure che ci si conceda qualche spasso... Ad ogni modo, se la vedano con quella canaglia di Bonaparte...
cacault ... Pare però che nell'arte di condurre una battaglia questa vostra canaglia famosa abbia già mostrato qualche esperienza...
angereau ... Ma sopratutto l'abilità di far valere la vittoria... che spesso gli altri gli hanno procurato a rischio della loro pelle come è accaduto a quel povero diavolo di Stengel che si è fatto bestialmente massacrare sotto Mondoví e che agonizza da sette giorni a Carassona se pure a quest'ora non è già morto. Sapete che cosa ha detto Stengel quando lo hanno portato via dal campo di battaglia? «Quel miserabile piccolo côrso ha voluto farmi ammazzare e c'è riuscito». Ora, a voi giudicare!... Bonaparte!... Oh!... è uno di quelli che la coperta se la vuole tutta per sé, e se gli altri crepano di freddo, tanto peggio! Avete mai avuto a che fare con lui?
cacault ... Mai.
angereau Bene, me ne direte poi le vostre impressioni...
cacault (ridendo) Incute dunque tanto timore?...
angereau Ma no!
cacault ... Sa imporre tanto rispetto?
angereau ... Che so io?... Io non sono certo un'educanda, non è vero? Ma alle volte, quando sono con lui, sotto quei suoi due occhi che pare tirino pistolettate quando guardano, sento...
cacault Che diavolo, Angereau! (stupefatto). Mi dareste voi la strabiliante notizia che siete diventato timido? Meno che mai lamento le mie cento dodici ore di viaggio da Parigi a qui!
angereau ... Burlatevi di me fin che vi piace!...
cacault ... E sentite dunque?...
angereau ... Né timore, né rispetto, né soggezione..., solo un senso d'inquietudine strana..., il bisogno di andarmene..., di essere liberato al piú presto possibile della sua presenza.
cacault Cosí, il generale Bonaparte non sa farsi amare...
angereau Ne sono infatuati, i soldati! Egli li ubbriaca di chiacchiere e di paroloni, promette loro il paradiso terrestre in questa vita ed i campi elisi degli eroi nell'altra, li chiama i suoi amici, li proclama i figli prediletti e benemeriti della Repubblica, li strega di occhiate... ed essi se ne vanno allegramente a farsi accoppare...
cacault ... E gli altri generali? ... Berthier?
angereau Si rosicchia le unghie...
cacault (ridendo) Ed oltre... questa occupazione?
angereau Sta a cavallo tutto il giorno, ed al tavolo da lavoro tutta la notte... È il primo factotum di Bonaparte...; e Bonaparte ne usa ed abusa senza alcuna misericordia. Del resto, è quello che fa con tutti noi!... Da ieri sera, per esempio, egli ci ha voluti in piedi, a sua disposizione, pronti agli ordini... Quanto a sé, non si è negato un buon sonnellino ristoratore di qualche ora... E non ha mancato di farsi apprestare il suo bagno! Insomma quando i delegati del re di Sardegna giunsero qui poco dopo le dieci e poco prima di voi dovettero aspettare quasi fin verso le undici che egli avesse finito di svegliarsi e di fare i suoi comodi... Sembrava fossero entrati nel palazzo della Bella dormente.
(A questo punto, una delle porte che mettono nella sala ove i rappresentanti francesi e piemontesi tengono consiglio, si apre. Sulla soglia appare l'aiutante Vedel. Tutti gli sguardi si rivolgono verso di lui pieni di interrogazioni).
voci Ebbene?... L'armistizio è concluso? – Si ricomincia? – Ci sono ordini d'attacco per stamattina? – Si va a Torino?
vedel (facendo colla mano un gesto di silenzio) Il generale Bonaparte chiede che si mandi a cercare del caffè immediatamente...
angereau (scherzando) Fate dunque veglia di famiglia, là dentro... Vi ci vuole del caffè?
vedel Giú in basso ci sono dei soldati d'ordinanza... Provvedano del caffè... Se non ne trovano piú qui, corrano in città, sveglino qualche droghiere...
massena Ed è Bonaparte che è stato preso da questa furia di caffè?
vedel Bonaparte..., ma in seguito ad un desiderio manifestato dal generale La Tour...
angereau (a Cacault) ... La Tour è il piú anziano dei due delegati piemontesi... Se Bonaparte viene alle cortesie è segno che La Tour è preso nel suo gioco... o sul punto di lasciarsi prendere.
vedel ... La Tour, che sembra molto affaticato, ha detto che avrebbe molto volentieri bevuta una tazza di caffè... Bonaparte si è subito alzato, è andato al divano dove aveva gettata la sua spada, la sua sciarpa, il suo cappello, e ha tratto da uno stipo da viaggio che si trovava anche scaraventato là, due chicchere...
una voce Ma poi, non c'era il caffè!
vedel Non c'era il caffè... e Bonaparte ha ordinato di mettere anche a soqquadro tutta Cherasco pur di trovarne...
(Nei corridoi, lungo le scale, per gli atrii, per tutto il palazzo da capo a fondo già si ripete che il generale Bonaparte ha dato gli ordini che si provveda del caffè e si va e si corre come se si obbedisse ad un ordine di battaglia. In tutto il palazzo non c'è piú un chicco. Una pattuglia si sbanda per le strade. Un quarto d'ora dopo il caffè è trovato. Nella sala dei generali, frattanto, si assedia l'aiutante Vedel perché dica qualcosa sulle vicende delle trattative).
vedel – Se si va avanti cosí, e se Bonaparte non trova il mezzo di tagliar corto alle discussioni si verrà a domattina che non si sarà concluso nulla.
killmaine (steso su una poltrona cogli stivali allungati verso il camino acceso) E noi per nulla avremo passato tutta la notte ad abbrustolirci malamente le zampe al fuoco con una corrente gelata nella schiena.
massena Meglio essere in marcia, almeno si fa qualche cosa... Ci può sempre essere la distrazione di scaraventare o di ricevere qualche botta.
la harpe Ma dunque i plenipotenziari sardi non hanno ricevuto l'ordine di trattare a qualsiasi costo? Si era detto...
vedel Che so io? ... La Tour ha cominciato a prender le cose dall'alto... Sembrava quasi che stesse a lui il dettare patti. Egli si è messo a parlare in un lungo preambolo delle «condizioni a cui il re suo signore sarebbe stato disposto ad accettare una tregua»...
vedel Ha ascoltato in silenzio... da principio, poi quando ha capito che il preambolo non sarebbe finito tanto presto ha interrotto secco secco il generale La Tour e gli ha chiesto con quella voce chiara e tagliente che è la sua quando comanda: «Avete lette le mie condizioni? Il re le accetta? Voi non mi dovete, signori, che un sí od un no». Ed aggiunse: «Quanto alle mie proposte, sappiate subito che non vi apporterò la menoma modificazione. Dal giorno che le ho offerte ho preso Cherasco, ho preso Fossano, ho preso Alba. Non rincrudisco sulle mie prime domande e dovreste trovarmi moderato».
vedel Si dibattono... persistono nell'intercedere su taluni punti... La Tour manifestava poco fa il timore «che il re potesse essere costretto, verso i suoi alleati d'Austria a qualche misura contraria alla lealtà ed alla delicatezza dei suoi principii...». Aveste sentito Bonaparte!
qualche voce Che cosa ha risposto?
vedel «Piaccia a Dio ch'io non esiga da voi nulla di contrario alle leggi dell'onore!».
angereau (a Cacault) Che commediante!
vedel E con che solennità ha pronunciato quelle parole!...
voci (dal di fuori) Il caffè pel generale Bonaparte!
(Qualcuno passa recando del caffè. Vedel si ritira. I generali riuniti ora in un sol crocchio stanno per entrare in una discussione animatissima, ma Angereau conduce verso di loro Cacault, e i discorsi battono altra strada).
angereau (presentando) Compagni, eccovi il cittadino Cacault, che viene qui appositamente per ficcare il naso nei fatti nostri. È un regalo del Direttorio... In mancanza di quattrini ci si mandano le notizie di Parigi... Volete sapere se al Club di Clichy si cospira sempre, se al Palais-Royal si balla, se la Tallien passeggia ancora vestita da... Venere, se madama Bonaparte è fedele...
(Vedel ricompare. Angereau resta a mezzo della sua chiacchierata. L'attenzione si concentra nuovamente verso il giovane aiutante).
una voce Venite ora a cercare lo zucchero?
vedel No, mancano i cucchiaini.
angereau E Bonaparte vuole che noi li fabbrichiamo?
vedel Bonaparte manda a cercare quelli dei soldati...
angereau I grossi cucchiai di ottone giallo che servono ai soldati per la zuppa... quando c'è?
vedel Precisamente, i grossi cucchiai di ottone giallo... Serviranno quelli!
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Il tocco di notte. Le tazze di caffè sono state vuotate, ed il giallo sfacciato dei grossi cucchiai d'ottone fa sul tavolo, accanto alle chicchere bianche, una macchia di stranissimo effetto. Al lume dei doppieri, le cinque figure adunate, affaticate dalla veglia e dalle discussioni, appaiono ora ceree. Bonaparte è irremovibile; La Tour, fosco; Costa di Beauregard tenta disperato l'ultima resistenza.
bonaparte No, signori, piú nessuna resistenza vi è possibile e quello solo che ora il re di Sardegna può è risparmiare una inevitabile effusione di sangue, contraria del resto anche alla ragione. Beaulieu vi ha abbandonato...
costa di beauregard Ma il generale Colli si trova ancora su una linea strategica abbastanza buona per proteggere Torino...
bonaparte Sí, ma una linea lunga una quarantina di chilometri e con soli 10.000... uomini... se io sono ben informato. Ne occorrerebbero a Colli almeno 30.000 per tentare un'azione decisiva... Poi, perché il re di Sardegna si presterebbe piú a lungo al giuoco dell'Austria? Perché rischierebbe, – in un ultimo supremo tentativo che certo sarebbe vano, – e il suo trono, e le vite dei soldati, e le proprietà private unicamente a profitto di alleati egoisti e traditori i quali, non arrischiando nulla pel loro proprio conto, possono leggermente esporre gli altri al pericolo pel servizio dei loro interessi? Inoltre, il vostro paese è minato dalla rivoluzione e tutto sarebbe con noi quando noi insediassimo a Torino la repubblica...
costa di beauregard Vi illudete, generale. Io conosco il mio paese. La rivoluzione non può aver presa sul Piemonte. Le nostre popolazioni sono troppo ligie alle vecchie istituzioni ed alle vecchie abitudini, troppo affezionate alle tradizioni che sempre hanno fatto il loro orgoglio e la loro indipendenza! ... Se anche qualche spirito esaltato dovesse traviarle, come ad Alba...
bonaparte (interrompendo, e parlando con tanta maggior foga quanto minore sa la sua ragione, essendo egli stesso convinto che l'agitazione repubblicana in Piemonte non può essere usata che «come uno spauracchio») Spiriti esaltati? Ma quelli che voi chiamate «spiriti esaltati» non sono solo ad Alba, ma dappertutto in casa vostra! ... Non è da ieri che le popolazioni vengono incontro agli eserciti della Repubblica come a liberatori... Ovunque si cospira... Sapete voi che cosa si prepara a Genova? No? Lo so io! Si preparano fondi per aiutare qui il movimento rivoluzionario. Si sono già raccolti settecentomila franchi. E quello che avviene a Torino non spetta a me di apprendervelo! A Torino, tutto è pronto per una sollevazione. Vedete se io sono bene informato!... La famiglia reale, quella del principe Carignano non hanno già i loro bagagli carichi sulle vetture e non sono pronte a partire alla prima cannonata? Se la Corte non sentisse sotto di sé il suolo minato non avrebbe prese le precauzioni... che voi sapete benissimo! Le Guardie del Corpo del re, che fin qui non erano state che truppe di lusso, hanno lasciato le loro armi da parata, e provvedute di sciabole di cavalleria – vere armi, questa volta – accampano nei prati di Vanchiglia! Un reggimento è stato chiamato da Susa. Il reggimento di Moriana accampato tra il Po e Porta Nuova. Il castello del Valentino, il Collegio delle Province sono mutati in caserme... Ma se tutto ciò può bastare per domare una sommossa è troppo poco per arrestare una rivoluzione. Lasciate che le nostre truppe avanzino verso Torino al canto della Marsigliese!... Vorrete voi, pel rifiuto di modestissime concessioni, perdere tutto?...
(Costa di Beauregard rimane come accasciato, incapace di pronunciare parola, La Tour sembra studiare ancora un'estrema obbiezione. Bonaparte, levatosi in piedi, prende a canticchiare un'aria incomprensibile fra i denti, segno in lui di malumore e di impazienza).
la tour ... Pure, il generale Bonaparte potrebbe ritornare sovra qualche sua esigenza... Ce ne sono alcune che non presentano affatto utilità... Il passaggio del Po, per esempio, che egli si riserva a Valenza...
bonaparte (brusco) ... La mia Repubblica affidandomi il comando di un esercito mi ha creduto provvisto di sufficiente discernimento per giudicare di ciò che convenga ai suoi interessi, senza che io abbia a ricorrere ai consigli del mio nemico!
(La Tour vuol ribattere, ma Bonaparte non glie ne lascia il tempo).
bonaparte Signori (guardando il suo orologio) sono le una e mezza... Vi prevengo che l'attacco generale è ordinato per le due. Se io non ho la certezza che Cuneo sarà rimessa nelle mie mani prima della fine della giornata e se le altre clausole del trattato non saranno accettate, l'attacco non sarà differito un istante. (Si allontana di qualche passo dal tavolo, poi vi ritorna e con voce stridente aggiunge alla minaccia): Mi potrà accadere di perdere delle battaglie, ma non mi si vedrà mai perdere un minuto per incertezza o per indolenza!
Al tavolo, la discussione è continuata dagli altri delegati. Bonaparte dopo aver percorso due o tre volte irrequieto pel lungo la sala, pare calmarsi. Si avvicina allo scrittoio dove sta lavorando il segretario Arnoult, e si siede al suo posto. Rimane alquanto colla testa volta in alto, come sognando, poi prende un foglio di carta e rapidamente si mette a scrivere:
«Mia adorata Giuseppina, non so quale sorte mi attende, ma se essa mi allontanerà piú a lungo da te, mi sarà insopportabile. Il mio coraggio non va fino a quel punto. Ci fu un tempo in cui mi inorgoglivo del mio coraggio, e talvolta, gittando gli occhi sul male che potrebbero farmi gli uomini, sulla sorte che il destino potrebbe riservarmi, fissavo le sventure piú inaudite senza battere palpebra... Ma oggi, la funesta idea che la mia Giuseppina può essere malata, lo spaventoso pensiero che può amarmi con minore ardore, mi sconvolge l'anima, mi aggela il sangue, mi rende triste abbattuto, non mi lascia nemmeno il coraggio del furore o della disperazione!...».
(Bonaparte, isolato nell'unico pensiero della sua Giuseppina che adora, continua a scrivere; e frattanto il dramma politico di cui egli è l'anima, ad un passo da lui sta per avere il suo epilogo. I vinti sono sul punto di ritirarsi dalla lotta).
costa di beauregard (con grande tristezza e senza tentare affatto di nascondere la commozione che gli vela la voce di pianto) ... Perché tenterei io nascondere il mio dolore? Ci sono momenti in cui si sentono per la propria patria tenerezze sconosciute... e sono i momenti della sua sventura! La forza e la fatalità sono contro di noi... Pure mi sembra oggi chinando il capo al destino, mettendo il mio nome sotto questi patti, mi sembra che io tradisca, che i nostri morti caduti sui nostri campi debbano chiedermi conto del loro sangue... E fra questi morti è il mio stesso figliuolo!
berthier Marchese di Beauregard, i vostri avversari pei primi rendono omaggio all'onore ed al valore del Piemonte, che la mala sorte non fa che rendere piú puri e piú luminosi...
costa di beauregard Sí, è di una macchia non di una ferita che l'onore del Piemonte potrebbe soffrire... e grazie a Dio, macchie il Piemonte non ha!
(Al suo tavolino, Bonaparte continua l'appassionato monologo con Giuseppina lontana. Seguitando a scrivere).
«Junot porta a Parigi ventun bandiere. Tu devi ritornare con lui, intendi?... Sventura senza rimedio, dolore senza consolazione, continue pene se lo vedessi tornare solo, mia adorata amica... Ma tu verrai, non è vero? Tu sarai fra poco qui, accanto a me, sul mio cuore, nelle mie braccia! Prendi le ali, vieni! vieni!... Ma viaggia tranquilla. La strada è lunga, cattiva, faticosa. Se la vettura ti si dovesse ribaltare, se tu dovessi sentirti male, se la fatica...».
(Alla stess'ora in cui Bonaparte scrive queste linee, – poco manca allo scoccar delle due – nella sala attigua, tra l'accolta dello Stato Maggiore qualcuno commenta e ripete in un crocchio le notizie portate da Cacault da Parigi. Una, sopra tutte, sembra interessare e divertire, ma la si sussurra a bassa voce e con circospezione): A quanto sembra, dunque, sono corna! – Altro che sembra... è!... Tutta Parigi ne parla! – Ecco che cosa vuol dire cercarsi la moglie nell'alcova di Barras! – Ma la moglie gli ha portato per cosí dire in dote il comando supremo dell'esercito d'Italia! – Zitto! – Credete voi che il generale sia geloso? – Diavolo, un côrso, e con quel caratterino che ha lui! – E come si chiama... l'altro? – ... Un certo Ippolito Charles!...
(Un lembo dell'accampamento francese da cui si scorge un'ala del palazzo Salmatoris. L'alba emerge livida dalla notte ancora stillante di pioggia. Rulli di tamburi; echeggia la diana; qualche fumo violetto sale al cielo. Un giovane comandante dei granatieri – è Lannes – passa in compagnia di un individuo strano, un po' artista, che segue la campagna da dilettante, facendo schizzi, disegni, caricature, e che la sera avanti era stato a lungo fisso sull'ombra di Bonaparte, apparsa da una delle finestre del palazzo).
lannes (continuando un racconto) ... Alle due precise, come Bonaparte l'aveva voluto, l'armistizio era firmato... Poi si fece un po' di cena... Magra cena! Non c'era di mangiabile che le cialde regalate dalle suore...
lannes (additandogli una finestra del palazzo) Eccolo! È in compagnia di Costa di Beauregard, che si è trascinato con sé in un vano di finestra, per vedere il levare del sole.
l'artista (meditabondo: forse gli traversano la mente visioni d'avvenire, grandi tele di battaglie e di gloria) ... E anche noi, Lannes (facendo un cenno verso la finestra) non vi pare che assistiamo ad un levare di sole?
lannes Forse, Gros! (Ed entrambi continuano la loro strada silenziosi... I loro pensieri sono pieni di fantasmi, di grandezze e di vittorie... Immagina, Lannes, che egli sarà un giorno il duca di Montebello? Travede, Gros, nel futuro, i suoi quadri: «Il Ponte di Arcole», la «Visita agli appestati di Jaffa», la «Battaglia di Aboukir», il «Campo di battaglia di Eylan»? Certo, essi già si sentono presi nella raffica sovrumana che trascina «l'Uomo fatale». Un quarto d'ora piú tardi risuona in tutti i bivacchi il proclama del Vincitore, che Lannes appunto aveva avuto l'incarico di distribuire):
«Soldati, voi avete in quindici giorni riportato sei vittorie, preso ventun bandiere, cinquantacinque pezzi d'artiglieria, parecchie piazzeforti, conquistata la piú ricca parte del Piemonte, voi avete fatto quindicimila prigionieri, ucciso o ferito piú di diecimila uomini».
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«Grazie vi siano rese, soldati! La patria riconoscente vi dovrà la sua prosperità; e se, vincitori di Tolone, voi presagiste l'immortale campagna del 1794, le vostre vittorie attuali ne presagiscono altre anche piú [sic]».