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Ernesto Ragazzoni
Buchi nella sabbia e pagine invisibili

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Risa sotto la mitraglia

 

 

Salutiamo! Rintanati in una trincea, – irsuti e bellifigure di vivente fango ed anime di fuoco, – un gruppo d'uominisoldati d'Italia, – col petto offerto alla morte pur si balocca colla morte. La mitraglia squarcia il cielo, la granata trasforma in un cratere in eruzione la terra che tocca, l'aria è piena di sibili e di tuoni, la fine può essere ad un passo, può essere tra un minuto, – e sulle labbra giovani, sulle labbra forse sul punto di chiudersi, il sorriso pur dura, e la celia, il frizzo, l'arguzia non s'aggelano. Le palle fischiano senza interruzione: «senti stamattina come i rusignoli cantano!» dice uno. – Una bomba si affonda nella melma senza scoppiare. «La signora prende il suo bagno» un altro osserva, «ma si buscherà un raffreddore». Un cannone, dalla vallata, tenta cogliere una posizione elevata. Lo si commisera: «è un tenore, ma poveretto, è costretto a cantare da basso». E dinanzi ai fulmini, tra la ruina, sotto alle tempeste del piombo e del ferro, la risata non si tace, ma zampilla, pullula, si propaga, e la morte che guarda, la morte onnipotente che è da per tutto e il piú umile, se tocca, trasforma in eroe, la morte la rende questa risata sublime.

Signori, salutiamo!

 





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