Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Ernesto Ragazzoni
Buchi nella sabbia e pagine invisibili

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

Verso il paese delle fantasime e del romanzo

 

Questa sera, alle 8,45, se l'orario che ho qui dinanzi non mente, io, una valigia e un parapioggia, benevolo lettore, prendiamo, alla stazione di Euston, il caledonian express, che ha fama di essere il piú rapido, il piú comodo e il piú bel treno del Regno Unito e corriamo ad una dozzina di ore di ferrovia da Londra a vedere, se la fortuna ci assiste, di dar la caccia a qualche... fantasma.

A caccia di fantasmi; precisamente, avete letto giusto.

C'è lassú, lassú nel nord, una terra, – un paese di montagne, di dirupi, di laghi, di cascate, di brughiere, di coste tormentate e di isole – dove non si trova altro. Chiedetene agli abitanti. Colla stessa naturalezza che da noi si dice «intorno al pollaio mi gira la faina», o «c'è una passata di anitre», o «nel tal campo c'è da levare il fagiano», oppure «ci sono i topi nel granaio», «il bosco è pieno d'usignuoli», «si sente il tarlo nella trave», si afferma gravemente che per questa o quella strada, per esempio, si rischiano di incontrare fiammelle volanti che ridono, che ogni notte il folletto si diverte a far tiri birboni nella casa tale, o che certo viandante si è sentito tirare per la falda dell'abito in una prateria aperta dove c'era nessuno. Nelle valli remote, lungo le spiagge solitarie, non c'è montanaro, non c'è pescatore il quale non sia fermamente convinto che esiste intorno a lui, accanto a lui un fairy-world, un fairy-people, un mondo fatato, un popolo fatato, invisibile per lo piú, ma evidentissimo per chi ha la facoltà della «doppia vista», il potere cioè di vedere le cose di questa vita ed in pari tempo quelle di quell'altra. La «doppia vista» è una cosa comune lassú, e permette un numero infinito di preziose scoperte e di utili cognizioni.

Una, fra le tantissime altre, è che gli angeli ribelli, quando furono cacciati dal paradiso, si divisero in tre schiere: la prima divenne, in terra, il fairy-people, la seconda fu la gente azzurra del mare, la terza gli agili abitatori delle cascate e dei fiumi. Tutti questi esseri vivono, viaggiano, lavorano, mercanteggiano, si odiano o si amano precisamente come possiamo far noi. Hanno tutti i costumi degli uomini, ne seguono tutte le abitudini. Una vecchia contadina assicurava tempo fa che una fata di sua conoscenza aveva preso il vizio di ubbriacarsi maledettamente una volta alla settimana. Tutte le creature chimeriche, a cominciare dallo spettro semplice andando fino al diavolo composito, hanno colà pieno ed assoluto diritto di cittadinanza. Il lupo mannaro, che la gente del paese chiama baucan, vi è come in casa sua. Talora si mostra come un cane senza testa, talora come una pietra grigia che guarda e si muove. Certe volte spaventa pei suoi urli, certe altre – e l'impressione è piú terribile – pel suo silenzio. Poi c'è l'urisk, panciuto e color di ruggine, di cui a quando a quando si vedono pendere le gambe, – le gambe sole, – dalla cima di qualche rupe solitaria. Non è cattivo, ma è bene non disturbare le sue meditazioni, nel qual caso va in collera e piglia a sassate il viandante impertinente che osa avvicinarglisi. Io vi consiglio, se mai andate da quelle parti, di non stuzzicare l'urisk. Quanto a me, se mai nel mio giro mi avverrà di vedere due gambe penzolare da non importa qual ciglio di monte, non mancherò di darmela... alle medesime. Piuttosto, fidatevi della glaistig. È una piccola vecchietta con lunghi capelli gialli. Quella non ha mai fatto male a nessuno, anzi se può mettere un passante smarrito sulla buona via, lo fa volentieri. Cosí mi hanno assicurato persone che conoscono i luoghi, ed io non ne dubito menomamente.

La lingua del paese ha poi un nome per ogni genere di ombre e di fantasime. Tannas, è lo spettro dei morti, thamasg, l'ombra di persona viva, taran quella di un bimbo non battezzato, Teine sith, si chiama un'apparizione che si manifesta sotto le specie di una luce informe. Taslaich è una premonizione soprannaturale che si sente e non si vede. Ce n'è per tutti i gusti e per tutte le paure. Vedete che comodità!

Anche un tantino fantastiche sono le scienze, la medicina e la storia naturale. Il mal di denti lo si guarisce mettendosi in bocca un chiodo sconficcato da una bara. Le lumache colla loro bava fanno una sorta di pietra, che per chi la trova è un prezioso talismano... Ma anche piú strano è il popolo in se stesso. Questo popolo che vive quotidianamente in cosí buona armonia ed a tu per tu con l'altro mondo, lo credereste forse un rozzo popolo imbambolato di dervish indolenti? Niente affatto! Questa gente è una forte, laboriosa, nobilissima gente. Il paese dei fantasmi produce quaranta milioni di tonnellate di carbone all'anno; possiede i quattro quinti delle distillerie del Regno Unito; lavora il ferro, la lana, il cotone, la pietra; ha una flotta mercantile di prim'ordine, e può vantare quattro gloriose università che datano da secoli. È il paese delle streghe di Macbeth, è vero, ma è pure la patria di Hume, di Burns, di Byron, di Carlyle, di Walter Scott. Diciamolo finalmente, che tanto la verità la si viene sempre a sapere: questo paese, è la Scozia.

Scommetterei che l'avevate già indovinato!

 

Ci sono certamente paesi in cui la natura si presenta sotto un aspetto assai piú grandioso, ove la mano dell'uomo ha eretto monumenti di ben maggiore interesse che non nella brumosa Scozia, ma certo ce ne sono pochi in cui i costumi popolari, le tradizioni nazionali, lo spirito stesso della razza, siano piú fortemente penetrati di grandezza, di sentimento patriottico, di poesia romanzesca. Le leggende, le visioni le suggerisce la stessa atmosfera. L'abitante di queste terre dal clima rude, dai cieli corsi da continue nuvole, dall'aspetto aspro e severo, dalle lontananze che spesso le nebbie velano e trasfigurano, ed ove frequenti risuonano all'orecchio le voci della tempesta e dei torrenti, non poteva che essere incline alle fantasticherie straordinarie, ed alle immaginazioni paurose. dove l'acqua della cascata lotta contro la roccia nera, egli ha contemplato l'onda spumosa fino a che i suoi occhi allucinati hanno visto apparire il demone delle acque. Per lui, la bruma delle montagne ha preso la forma di una maga notturna. Il vento selvaggio della sera gli ha recato le voci lamentose dei trapassati. Le solitudini delle brughiere gli sono apparse come antichi campi di battaglia ed ha creduto di udire ancora strepiti d'armi d'eroi. Le vecchie edere che la raffica scompiglia intorno alle torri abbandonate o sui fianchi dei castelli in rovina, gli si sono rappresentati come cenni di spettri. Nei riflessi dolcissimi dei laghi ha scorto gli sguardi delle fate, e a poco a poco il mondo creato dalla sua immaginazione è diventato realtà. Si capisce come dal cuore di questo popolo e dalle sue gesta sia nato il canto di Ossian, e le leggende di Fingal, di Trevamor, di Reutamir, di Calmar «nel combattimento, simile a un uragano; nella pace, dolce come il sole al tramonto», e come abbiano potuto avere la loro vita poetica le fiere figure di donna: Darthala, Acletha, Utha, Brassaris e Malvina, la fidanzata di Oscar, pia come Antigone. Presto fusa colla leggenda, arricchita dall'immaginazione popolare, la storia stessa è diventata quasi romanzo. Romantica, del resto, già la crea e la fa l'anima medesima del popolo. Un nome per tutti basterà: Maria Stuarda. Non è occorso il piú delle volte a Walter Scott che di trascrivere con nuova forma le antiche cronache per trarne volumi che sfidano la fantasia di qualsiasi ideatore di finzioni.

Confinata all'estremo nord dell'Europa, per gran tempo come isolata dal resto del mondo, costretta a vivere entro sé stessa, è naturale che la Scozia abbia piú che ogni altro paese conservate intatte le proprie caratteristiche, le proprie tradizioni, le proprie credenze.

Quando, sotto Edoardo VI, il Vidame di Chartres, tenuto come ostaggio in Inghilterra, ottenne il permesso di fare un viaggio nel reame di Scozia, e penetrò fino al di dei monti Grampiani, si vantò al ritorno di essersi spinto fin «nel paese dei selvaggi». Due secoli dopo, Swift, in una sua lettera a Stella, raccontandole che aveva pranzato con due capi degli Highlands, notava con grande sorpresa «che aveva trovato i suoi due ospiti garbati e cortesi, niente affatto diversi dai gentiluomini di altro paese».

Il voto di Burns è stato esaudito.

«O Scozia, o mio paese! – esclamava il poeta montanaro, – ecco il piú ardente di tutti i voti che emana da un cuore devoto alla tua felicità. Possano le stesse rustiche opere, la stessa pace degli animi, la stessa semplicità di costumi conservar puro dal contagio delle città, i tuoi figlioli robusti e coraggiosi. Mentre le corone si spezzano, gli stemmi si cancellano, i potenti cadono ed i popoli si combattono, possano le loro vite semplici trascorrere inosservate. E faccia il tuo popolo, intorno a quest'isola adorata, un baluardo piú solido del bronzo, piú temuto della fiamma».

E cosí in gran parte, specialmente nelle alte terre e nelle isole, è rimasta la Scozia. Fra i discendenti dei gaeli, rimasti nel paese dei loro padri, si ritrovano ancora parecchi dei costumi del popolo primitivo, sopravvissuti all'epoca ed al sistema dei clan, quando cioè la regione era divisa in tante distinte tribú, con ciascuna il proprio capo. I colori delle varie tribú sono oggi indifferentemente portati dagli uni e dagli altri: il pugnale, il claymore, le pistole, non figurano piú alla cintola del celta domato ed incivilito; ma il linguaggio è ancora il dialetto gaelico; le tradizioni dell'auld lang syne (del buon vecchio tempo) sono sempre vive, e l'orgoglio di ogni individuo ancora si piace di riallacciare la propria genealogia a quella di un clan. Raramente, ma qualche volta ancora, in qualche solennità, il pibroch echeggia tra le montagne a convocare gli highlanders, e si vedono riapparire le antichissime fogge nazionali: i Cameron, colla foglia di quercia al berretto; i Campbell, decorati di mirto; i Mac Donald, colla felce; i Mac Gregor, col pino di Roderic Dhu; i Gordon, coll'edera; i Grahame, colla foglia di lauro...

Se qualche fantasma, insomma, c'è ancora al mondo, non può essere che in un paese come questo. In viaggio, dunque, pel paese delle fantasime e del romanzo. Ognuno ha i suoi gusti. C'è chi viaggia per vedere le cose di questo mondo: io viaggio in cerca di quelle dell'altro!...

Già mi vedo a sera in una landa deserta, irta di rovine nere... Il vento che passa mormora oscure parole (mi pare che questo sia lo stile che la circostanza richiede) all'orecchio delle foglie... Una invisibile cornamusa suona, in lontananza, una triste nenia che mi ricorda tristi e truci cose: la strage di Culoden, l'assassinio di Banquo... e pare il pianto di un'anima nostalgica... (anche questo è molto ben detto)... La luna (combinerò coll'almanacco perché mi accenda una buona luna, non troppo cara) la luna apre tra la nuvolaglia il suo occhio giallo, come di enorme civetta... I vapori che salgono dal lago, laggiú, si illuminano di riflessi strani... È l'ora!... A un orologio lontano, lentamente, scoccano le dodici e... trentasette!...

... Il seguito uno di questi giorni, quando il paese delle... (vedere il titolo) avrà cominciato a rivelarmi qualcuno dei suoi misteri.




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License