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Ernesto Ragazzoni
Buchi nella sabbia e pagine invisibili

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Ulalume

 

I cieli eran foschi e cinerei

le foglie calpeste e appassite,

le foglie cadute e appassite!

Ed era una notte di un livido ottobre

lontano, in un anno di duolo e mister

ed era giú in riva del gran lago d'Hobre

nel triste e nebbioso paese di Wer!

Giú, lungo il silente, letal stagno d'Hobre

nei boschi stregati e profondi di Wer.

 

E qui tra i cipressi di un viale titanico

erravo coll'anima mia,

con Psiche, coll'anima mia:

e il cuore, in quei giorni, il mio cuore vulcanico,

siccome la lava bollía,

le lave e gli zolfi bollía,

che scorrono eterni sui fianchi del Yaniko

tra i picchi e le rupi dei fiord,

che gemono e sprizzano sui fianchi del Yaniko

negli ultimi climi del Nord!

 

E i nostri discorsi eran stati solenni e severi,

ma i nostri pensieri ripieni d'affanno

e i nostri ricordi un inganno,

perché ci eravamo scordati

che quello era il mese d'ottobre,

piú rammentato la notte dell'anno.

(Ah! notte fra tutte le notti dell'anno!)

Non piú ravvisammo le rive deserte dell'Hobre,

ben ch'ivi altra volta ci fossimo aperto un sentier,

non piú ravvisammo il fatal lago d'Hobre,

né i boschi stregati e profondi di Wer.

 

E poi che nel cielo in oriente

le stelle annunciavano l'alba,

le stelle indicavano l'alba,

dal fine del nostro sentiero un nascente

ci giunse nebbioso baglior;

la stella di Venere allora saliente

ci avvinse in un raggio d'amor,

la stella di Venere allor dolcemente

ci strinse in un raggio d'amor.

 

Oh! dissi, Ella certo piú fida che Diana

si leva frammezzo alla bruma,

ci appare frammezzo alla bruma!

Certo Ella ha saputo che l'anima umana

nel duol si consuma!

che, eterni, nei nostri cervelli d'infermi

si annidano i vermi,

e in alto, fra gli astri maligni è comparsa

amica, squarciando ogni vel,

fra gli astri maligni nell'alto è comparsa

mostrandoci amica la strada del ciel!

 

Ma Psiche, levando la candida mano,

mi disse: io diffido dell'astro di Venere,

diffido del triste, bell'astro di Venere.

Oh! non arrestiamoci, fuggiamo lontano,

lasciam questi luoghi d'orrore e di duol!

Cosí mi parlava piangendo, e man mano

le grandi sue ali piegavansi al suol.

Cosí mi parlava, lasciando man mano

che l'ali battute volgessero al suol,

volgessero chiuse e tristissime al suol.

 

Ed io le risposi: Quest'è solo un sogno,

seguiamo, seguiamo la tremula luce,

bagniamoci in questa benefica luce!

Il suo tremolante bagliore s'accende

stanotte di gioia e di speme.

Non vedi? esso surge, s'avviva, si stende,

vien dunque, ed al raggio volgiamoci insieme.

Ei solo guidarci può a porto fedel;

poich'egli s'accende di gioia e di speme

traverso le vie profonde del ciel.

 

Cosí calmai Psiche, la strinsi al mio core

e vinsi i suoi dubbi con baci tremanti

e meco la trassi in un sogno d'amore.

Ed ecco, all'estremo del viale, rizzarcisi innanti

la porta glacial d'una tomba,

la porta istoriata e glacial di una tomba!

Oh!, dissi, sorella, che è scritto sui freddi e pesanti

battenti di quella tristissima tomba?

Ed Ella rispose: Ulalume! Ulalume!

In questo sepolcro perduto fra i boschi e le brume

riposa la morta, tua bella Ulalume!

 

Allora il mio cuore si strinse funereo

siccome le foglie contorte e appassite,

siccome le foglie calpeste e ingiallite!

E certo, urlaipazzocert'era l'ottobre

in questa medesima notte dell'anno,

che sono disceso per questo sentier,

portando una bara, per questi sentier!

In quella terribile notte d'affanno.

Oh! quale demonio mi fe' qui cader?

Or riconosco le brume e le rive dell'Hobre

e il triste e deserto paese di Wer!

Conosco ora il cupo, fatal stagno d'Hobre

e i boschi stregati e profondi di Wer!.


 




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