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Ernesto Ragazzoni
Buchi nella sabbia e pagine invisibili

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L'apoteosi dei culi d'Orta

 

Culi d'Orta, esultate! O culi avvezzi,

quando mettete a nudo il pensier vostro,

a cercare un asil con tutti i mezzi,

come pudiche monache in un chiostro;

culi costretti ai luoghi ignoti e soli

all'ombra dei deserti muriccioli.

 

Culi che conoscete la puntura,

fra i grigi sassi dell'audace ortica,

onde se avvien che in qualche congiuntura

udiate il passo di persona amica,

e voi, timidi, al pari di lumache

tornate a rimpiattarvi nelle brache.

 

Culi randagi, che un desio ribelle

spinge talora a pitturar sul Monte

i bei pilastri delle pie cappelle;

culi d'Orta, levate alta la fronte!

Finito è il tempo piú malvagio ed empio:

Orta vi eresse finalmente un tempio.

 

O che cuccagna, culi miei, che bazza!

non piú i luoghi remoti o il nudo scoglio,

ma la gloria e il trionfo della piazza:

non piú gli anditi bui, ma il Campidoglio.

O culi, voi ben lo potete dire

che vi è spuntato il sol dell'avvenire.

 

Per amor vostro mani premurose,

che d'ogni pianto asciugano le stille,

han tratto fuori da miniere ascose

dei biglietti magnifici da mille,

e, per il buco vostro, con islancio,

ne hanno fatto uno pure nel bilancio!

 

Lodate dunque, culi d'Orta, i cieli!

Cularelli innocenti degli asili,

immensi tafanari irti di peli,

culi di tutti i sessi e tutti i stili,

ognuno di voi parli in sua favella,

come la pellegrina rondinella.

 

E ognun colla sua voce naturale,

sospir di flauto, sibilo di fiomba,

sussurro di strumento celestiale

o rauco suono di tartarea tromba,

ognuno, in segno di ringraziamento,

innalzi verso il cielo il suo contento.

 

E tu paese mio, Orta, che sogni

tra il lago azzurro e la collina verde,

che, provvido a ogni sorta di bisogni,

accogli frati al Monte e in piazza... merde,

esulta, perché il cielo a te propizio

non lasciò mancar nulla all'orifizio.




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