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Ernesto Ragazzoni
Buchi nella sabbia e pagine invisibili

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Ad una vecchia bottiglia defunta molti anni fa

 

Sorgi, spirito! Prorompi.

Sprizza, rompi

finalmente il tuo letargo,

uno scricchiolío, uno strappo:

scatta il tappo,

largo, largo, largo, largo.

 

Ben venuto! Quante fole,

quanto sole

pel mio calice ripieno.

Par che dentro vi si svolga

(e si sciolga)

tutto un gaio arcobaleno.

 

Ben venuto! Che mi rechi

da' tuoi spechi?

Quanti giorni, quante notti

meditasti le tue ciance

nelle pance

venerande delle botti?

 

Quali nuovi, quali strambi

ditirambi

mi prometti? Qual passato

mi ritorni? Vecchio amico,

quale antico

mi ridai mondo fatato?

 

Tu mi tenti, e poi ch'io scordi

teco i sordi

mulinar delle calende;

vieni, e in gola mi s'affonda

come un'onda

che fa gorgo, e non offende.

 

Il calor de le mie vene

ti conviene

piú che il gel delle cantine.

Giú! E scatenami nel grembo

tutto un nembo

di canzoni peregrine.

 

Vecchio amico! Che m'importa

se alla porta

l'incostante primo vento

dell'autunno, sferza e spoglia

foglia a foglia

il vitigno sonnolento?

 

Che m'importa se la bruma

mi consuma

qualche po' di paesaggio?

Tu m'affascini, sí ch'io,

teco oblío

il novembre per il maggio.

 

Già il cervel mi si raddoppia

e mi scoppia

come un'Etna od uno Stromboli

in faville; già i pensieri

piú severi,

mi fan pazzi capitomboli.

 

E un gran palpito d'amore

m'arde il cuore

come il fuoco una boscaglia.

Per i mari e per la terra,

chi t'afferra

sommo spirto, e chi t'agguaglia?

 

Ci son spiriti potenti

che sui venti

guidan aquile e procelle;

che alimentan fuochi strani

nei vulcani,

e che accendono le stelle.

 

Ci son genî malïardi

che agli sguardi

danno un raggio ed un inganno,

ed un abito da sposa

alla rosa

che fiorisce un giorno all'anno.

 

Ci son spiriti sui monti,

nelle fonti,

tra le brace del camino,

sotto i fior; ma niun assorbe

tutto l'orbe

come te, spirto del vino.

 

O nell'agape tu splenda,

e tu scenda

come un liquido metallo

nel bicchiere, e con un guizzo

metta un pizzo

sovra gli orli del cristallo.

 

O nel tino bolla, o esulti

negli inculti

ampi fiaschi del villano;

o tu tenga compagnia

per la via

a chi va solo e lontano;

 

sempre, ovunque, io mi t'inchino

cittadino

d'ogni tempo e d'ogni clima;

primo ed unico rimedio

d'ogni tedio,

primo soffio d'ogni rima.

 

Dopo un sorso, un altro! Esausto

cada Fausto

nella polve dei suoi studi;

l'inquïeto e magro avaro

s'abbia caro

il suo rotolo di scudi;

 

sogni i folli sogni audaci

e fra i baci

s'addormenti il libertino!

A me un calice! Ed il mondo

quanto è tondo,

s'aggomitoli in un tino.




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