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Andrea da Barberino
I reali di Francia

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Capitolo L.

Come Fegra Albana e Acail, suo famiglio, feciono uscire Riccieri di

prigione; e come, partito di Barberia per mare, arrivò a Pisa.

 

Partito lo re di Barberia da Tunizi ed entrato in mare verso Roma navicando (e lasciava Riccieri sotto buona guardia in prigione), al terzo giorno Fegra chiamò Acail, il suo fidato famiglio, e dissegli: «Come faremo noi che noi caviamo Riccieri di pregioneDisse Acail: «Madonna, pure male, imperò ch'egli ha continuamente di e di notte dieci guardie». Disse Fegra dolendosi: «Io vorrei essere morta il ch'io innamorai di lui, imperò che io sarò cagione della sua morte e di tutti e' suoi; perché e' cristiani non aranno ora piú speranza di Riccieri, e per tutto il mondo sempre si dirá che io l'abbia tradito, e non sarò chiamata tra le damigelle innamorata, ma piú tosto traditrice, e tra le traditrici sarò messa. Pertanto io mi voglio disporre di cavarlo di prigione; e non mi curo, s'egli campa, d'essere morta. Pertanto cerca ogni via e modo che noi lo caviamo di prigione, e vattene con lui, e non vi curate della mia persona, pure che egli scampi». Disse Acail: «Madonna, voi lo potete campare in questo modo. Voi andate a vostra posta nella camera di vostra madre: imbolategli segretamente le chiavi della prigione, e guardate ch'ella non se ne avegga, imperò che ella gli brama la morte per vendetta d'Arcaro, suo nipote. E quando voi le avete, e voi me lo dite; e io darò una notte tanto da bere a quelle guardie, che eglino inebrieranno; e allora trarremo Riccieri di prigione, e andremocene con lui». Fegra disse: «Tu hai bene immaginato»; e cosí si dispuosono di fare. E il seguente Fegra ebbe imbolate le chiavi alla madre. Acail, come lo seppe, essendosi dimesticato con quelle guardie il , come fu sera, avendo aloppiato uno barlotto di buono vino, ne portò prima uno grande barlotto, e bevve e mangiò con loro; e poi ne portò uno altro. Egli erano cominciati a riscaldare e la sete era accesa, e giá ogni gente per lo palazzo e d'attorno erano andati a dormire; ed egli disse loro: «Io voglio ire a provare d'avere un altro barlotto di vino»; e loro allegri. Ed egli andò e recò pieno il barlotto del vino aloppiato; ed eglino bevvono tanto, che come porci in terra s'addormentarono. Quando Acail gli vidde tutti dormire, subito n'andò a Fegra; ed ella gli diede le chiavi. Ed egli, tornato alla prigione, ne cavò Riccieri, e menollo a Fegra, ed ella l'armò delle migliori arme ch'ella potè, e armò anche il caro famiglio; e piangendo abracciò Riccieri, e scusavasi dicendogli non avere saputo niente della sua presura; e apresso disse: «O signore mio, vattene con Acail, e di me non ti curare; imperò che io ne verrei molto volentieri con teco; ma io dubito che io non fussi cagione di fare perire voi e me per la grande gente che sono per lo paese, che vanno drieto al mio fratello. Io darò scusa che Acail t'abbia campato. E pregoti che tu ti ricordi di me, che per te mi metto a pericolo della morte». Allora Riccieri l'abracciò e baciolla, e altro peccato non vi fu; e giurolle sopra la fede di cavalleria di non torre mai altra donna che lei, promettendo che, finita la guerra da Roma, che egli tornerebbe per lei. Ed ella aveva fatto fare lettere di famigliaritá da passare per gli paesi, e dettele loro lagrimando. Si partirono Riccieri e 'l famiglio, e andarono alla stalla dov'era usato il famiglio, e per parte di Fegra tolse due cavalli, e uscirono della cittá, che erano le porte aperte per la gente che andava e veniva dal porto; e sempre entrava gente in mare che andava drieto al re. E questo fatto che Riccieri uscí di prigione, fu tre notti e due drieto alla partita del re; e però v'era ancora gente che andava drieto. E giunti in porto, tolsono una nave, e pagarono alquanto piú che la ragione, e con molta altra gente navicarono. E quella nave gli puose in Cicilia alla cittá e porto di Trapani; e ivi stettono due . E poi entrarono in una nave che andava in Provenza, la quale nave infra molti giorni, o per vento o per grande mare, gli puose, come a Dio piacque, alle spiagge d'Italia. E spesse volte si lamentava Riccieri fra sé medesimo che egli non era a Roma, temendo che la battaglia non fosse fatta. La cittá dov'egli prese terra si chiamava Alfea; e giunti a questa cittá, presono tre giorni riposo; e la nave era andata al suo viaggio. Per mezzo a questa cittá correva uno fiume che aveva nome Amino: questa cittá fu poi chiamata Pisa. E molto piacque questa cittá a Riccieri e al compagno suo.




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