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Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Quando il popolo degli Alfei giunsono apresso a' nimici, si levò grande romore nel campo. Folicardo s'armò con la sua gente, e cominciossi grande battaglia; e da ogni parte molta gente moriva. Ma quando Folicardo entrò nella battaglia, fue tanta la sua fierezza, che tutti gli Alfei cominciorono a fuggire per modo, che il padre non aspettava il figliuolo, né il figliuolo el padre. Quando Riccieri giunse, cominciò a confortare gli Alfei; e rivolto una parte d'armati, entrò con loro nella battaglia, nella quale molti nimici missono a morte e molti d'Alfea furono riscossi. Per questo gli Alfei ripresono cuore per la virtú di Riccieri, e cominciorono a gridare: «Viva il cavaliere novello!» Veggendo Folicardo la sua gente dare le spalle e quasi impaurita, dimandò della cagione, e fugli detto: «Egli è giunto nella battaglia uno cavaliere dal lato degli Alfei, che a' suoi colpi non ha riparo. Per lui gli Alfei sono tutti rinforzati». Allora Folicardo fece sonare a raccolta, e raccoglieva tutta sua gente alle bandiere. Quando Riccieri udí sonare a raccolta, fece sonare ancora a raccolta agli Alfei, e tutti gli Alfei fece ristrignere insieme alle loro bandiere; e molto gli confortò che non avessino paura; e chiamato Acail (ma allora si faceva chiamare Rasinon per nonn'essere conosciuto), Riccieri lo fece capitano degli Alfei tanto che ritornasse a loro; e poi si mosse e venne verso la gente di Folicardo. E quando e' cavalieri lo viddono, dissono a Folicardo: «Questo è quello cavaliere che ha racquistato il campo degli Alfei». Allora si mosse Folicardo con una lancia in mano e corse verso Riccieri; e come Riccieri lo vidde, venne verso lui con un'altra lancia in mano. Essendo presso l'uno all'altro, disse Folicardo: «O franco cavaliere, inanzi che noi combattiamo, ti priego ti sia di piacere di dire il tuo nome». Disse Riccieri: «Io mi fo chiamare il cavaliere nero». Disse Folicardo: «Il tuo meglio sarebbe di venire con meco a Roma, dove saranno onorati i franchi cavalieri dal re Danebruno». Disse Riccieri: «Non perdiamo tempo in parlare: piglia del campo»: e disfidarono l'uno l'altro. Folicardo volse il cavallo e tornò alla sua gente, e fecegli tirare a drieto, con comandamento che, per questo solo cavaliere, nessuno fosse ardito di dargli aiuto; e poi si volse, e pose sua lancia in resta. E l'uno percosse l'altro aspramente, e il cavallo di Riccieri fu per cadere; ma quello di Folicardo cadde per terra per la grande percossa che ricevette, e nel cadere Folicardo subito saltò fuori dell'arcione. Le lancie si spezzarono amendue. Folicardo, tratta la spada, voleva tagliare la testa al suo propio cavallo, perché era caduto. Disse Riccieri: «O cavaliere, non fare; però ch'io ho bene veduto che tu non sei per tua viltá caduto; ma colla spada in mano si vedrá di chi dea essere la vittoria, e a offendere il cavallo sarebbe riputato villania». E ismontò da cavallo e cominciorono asprissima battaglia, per modo che da ogni parte era ne' campi grande paura: ognuno considerava, se il suo perdesse, d'essere perditore. E fatto il primo e 'l secondo assalto, e cominciato il terzo, essendo ognuno molto affannato, Folicardo aveva il piggiore della battaglia, e grande maraviglia si faceva chi potesse essere costui. E combattendo, udí che Riccieri diceva alcuna volta: «O vero Iddio, non abbandonare il servo tuo». Allora Folicardo, conoscendo avere il peggiore della battaglia, disse: «O franco cavaliere, io ti priego per la virtú del tuo Iddio che tu mi dica chi tu se', acciò ch'io sappia per le cui mani io sono vinto». Quando Riccieri l'udí, disse: «O Folicardo, per lo Iddio che m'hai scongiurato, m'è forza di dirti il mio nome; ma io t'avviso che per questo ti converrá morire. Sappi ch'io sono Riccieri, primo paladino di Francia; e però ti converrá morire, che qui nonn'è tempo di battesimo». Sentito Folicardo ch'egli era Riccieri, disse: «O franco cavaliere, nonn'è a me bisogno di combattere contro a colui in cui Iddio e' cieli hanno messo la possanza delle battaglie, e vogliomi arrendere a te e battezzarmi a quello Iddio a cui crede Gostantino e Fiovo e tu». E presa la spada per la punta, s'inginocchiò e arrendessi a Riccieri, e disse: «O Riccieri, io priego la tua nobiltá e gentilezza che per lo sagramento che io ho fatto a certi gentili uomini che sono con meco, che tu sanza fare battaglia con loro dia loro licenzia». E cosí Riccieri l'accettò; ma egli gli fe' giurare di non lo appalesare a quelli d'Alfea, e cosí lo menò nel campo degli Alfei, e' quali volevano andare a dosso all'altra sua gente; ma Riccieri non volle, e fu ubidito. E mandò a dire alla gente di Folicardo che non avessino temenza; e comandò agli Alfei che non gli offendessino; e tutta la gente d'Alfea si volse con vettoria alla cittá, entrando con grande festa nella terra. Non si potè sapere come fu palese, entrando nella cittá, che questo era Riccieri primo paladino: per questo d'accordo parve una boce da cielo, che di concordia cominciorono a gridare: «Viva Riccieri!». Ed egli comandò che gridassino: «Viva Gostantino imperadore!»: e cosí ferono. E battezzoronsi tutti li cittadini, e in poco tempo tutto il paese; e battezzossi Folicardo e la maggiore parte della sua gente; e chi non si volle battezzare della gente di Folicardo, furono licenziati e tornaronsi indrieto; ma quelli d'Alfea, chi non si voleva battezzare, erano morti dai loro medesimi: e in poco tempo gli Alfei feciono battezzare tutti e' loro sottoposti. E fu Alfea molto utile allo stato di Gostantino, ed era camera e ricetto della gente di Gostantino e dello imperio di Roma; e però fu sempre chiamata negli ordini imperiali camera d'imperio e pesatore delle ricchezze di Roma. Però perdè il nome d'Alfea e fu chiamata Peso, cioè pesatore delle ricchezze e omaggi imperiali di Roma; e dal nome di Peso è venuto ch'ella ène chiamata Pisa; ma il suo propio nome è Alfea o Peso.