Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Poiché Fioravante fue partito di Parigi, cavalcando entrò per una selva, la quale era tra la Francia e la Dardenna; e non sappiendo tenere el cammino, ismarrí la via; ed entrato per la selva, alla ventura cavalcò due dí e due notti, e abergò nella selva sanza mangiare, e diliberato avia di non tornare adrieto, ma di seguire l'ordine de' cavalieri erranti d'andare alla ventura; e però tolse molto campo a Riccieri. La terza mattina, non trovando abitazione, s'inginocchiò e raccomandossi a Dio, perché la fame colla fatica molto lo noiava; e poiché fu rimontato a cavallo, cavalcando per la selva, vide uno monte, in sul quale egli salí col cavallo per guardare d'attorno s'egli vedesse abitazione; e non vedeva altro che boschi e diverse ruine e valloni scuri. Allora ebbe maggiore temenza che prima. Lamentandosi della sua fortuna, rammentando le ricchezze di Francia, e quanti servi soleva avere, e quanta roba si consumava in corte di suo padre, ed egli non aveva del pane, e stando sopra questo pensiero, egli udí una boce gridare: «Vergine Maria, aiutami!» Fioravante alzò la testa, e udita la seconda boce, imbracciò lo scudo e impugnò la lancia e ispronò il cavallo, e inverso quella boce n'andò. E scendendo del poggio, giunse in su 'n uno prato giuso in uno vallone, e vidde uno saraino ch'aveva una damigella per lo braccio, e battevala con uno bastone; e Fioravante saltò nel prato in quella, e quello saraino lasciò la damigella. Ella vide prima Fioravante ch'el saraino; e per ch'ella vide la croce nello scudo, cominciò a correre verso lui gridando: «Cavaliere cristiano, abbi piatá di me, misera cristiana assai di gentile legnaggio!» E quello che l'aveva battuta, le correva drieto. Fioravante disse: «Donna, non aver paura, che, se fussino cinquanta come egli è uno, non ti faranno oltraggio». Disse quello saraino: «Tosto ha' tu trovato amadore!»; e disse verso Fioravante: «Cavaliere, va' alla tua via, e lascia stare questa damigella; se non tu proverrai la morte». «Molto m'hai di leggere morto!» disse Fioravante. «Ma a me incresce che tu non se' meglio armato e con piú compagnia, che mi fia vergogna a combattere teco. E veramente ti lascerei inanzi che combattere, ma questa damigella mi s'è raccomandata, e vergogna mi sarebbe a nolla aiutare, se tu non hai migliore ragione di lei.» El saraino, adirato, corse all'alloggiamento, dov'erono altri suo' duo compagni, e montò a cavallo, e con una lancia in mano tornò contro a Fioravante, il quale, quando lo vide venire, cominciò a ridere, e disse: «Costui vorrá pure morire!» Egli assalí Fioravante colla lancia arrestata, e diegli in sullo scudo; ma Fioravante aveva la lancia sotto mano, e ficcogliela per lo petto: e 'l saraino cadde morto.
E Fioravante corse insino a mezzo 'l prato, e vidde una piccola trabacca, ed eravi du' altri saraini: l'uno volgeva un grande pezzo di carne al fuoco, e l'altro montava a cavallo gridando: «Traditore! tu hai morto el nostro compagno; ma tu l'accompagnerai allo 'nferno». E assalillo. Fioravante uccise lui come el compagno; e quello che volgeva l'arrosto lasciò ogni cosa e cominciò a fuggire, vedendo morti amendua i compagni. Fioravante, per non lasciare la damigella soletta, tornò a lei, e insieme andorono alla trabacca, e smontò da cavallo, e cavossi l'elmo di testa. E la donzella disse: «O nobile cavaliere, quanto ho io da lodare Iddio, che t'ha mandato in queste parte e hammi campato da tanto vitupero! E però fa' di me quello che t'è di piacere; ma prima ti priego che tu oda la mia disavventura, acciò che tu non dispregi cavalleria». Fioravante l'abracciò e baciolla, e disse: «Damigella, non temere, ch'io non brutterò el tuo onore né 'l mio. Io ti priego, perché ho grande bisogno, se ci è niente da mangiare, che tu n'arrechi». Ella prestamente trovò del pane e uno barlotto di vino, e tolsono la carne ch'era arrostita al fuoco mezza cotta, e mangiò Fioravante e la damigella a loro piacere. E mangiando, la damigella disse: «Cavaliere, non ti maravigliare perché io, tapinella, sia condotta in questo luogo. Sappi che mio padre è 'l re di Dardenna, e la cagione che m'ha condotta in questa parte fu questa. Il mio padre ha fuora di Dardenna uno giardino presso alla terra a uno miglio, al quale fa oggi tre giorni che io con molte damigelle v'andai. El mio padre fa guerra con uno re che ha nome Balante di Balda; e certi della gente di Balante corsono la mattina insino alle porte di Dardenna, che s'erano la notte messi in agguato; e presono il giardino, e furono prese tutte le mie compagne, e menate chi in qua, chi in lá; e io, tapinella, fui presa da questi tre saraini. È poco fa che noi giungnemmo in questo lato; e quando voi giugnesti, pure allora avevano fornito di tendere questa trabacca, sicché non è quattro ore che giugnemmo qui; e giucorono per sorte chi di loro mi dovessi torre la mia verginitá; e toccò a quello che voi prima uccidesti. Ed io mi raccomandai alla divina Donna e madre de' peccatori, ed ella m'assaldí e' miei prieghi. Sempre ne sia ella ringraziata, ch'io non ho perduto l'onore né la verginitá mia, e voi m'avete tratto di tanto vitupero; e però tutta mi do a voi. Ora avete saputo in che modo io sono capitata in questo luogo.» Fioravante la confortò e disse: «Da me non temere, ch'io prometto a Dio e a te di rimenarti giusta mia possanza al tuo padre pura e netta come io t'ho trovata».
E quando ebbono mangiato, Fioravante prese uno de' cavagli de' morti saraini, e misevi su la damigella, e poi montò a cavallo, e raccomandossi a Dio. La damigella lo menò per la via ch'avevono fatta quegli saraini al venire, e cosí lo trasse di quella selva. E Fioravante la domandò com'ella aveva nome. Rispose: «I' ho nome Uliana; ma voi, cavaliere, come avete nome?» Rispose: «I' ho nome Guerrino». E tramutò nome per non essere conosciuto ch'egli era suo cugino.