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Andrea da Barberino
I reali di Francia

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Capitolo VII.

Come Fioravante patí grande fame, e come deliberò una sua cugina delle mani

di tre saraini che l'avevono rubata, non conoscendo Fioravante chi ella fusse.

 

Poiché Fioravante fue partito di Parigi, cavalcando entrò per una selva, la quale era tra la Francia e la Dardenna; e non sappiendo tenere el cammino, ismarrí la via; ed entrato per la selva, alla ventura cavalcò due e due notti, e abergò nella selva sanza mangiare, e diliberato avia di non tornare adrieto, ma di seguire l'ordine de' cavalieri erranti d'andare alla ventura; e però tolse molto campo a Riccieri. La terza mattina, non trovando abitazione, s'inginocchiò e raccomandossi a Dio, perché la fame colla fatica molto lo noiava; e poiché fu rimontato a cavallo, cavalcando per la selva, vide uno monte, in sul quale egli salí col cavallo per guardare d'attorno s'egli vedesse abitazione; e non vedeva altro che boschi e diverse ruine e valloni scuri. Allora ebbe maggiore temenza che prima. Lamentandosi della sua fortuna, rammentando le ricchezze di Francia, e quanti servi soleva avere, e quanta roba si consumava in corte di suo padre, ed egli non aveva del pane, e stando sopra questo pensiero, egli udí una boce gridare: «Vergine Maria, aiutamiFioravante alzò la testa, e udita la seconda boce, imbracciò lo scudo e impugnò la lancia e ispronò il cavallo, e inverso quella boce n'andò. E scendendo del poggio, giunse in su 'n uno prato giuso in uno vallone, e vidde uno saraino ch'aveva una damigella per lo braccio, e battevala con uno bastone; e Fioravante saltò nel prato in quella, e quello saraino lasciò la damigella. Ella vide prima Fioravante ch'el saraino; e per ch'ella vide la croce nello scudo, cominciò a correre verso lui gridando: «Cavaliere cristiano, abbi piatá di me, misera cristiana assai di gentile legnaggio!» E quello che l'aveva battuta, le correva drieto. Fioravante disse: «Donna, non aver paura, che, se fussino cinquanta come egli è uno, non ti faranno oltraggio». Disse quello saraino: «Tosto ha' tu trovato amadore!»; e disse verso Fioravante: «Cavaliere, va' alla tua via, e lascia stare questa damigella; se non tu proverrai la morte». «Molto m'hai di leggere mortodisse Fioravante. «Ma a me incresce che tu non se' meglio armato e con piú compagnia, che mi fia vergogna a combattere teco. E veramente ti lascerei inanzi che combattere, ma questa damigella mi s'è raccomandata, e vergogna mi sarebbe a nolla aiutare, se tu non hai migliore ragione di lei.» El saraino, adirato, corse all'alloggiamento, dov'erono altri suo' duo compagni, e montò a cavallo, e con una lancia in mano tornò contro a Fioravante, il quale, quando lo vide venire, cominciò a ridere, e disse: «Costui vorrá pure morire!» Egli assalí Fioravante colla lancia arrestata, e diegli in sullo scudo; ma Fioravante aveva la lancia sotto mano, e ficcogliela per lo petto: e 'l saraino cadde morto.

E Fioravante corse insino a mezzo 'l prato, e vidde una piccola trabacca, ed eravi du' altri saraini: l'uno volgeva un grande pezzo di carne al fuoco, e l'altro montava a cavallo gridando: «Traditore! tu hai morto el nostro compagno; ma tu l'accompagnerai allo 'nferno». E assalillo. Fioravante uccise lui come el compagno; e quello che volgeva l'arrosto lasciò ogni cosa e cominciò a fuggire, vedendo morti amendua i compagni. Fioravante, per non lasciare la damigella soletta, tornò a lei, e insieme andorono alla trabacca, e smontò da cavallo, e cavossi l'elmo di testa. E la donzella disse: «O nobile cavaliere, quanto ho io da lodare Iddio, che t'ha mandato in queste parte e hammi campato da tanto vitupero! E però fa' di me quello che t'è di piacere; ma prima ti priego che tu oda la mia disavventura, acciò che tu non dispregi cavalleria». Fioravante l'abracciò e baciolla, e disse: «Damigella, non temere, ch'io non brutterò el tuo onore né 'l mio. Io ti priego, perché ho grande bisogno, se ci è niente da mangiare, che tu n'arrechi». Ella prestamente trovò del pane e uno barlotto di vino, e tolsono la carne ch'era arrostita al fuoco mezza cotta, e mangiò Fioravante e la damigella a loro piacere. E mangiando, la damigella disse: «Cavaliere, non ti maravigliare perché io, tapinella, sia condotta in questo luogo. Sappi che mio padre è 'l re di Dardenna, e la cagione che m'ha condotta in questa parte fu questa. Il mio padre ha fuora di Dardenna uno giardino presso alla terra a uno miglio, al quale fa oggi tre giorni che io con molte damigelle v'andai. El mio padre fa guerra con uno re che ha nome Balante di Balda; e certi della gente di Balante corsono la mattina insino alle porte di Dardenna, che s'erano la notte messi in agguato; e presono il giardino, e furono prese tutte le mie compagne, e menate chi in qua, chi in ; e io, tapinella, fui presa da questi tre saraini. È poco fa che noi giungnemmo in questo lato; e quando voi giugnesti, pure allora avevano fornito di tendere questa trabacca, sicché non è quattro ore che giugnemmo qui; e giucorono per sorte chi di loro mi dovessi torre la mia verginitá; e toccò a quello che voi prima uccidesti. Ed io mi raccomandai alla divina Donna e madre de' peccatori, ed ella m'assaldí e' miei prieghi. Sempre ne sia ella ringraziata, ch'io non ho perduto l'onore né la verginitá mia, e voi m'avete tratto di tanto vitupero; e però tutta mi do a voi. Ora avete saputo in che modo io sono capitata in questo luogoFioravante la confortò e disse: «Da me non temere, ch'io prometto a Dio e a te di rimenarti giusta mia possanza al tuo padre pura e netta come io t'ho trovata».

E quando ebbono mangiato, Fioravante prese uno de' cavagli de' morti saraini, e misevi su la damigella, e poi montò a cavallo, e raccomandossi a Dio. La damigella lo menò per la via ch'avevono fatta quegli saraini al venire, e cosí lo trasse di quella selva. E Fioravante la domandò com'ella aveva nome. Rispose: «I' ho nome Uliana; ma voi, cavaliere, come avete nomeRispose: «I' ho nome Guerrino». E tramutò nome per non essere conosciuto ch'egli era suo cugino.




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