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Andrea da Barberino
I reali di Francia

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Capitolo LIII.

Come Gisberto e Ottaviano, figliuoli di Fioravante, combatterono insieme,

e santo Marco gli fe' riconoscere, e Balante si battezzò

e lasciò il suo reame a Ottaviano del Lione.

 

Vedendo Gisberto preso Fioravante e Riccieri, e che tutta la cittá era piena di pianto, disse: «Poi ch'egli è preso il mio signore, non piaccia a Dio ch'io voglia stare in Parigi come poltrone!». E addomandò l'arme e, armato, andò alla battaglia: non fu in Parigi altro cavaliere che si volessi mettere a questa ventura. Giunto a Giliante, domandava la battaglia. Giliante lo domandò chi egli era: Gisberto rispose ch'era figliuolo d'uno mercatante di Parigi. Giliante disse: «Tornati drento, che io non combatterei con mercatante: va', fa' la tua mercatanzia». Gisberto non voleva tornare, ma voleva la battaglia. Disse Giliante: «Tu non se' cavaliere, «però non dei combattere con cavalieri». Disse Gisberto: «Se tu mi prometti d'aspettare, per mia fe' che io tornerò a farmi cavaliere». Giliante se ne rise, e disse: «S'io credessi che tu tornassi, io te lo prometterei». Gisberto non disse altro: volse il cavallo, e correndo tornò alla cittá dinanzi alla reina, ed ella lo fe' cavaliere. E tornò al campo, e disfidò Giliante, e ognuno prese del campo, e dieronsi gran colpi. Giliante ruppe sua lancia, ma Gisberto l'abatté a terra del cavallo ferito. Allora tutto il campo s'armò vedendo Giliante caduto; e armossi Ottaviano del Lione, e venne alla battaglia. E giunto dinanzi a Gisberto, lo salutò e domandollo chi egli era. Rispose: «Io sono figliuolo d'uno mercatante di Parigi; ma voi, che mi domandate, chi siete?». Disse Ottaviano: «Io sono figliuolo di quello lione, che voi vedete qui allato a noi, e d'una donna»; e 'l lione era quivi presente. Disfidaronsi e rupponsi le lance a dosso, e non si feciono altro male, e non vi fu alcuno vantaggio. Allora fece el lione tre terribili e grandi mugghi, che parve che tutta la terra tremasse, e saraini e cristiani ebbono paura: molto si maravigliò Balante della diversa boce, che tanto fu fuori dell'ordine naturale. E' due fratelli trassono le spade, e feciono quel tre assalti, e sempre fu la battaglia uguale, che l'uno non vantaggiava mai l'altro; e in ogni assalto el lione faceva tre mugghi. La sera ognuno aveva tagliato lo scudo e l'arme, e con piacevoli parole feciono patto di tornare la mattina alla battaglia; e Gisberto tornò in Parigi, e Ottaviano e Giliante al padiglione; e ognuno lodava molto l'avversario. E l'altra mattina tornarono alla battaglia con migliori scudi; e rotte le lance, el lione fece tre mugghi. Balante disse: «Questo lione significa gran misterio. Balain ci aiuti!». Li due fratelli ripresono le spade, e feciono il molti assalti e grande battaglia, e sempre erono del pari; e vennono in tanto amore in su la sera, che l'uno non voleva ferire l'altro, e temevano di non offendere l'uno l'altro, e pregava l'uno l'altro che tornasse alla sua fede. Ottaviano diceva: «Tu adorerai lo Dio di mia madre, ch'egli è si buono iddio, ch'egli m'aiuta quando lo chiamo». E Gisberto diceva: «Tu adorerai Jesú Cristo, che volle morire per noi in sulla croce». E 'l lione a ogni assalto mugghiava. Lo re Balante domandò suoi indovini che significava il mugghiare del lione d'Ottaviano. Uno disse: «La nostra parte o la loro rinnegherá suo Iddio». Balante credette avere vinto la guerra dicendo: «Fioravante è preso; egli rinnegherá»; e fu per lo contrario. La sera Ottaviano pregò tanto Gisberto, che egli andò la sera con Ottaviano fidatamente al padiglione di Drusolina; e smontati, trovarono Fioravante e Riccieri al padiglione di Drusolina, ch'andavano in qua e in pello padiglione, perché Drusolina aveva fatto loro sempre grande onore. Fioravante, quando vidde Gisberto, sospirò e temé; ma Ottaviano disse: «O signore Fioravante, non temete; che Gisberto è cosí sicuro qui come in Parigi». Drusolina disarmò Ottaviano; Fioravante e Riccieri disarmorono Gisberto, e 'l lione faceva non meno festa a Gisberto che a Ottaviano. In questo giunse Balante, e domandò se Gisberto era prigione, e maravigliavasi ch'el lione faceva festa a ognuno. Quando si puosono a cena, molti dell'oste dicevano l'uno all'altro: «Pe' nostri iddei, che questi due campioni paiono fratelli e figliuoli del lione e di Rosana!». E questo affermava Balante. Poi ch'ebbeno cenato, el re Balante tornò al suo padiglione, e dentro alla cittá era grande pianto e tristizia; i due baroni dormirono insieme. E la mattina s'armarono, e feciono patto che 'l re Balante e la reina, moglie di Balante, e la madre d'Ottaviano e 'l lione e Fioravante e Riccieri fossono a buona guardia a vedere la battaglia; e cosí di concordia furono in sul campo. Ottaviano e Gisberto presono del campo, e rupponsi le lance a dosso. Allora il lione mugghiò forte, che a fatica si poterono ritenere gli spaventati cavalli; e fatto tre mugghi e raffrenati e' cavalli, e' due fratelli, tratte le spade, accesi di grande ardire, si tornarono per ferire in mezzo de' sopra detti signori e di diecimila armati. E come s'appressorono, el lione entrò in mezzo di loro due, e aperse le braccia, ed era maggiore che uno grande giogante, e parlò con grande boce: «Non vi ferite piú: udite le mie parole. Sappiate che voi siete fratelli e figliuoli di Fioravante e di Drusolina; e io sono santo Marco, che ho guardata questa donna anni diciotto». E subito sparí via, e lasciò uno grande splendore. Allora fu manifesto come Drusolina non aveva fallato di quello ch'ella era stata incolpata contro a Fioravante. Balante, veduto e udito grande miracolo, rimisse tutta la mala volontá contro a Fioravante e ogni odio, e volsesi a lui e abracciollo, e la sua donna abracciò Drusolina. E' due fratelli gittarono le spade in terra, e, smontati da cavallo, s'abracciarono. Tutta la gente ch'erano dintorno, smontarono, e 'nginocchiati: «Per misericordia», gridavano, «battesimo!». E quando Drusolina abracciò Fioravante, ella tramortí d'allegrezza, le dimandò perdono; e cosí fece Riccieri. La grande allegrezza fu quando Drusolina abracciò e' figliuoli: non v'era tanto crudele uomo né si duro cuore che non piagnesse; ella rammentava le fatiche ch'ella sostenne per lo bosco, e le paure della spada di Fioravante, e 'l miracolo della fornace.

Fioravante venne verso la cittá col re Balante; tutta la gente ch'era con loro armata posarono l'arme, e sanza arme entrarono nella cittá con Fioravante e con la bella donna d'Ottaviano, ch'era stata presente, e col franco Riccieri e con Balante e con Drusolina e con la madre di Drusolina, reina, e con Gisberto e con Ottaviano e con molti signori. Quando fu palese nella cittá, si fece grande allegrezza. Lo re Balante con la sua moglie si battezzò, e battezzossi la maggiore parte della sua gente, e chi non si volle battezzare, fu messo dalla sua gente medesima al filo delle spade, che ne furono morti circa a sessantamila, e tutti gli altri si battezzorono.

La reina di Franza fu condannata al fuoco e fu arsa, ciò fu la madre di Fioravante, come falsa, iniqua e perfida e maladetta femmina, che per vincere una sua gara acconsentiva tanto male della reina Drusolina e de' sua due figliuoli, tutti innocenti. Dipoi lo re Balante affermò Ottaviano suo ereda dopo la sua morte, e partissi di Franza, e tornossi in Iscondia, e fece tutto il suo reame battezzare. E da poi vivette poco tempo, che egli morí, e Ottaviano rimase signore di Scondia e di tutto il suo paese, e acquistò poi tutto il reame di Frigia bassa.

Fioravante vivette poi tre anni; e quando morí, lasciò la corona di Franza a Gisberto Fier Visaggio; e Drusolina vivette dopo Fioravante cinque anni.

 

Finito il libro secondo della gesta de' Reali di Franza,

seguita il terzo libro della gesta di Chiaramonte: trattasi

d'Ottaviano del Lione. Deo grazias; amen.




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