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Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Adramans, re di Fris, tenendo assediata la cittá di Londres passati quindici giorni, uno suo barone, ch'avea nome Armenio di Cimbrea, rammentandosi che Bovetto gli aveva morto Falsargi suo fratello, s'armò una mattina, e andò presso alla cittá, e domandava battaglia. A Bovetto fu portata la novella al palagio ch'uno saraino lo domandava a battaglia. Essendo presente, Guido s'inginocchiò al suo padre, e dimandògli questa battaglia. El padre non voleva, ma tanto lo pregò, che gliela concedette. Guido s'armò, e montò a cavallo, e venne fuori di Londra, dov'era Armenio: e giunto a lui, lo salutò, e domandòllo chi egli era. Disse Armenio: «Tu dimandi me chi io sono? Ma dimmi se tu se' Bovetto, figliuolo d'Ottaviano del Lione». Disse Guido: «Io sono suo figliuolo». Disse Armenio: «Va', torna al tuo padre, e digli ch'io sono Armenio, fratello del re Falsargi, che voglio sopra a lui far la vendetta e racquistare il reame del mio fratello». Rispose Guido: «Per mia fe', che sarebbe poca discrezione, se mio padre uccise tuo fratello, che a me non toccasse a uccidere te! Io non mi partirò da te, ch'io ti manderò allo 'nferno a trovare il tuo fratello tra gli altri demoni, tarteri cani che voi siete!». Allora s'adirò Armenio e gridò: «Traditore cristiano, tu mi chiami cane? E io giuro a tutti gli miei iddei che io ti farò mangiare a' cani». E disfidati presono del campo, e con le lance si percossono: e' tronconi andorono per l'aria. E tratte le spade, si tornarono a fedire: Armenio ferí un gran colpo sopra a Guido, ma egli percosse lui sí aspramente, che Armenio disse: «Ahi, crudeli iddei, costui ha piú possanza che 'l padre!»; e riferito Guido, tutto lo 'ntronò. Allora ebbe Guido un poco di paura; ma Bovetto uscí dalla cittá con molti armati, temendo che 'l figliuolo non fosse assalito da altra gente; e come fu di fuori, sonò il corno per confortare il figliuolo. Allora Guido si vergognò, e prese a due mani la spada, e, d'ira e di vergogna ripieno, gittò lo scudo dopo le spalle, e ferí sopra a Armenio, e levògli un pezzo del cerchio dell'elmo, e 'l brando andò giuso, e divise la testa al cavallo tra ambe gli orecchi, e cadde morto il cavallo. Come Armenio fu caduto, fu ritto, e Guido ismontò, e andoronsi a ferire, e a una otta si percossono delle spade. Guido tutto intronò, ma Armenio cadde; e Guido gli corse a dosso, e dilacciògli l'elmo, e tagliògli la testa, e rimontò a cavallo con la spada in mano, e spronò il cavallo verso e' nimici, e gittò la testa nel mezzo del loro antiguardo, e gridò: «Togliete, cani, e mangiate l'uno l'altro!». Allora si mossono piú di semila saraini, e fu percosso da molte lance, e fu attorniato; ed egli nel mezzo con la spada a due mani si faceva fare piazza; ma pure vi sarebbe perito, se 'l padre non lo avesse soccorso con molti cavalieri: e rimissono e' nimici insino agli alloggiamenti, e poi si ritornarono drento. Bovetto riprese Guido di quello che fece della testa, perché non era cortesia di cavaliere, e per lo pericolo a che s'era messo. Della morte d'Armenio si fece gran festa.