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Andrea da Barberino
I reali di Francia

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Capitolo XXV.

Come Mainetto s'armò e vinse la giostra, e Morando lo riconobbe in su

la giostra; e usciti fuori della cittá, lasciarono l'arme a uno ostiere.

 

Parlando Mainetto con le due damigelle, disse uno siniscalco: «Madonna, andate a tavola». E posta a magiare, e Mainetto serviva, e alcuno boccone mangiò; e levata da tavola, andò con la sagretaria in un'altra camera, dove armarono tutto Mainetto, e Galeana e la segretaria tutto lo coprirono di zendado bianco; e poi lo menò la segretaria con l'elmo in testa e con lo scudo al collo alla stalla, e fecegli dare uno grosso destriere, e montato a cavallo, n'andò in piazza. El primo ch'egli abatté fu Grandonio, di cui si levò grande romore; el secondo fu il giovinetto re di Granata, e molti de' baroni ch'erano con lui, che lo volevano vendicare; poi abatté Alicardo d'Anflore e Polinas di Ruscia e certi suoi compagni, e ruppe sua lancia. Galeana gliene fece dare due; e con la prima abatté Ulieno di Sarza. Di questo si maravigliò tutti e' signori e tutta la gente; e quando Morando gli vidde fare tante prodezze, disse da sé: «Per certo costui debbe essere Carlotto»; e accostavasi a lui, e Carlo lo schifava perché non lo conoscesse; ma egli pure lo riconobbe, e accostossi a lui, e una volta che la lancia gli cadde di mano, ed egli gliela rendè. Disse Morando: «O ribaldo, io ti ricognosco; or è questa la 'mpromessa che tu mi hai fatta? Or voglia Iddio che questo non sia il tuo disfacimento, e 'l mio! Ma dapoi che tu hai cominciato, fa che tu facci onore al sangue tuo». E cominciollo a servire. E mosso Mainetto, gli venne incontro Canador di Cipri, e Mainetto l'abatté, e abatté Alichin di Giudea, e 'l re di Portogallo e Pantalione e Calindres e Sinagon e molti altri signori. Egli abatté quel giorno sessanta signori di cittá e ville, e vinse la giostra. Grande allegrezza avea Galeana, e ogni persona si maravigliava, e domandavano chi egli era; e quando sonarono gli stormenti, e Morando gli disse: «Fuggi di fuori della cittá»; e dissegli dove, apresso a uno fiume, in uno certo burraio. Ed egli gittò via la lancia e fuggí. E Morando andò alla camera per certi vestimenti, e portogliele; e come fu disarmato, si lavò il viso, e rivestito, rimontò a cavallo in su quello di Morando, e ritornossi a corte. E Morando aveva presa certa amistá con uno ostiere che stava fuori di Saragozza forse una balestrata, e portogli tutte quelle arme, e pregò l'ostiere che gliele salvasse, e diegli certi danari; onde egli le serrò in uno scrigno, cioè in uno buono serrame; e Morando rimenò il cavallo di Mainetto alla stalla. E giunto Morando nella corte, e renduto il cavallo, andò in sul palazzo. Ma Galeana non aveva ancora veduto tornare Mainetto: chiamò a sé Morando e disse: «Che hai tu fatto di quello che tu servisti in su la piazza?». Disse Morando: «Non niente». Ed ella lo tirò da parte, presente la sagretaria, e disse: «Dimmi, Ragonese, chi è questo giovane?». Rispuose: «Madonna, io non lo conosco certo». Disse Galeana: «Tu lo conosci». Morando giurò: «Per Maometto, non lo conosco». Disse Galeana: «Non giurare per Maometto, ma giura pel tuo Iddio». Allora dubitò Morando che Mainetto non si fusse manifestato, e negava. E in questo parlare giunse Mainetto, e Galeana gli faceva gran festa. E passato quel giorno, la sagretaria ebbe a ragionare certe parole con alcuna cameriera, le quali vennono a orecchie a Galeana, ed ella segretamente se la levò dinanzi, per modo ch'ella mai piú non fu trovata, temendo ch'ella non ne appalesasse il giurato amore. E però è senno il saper tacere e tenere celato il segreto. E pure Galeana aveva grande volontá di conoscere Mainetto, e molte volte, quando ella si vedeva il destro, lo domandava per Dio che gli dovesse dire chi egli era. Sempre disse ch'era di Ragona, figliuolo d'uno mercatante; ma ella gli disse: «La mia sagretaria mi disse che t'udí lamentare, e quello che tu dicesti, e però non è vero che tu sia figliuolo di mercatante».




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