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Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Tornato Mainetto drento a Saragozza, la reina e Galeana l'abracciarono, facendogli grande onore e grande festa; e fugli la sera fatto uno prezioso bagno, e molto gli fu atteso, isperando per lui la vettoria. La notte si riposò Mainetto bene; e in quella notte entrò dentro a Saragozza molta gente d'arme delle provincie di Spagna che soccorrevano lo re Galafro, e molta se n'aspettava la mattina. Lo re Polinoro tornò al campo, e disarmato andò al re Bramante, el quale lo di mandò della battaglia. Polinoro rispose che la battaglia era molto dubbiosa e di grande pericolo, e che a lui pareva el meglio di levare campo o pigliare accordo mentre che avevano i prigioni. Lo re Bramante si maravigliò, e andorono molto in giú e in su per lo padiglione; poi domandorono lo re Galafro chi era questo Mainetto che serviva Galeana di coltello. Disse el re Galafro: «Io non lo conosco se non per famiglio». Disse lo re Bramante: «O come tieni tu in casa famigli che ti servono alla mensa, che tu non gli conosca?». Ed egli rispuose: «Egli è cinque anni ch'egli vi venne con questo cavaliere che voi avete prigione, e credo ch'egli abbia circa a vendue anni; e perché egli era giovinetto, non mi curai di sapere chi egli si fusse». Disse Bramante: «Dimmi, Ragonese, chi è questo giovane?». Morando gli rispuose: «Io non so chi egli si sia, ma venendo io da Barzalona, lo trovai per la via a uno albergo, e accompagnammoci insieme; e dissemi che era catelano». E giurò Morando per la fe' di Maometto che non sapeva chi egli era. Lo re Bramante gli fece tutti mettere ne' ferri a buona guardia, minacciandogli di morte; e la sera disse Polinoro a Bramante: «Per certo che egli è nostro meglio di pigliare accordo o dipartirsi, imperò ch'io honne provato questo giovane per lo piú franco cavaliere del mondo, e temo che se noi combattiamo con lui, ch'egli non ci vinca e sia vittorioso». Rispuose Bramante superbamente: «Io v'anderò a combattere, io, acciò che tu ti riposi». Disse Polinoro, non meno superbo di lui: «Se tu mi giuri come leale cavaliere, s'io muoio, che tu combatterai con lui infino alla morte di lui o di te per Maometto, domattina andrò alla battaglia». Lo re Bramante glielo promisse, ed egli s'andò a riposare.
Non fu prima apparito il giorno, che Mainetto s'armò d'arme nuove, perché le sue dell'altro giorno erano molto rotte e magagnate, e venne al campo e addomandò battaglia. Lo re Polinoro, come disperato, s'armò, e da capo volle ch'el re Bramante gli giurasse di combattere; e venne al campo, e disfidati, si dierono gran colpi delle lance; e non vi fu vantaggio, perché Polinoro venne piú a riguardo. E tratte le spade, cominciorono aspra battaglia, e per ispazio d'una ora andò la battaglia uguale; e Polinoro s'adirava contro a' cieli e contro alla fortuna, ch'uno giovinetto tanto gli durasse; e cominciò a dire a Mainetto ch'egli aveva tolto a difendere una puttana. Mainetto, ch'era innamorato, gittò via lo scudo e con la spada a due mani l'assalí con tanta tempesta, ch'el suo cavallo si rizzò, onde la spada giunse in su la testa del cavallo di Polinoro e per mezzo gliela ricise; e cadde morto il cavallo di Polinoro, e rimase a pie'. Mainetto smontò a pie', e Polinoro si maravigliò, e pensò bene che costui non era figliuolo di mercatante, e disse: «O Mainetto, io t'addomando per quello Iddio che tu adori, e per quella cosa che tu piú ami in questo mondo, e per la tua cavalleria, che tu mi dichi chi tu se' e come tu hai nome». Disse Carlo: «Tu m'hai per tre cose scongiurato, che ognuna m'è grande sagramento, ma era meglio per te a non lo avere saputo». E detto questo, s'arrecò adiratamente la spada in mano e disse: «Io ho nome Carlo Magno, figliuolo del re Pipino, re di Franza e imperadore di Roma, mortale nimico de' due traditori di Franza e d'ogni saraino». Quando Polinoro lo 'ntese, credette riparare alla sua morte tanto, ch'e' saraini lo sapessino; ma Mainetto giunse ogni sua possanza alla battaglia, e con la spada a due mani lo percosse, giugnendo forza a forza, e partillo insino al petto. E come l'ebbe morto, tolse la spada ch'egli aveva in mano, e rimontò a cavallo e tornò verso Saragozza. Giá era uscito fuori della cittá grande gente per suo soccorso, come Galeana aveva ordinato; e giunto a loro, eglino lo chiamorono capitano. E Mainetto comandò a certi che andassino insino al corpo morto del re Polinoro e arrecassongli la guaina della spada ch'egli aveva cinta; e rimandò a Galeana quella ch'ella gli aveva donata, e cinsesi Durindarda a lato, ch'era migliore.