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Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Tornato Mainetto a' suoi cavalieri, rientrò drento a Saragozza, e fugli fatto grande onore dalla gente dell'arme e dalla reina e da Galeana, e feciongli la sera fare uno solennissimo bagno; e stette tutta notte Galeana in orazione, pregando Gesú Cristo per Mainetto. E come ebbe cenato, s'andò a riposare, e tutta la gente della cittá pregavano i loro iddei che aiutassino Mainetto. Bramante ritornò al suo padiglione, e inanzi che si disarmasse, fece chiamare Ragonese e dimandollo s'egli conosceva Mainetto. Disse Ragonese: «Io lo conosco come fa lo re Galafro, ma non ch'io sappi altrimenti chi egli si sia». E Bramante gli contò la battaglia ch'aveva fatta con lui, e come l'aveva pregato venire a essere fratello di Triamides, e quello che gli rispose la sera al partire di campo; e fece giurare a Ragonese d'andarlo a pregare di volere Bramante per padre e Triamides per fratello, ch'egli lo 'ncoronerebbe di tre grandi reami, onde metterebbe in campo cinquantamila scudieri. Morando l'aveva veduto tutto disarmare, mentre ch'egli gli aveva parlato e giurato di tornare; Morando n'andò a Saragozza e fugli aperto ed entrò dentro, e trovò che Mainetto era andato a dormire. Egli aspettò insino alla mattina; e levato Mainetto, Morando gli fece l'ambasciata ridendo, e poi l'avvisò come Bramante era male armato del collo, e ch'egli non aveva se non la lorita dell'elmo e che i lacci erano male coperti, e in ogni altro luogo era armato doppiamente: e che egli attendesse solo a quello. E avvisato Mainetto, e Morando si tornò al campo e disse che Mainetto non ne voleva fare niente. Allora Bramante con grande furia s'armò e venne al campo, e Mainetto ordinò tutta la sua gente la mattina in tre schiere: poi venne al campo, e disfidati, si fedirono delle lance, e amendue i cavalli andarono per terra, e caduti i cavalli, i baroni si levarono in pie'. Bramante riprese il suo bastone e Mainetto Durindarda; l'uno corse contro all'altro e cominciarono crudele battaglia. Drento alla cittá e di fuori nell'oste era grande paura, considerando che quale di loro perdesse, la sua parte era disfatta. La paura era in Galeana maggiore che in niuna altra persona, e sempre ella pregava Cristo e la madre Vergine Maria per Mainetto. Al primo assalto Mainetto sempre ebbe il peggiore della battaglia, e durò questo assalto in sino a terza. E ripigliando riposo, Bramante lo domandò che gli piacesse di fare quello di che piú volte l'aveva pregato, ed egli non gli rispondeva, ma poneva mente a quello che Morando gli aveva detto. E cominciarono il secondo assalto. Bramante gli diede uno colpo, che Mainetto fu per cadere; e aggiugnendo colpi a colpi l'uno sopra l'altro, e Mainetto solo a ricoprirsi attendeva, e perdè piú di cinquanta passi di campo; e riscaldato d'ira e di vergogna, prese a due mani la spada, e furioso sanza nessuna guardia disse: «Alla morte siamo!». E come disperato cominciò a fedire da destra e da sinistra, sí che furiosamente l'uno percoteva l'altro: e inaverò Mainetto lo re Bramante in piú parte, e racquistò parte del perduto campo. Allora, afannati e stanchi, ritirati sopra loro, dierono fine al secondo assalto. E ripigliando lena, Mainetto stava apoggiato con le mani in sul pomo della spada, e Bramante in sul bastone. Mainetto poneva pure mente a quello che Morando gli aveva detto; e poi ch'egli fu alquanto riposato, si raccomandò a Dio e fece suo avviso di dare una punta a Bramante con tutta la forza della sua persona. Egli prese la spada con la mano sinistra nel mezzo, e con la destra mano tra l'elsa e 'l pome, e serrossi a correre verso Bramante; ma Bramante lo percosse del bastone per sí grande forza, che lo fece distendere in piana terra tramortito, e poi gli corse a dosso, e abracciollo, e per forza se lo gittò in su le spalle, e portavalo verso il suo padiglione. Vedendo questo, Galeana cadde tramortita, e' cavalieri di Saragozza cominciarono a tornare drento alla cittá, quelli ch'erano usciti fuori, addolorati. Essendo cosí portato Mainetto dal re Bramante, e ritornato in sé, sono qui due openioni tra gli autori: l'uno dice che Mainetto gli die' d'un'arme corta sotto l'elmo nel viso, e l'altro dice che gli die' del pomo della spada nella bocca e ruppegli tre denti della bocca, e per la grande pena lo lasciò cadere; e giunto in terra, saltò in pie' con la spada in mano e diegli a traverso d'una coscia, ma poco male gli fece. Bramante, vedendosi essere schernito, acceso di grande ira, prese a due mani il bastone per dare a Mainetto in su la testa, ma egli si gettò da lato e fuggí il colpo, sí che a Bramante giunse in su la terra la percossa; e Mainetto menò della spada per tagliare a Bramante ambe le mani; ma egli giunse il bastone presso a uno palmo alle mani, e tagliò il bastone a traverso. Bramante aggiunse ira sopra ira, quando si vidde sanza il bastone, e diede di quello pezzo nel petto a Mainetto. Dice l'autore che insino a questo punto Bramante sempre avea vantaggiato Carlo nella battaglia, e da questo punto inanzi sempre cominciò Bramante ad avere il peggiore della battaglia. Galeana fu chiamata e confortossi molto, e' cavalieri di Saragozza ritornarono al campo e amezzarono il campo tra loro e' nimici. E combattendo li due cavalieri, lo re Bramante aveva tratta la spada e combatteva come disperato, sanza cura della sua persona; e Mainetto sempre avvisato combatteva, e vedendo come Bramante non aveva in sé ragione della battaglia, ma piú tosto disperazione, pensò di vincerlo con ingegno; e quando Bramante menava i colpi maggiori, ed egli si fuggiva schifandogli, piú riparando che offendendo lui, e ogni volta ch'el re Bramante si piegava quando feriva in terra, e Mainetto gli dava leggermente in sul laccio di drieto dell'elmo. Bramante si credeva, a' piccoli colpi che Mainetto gli dava, che fosse perché egli fosse stanco, e sperava in poco d'ora la vittoria; ed era tanto infuriato nella battaglia, ch'egli non si avvedeva ch'el laccio dell'elmo era tagliato. Mainetto, che glielo aveva tagliato, istava sopra il fatto avvisato, per venire all'effetto del suo pensiero, e cominciò a 'ngiuriarlo di parole, dicendo: «Arrenditi al figliuolo del mercatante, e arrenditi alla fede del suo Iddio, ch'el tuo Maumetto è falso e bugiardo». Bramante gridò: «Maumetto, come sofferi tu che un cattivo figliuolo d'uno vile borgese ti spregi per mio dispetto?». E prese a due mani la spada, e sanza niuna ragione o guardia della sua persona corse sopra a Mainetto e menògli della spada per sí grande forza, ch'egli ne arebbe partiti tre fatti come Mainetto. Ma egli si gittò da parte con avvisato animo, e Bramante diede della spada in terra, e piú che mezza la ficcò in terra, e tutto si piegò inanzi per la grande forza che gli misse; e l'elmo, che aveva tagliati i lacci di drieto, gli andò insino a mezzo il capo, e poco mancò che non gli uscí di testa. E Mainetto fedí con la spada tra l'elmo e la testa e le spalle, e di netto gli ricisse il collo per modo, che gli spiccò il capo dalle spalle: e cadde morto Bramante alla terra. Allora fu grande romore tra' cavalieri dell'una parte e dell'altra, chi per dolore, chi per allegrezza. Tra' cavalieri spagnuoli fu grande romore d'allegrezza, e fu menato a Mainetto il suo destriero, ed egli montò a cavallo e comandò a uno caporale de' suoi che togliesse l'elmo di Bramante e portasselo a Galeana; ed egli cosí fece.
Mainetto fece portare quello elmo per averlo per sé, imperò che mai non lo avea potuto magagnare con Durindarda, e parvegli buono sopra tutti gli elmi del mondo. Mandato via Mainetto l'elmo, prese una lancia in mano e inviossi, con quella gente ch'era uscita di Saragozza, verso il campo de' nimici, e' quali non feciono nessuna difesa. Mainetto n'andò insino al padiglione per liberare i prigioni, e gli Africani s'arrenderono sanza niuna difensione, e beato si tenne quello che trovava chi lo volessi per prigione. E giunto Mainetto al padiglione che fu del re Bramante, ognuno se gl'inginocchiava, ed égli smontò ed entrò drento con la spada in mano, e sciolse lo re Galafro e Morando e Marsilio e' fratelli; e arrenderonsi a Mainetto tutti e' cavalieri ch'erano alla guardia del re Bramante. El re Galafro lo fe' capitano generale di tutta la sua gente, cioè di Spagna e di Granata, di Ragona e di Navarra e di Portogallo e di Galizia e di Lusintania e d'ogni altra provincia sottoposta alla sua signoria, e cittá e castella e ville, e per mare e per terra. E con questa vittoria entrarono nella cittá di Saragozza, dove si fece grande festa della vittoria.