Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Partiti da Galisflor, n'andarono a San Gian Pie' di Port, e poi n'andarono a Morlain, e poi n'andarono a Salvaterra, e vennono a Porta Artese, che v'ha nove leghe, e passarono le montagne Perinee. In molte giornate Morando fece molto cavalcare, e caddono a Galeana molti gioielli per la via; e molti ragionamenti ferono con Mainetto, s'eglino andrebbono a Roma o in Baviera o in Ungheria, o s'egli era d'andare in Inghilterra. Disse Mainetto: «Andiamo al duca di Borgogna, Gherardo da Prata». Disse Morando: «Non è d'andarvi, imperò ch'egli è tuo nimico»; e disse come Gherardo teneva con Lanfroy e col re Oldrigi, fratelli di Carlo, che tenevano il reame di Franza. E diliberorono andare a Roma al cardinale Lione, figliuolo di Bernardo di Chiaramonte, e non vollono andare in nessuna parte del reame di Franza, perché Morando era troppo conosciuto. E cavalcando, arrivorono a Avignone a una osteria, passato il ponte, dove sentirono come la gente del reame si contentava male della signoria de' due bastardi di Francia; e d'Avignone si partirono e passarono per la Provenza e per la Savoia, e per tutto udirono dire male della signoria di Franza. E passato l'alpe d'Apennino, vennono in Lombardia, e passorono per Toscana e andorono a Roma, e alloggiaronsi nello abergo di Santo Gianni, in una osteria di bassa mano; ed era ostiere una donna molto da bene. E domandarono del cardinale Lione, e seppono ch'egli era andato in Puglia; e aspettaronlo tre mesi, tanto che l'oste doveva avere da loro molti danari. E uno giorno l'ostiera gli addimandò loro, ed eglino non avendone, gli dierono pegno tutte l'arme; e stettono tanto, ch'ella aveva pegne l'arme di tutti a tre; e giá erano in miseria.
In questo tempo tornò il cardinale di Puglia; e come fu tornato, Morando andò la seconda sera alla sua stanza, e trovollo a uno verone sopra a uno giardino. E Morando se gli inginocchiò, e 'l cardinale non lo conoscea, e domandò quello che egli addimandava. Disse Morando: «O monsignore di Chiaramonte, come non riconoscete chi v'ha giá dato mille buoni ammaestramenti?». El cardinale lo raffigurò piú alla boce che a niuna altra cosa, e preselo per la mano e non si dimostrò molto alla presenza di molti che v'erano, e menollo nella sua camera, e disse: «O non se' tu Morando?». Ed egli se gli gittò ginocchioni a' piedi, e 'l cardinale l'abracciò e baciollo, e Morando cominciò a piagnere; e cominciarono a parlare insieme de' fatti di Parigi. Diceva il cardinale: «Dove se' tu stato giá fa cotanto tempo?». Disse Morando: «In molte parte, cercando il mio scampo per paura de' due fratelli; ma voi, monsignore, sapesti voi mai novelle di Carlotto?». Rispuose il cardinale: «Di certo non ne seppi mai novelle; per certo egli debbe essere morto. Cosí volesse Iddio ch'egli fusse vivo, che s'egli tornassi, coloro sono tanto male voluti, che ancora racquisterebbe il suo reame. Ed io e mio padre vi metteremmo ciò che noi abbiamo, e cosí e' miei fratelli». E cominciò per dolore a piagnere. Allora Morando se gli scoperse, e disse dove aveva tenuto Carlotto in Ispagna, e contògli tutte le cose che aveva fatte Carlo in Ispagna, la morte di Bramante e di Polinoro, e la conversione d'Uggieri, e come s'erono fuggiti e aveanne menata Galeana, e come ell'era battezzata ed era moglie di Carlotto e figliuola del re Galafro, re di Spagna; e aveva giurato non la toccare mai, se prima non la incoronava del reame di Franza. E dissegli quanto l'aveano aspettato, e come aveano pegni i cavalli e l'arme. El cardinale piagnea per tenerezza, e menollo a uno forziere pieno di monete d'oro, e diegliene uno pieno sacchetto, e dissegli: «Va, paga l'oste, ed io verrò stassera di notte da voi a vedere il mio signore, che questo eretico di questo papa, che l'ha fatto iscomunicare, non lo sappia».
Morando ritornò all'abergo e rimandò indrieto i due famigli del cardinale, e l'ostiera lo borbottò. Allora disse Galeana piangendo: «O padre mio, io vi priego che voi andiate con Mainetto dove che sia a procacciare di pagare questa ostiera, ch'ella non mi consumi piú; e lasciate me pegno a lei, tanto che voi torniate». Morando cominciò a piangere, e missesi mano in seno, e cavò fuori i danari. Allora Galeana corse alla camera e disse: «O signori, ecco Morando nostro padre, ch'ha uno sacco di danari d'oro». Allora tutti si rallegrarono. Morando pagò l'ostiera, e poi andò in camera e disse come il fatto stava, onde Carlotto e Uggieri molto si rallegrarono. L'ostiera fece portare loro tutte le loro arme, e fece apparecchiare bene da cena, e chiese loro perdonanza s'ella avea di niente sparlato. Disse Morando: «Madonna, quello che tocca a dire a noi, fate voi; perdonate a noi e abbiate pazienza, imperò che la povertá per difetto d'altrui ce l'ha fatto fare. Ma Iddio ne fará ancora vendetta».
Poi ch'ebbono cenato, quasi in sul primo sonno, el cardinale venne all'abergo. Morando stava attento, e solo lo menò alla camera, e' compagni rimasono all'uscio, ch'erono dodici e tutti bene armati. Ed entrati in camera, serrarono l'uscio, e 'l cardinale, come vide Carlotto, come Morando gliele mostrò, se gli gittò a' piedi ginocchioni, e Carlo a lui; e abracciati insieme, molte parole lagrimando vi fu. El cardinale diede loro molti danari, poi diliberarono ch'aspettassino parecchi giorni pure cosí sagretamente. E partito da loro, mandò uno brieve sagretamente al suo padre Bernardo di Chiaramonte; e disse al famiglio che portava il brieve: «Dirai a bocca a mio padre: — Dice Lione: la fiera selvaggia escí del bosco ed è fuggita dinanzi a dua mastini per ritornare nel suo covaccio: non so s'ella si potrá dimesticare —». Il messo, afrettato per le parole e per lo comandamento del cardinale, n'andò in meno di venti giornate a Chiaramonte, dove trovò Bernardo e fecegli l'ambasciata. Quando Bernardo ebbe letto il brieve, subito scrisse in Inghilterra e a tutti e' figliuoli e a' sua amici che si apparecchiassino a fare gente subito, che tempo viene che l'arme s'adoperino; e non manda a dire la cagione, se non che stieno apparecchiati quando gli richiederá. Poi montò a cavallo e andonne verso Roma con sessanta uomini armati a cavallo, e non piú. In questo mezzo il cardinale Lione ordinò con Morando ch'eglino si partissino da Roma, temendo ch'el papa non se ne accorgesse, e disse a Morando e a Carlo: «Andate in Baviera al duca Namo: egli ha grande volontá di sapere novelle di Carlo, ed è nimico de' dua patricida; egli v'accetterá e daravvi grande aiuto. Ma io ti priego, Carlo, che tu sia misericordioso inverso e' popoli, ch'eglino non hanno colpa, e Iddio l'ará molto a grado». Rispose Carlotto: «Se Iddio mi dá tanta grazia ch'io ritorni a casa mia, io giuro a Dio in primi, e poi a voi di perdonare a ogni persona, salvo che a' miei dua fratelli, a cui io viddi co' mia occhi uccidere il padre mio e loro ancora. Ma eglino non meritavono d'essere suo' figliuoli». E dato questo ordine, il cardinale diede loro danari quanto bisognava e d'avanzo, ed eglino si partirono da Roma e presono la via d'andare nella Magna, cioè in Baviera.