Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Quando viddono i Borgognoni morto Guerrino, addolorati cominciorono a volgere le spalle. La novella venne a Gherardo, ch'era uscito della battaglia per dare soccorso a quelli che combattevano di piú gente. Egli n'ebbe molto dolore, e rientrò nella battaglia con diecimila cavalieri. Dice l'autore: «O nobilissimo sangue di Gostantino, perché concedette la fortuna che per due bastardi voi dovessi essere a sí aspra battaglia contro a voi medesimi? O nobile Guerrino, or chi potrá fare l'ammenda di tale cavaliere? O quanto fu maladetto el romore che feciono e' cittadini addimandando misericordia pe' duo bastardi!». Gherardo da Fratta percosse nella battaglia furioso, facendo e commettendo grande male, e disperatamente combatteva, confortando i cavalieri a mal fare. In questo entrò nella battaglia lo re d'Ungheria e lo re di Buemmia: gli arcieri ungheri misono la battaglia in mezzo, uccidendo i loro cavalli, e però gli costrinsono d'abbandonare la battaglia. E se non fosse lo re Oldrigi e Grifone, ch'entrarono nella battaglia, egli erano cacciati di campo. Dall'altra parte giunse Bernardo di Chiaramonte co' suoi figliuoli. Or qui rinforzò la crudele battaglia. Ahi quanti signori, ahi quanti cavalieri e gentili uomini cadevano morti da ogni parte! Ah quanto sangue umano si spandeva! La terra era giá coperta di morti, e non si riguardava l'uno fratello l'altro, e Chiaramonte e Mongrana con reale sangue di Francia insieme si fedivano. Ah quanta crudeltá era questa, a vedere tanti gentili uomini morire! Bene si poteva maladire i due fratelli bastardi male nati, cagione di tanto male.
E mentre che cosí si combatteva, i cittadini si partivano di campo, che a nessuna parte niuno di loro non attendeva a combattere, per non fare l'uno contro a l'altro, anzi istare a vedere, acciò ch'e' cittadini di Parigi non fussino micidiali da nessuna parte. Però si partirono, e lasciarono fare tra loro; e ristringendosi dentro alla cittá, corsono tutta la cittá per Carlo e uccisono tutta la gente ch'era drento per lo re Oldrigi. L'onore della battaglia nel campo era di Gherardo e d'Oldrigi, e dall'altra parte era di Carlo e di Milon d'Angrante e d'Uggieri, dando e togliendo pene con aspre ferite. Bernardo, fratello di Gherardo, s'aboccò con Milon d'Angrante, e rimase prigione; e lo re Oldrigi s'aboccò col re d'Ungheria, ed era preso lo re d'Ungheria, se non fosse il dus Namo e Guglielmo di Bordeus, che lo soccorsono. E abattessi Uggieri e aboccossi col re Oldrigi, e arebbe Oldrigi poco durato alla battaglia con Uggieri, ma tanta fu la moltitudine, che gli partirono. Oldrigi abatté molti baroni. Carlo lo vide andare per lo campo, e vide la corona sopra a l'elmo; pensò che non era dal lato loro altro re che Oldrigi, e raccolti una frotta di buoni cavalieri, corse sopra a Oldrigi e domandollo chi egli era. Disse Oldrigi: «O tu che mi domandi, chi se'?». Disse Carlo: «Io addimandai prima te, e parmi sia ragione che tu prima mi risponda; e io ti giuro di dirti il mio nome». Disse Oldrigi: «Io sono il re Oldrigi, figliuolo del re Pipino, imperadore di Roma e re di Franza». Carlo rispuose: «E' non è cosí: anzi fusti figliuolo del dimonio, che se tu fussi stato figliuolo di Pipino, imperadore di Roma e re di Franza, il quale fu mio padre, tu e 'l traditore di Lanfroy non l'aresti morto. Or sappi ch'io sono Carlo, il quale voi avete tanto seguitato per farlo morire. Ma la divina giustizia v'ha giudicati che voi moriate per le mie mani per vendetta del mio padre, il quale io vi vidi cogli occhi miei uccidere colle vostre mani. Io ho morto Lanfroy, tuo fratello, e cosí farò a te». Allora lo trasse a fedire; e Oldrigi lui, gridando: «Tu di' che se' figliuolo di Pipino, e fusti generato d'uno ribaldo cacciatore». E ferí Carlo in su l'elmo. E cominciarono grande battaglia insieme, ma li cavalieri d'Oldrigi molto noiavano Carlo. Egli l'arebbe morto, ed era Carlo attorniato di molti cavalieri che lo combattevano: ma ivi giunse Morando e Uggieri, e cominciarono grande battaglia, e dall'altra parte Gherardo e Milone, suo fratello, da San Morigi, e molti altri. E per lo romore ch'era grande, corse in questa parte el duca Namo, Salamone, Bernardo e Ottone e molti cavalieri de' migliori di tutta l'oste. Carlo avea sempre l'occhio a dosso a Oldrigi, ed essendo le grida e 'l romore grande, Carlo adirato si gittò lo scudo dopo alle spalle e prese a due mani la spada, e abbandonando le redine del cavallo, si dirizzò nella maggiore forza de' nimici e disse: «O franchi cavalieri, o chi sostiene la vostra vittoria?». E per questo grido Milone d'Angrante, Uggieri, Namo, Salamone, Buovo d'Agrismonte missono uno grido, e' loro cavalieri si vergognarono e fieramente scontrorono e' nimici per tanta forza, ch'eglino apersono tutta la loro frotta. Carlo ferí della spada in su l'elmo a Oldrigi per tanta forza, che in parte lo ruppe; e poco mancò ch'egli non lo fece cadere a terra dal cavallo: e sentito il grande colpo, voleva fuggire; e Carlo se gli gittò a dosso e abracciollo, e per forza lo cavò d'arcione; e trattolo fuora, per forza di braccia portollo nel mezzo de' Bavieri e diello al duca Namo pregione, ch'egli lo guardasse insino che la battaglia finisse: e 'l duca lo mandò insino alle bandiere, e fecelo disarmare e bene guardare. E molto si raccomandava Odrigi, ma egli gli dava poca udienza, e pure una volta gli si volse e disse: «O se tu non avesti misericordia di tuo padre, come doverrá averla Carlo di te?».
In questo mezzo Carlo rientrò nella battaglia. Quando Gherardo da Fratta sentí ch'el re Oldrigi era preso, fece sonare a raccolta. Allora tutto il campo cominciò a fuggire. Carlo e tutti gli altri baroni gli seguitavano uccidendogli. Allora Grifone e Ghinamo tornorono dov'era Gherardo, e dicevano: «O nobile duca, Oldrigi è preso; come vi pare di fare?». Disse Gherardo: «Che ognuno procacci sua ventura dello scampo, imperò che qui non è da stare». E molto si lamentava di Guerrino, cioè della sua morte, e di Bernardo suo fratello, ch'era preso, ma non sapeva dove s'era, s'egli era preso o morto. E vedendo le bandiere de' nimici appressare, levò campo e volgevasi per entrare in Parigi. Ma quando seppe ch'ella s'era ribellata a Oldrigi, si volse con la sua gente in Campagna. Ma poco gli sarebbe giovato, se non fusse che Carlo, vedendo le bandiere di Gherardo, domandò di cui erano, e fugli detto. E Carlo fece sonare a raccolta, e comandò che Gherardo non fosse piú seguitato, considerando ch'egli era del suo legnaggio e stretto del sangue di Bernardo di Chiaramonte. E fece accampare tutta l'oste vicina a una lega a Parigi, dove si consigliò d'andare a assalire la cittá di Parigi. E quando furono tutti disarmati, el duca Namo s'inginocchiò a Carlo e addomandò di grazia Bernardo di Mongrana, fratello di Gherardo da Fratta; e Carlo gli perdonò, e disse a Bernardo: «L'andare e lo stare sia al tuo piacere, e ogni offesa ti perdono. E cosí farei a Gherardo, in quanto egli volesse essere mio amico e padre, come doverrebbe essere». Per questa cortesia Bernardo di Mongrana giurò d'essere sempre fedele a Carlo. Carlo lo ringraziò, e poi comandò a Bernardo di Chiaramonte che assalisse la cittá con la sua gente. Ed egli si mosse, e andava verso alla cittá; e apresso a lui si mosse tutta l'oste sotto le bandiere del loro generale signore, e inverso Parigi n'andarono a bandiere spiegate.