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Andrea da Barberino
I reali di Francia

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Capitolo XVII.

Come il re di Francia fece molte carezze a Tibaldo,

e domandollo in che modo Fioravante fu preso.

 

Domandando il re di Franza il re Fiore: «Chi è costui il quale è qui venuto?», disse il re Fiore: «Costui è quello con cui era Fioravante, quand'egli fu preso». Allora il re di Franza l'abracciò e baciò, e disse: «Io vi priego che voi mi diciate in che modo egli fu preso il mio figliuolo Fioravante». Allora Tibaldo disse: «Se voi volete che io ve lo dica, fatemi impromettere al mio signore, che è qui presente, che è qui presente, che mi perdoni se io in alcuna cosa fallassi». E il re Fiore non aspettò che il re di Franza gli dicesse alcuna cosa, ma per se medesimo gli disse: «Tibaldo, di' sicuramente come il fatto è passato, e in che modo tu scampasti..., e che, se Fioravante fosse stato conosciuto, non lo arebbono menato pregione, anzi l'arebbono morto, imperò che eglino gli volevano gran male». Allora lo re di Franza disse: «Non ci è da dire piú, né da stare a perder piú tempo, anzi andiamo prestamente». E incontanente tutti uscirono fuori della terra, e trovoronsi in numero circa a dugento migliaia di buoni cavalieri; e montorono a cavallo tutti bene armati, e andarono verso Balda, e la notte vegnente puosono l'assedio d'intorno alla terra di Balda. E la mattina lo re Balante si levò, e vidde questa gente, e incontanente se ne andò al re Galerano, suo fratello, e disse: «Che faremo? Tu vedi quanta gente ci è venuta a dosso: vogliamo noi uscire loro a dosso con la nostra gente?». Rispose Galerano: «A me pare che noi non istiamo a vedere». Incontanente mandarono uno bando che tutta la loro gente si debba ragunare, cavalieri e pedoni, e sanza alcuno indugio fossono tutti armati; e ragunorono cento migliaia di buoni cavalieri, e piú non ne poterono avere. E Drusolina si stava alla pregione con Fioravante; e cosí stando, sentirono il romore che si faceva per la terra. Allora Fioravante disse: «Madonna, io vi priego che vi piaccia dirmi che romore è quello che si fa per la terra». E Drusolina incontanente si mosse, e andò alla madre, e disse: «Madonna, io mi levo da dormire, e parmi sentire uno grande romore. Che romore è egli quello ch'io sento?». E la madre gli disse: «Guarda bene i prigioni che tu hai a guardia, imperò che ci è venuto a dosso tutta la cristianitá». E Drusolina disse: «Madonna, e' sará bene fatto». E incontanente tornò alla prigione a Fioravante, e disse: «Amore mio e vita mia, il tuo padre, signore e re di Franza, è venuto con tutta cristianitá, e ancora il papa con dodici cardinali, per trarti di prigione». Allora disse Fioravante: «Io ti priego per lo mio amore che tu mi apparecchi e rechi le mie arme e quelle di Riccieri, e gli nostri cavalli». E Drusolina andò, e fece quello che bisognava, e disse a Fioravante: «Vuoi tu uscire di prigione?». E Fioravante disse: «Andate in su la torre, e porrete mente come la nostra gente si porta; e se voi vedessi ch'e' cristiani perdessino, venitecelo a dire, e noi gli riscoteremo; e se eglino vincono l'altra parte, noi non vogliamo uscire di prigione». E Drusolina si mosse, e andò in sulla torre, e stava a vedere se lo re Balante e il re Galerano uscivano fuori con la loro gente, e vidde ch'eglino erano usciti. E quando furono nel campo, incontanente feciono le loro schiere; e i primi uomini che si levassino furono Lione e Lionello, che andorono inanzi al re Balante e al re Galerano, e dissono: «Noi vogliamo uno grande dono da voi». E lo re disse: «Domandate quello che vi piace». E eglino dissono: «Noi vogliamo essere amendue e' primi feritori che comincino la battaglia incontro al nostro padre, e di certo noi ve lo recheremo vivo o morto o preso». E egli disse: «Abbiate la grazia»; e diede loro la prima schiera, e disse loro: «Ora siate prodi uomini; e io vi prometto che, se voi me lo recherete o morto o preso, il vostro padre, o vero lo re di Franza, o vero l'Apostolico di Roma, io vi chiamerò signori di cristianitá, che all'uno darò la corona di Franza, e l'altro farò imperadore di Roma». Allora si partirono con la loro gente, e andorono incontro a' cristiani. E quando Tibaldo vide venire Lione e Lionello, incontanente gli conobbe, e andò al re Fiore di Dardenna, e inginocchiossi a' suoi piedi, e disse: «Io v'addimando la prima battaglia, e vogliola cominciare prima ch'altro uomo». E il re gli disse: «Va al re di Franza, che io per me sono contento, e dottene la parola, se te la egli». Allora Tibaldo si mosse, e andò al re di Franza, e inginocchiossigli a' piedi, e disse: «Re del mondo, Iddio, adempí e' vostri disideri! Io v'addimando una grande grazia». E lo re disse: «Addomanda ciò che tu vuoi». E egli addomandò d'essere il primo uomo che cominci la battaglia. E il re disse: «Io per me ti do la parola, ma egli è degna cosa di rendere onore al papa, e però va' a lui, e addomandala». E Tibaldo cosí fece; e, fatte le debite riverenze, il papa gli misse la mano in capo e disse: «Con la benedizione di Dio e con la mia sia cominciatore, e fa' che sia prode uomo e ardito cavaliere». Allora Tibaldo si partí dal papa, e andò al re di Franza dicendo: «Quando a voi pare, e' sarebbe tempo che voi facciate le schiere». E il re disse: «Hai tu auta la parola da l'Apostolico?». E Tibaldo disse: «Signore, veracemente egli m'ha data la parola». Allora il re di Franza fece una schiera di quaranta migliaia di cavalieri, e diegli a Tibaldo, dicendogli: «Io ti priego per mio amore che tu sia pro' cavaliere». E poi fece un'altra schiera, la quale fu di cinquanta migliaia di cavalieri, e diella al re Fiore, e disse: «Fratello mio, togli questa gente, e va a Tibaldo, e fa che tu sia prode uomo; e priegoti che tu sia il secondo che percuota apresso di lui». La terza schiera tenne per sé e pel papa e per l'altra chericeria, che erano cinquanta migliaia di buoni cavalieri; e tutti furono bene armati e bene a cavallo.




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