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Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Riscontratosi insieme l'uno e l'altro campo, Danebruno preso il poggio e Giambarone perduto, la battaglia si cominciò giuso nel piano. E per forza e' saraini arebbono vinto el campo per la forza d'Arcaro e de' Turchi e di Balante e di Galerano e d'Artifeo e di Lionagi e di Tribarco di Scarzia; imperò che in questa giunta Arcaro percosse d'una lancia Durante di Melano, e passollo, e morto lo gittò da cavallo. Fiovo mandò Ionasbrando a confortare il padre, e cosí fece; Fiovo poi entrò in battaglia. E Balante abatté Riccardo di Baviera; re Tirione, padre d'Arcaro, abatté Ionasbrando; Rubinetto di Ruscia abatté il re di Buemmia. Ahi quanti cavalieri cadevano e traboccavano tra' piedi de' cavalli! Le bandiere di Buemmia e di Baviera furono gittate a terra. Allora uno giovinetto vestito di bianco si mosse dalle bandiere di Gostantino, e veggendo fuggire e' Bavieri, gli fece rivolgere alla battaglia; e vide Tribarco, re di Scarzia, che diede d'una lancia a Giambarone per coste, e gittò per terra lui e 'l cavallo. Questo giovinetto vestito di bianco era figliuolo di Giambarone. Quando vidde cadere suo padre, arrestò la lancia e percosse Tribarco, che mezza lancia lo passò di drieto; e prese il cavallo di Giambarone, e rendello al padre, non si palesando. E come lo vidde a cavallo, trasse la spada; e percosse il re Tirione di Turchia, padre d'Arcaro, e per mezzo la testa gli divise. Quando e' Bavieri viddono questo vestito di bianco fare tanto d'arme, si volsono francamente alla battaglia, e ancora percossono e' Romani sotto la 'mperiale. Giunse Riccieri per me' dove era il re di Buemmia, e per gran forza lo fece rimontare a cavallo. Allora e Buemmi e Romani e Bavieri e Irlandi rientrarono nella battaglia, e per forza d'arme racquistarono Ionasbrando e Riccardo e tutti gli altri abattuti, e rispinsono e' saraini infino al poggio. Riccieri rilevò le 'nsegne de' Bavieri e quelle di Buemmia; e poi si cacciò tra' nimici insino alla piaggia dov'era Argorante, il quale poco piú si poteva tenere; e fegli ismontare dal poggio. Ma uno re pagano, chiamato Tibero di Lima, gli assalí, e arebbegli tutti rotti: Riccieri gli s'avventò a dosso e tagliollo a traverso. Questo era cugino del re Balante, e fu padre di Tibaldo di Lima, il quale si fece poi cristiano. E per questo campò Argorante; e radussonsi indrieto alle schiere, e tutti insieme si serrarono. In questa giunse Fiovo, il quale aveva sempre e' nimici alle spalle, perché era entrato in battaglia il soldano di Mech e Darchino lo Bruno, re Polidan di Bussina e Rambal di Maroch e l'amostante di Persia e Giliastro di Colchis. Riccieri in questa parte trapassò con una lancia in mano; e vide uno saraino che molto danneggiava e' cristiani, e a' suoi colpi non era riparo: questo era chiamato Polidan di Bussina. Riccieri lo passò con la lancia, e morto l'abatté, e con l'urto del cavallo abatté Darchino, per la cui caduta e' saraini furono costretti di non andare piú avante. La notte fu cagione che l'uno e l'altro campo si ritrasse. Fiovo e Gostantino con tutta loro gente tornarono drento a Roma, e portarono il corpo di Berlingeri di Scozia e 'l corpo di Durante di Melano. E Riccieri, segretamente quanto potè, si tornò a casa di quello cittadino, per modo che altra persona non se ne avidde; e misse il cavallo nella stalla, e disarmossi; e comandò a quello cittadino che, per quanto egli teneva cara la vita, egli non dicesse niente a persona, e che egli apparecchiasse segretamente una sopra vesta per lui e pel cavallo di colore rosso. Come fu disarmato, si rivestí, com'era usato, e andonne a corte, dov'era giunto lo 'mperadore e gli altri signori. E 'l corpo del romito Sansone non si potè riavere, e rimase di sotto da Roma tra gli altri morti, e fu spogliato ignudo e rubato. Giá era Fiovo disarmato e tornato in su la sala, quando Riccieri gli giunse inanzi. Disse Fiovo: «O Riccieri, che hai tu fatto oggi?» Rispuose: «Io sono stato a ballare con molte damigelle». Disse Fiovo: «Quando io ero del tuo tempo, portavo l'arme, e acquistai Melano». Quivi era lo 'mperadore sopraggiunto allato a Giambarone, cioè venendo a passare oltre; e Fiovo ancora disse: «E acquistai e difesi Provino, e fui fatto signore di Sansogna». Disse Riccieri: «Io non potrei ancora portare arme; ed è piú agevole a ballare e di meno pericolo: però combatta chi vuole e chi può». Disse Fiovo: «Ahi sozzo poltrone, istallone da femmine! Guarda che mai piú non mi venghi inanzi». Allora Riccieri si partí, e disse: «Ancora potrebbe venire tempo che queste parole sarebbono rammentate». E 'l padre lo cacciò similemente; ed egli si tornò a casa del cittadino; e ridendo da sé, a lui raccontò tutto questo fatto, pregandolo che lo tenesse celato; e cosí faceva. E' corpi de' morti signori furono la sera sopelliti a grande onore, di cui si fe' gran pianto, e del romito non riauto; e poi s'attesono a medicare e' feriti, e i sani a cenare e a riposarsi.