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Andrea da Barberino
I reali di Francia

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Capitolo XLIV.

Quello che conteneva nella lettera che Fegra Albana di Barberia

mandò a Riccieri, primo paladino, infino a Roma.

 

«La forza dell'amore e degli innamorati iddei è tanta, che alcuna umana persona non se ne sono potuti né possono difendere. Molti e molte per udire lodare alcuno od alcuna giá sono accesi d'amore ad amare la lodata persona; e perché naturalemente la ragione dá e concede che chi cerca onore, fa l'operazione e non si loda, ma lasciasi lodare all'operata virtú, questo è quello che è degno di laude; e per questa cagione io fragile, non degna di tanto amore nobile, quanto è quello che mi porge le tue lodate virtú a tutto il mondo manifeste; e per questo di novello amore di te appresa, a te mi volgo, non perché io Fegra Albana, figliuola del re di Barberia, sia degna di te (tanto nobile se' sopra a' viventi lodato!), ma solamente mi piego ad amare, perché la virtú si dee amare e dee essere amata comunemente da ogni persona. Onde io m'inchino alla tua gentilezza; e chiamo Venus con quella forza ch'ebbe nello operato amore degli antichi amanti; e priego lei e tutti gl'iddei che mai furono partefici a questa medesima pena d'amore, che accendino cosí il tuo cuore ad amare me, come eglino hanno acceso il mio cuore ad amare te; e bene ti priego, se alcuno segreto modo per te si vedesse, che questi due amanti si vedessino l'uno l'altro. Io Fegra Albana amo il mio signore, e mai non l'ho veduto; ma io ho tanta speranza in lui, che mi pare essere certa che io lo vedrò; e poi che io l'arò veduto, morendo morrò allegra, e gloriosa n'andrò alle segrete cose dell'altra vita. Non so piú che mi dire, perché i sospiri, le lagrime, l'amore, la paura dello sdegno mi fa tremare aspettando il mio servo a te da me mandato; e dico: — Oimè! che novelle m'arrecherá? —. E volgo gli occhi miei alla appuntata spada, con la quale aspetto la morte, se io non sono da te amata; onde io ti priego che tu non mi tolga il tempo che io debbo vivere in questa vita, e a te mi raccomando, signore mio Riccieri. Fegra Albana a voi si raccomanda con disidero di vedervi.»




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