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Andrea da Barberino
I reali di Francia

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Capitolo XLVIII.

Come Riccieri fu conosciuto a Tunizi; e come fu preso e messo in prigione.

 

E stando in questo giorno, che la notte vegnente si dovevano partire, Riccieri in su la sala dinanzi a Fegra, uno sonatore d'arpa giunse in sala sonando; e guatando per la sala vidde Riccieri, e subito lo conobbe. Riccieri era chiamato per la corte Belservo. E questo sonatore per non fallare molte volte il dí lo guatò, tanto che egli fu bene certo ch'egli era Riccieri; onde egli andò la sera di segreto a favellare al re Achirro, credendosi avere buono guiderdone; e tutto il fatto gli disse. E il re non gli credette da prima; ma vedendo e udendo e' sagramenti che costui faceva, gli dette fede che egli fusse desso e che egli fusse quello che aveva vinto il torniamento. E la notte vegnente, come fu sera, fece serrare tutte le porte della cittá, e fece dare boce che fusse stato morto alcuno, ed egli faceva cercare in certe parti; e questo fece egli per paura che Riccieri non si fosse avveduto di quello sonatore e ch'egli la notte non si potesse partire né fuggire, non sappiendo però niente che la sorella gli volesse bene. Per questa cagione non si poterono la notte partire, e stettono le porte serrate tutto l'altro giorno. E in questo giorno fu rinchiuso uno famiglio sotto il letto di Riccieri; e quando la sera Riccieri fu nel letto, el famiglio aperse l'uscio, come lo sentí dormire. El re entrò nella camera con molti armati, e furogli a dosso con molte lumiere e colle lancie al petto; e sendo ignudo egli s'arrendè al re. Sendo preso e legato, lo fe' mettere in uno fondo d'una torre, e tutte le sua arme gli tolse, e a pena che gli fosse dato i sua panni, ch'egli si potesse ricoprire. L'altro giorno venne il famiglio Acail a Tunizi, perché si maravigliava che erano tanto soprastati a venire; e fu menato dinanzi dal re, il quale lo minacciò di morte, perché aveva ritenuto Riccieri in compagnia; ed egli si scusò non lo avere mai conosciuto, e che egli lo voleva con le sue mani impiccare o mettere in croce. Or pensa, se il re avesse saputo come v'era venuto, come il fatto sarebbe andato! Ancora aggiunse il famiglio una loica parola, che egli disse: «Io giurerei per Balain e per tutti gl'iddei che Fegra Albana n'era cosí ingannata, come io; e però lo raccettò per famiglio». E andato questo famiglio sopra la torre, lo chiamava e diceva: «O traditore Riccieri, e come arei io mai pensato che tu fussi stato Riccieri? Né anche Fegra». Poi si partí, e disse: «Io voglio andare a dirlo a Fegra, che ne fará gran festa». E andato a lei, ella se ne mostrò allegra al palese e dentro impetrò tutta di dolore; e il famiglio dissele al sagreto la scusa che avia fatta contro al re. Fegra diceva: «Oimè! che egli crederá che io l'abbi fatto pigliare io». Onde ella si vestí, e venne dinanzi alla madre e al suo fratello, e mostrossi tutta allegra della presura di Riccieri. E il re mandò per Basirocco e per molti baroni; ciò furono Minapal e Aliachin e Giliarton di Bellamarina, e per Arcimenio e per molti altri, e disse loro: «Chi arebbe mai creduto che Maometto m'avesse mandato Riccieri paladino insino a Tunizi in prigione?» E' baroni se ne ridevano e non lo credevano; ma egli comandò che gli fusse menato dinanzi bene legato; e cosí fu fatto. E quando l'ebbono dinanzi, lo re lo domandò per lo suo Iddio chi egli era. Rispose: «Io sono Riccieri, figliuolo di Giambarone, chiamato Riccieri paladino». Disse Basirocco: «Se' tu quello che uccidesti Arcaro, mio fratello?» Riccieri gli rispose: «Certo sí; ma se io uccisi Arcaro, io non lo uccisi a tradimento, ma egli aveva morto uno gentile signore, che aveva nome Attarante della Magna; e non si tenne sazio d'averlo morto, che poi lo fece ismembrare a' suoi cavalieri; e io lo trovai che portava la testa in su una aste di lancia; e combattendo con lui io l'uccisi con la spada in mano». Allora disse Basirocco: «Tu menti per la gola, che tre tuoi pari non gli sarebbono potuti durare inanzi». Disse Riccieri: «Se la quistione di piazza fosse rimasa fra noi due, penso che non diresti cosí; ma voi avete rotta la promessa fede della triegua fatta». Allora Basirocco gli volse dare nel viso d'una punta d'uno coltello, ma e' baroni non lo lasciarono; e minacciavalo di crudele morte, in questo modo dicendo: «Io non mi terrei vendicato del mio fratello per la tua morte. Ma io ti prometto di farti tanto stentare in pregione, infino che io averò Fiovo e Gostantino; e con teco insieme li farò mangiare a' cani». E 'l re Achirro lo voleva fare impiccare, se non fosse questa promessa che fece Basirocco; e fu rimesso nel fondo della detta torre co' ferri in gamba, e fu ordinato che continuamente dieci uomini lo dovessino guardare, e che gli fusse dato del pane e dell'acqua insino a tanto ch'eglino tornassino da Roma.




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