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Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Mentre che questa battaglia in danno e in vergogna de' cristiani si faceva, e' saraini non dubitando d'altra gente, essendo quasi ora di vespro, giunse per la pianura detta la Suvereta, verso la marina di verso Toscana, giunse una schiera di cavalieri sotto uno stendardo. Stretti e serrati insieme, venivano di gualoppo con le lance in mano e con gli elmetti in testa, e non facevano motto, e non davano noia a persona. Quelli del campo di Danebruno si maravigliavano di costoro, perché eglino avevano le bandiere di Folicardo; e quando giunsono presso a Roma a mezza lega, quivi era un poco di poggio rilevato, e quindi viddono la pianura verso Roma e verso il Tevero dal lato di sopra, ed erano in mezzo de' saraini. E vedendo la battaglia, disse Riccieri a Folicardo: «Che vogliamo noi fare?» Disse Folicardo: «E che stiamo noi a vedere? Diamo nella battaglia». E misse uno grido. Co' piú pressimani fu cominciata la zuffa, e uno gridò: «Viva Gostantino!» Questa poca brigata spaventò tutta l'oste; e eglino calarono quello poco del poggio, ed erano ottomila cavalieri. E non vi fu chi a loro si rivolgesse; eglino gittavano per terra pennoni e bandiere. Eglino andavano tutti serrati insieme, e furono veduti dalle mura di Roma. Una boce si levò: «Soccorso, soccorso di Francia!» Allora e' Brettoni sotto il valente Salardo, rincorati, si cacciarono nella battaglia; e' Franciosi, Sansoni e Provini presono tanta baldanza, che e' nimici non potevano sostenere. E riacquistando molto del perduto campo, Salardo entrò tanto inanzi, ch'e' Brettoni s'aggiunsono co' cavalieri di Riccieri, gridando: «Mongioia! Gostantino!» Salardo cominciò a domandare alcuno che gente eglino erano, e nessuno non gli rispondea; onde quasi combattea con sospetto. Ed egli vidde passare uno cavaliere poco dinanzi o vero di lungi da sé, e con la spada in mano scontrò uno re, chiamato Minapal della Morea, e partigli il capo infino al collo; e questo fu Riccieri; e viddegli gittare per terra certi altri cavalieri. Allora giunse Folicardo sopra a Salardo, e viddelo combattere co' saraini. Fermossi contro a lui, e domandollo chi egli era. Rispose: «Io sono Salardo di Brettagna.» Disse Folicardo: «O cristiani, combattete francamente, che quello cavaliere che passa oltre inanzi a me è Riccieri paladino che è uscito di prigione; e io sono Folicardo di Marmora, che sono battezzato, e abbiamo fatto battezzare Alfea». E detto questo, entrò nella battaglia. Allora Salardo, tutto allegro, corse inverso le bandiere gridando: «Riccieri è tornato; combattete sanza paura!». E trovato Fiovo, gli disse come Folicardo gli avea detto. Per questa novella si confortò tutto il campo de' cristiani, e con grande ardimento assalirono e' nimici. E aboccossi Folicardo con Basirocco; e combattendo insieme con le spade in mano, vi giunse Fiovo, e parvegli che Folicardo avesse il peggiore. Fiovo lo soccorse; e Basirocco era a mal partito, se non fosse Anfineo d'Arabia e Pirrafo di Grecia che lo soccorsono; e questi tre contro a loro due aspramente offendevano. Ancora giunse loro a dosso Giliante di Cimbrea che pure allora entrava nella battaglia; ed erano Fiovo e Folicardo a pericolo di morte, se non fusse che in quella parte si volse il paladino Riccieri; e conosciuto Fiovo e Folicardo, si cacciò nella zuffa con loro. E il primo che egli percosse fu Anfineo d'Arabia, e diegli uno grande colpo in su l'elmo, e tramortito l'abatté da cavallo; e quivi fu grande forza di saraini, e rimissonlo a cavallo. Ma Riccieri si volse a Pirrafo di Grecia, e tutta la spalla manca col braccio e con lo scudo gli tagliò: e benché si partissi di questa zuffa, non giunse a' padiglioni, che cadde morto. Per questi due, l'uno abattuto e l'altro morto, furono liberi; e la notte cominciava apparire, sí che fu cagione che la battaglia si partisse. E l'uno e l'altro campo si radusse alle sue bandiere; gli stormenti a raccolta sonando, fue fatto grande allegrezza a Riccieri e grande festa della sua tornata, intanto che, essendo detto a Gostantino, per vederlo venne fuori della cittá. E 'l padre piagneva d'allegrezza. Essendo la sera, e' combattitori credettono tornare drento a Roma; ma Riccieri disse a Gostantino e a Fiovo che a lui pareva segno di paura. Per questo andò la grida che solamente e' feriti, e non altri, entrassino nella cittá; e fu recata tanta vettuvaglia nel campo, che d'ogni sustanza vi fu abbondantemente dovizia. E Riccieri fu mandato a fare l'anteguardia con tutti Italiani che in quello giorno non avevano combattuto; e tutta notte stettono la maggiore parte armati, e cento volte la notte si gridava: «All'arme! all'arme!» e' capitani attorno provedendo, ognuno col suo cavallo a mano, cosí e' signori come e' cavalieri e scudieri.