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Andrea da Barberino I reali di Francia IntraText CT - Lettura del testo |
Fioravante, essendo molestato dalla madre perch'egli togliesse la figliuola di Salardo per moglie (e la notte e il dí lo pregava e faceva pregare, e spesse volte con lagrime, e quando con ira, alcuna volta con villania), diliberò d'uscire tanto tormento, [e] poiché altro rimedio non poteva avere, di doversi di Parigi partire. Essendo nel tempo della primavera, passato la Pentecoste, una sera chiamò uno suo famiglio, in cui egli si fidava, e assegnògli il suo cavallo e le sue arme, e dissegli: «Fa' che domattina di buona ora tu sia armato di queste arme, e monta in sul mio cavallo, e vattene alla porta che va verso Dardenna, e aspettami di fuori della porta». Il famiglio cosí fece. Fioravante la mattina montò in su uno palafreno ambiante, e andonne solo a quella porta, e non disse niente a persona di sua andata; e trovato il famiglio (ed era di buona ora), disse Fioravante: «Andiamo una lega di lunge a Parigi, e ivi mi armerò, e tu ritornerai indrieto, ma non dirai a persona di mia andata». E cavalcando, erano due miglia di lungi da Parigi, e Fioravante udí sonare a Signore a una piccola chiesa per levarsi il corpo di Cristo. Fioravante ismontò del portante, e diello a mano al famiglio, ed entrò in chiesa.
Quando il famiglio lo vidde in chiesa, si pose mente in torno, e viddesi bene armato e bene a cavallo, e aveva cinto Durindarda: ingannato di sé medesimo, disse: «Io posso andarmene con queste arme e con questo cavallo; e dov'andrò, sarò tenuto uno franco cavaliere; ancora io honne Durindarda, la migliore spada del mondo». E fatto il pensiero, attaccò il ronzino a uno anello di ferro della chiesa, e impugnò la lancia, e andossene verso Dardenna, e lasciò il suo signore sanza arme e male a cavallo. E avendo camminato tutto il giorno, immaginò che, se egli stesse a osteria, Fioravante lo potrebbe giugnere, e che, se egli andasse per la via diritta, potrebbe essere sostenuto a qualche castello ed essere conosciuto l'arme e 'l cavallo; e sendo apresso a uno castello, abbandonò la strada, e per luoghi selvaggi e boschi si misse a cavalcare, e tutta notte s'andò avviluppando per questa selva; e la mattina, sendo chiaro il dí, andava attraversando ora in qua, ora in lá, e non sapeva dove s'andava. La sera, poco inanzi al coricare del sole, trovò uno romitoro, e pensò di trovare un poco di rifrigero da qualche santo uomo; e picchiò l'uscio del romitoro; e venne fuori uno vecchio romito armato, e dimandò chi egli era e quello che andava facendo. Rispose che andava alla ventura. E quello romito lo guardò tutto dal capo al pie', e vidde che quelle arme non gli stavano bene, e ch'egli era tutto stanco per la grande fatica dell'arme. Disse il romito: «Tu debbi avere imbolato queste arme e questo cavallo a qualche gentile uomo, che al parlare e alla apparenza tu dimostri piú ladrone che uomo da bene». E il cattivo non si seppe scusare, ma disse: «E' fu il mio peccato». Disse il romito: «Io sto qui per tenere sicuri questi paesi, e Iddio ama la giustizia». E posegli le mani a dosso, e tutto lo disarmò, e tolse due ritorte di legname, e impiccollo a uno ramo d'albero poco di lungi dal romitoro; e poi ripose l'arme e governò il cavallo, e pregava Iddio che gli mandassi colui di cui elle erano, s'egli era vivo.