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Andrea da Barberino
I reali di Francia

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Capitolo XXII.

Come Guido combatté con Armenio di Cimbrea,

e tagliògli la testa, e gittolla nel campo de' nimici.

 

Adramans, re di Fris, tenendo assediata la cittá di Londres passati quindici giorni, uno suo barone, ch'avea nome Armenio di Cimbrea, rammentandosi che Bovetto gli aveva morto Falsargi suo fratello, s'armò una mattina, e andò presso alla cittá, e domandava battaglia. A Bovetto fu portata la novella al palagio ch'uno saraino lo domandava a battaglia. Essendo presente, Guido s'inginocchiò al suo padre, e dimandògli questa battaglia. El padre non voleva, ma tanto lo pregò, che gliela concedette. Guido s'armò, e montò a cavallo, e venne fuori di Londra, dov'era Armenio: e giunto a lui, lo salutò, e domandòllo chi egli era. Disse Armenio: «Tu dimandi me chi io sono? Ma dimmi se tu se' Bovetto, figliuolo d'Ottaviano del Lione». Disse Guido: «Io sono suo figliuolo». Disse Armenio: «Va', torna al tuo padre, e digli ch'io sono Armenio, fratello del re Falsargi, che voglio sopra a lui far la vendetta e racquistare il reame del mio fratello». Rispose Guido: «Per mia fe', che sarebbe poca discrezione, se mio padre uccise tuo fratello, che a me non toccasse a uccidere te! Io non mi partirò da te, ch'io ti manderò allo 'nferno a trovare il tuo fratello tra gli altri demoni, tarteri cani che voi siete!». Allora s'adirò Armenio e gridò: «Traditore cristiano, tu mi chiami cane? E io giuro a tutti gli miei iddei che io ti farò mangiare a' cani». E disfidati presono del campo, e con le lance si percossono: e' tronconi andorono per l'aria. E tratte le spade, si tornarono a fedire: Armenio ferí un gran colpo sopra a Guido, ma egli percosse lui sí aspramente, che Armenio disse: «Ahi, crudeli iddei, costui ha piú possanza che 'l padre!»; e riferito Guido, tutto lo 'ntronò. Allora ebbe Guido un poco di paura; ma Bovetto uscí dalla cittá con molti armati, temendo che 'l figliuolo non fosse assalito da altra gente; e come fu di fuori, sonò il corno per confortare il figliuolo. Allora Guido si vergognò, e prese a due mani la spada, e, d'ira e di vergogna ripieno, gittò lo scudo dopo le spalle, e ferí sopra a Armenio, e levògli un pezzo del cerchio dell'elmo, e 'l brando andò giuso, e divise la testa al cavallo tra ambe gli orecchi, e cadde morto il cavallo. Come Armenio fu caduto, fu ritto, e Guido ismontò, e andoronsi a ferire, e a una otta si percossono delle spade. Guido tutto intronò, ma Armenio cadde; e Guido gli corse a dosso, e dilacciògli l'elmo, e tagliògli la testa, e rimontò a cavallo con la spada in mano, e spronò il cavallo verso e' nimici, e gittò la testa nel mezzo del loro antiguardo, e gridò: «Togliete, cani, e mangiate l'uno l'altro!». Allora si mossono piú di semila saraini, e fu percosso da molte lance, e fu attorniato; ed egli nel mezzo con la spada a due mani si faceva fare piazza; ma pure vi sarebbe perito, se 'l padre non lo avesse soccorso con molti cavalieri: e rimissono e' nimici insino agli alloggiamenti, e poi si ritornarono drento. Bovetto riprese Guido di quello che fece della testa, perché non era cortesia di cavaliere, e per lo pericolo a che s'era messo. Della morte d'Armenio si fece gran festa.




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