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Andrea da Barberino
I reali di Francia

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Capitolo XXXIV.

Come Carlo s'inamicò con Uggieri, che fu poi chiamato Danese,

e 'ngaggiossi di combattere col re Gualfedriano, padre di detto Uggieri.

 

Per molti giorni si fece allegrezza nella cittá di Saragozza, e per tutte le parte di Spagna, della vittoria ricevuta. E in questo medesimo tempo lo re Agolante mandò in aiuto al suo fratello Bramante uno valentissimo signore, chiamato il re Gualfedriano, re di Genturia e di Sarais, e de' monti detti Tubari e de' monti Circassi e de' monti Cinabori, posti in su' confini di Numidia e di Mauritania; e aveva tre cittá in sul mare: l'una aveva nome Arzous e l'altra Arram, la terza Serem: questi sono tre porti del reame di Sarais. Questo re Gualfedriano mandava Agolante in aiuto del fratello, perché gli avea mandato a chiedere soccorso quando si partí di Ragona. E giunto questo re nel porto di Cartagine, smontò in terra con ottantamila saraini, e con uno suo figliuolo che aveva anni diciotto e aveva nome Uggieri, ed era uno bellissimo giovane, e molto ardito e gagliardo della persona. La novella di questa gente venne a Saragozza al re Galafro, e fu grande romore a Saragozza: e fece lo re ragunare tutta la sua gente, che giá era partita. E mentre che la gente si ragunava, la novella venne ch'el re Gualfedriano era presso a Saragozza d'una giornata. Allora diliberarono d'uscire l'altro dí alla 'ncontra allo re Gualfedriano. Ma la notte vegnente giunse tutta quella gente a campo a Saragozza.

Aveva lo re Gualfedriano saputa la morte del re Bramante e del re Polinoro da certi di quelli ch'erano scampati della passata battaglia, onde egli diliberò di volere vedere Mainetto, e mandò ambasciadori al re Galafro nella cittá, e domandò di venire a parlare con lui nella cittá. Ed ebbe salvocondotto d'entrare con mille cavalieri nella cittá. El re Galafro e' figliuoli gli vennono incontro, e Mainetto e Morando ancora andarono con loro; e 'l re Gualfedriano menò con seco Uggieri suo figliuolo. Aveva Mainetto una ghirlanda in testa, adorna di molte perle; e quando s'incontrarono, fece l'uno all'altro grande onore; e poi si volse inverso la cittá. Mainetto si prese per mano il figliuolo del re Gualfedriano, detto Uggieri, e parve al giovane Uggieri che Mainetto fosse tanto costumato e avesse tanto gentile atto in sé, ch'egli si vergognava a' brutti costumi che gli pareva avere lui e la gente ch'avevano con loro. E cavalcando verso la cittá, ragionavano i due re delle passate battaglie di Bramante, e domandò lo re Gualfedriano quale era Mainetto. Disse Galafro: «Egli è quello che viene al pari col vostro figliuolo». E quando ismontarono da cavallo, el re Gualfedriano si fermò e guatava Mainetto, e l'uno guatava l'altro nella faccia e stavano saldi. E non potè lo re Gualfedriano tanto guatare e sostenere, ch'egli non abassasse gli occhi. E montati suso al palazzo, Mainetto prese Uggieri per mano.

Giá era Uggieri invaghito de' belli costumi di Mainetto, tanto che mentre ch'el re Gualfedriano stette drento alla cittá, che vi stette tre giorni, sempre Uggieri andava con Mainetto, e mangiò e dormí con lui, e tanto innamorò della sua onestá, ch'egli si puose in cuore d'essere sempre di sua compagnia; e Mainetto s'ingegnava di fargli onore quanto poteva e sapeva, tanto che Uggieri gli disse: «Nobile signore Mainetto, io mi sono posto in cuore di vivere e di morire con teco». E Mainetto gli disse che l'arebbe molto caro, ma che la sua gentilezza non si confaceva con la sua bassa condizione, che egli era figliuolo d'uno mercatante, e lui era figliuolo di re. Uggieri se ne fece beffe e disse: «Per questo non rimarrá che io non sia vostro servo e de' vostri costumi, e voglio che siate mio maestro in fatti d'arme»; in tanto che Mainetto l'accettò per compagno e puosonsi grande amore l'uno all'altro. Lo re Gualfedriano disse il terzo giorno che per vendetta del re Bramante e per lo suo onore egli voleva combattere con lui; e perché altra battaglia non vi nascesse, Mainetto accettò la battaglia, e affermossi nel patto che se Mainetto perdesse, ch'el re Galafro desse omaggio al re Agolante, e se Mainetto vincesse, ch'el campo si tornasse indrieto. E fu di patto ch'el re Galafro desse dua statichi, e cosí lo re Gualfedriano. E posto il dí della battaglia, lo re Gualfedriano tornò nel campo, e Uggieri rimase con Mainetto. E quando venne il giorno della battaglia, lo re Gualfedriano assegnò Uggieri, suo figliuolo, statico, e lo re Galafro volle mandare Marsilio per istatico nel campo, ma egli non vi volle andare, né nessuno de' sua fratelli, e dissono che non si volevano sottomettere a uno figliuolo d'uno borgese mercatante. Lo re Galafro gli cacciò dinanzi da sé con villane parole, e chiamato Mainetto, disse: «Quello ch'io ho promesso, io non lo posso attenere, ma inanzi ch'io manchi di mia fede, io n'anderò in persona, per la speranza che io ho in te». E montò a cavallo, e menò seco il giovanetto Uggieri; e giunto al padiglione del padre, raccontògli come il fatto istava e ch'egli era venuto in persona per statico per non mancare di sua fede. Vedendo lo re Gualfedriano la nobiltá di Galafro, non lo volle ritenere, e disse: «Menate pure Uggieri con voi, ch'io mi fido di voi, che sanza fallo voi m'atterrete come leale re quello che m'avete promesso». E cosí ritornò a Saragozza, e menò seco Uggieri. E Mainetto s'armò l'altra mattina, e armollo Galeana e Uggieri; e uscí fuori alla battaglia, e portò l'elmo che fu del re Bramante, perché era vantaggiato e buono e perfetto, e per molti si teneva ch'egli era incantato, che ferro niuno lo poteva magagnare.




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