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Michele Lacetera
Persone Storie Parole

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B

 

La parlata dei ragazzi: una babele. È

uno slang che uniforma maschi e femmine.

I professori a scuola non lo capiscono,

i genitori neppure. (Laura

Laurenzi)

baarola, s. f. bavaglino al collo dei bambini.

baccajà, v. intr. litigare, venire a diverbio

con qualcuno.

baccajata, s. f. litigio, diverbio.

baciadonne, s. f. erba spontanea non

commestibile ricoperta di aculei.

baciapile, s. m. bigotto, bacchettone.

Termine largamente usato nella lingua

italiana.

bacuccu, s. m. molto anziano, sinonimo di

svanito, che ha perso vigoria fisica e intellettiva.

Il nome deriva da Abacuc, l’ottavo

dei dodici profeti minori dell’Antico

Testamento. A lui è intitolato il libro omonimo,

in versi, composto di tre parti.

badante, p. pres. s. m. e f. vocabolo prepotentemente

entrato in tutte le parlate italiane

dalla Valle d’Aosta a Pantelleria con

il quale si indica la persona, quasi sempre

di genere femminile, che ne accudisce

un’altra bisognosa di aiuto. A qualcuno la

parola non piace, la definisce offensiva e

propone di sostituirla con operatore o operatrice

dell’assistenza. A me badante sta

bene in quanto risponde ai requisiti della

chiarezza e della immediata comprensibilità.

Perché mai dovrebbe essere considerata

offesa il fatto che qualcuno badi ad un

altro? Forse che non è così?

La mutazione profonda avvenuta nella

famiglia negli ultimi decenni, l’allungamento

generalizzato della vita con la conseguente

presenza di un cospicuo numero

di persone anziane hanno reso necessario

il ricorso alla badante. Sono ormai lontani

gli anni in cui le famiglie svolgevano il

tempo della loro vita in un insieme che

sembrava indissolubile. Si nasceva e si

moriva tutti nello stesso posto. I più giovani

si prendevano cura dei loro vecchi

con i quali dividevano gli spazi delle

case. I nostri vecchi ora li mettiamo nelle

mani delle badanti provenienti per lo più

dall’Europa orientale, Romania, Polonia,

Moldavia, Ucraina alle quali noi affidiamo

le persone che ci sono più care spesso

senza saper nulla di loro, della loro onestà,

delle loro capacità, della loro affidabilità.

Sono donne, non di rado diplomate

e anche laureate, che spinte dal bisogno si

sono letteralmente inventata una professione

che nella stragrande maggioranza

dei casi viene svolta con grande professionalità

e dedizione.

Le badanti sono entrate nelle case e nelle

famiglie di molti zagarolesi e svolgono

egregiamente il loro lavoro aiutando

molti anziani nelle loro incombenze quotidiane.

bagasciu, s. m. grasso, obeso.

bagattella, s. f. sciocchezza, inezia, fesseria.

Fr. id. “s’àngollato buzzichi e

bagattelleandato via portandosi via

tutta la sua roba).

baggianu, s. m. chiacchierone, pettegolo.

Usato anche al femminilebaggiana”.

Nel 1600 i bergamaschi chiamavano baggiani

i milanesi per schernirli.

balengu, s. m. sciocco, cretino. Balengo è

un regionalismo dell’Italia settentrionale.

ballone, s. m. largo telo usato per esporre

al sole grano, granturco e altro.

bambinellu, s. m. il Bambino Gesù del

presepe.

bambuzzellu, s. m. bimbo.


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bammace, s. f. cotone idrofilo, cotone a

fiocchi. Bambagia.

banca, s. f. panca.

bancacciu, s. m. il piano del torchio.

bannella, s. f. bandella, piastra metallica

che si inserisce nel perno del telaio di uno

sportello o di un’imposta.

bannu, s. m. bando, comunicazione di

notizie di pubblico interesse. Anche a Z.

un banditore munito di trombettatiréa lu

bannue dava alla popolazione consigli

per gli acquisti. Verso la metà degli anni

’50 l’Amministrazione comunale provvide

a far istallare presso la sede comunale un

centralino collegato ad altoparlanti situati

lungo tutto l’abitato di allora. L’impianto è

stato più volte modificato ed è tuttora in

funzione. Se ne serve l’Amministrazione

comunale, se ne servono le Associazioni

sportive e non per comunicare alla popolazione

le loro iniziative, gli orari, i luoghi e

quant’altro ritenuto utile.

barbazzali, s. m. pl. bargigli della gallina

e del tacchino. In italiano il barbazzale è

l’appendice cutanea che pende ai lati del

collo delle capre.

bardassa, s. indecl. ragazzo, bambino. Nel

linguaggio letterario indicava il giovane

omosessuale che si prostituiva. Successivamente

per il fenomeno dell’estensione

è divenuto ragazzo, giovincello, monello.

Il Dizionario De Mauro suggerisce una

derivazione dal persiano medievalebardag

(schiavo). Dim. bardassellu”.

bardella, s. f. tipo di sella adattata per lo

più al cavallo, di forma allungata e imbottita

di crine. Era un segno di distinzione e

non tutti potevano permettersela. Usato in

italiano.

barile, s. m. per moltissimi anni il barile

ha svolto un ruolo importante nella vita

quotidiana della maggior parte degli

zagarolesi. Erano gli anni in cui la vigna

era l’assoluta e incontrastata protagonista

dell’economia paesana. Il vino veniva trasportato

a Roma e collocato sia presso

singole abitazioni che presso locande,

trattorie e ristoranti. Carretti costruiti

appositamente e adattati al trasporto dei

barili pieni di vino. Il barile classico conteneva

60 litri. Poi la capacità fu ridotta a

50 litri.

barrozza, s. f. tipico carretto a due ruote

trainato da due animali legati lateralmente

all’unica sbarra che fungeva da timone.

Barroccio, baroccio, biroccio.

L’unica cosa c’ho trovato in tutt’er viaggio

è stata una bbarrozza cor barrozzaro

ggiù morto ammazzato(G. G. Belli. Er

deserto).

barrozzaru, s. m. conducente della barrozza,

carrettiere.

bàrzamu, s. m. balsamo, sollievo. Chi

non conosceva il none del farmaco utile a

lenire dolori richiedeva genericamente

‘n bàrzamu”.

barzanu, agg. strabico, storto.

barzottu, agg. non ancora maturo. Si

riferisce a cose che si trovano in uno stato

intermedio non ancora ben definito. La

pastabarzotta” è quella non più cruda,

ma non ancora cotta a puntino. In italiano

è usato il terminebazzotto” con l’identico

significato.

basso, 1) agg. basso, di modesta statura.

2) s. m. la parte bassa di un terreno, quella

digradante verso la vallata.

basso de Chellini, s. m. toponimo della

campagna zagarolese tra colle Ripa e

colle Giacinto. In questa zona è sorta

qualche anno fa una chiesuola dedicata al

Divin Salvatore.

bastardo, s. m. tralcio di vite da innestare,

di natura selvatica e spontanea.

bastardoni, s. m. pl. pasta fatta in casa

con acqua e farina senza uova. Piatto

povero. A Roma i “bbastardonierano i

selci più grandi che servivano da guida

alla pavimentazione delle strade.

battecca, s. f. bacchetta. Evidente metatesi.

battilondo, s. m. tavoletta sulla quale si

usa battere il lardo. Tagliere.


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battimuro, s. m. gioco infantile consistente

1) lanciare monete contro un muro

cercando di farle fermare il più vicino

possibile al muro stesso, 2) battere le

monete al muro cercando di farle ricadere

per terra vicino alle altre già cadute alla

distanza convenuta.

Il poeta lucano Leonardo Sinisgalli scriveva:

battono le monete rosse contro il

muro, gridano a squarciagola in un fuoco

di guerra”.

battizzà, v. tr. battezzare.

battizzu, s. m. battesimo.

battocchiu, s. m. battaglio di campana.

bazzurru, s. m. triviale, cafone, rozzo. Nei

dizionari della lingua italiana si trova il

vocabolobuzzurroche era il nome che

un tempo i Toscani davano ai montanari

che scendevano dalla Svizzera per vendere

caldarroste e altro. Con lo stesso termine,

con forte significato spregiativo, i romani

chiamavano i piemontesi arrivati a Roma

dopo il 1870, quando Roma fu proclamata

capitale del nuovo regno unito.

, v. tr. bere. p.p.betoo “ beùto”. Si

dice che sta “beutala persona ubriaca.

beccafica, s. f. beccaficoSylvia borin,

paffuto uccelletto brunastro con le parti

inferiori fulvo chiaro e con la testa arrotondata.

Bel canto sostenuto. Privilegia i

boschi con ricco sottobosco. Nidifica in

bassi cespugli e nel sambuco. (Peterson-

Mont Fort-Hollom. Guida degli uccelli

d’Europa. F. Muzzio editore).

beccamortu, s. m. becchino, necroforo.

In senso fig. sciocco, stupido.

beccia, s. f. miseria, povertà, mancanza

assoluta di denaro. Si dice anche “beccite”.

Nel Dizionario romanesco di Fernando

Ravaro alla vocebéccesi legge: “Il

vocabolo deriva da lebeccio (libeccio)

vento violento di sud-ovest e, metaforicamente

ha assunto il significato di miseria,

povertà, probabilmente perché, quando

soffia il vento di libeccio, i pescatori non

possono uscire in mare e quindi procurarsi

il guadagno della giornata”.

becciu, agg. spiantato, senza un centesimo.

becconottu, s. m. schiaffo, ceffone. Si

dice anche “beccottu”.

beerone, s. m. beveraggio, pastone di

acqua e crusca che si dava ai maiali. In

senso traslato cibo immangiabile.

beforgu, s. m. bifolco. In senso fig. persona

rozza, maleducata.

bègade (a le), loc. avv. senza un soldo, in

assoluta povertà.

begalinu, s. m. miope, con la vista difettosa.

berementì, v. tr. spaventare.

Betania, movimento religioso dedito al

culto della Madonna sorto a Z. in località

Colle Collecchie dove è stata realizzata

una struttura comprensiva di una chiesa e

di locali destinati all’ accoglienza di fedeli

provenienti da diverse località italiane.

Il complesso è amministrato da sacerdoti.

bettone, s. m. 1) bottone. 2) orecchino

rotondo simile ad un bottone.

bèttula, s. f. bettola, osteria. Prima del

proliferare dei bar, l’osteria era l’unico

posto in cui gli uomini erano soliti incontrarsi

per scambiarsi chiacchiere e notizie,

bere un bicchiere di vino, giocare alle

carte. Nelle osterie era possibile consumare

dei pasti a prezzi molto convenienti.

Ce n’erano tante dislocate in tutto il

paese, da porta San Martino fino al borghetto

dove praticamente il paese finiva.

Ne ricordiamo alcune: Baiocco, Bufacchiu,

Capri Agostino, Cencio, Famone,

Fiorello e Nanna, Gregorina, Montagnola,

Niceto (osteria della croce d’oro),

Pacifico, Pennacchiotti (lu cioccarellu),

Veleno, Pippo la porta. Spesso, per gli

eccessi delle libagioni, le osterie erano

teatro di gravi fatti di sangue e ci voleva

davvero assai poco per mettere mano al

coltello e colpire anche solo per una parola

male interpretata. Gli anziani ricordano

ancora i morti ammazzati nelle osterie e

se proprio non ci scappava il morto, la


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rissa era pressochè quotidiana.

biastima, s. f. bestemmia.

biastimà, v. tr. bestemmiare.

biblioteca comunale, istituita nel 1974 fu

inaugurata alla presenza del famoso linguista

Tullio De Mauro, allora ordinario

di Storia della lingua italiana

all’Università La Sapienza di Roma, intestata

successivamente a Giovanni Coletti,

(v.) cardiologo presso l’ospedale di

Zagarolo tragicamente scomparso in un

incidente stradale. È situata all’interno di

Palazzo Rospigliosi su una superficie di

circa 300 mq. Ha una dotazione di 9. 000

volumi con una cospicua sezione dedicata

ai ragazzi. Negli anni ha ospitato dibattiti,

conferenze, incontri tra forze politiche

e quant’altro attinente alla vita culturale

del paese. Viene gestita dal Comitato

di Palazzo Rospigliosi. Recentemente

inserita nel Sistema Bibliotecario Monti

Prenestini unitamente alle biblioteche di

Cave, Gallicano, Genazzano, Palestrina e

San Cesareo. Il Sistema viene coordinato

e in parte finanziato dalla XI Comunità

montana dei Castelli romani e prenestini.

bidente, s. m. bidente, attrezzo agricolo

con due punte o denti e dal lungo manico.

Utile a rompere la terra durante i lavori di

scasso su un terreno predisposto ad un

nuovo impianto.

bigna, v. impers. occorre, bisogna, è

necessario. Forma contratta dal regolare

bisogna.

bilancinu, s. m. 1) la bestia in più che

veniva legata ad un carro ritenuto troppo

pesante per un solo animale. 2) colui che in

una comitiva di amici trova tutti i pretesti

per non pagare e mangiare e bere a sbafo.

biocca, s. f. chioccia, la gallina che cova

le uova o accudisce i pulcini. “Come purcini

attorno de la bbiocca(G. G. Belli,

Er giorno del giudizzio).

bionzaru, s. m. una sorta di barilaio.

Operaio esperto nella riparazione delle

bigonce. Un tempo venivano dagli

Abruzzi e giravano il paese e le campagne

offrendo i loro servigi. Erano ospitati nei

tinelli e nei magazzini e si contentavano

di un saccone e di qualche coperta.

bionzu, s. m. bigoncia, fusto di legno(ora

di plastica) per il trasporto dell’uva

durante la vendemmia.

birbu, s. m. birbante, malandrino. Fr. id.

birbu, jottu e mardiotu(di uno che ha

mille difetti: birbante, ghiotto e senza

Dio).

biscottini, s. m. pl. tipici dolci zagarolesi

a base di mandorle, nocciole, noci, pinoli,

uva passa, cioccolata grattugiata e pezzetti

di buccia di arancia. Con miele e farina.

bistecche de ’iale, s. f. pl. lett. bistecche

di viale. In realtà si indicavano con tale

denominazione i cavoli che, in tempi di

magra, erano l’unicacarne disponibile.

bistornu, agg. ovalizzato, non più perfettamente

rotondo. In italiano si usano i termini

bistorto e bistondo. Noi ci troviamo

a metà strada.

bìviu, s. m. bivio. Il punto d’incontro tra

viale Gabinova e il tratto della ex ferrovia

Roma-Fiuggi.

bizzoca, s. f. devota fino al fanatismo,

bacchettona.

bizzocu, s. m. celibe. Il bizzoco era il terziario

francescano e per estensione indicava

persona che conduceva vita povera e

devota.

bocchè, s. m. bouquet, vaso o mazzo di

fiori. Chiarissima derivazione dal francese.

bocchini, s. m. pl. gambe sottilissime.

boccia, s. f. bottiglia.

boccione, s. m. bottiglione.

boccu, s. m. soldo, denaro.

bommardu, s. m. scatafascio, disastro.

Fr. id. “ tuttu a bommardu(andare tutto

in malora).

bòmmino, s. m. una varietà di vitigno ora

scomparso. Era di tre qualità: scudo, nero

e bianco.

Prov.Pe’ la fresca de la ‘ia

\se somagnata tutta la marvasia

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\e pediccilo che non era ‘ero,

\ se magnanno puro lu bommino nero”.

borghettu, s. m. piccolo borgo. Il tratto di

paese compreso tra piazza S. Maria e la

parte del bosco destinata alle scuole.

Ricade tutto in via Garibaldi.

borghiscianu, s. m. abitante del borgo.

borgu, s. m. borgo. Tutta quella parte del

paese compresa tra Porta Rospigliosi e

piazza S. Maria. Ricade interamente su

corso Vittorio Emanuele.

borzìa, s. f. malattia che provoca difficoltà

respiratorie specie ai cavalli. In it. bolsaggine.

borzu, agg. bolso, affetto da bolsaggine

(borzìa, v.) Può essere riferito a persona

malata e di salute malferma.

bosco comunale, s. m. vasta area destinata

a verde pubblico, con monumentali

alberi di castagno, fino a quando, agli

inizi degli anni ’50, per esigenze di spazio

e per scelte poco oculate o quanto meno

poco attente alla salvaguardia del verde

pubblico, ebbe inizio il suo smantellamento.

Prima un nucleo di case popolari

in viale Gabinova e successivamente

diversi plessi scolastici, dalle scuole

materne al liceo scientifico, hanno decretato

la fine di un polmone verde di grande

bellezza e suggestione.

bottacchiu, s. m. bottaccio, un tipo di

vitigno ormai scomparso.

bottaru, s. m. bottaio. Quando l’attività

principale degli zagarolesi era il lavoro

nelle vigne con la conseguente produzione

di vino c’era una grande necessità di botti.

A Z. c’erano ottimi artigiani in grado di

confezionare botti di prima qualità tanto

che se ne servivano anche contadini di

altri paesi. La materia prima maggiormente

utilizzata era il legno del castagno.

bottega, s. f. negozio, bottega, esercizio

commerciale.

Prov.a la ‘ignaacci e a la bottega stacci

(se vuoi che la tua bottega ti procuri

buoni guadagni e la vigna ti dia il prodotto

desiderato occorre assiduità , impegno

e presenza nella bottega e nella vigna).

bréccula, s. f. sasso di piccole dimensioni.

In senso figurato soldi, denaro.

Nun tengo mancona breccula(non ho

un soldo). Di uso comune anche nel dialetto

romanesco usato spesso da Pasolini

nei suoi romanzi Una vita violenta e

Ragazzi di vita.

brecoca, s. f. albicocca. Dal lat.praecoquus

(precoce. agg.) e dal sost. “praecoqua-

orum, (albicocche).

breculatore, s. m. congegno qualsiasi.

brigattiere, s. m. brigadiere.

brocche, s. f. pl. ginocchia.

Fr. id. “batte le brocche” (o le brocchette)

(tremare per il freddo al punto da sbattere

le ginocchia).

buatta, s. f. bugia.

buattaru, s. m. bugiardo.

bubbulà, v. intr. borbottare, mugugnare,

bubbolare.

bubbulone, s. m. brontolone.

bucale, s. m. boccale di terracotta. Dim.

bucalettu”.

E appena visto er fonno ar bucaletto

na pissciatina, ’na sarvereggina,

e, in zanta pasce, sce n’annamo a lletto”.

(G. G. Belli, La bbona famijja).

bucalittu, s. m. piccolo boccale. Con tale

termine gli zagarolesi indicano gli abitanti

di Gallicano.

bucalosso, s. m. pianta erbacea con le foglie

simili a quelle dell’alloro. Commestibile, si

consumava cruda, come insalata.

bùcia, s. f. buca.

bucìa, s. f. bugia.

buciarda, s. f. arnese usato in muratura

consistente in un rullo fornito di manico

che veniva passato sul cemento fresco

spalmato sui marciapiedi. Il rullo era

dotato di chiodini e serviva a rendere

ruvida la superficie in cemento che in tal

modo diveniva meno sdrucciolevole.

Letteralmente il vocabolo significaarnese

che fa le buche”.


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bucione, s. m. fortunato in maniera sfrontata,

baciato dalla buonasorte.

buciu, s. m. buco, pertugio.

buciu de lu re, s. m. lett. buco del re. Si

tratta di uno stretto passaggio attraverso il

quale da piazza G. Marconi, in principio

su un viottolo in terra battuta, si accede

alla valle del Formale. Una serie di scale

costruite recentemente hanno reso molto

più agevole il passaggio.

budirru, s. m. burro.

buella, s. f. malanno di poco conto, ferita

molto superficiale.

buffu, s. m. debito. Regionalismo settentrionale.

buiaccaru, s. m. minestra povera.

buione, s. m. minestra di sole verdure.

Patate, zucchine, fagioli, fagiolini freschi,

bieta e finocchio bastardo erano gli ingredienti.

Veniva servita alla scifa (v.)

bulletta, s. f. chiodo. Il vocabolo esiste in

italiano.

bullettone, s. m. chiodo a testa larga

usato dai ragazzi per rinforzare la testa

del proprio “pìcculu(v) per renderlo

meno vulnerabile.

burinu, s. m. burino, persona rozza e volgare.

La parola, di etimo incerto, indicava

a Roma il bracciante romagnolo che veniva

per trovare lavoro nelle campagne circostanti.

burraggine, s. f. borragine (Borrago officinalis).

Erba annua con foglie commestibili.

È usanza consumarla durante il

periodo natalizio. Le larghe foglie, farcite

con frammenti di alici spinate e successivamente

passate nella pastella di acqua e

farina, vengono fritte in padella.

buscà, v. tr. guadagnare, buscare, ricevere.

bussaciocchi, s. m. picchio, uccello diffuso

in ogni angolo della terra.

bussuletta, s. f. scatola o altro piccolo

contenitore usata in chiesa per raccogliere

le offerte dei fedeli. In italiano la parola

bussola tra le altre cose indica anche la

cassetta per la raccolta delle elemosine.

buttà, v. tr. buttare, sprecare. Assai tipica è

la domandacomme butta?” a cui si può

risponderebutta o “butta male”.

buttaperga, s. f. tubo di gomma utilizzato

per travasare liquidi.

buzzaraca, s. f. bacca selvatica con drupe

verdi tondeggianti che diventano quasi

nere a maturazione. Una volta la mangiavano

i bambini. Ora la mangiano solo i

tordi. Si tratta del Celtis australis, che è

un albero caduco molto longevo originario

dell’Asia, dell’Europa e dell’Africa.

Ha tronco dritto, molto ramificato e chioma

tondeggiante e folta.

bùzzicu, s. m. barattolo. Dava il nome ad

un gioco che si praticava collocando del

carburo bagnato con la saliva in una

buchetta scavata nel terreno ricoperta da un

bùzzicu”. Allorché il carburo bagnato

cominciava a “friggere” si avvicinava un

bastone infiammato al barattolo che presentava

un forellino alla sommità. Si verificava

una reazione chimica e il barattolo

saltava in aria. Il gioco era praticato in

occasione della commemorazione dei

defunti. Era anche una variazione del gioco

dettonesconnarella(v.) e veniva denominato

bùzzicu rampichinu. Un cerchio

disegnato per terra con al centro un barattolo.

Un giocatore assestava un calcio al

barattolo che doveva essere recuperato e

portato al centro del cerchio da chi si era

accecato”. Il tempo impiegato nel recupero

del barattolo veniva sfruttato dagli altri

giocatori per trovarsi un nascondiglio. I

giocatori uscivano dalle loro tane e mano a

mano venivano “tingulati(v.) Se un giocatore

non scoperto riusciva a raggiungere

il cerchio prima dell’accecato e ad allontanare

dal cerchio il barattolo, si aveva un’altra

opportunità di nascondersi e così di

seguito.

 




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