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Michele Lacetera Persone Storie Parole IntraText CT - Lettura del testo |
Itala gente dalle molte vite, dai molti
cibi, dai molti mestieri, dalle molte attività
e credenze e nulla più della lingua ci
fornisce lo specchio di questa ricca e
complessa situazione. (Paolo Zolli)
faccenna, s. f. faccenda, fatto, avvenimento.
facìja, s. f. roncola per tagliare arbusti o
facijone, s. m. falcetto usato soprattutto
per “appezzutà” (v.) le canne.
faciolu, s. m. 1) fagiolo. 2) testicolo di
facocchiu, s. m. fabbricante di carri, carretti
e simili. Colui che costruiva e riparava
il cocchio.
faellu, s. m. ramo giovane, nuovo getto
della pianta.
faiola, s. f. bosco di faggi, faggeta. La
Faiola era un bosco situato sui Colli
Albani dove avevano il loro nascondiglio
falaccianu, s. m. fiorone, fico che matura
all’inizio dell’estate. Fig. sciocco, credulone.
falconettu, s. m. rastrello di legno per
famiju, s. m. usciere, messo comunale.
Der. di famiglio inteso come servitore,
fane, v. tr. fare, con l’aggiunta della sillaba
eufonica “ne”.
fanellu, s. m. ragazzino. Il fanello è un
piccolo uccello della famiglia dei fringuellidi.
Nel linguaggio figurato sta per
ragazzo arrogante che si dà arie da grande.
fanfulla, s. f. soldi, moneta.
“Entra ’n poracciu senza ’na fanfulla”
(Tito Novelli, Al bar Matteo, Zagarolo in
rima).
fanga, s. f. fango, poltiglia fangosa.
“Lello si appiccicò contro il muretto,
inguattandosi tra gli sterpi e la fanga”
fantasticu, s. m. un vitigno di uva bianca.
faraiolu, s. m. ferraiolo, mantello a ruota
farghettu, s. m. v. falconettu.
fàrgia, s. f. grossa falce dal lungo manico
di legno per tagliare il fieno.
fargià, v. tr. falciare, tagliare con la falce,
farinellu, s. m. hydnum cibarium, un
fungo molto delicato abbastanza diffuso
nella zona di Z. Mesi di ottobre e novembre.
farnellu, s. m. vestito nuovo ed elegante.
fascettu, s. m. fascio di legna da ardere
composto di virgulti giovani usato nei
fascià, v. tr. fasciare, avvolgere in fasce il
bambino nel “fasciatore” (v.) La fascia
consisteva in una lunga striscia di tela
fasciatore, s. m. tessuto o fasce in cui
venivano avvolti i neonati prima dei pannolini
usa e getta. I bambini venivano
costretti nelle fasce per alcuni mesi e si
riteneva che fosse dannoso per loro avere
fascinella, s. f. residui della potatura delle
viti raccolti in fasci e destinati al fuoco.
Fr. id. “magnasse le fascinelle” parlare
forbito con linguaggio ricercato e di difficile
comprensione. Rivolto a chi parlando
fascinellaru, s. m. deposito di fascine.
fascismo, anche Z., come il resto della
penisola, conobbe l’infatuazione per il
regime del duce verso il quale il consenso
fu quasi unanime, specialmente negli anni
detti dell’Impero, tra il 1933 e il1940,
allorchè l’ingresso dell’Italia in guerra a
fianco dell’alleato nazista, segnò l’inizio
del crollo perfezionato poi l’8 di settembre
del 1943. Vere azioni di contrasto non
ce ne furono a parte qualche contestazione
durante le adunate del sabato e della
Domenica, quando era tassativamente
proibito recarsi a lavorare in campagna.
L’obbligo per tutti era stare in piazza ad
applaudire l’oratore di turno.
Qualche piccolo boss spadroneggiò in
paese e non mancarono soprusi, violenze,
somministrazione di olio di ricino e atti di
intimidazione, come quelli che portarono
alla chiusura del collegio dei Giuseppini a
Palazzo Rospigliosi frequentato da studenti
del posto e da altri provenienti dai
paesi vicini. Il collegio era stato voluto
dal sacerdote don Girolamo Mannucci.
L’esistenza del collegio faceva ombra alle
smodate ambizioni di qualche piccolo
gerarca locale e vennero messe in atto
azioni di disturbo che indussero i responsabili
della struttura educativa a chiudere
anzitempo. Avevano un contratto per
nove anni. L’attività si chiuse dopo quattro.
Anche il fallimento della Cassa rurale
(v.) fu causato da ragioni politiche e non
solo economiche.
Durante gli anni del fascio piccole italiane,
balilla, avanguardisti, piccoli figli
della lupa sfilarono in camicia nera, si
esibirono in spettacolari saggi ginnici in
Piazza Santa Maria, piantarono alberelli
nelle vallate. Rappresentarono la parte
pulita e innocua (invero un po’ comica)
della vuota retorica fascista. Questo
aspetto, per chi avesse voglia di saperne
di più, è stato ampiamente documentato
nel volume “l’album del ventennio” di
Eugenio Loreti (1983). Adunate oceaniche,
federali in pompa magna, militi con
il fez.
Nel marasma generale seguito all’8 settembre
a Z. ci furono alcuni morti innocenti,
vittime della sciagura dei tempi.
L’11 febbraio del 1944 nelle campagne di
Z. si stava svolgendo un’ampia azione di
rastrellamento alla ricerca di uomini validi
Vernini Danilo, contadino, nato a Roma
nel 1901 si nascose in una grotta per sfuggire
alla cattura da parte dei tedeschi.
Scoperto venne fucilato sul posto, nelle
Otto giorni più tardi, il 19 di febbraio la
stessa tragica sorte toccò a Giuseppe
Borzi in una vigna di colle Cancellata. In
altra località di campagna, probabilmente
a Colle Mainello, in quegli stessi giorni a
seguito dell’uccisione di un soldato tedesco,
venne ucciso Bizzochi Augusto, reo
soltanto di aver nascosto tra le canne un
fucile da caccia, arma che allora quasi
tutti possedevano.
Nelle campagne di Zagarolo e dei paesi
limitrofi spadroneggiò la banda di
Ricciardetto De Simone (1909 -1979) che
si rese responsabile di violenze camuffate
da azioni partigiane. Per reati comuni
Ricciardetto, finita la guerra, venne processato
e condannato all’ergastolo.
Trascorse alcuni anni nelle carceri di
Velletri. Ottenne poi la grazia e morì a
Un grave fatto di sangue avvenne a Roma
subito dopo la fine della guerra e ne rimase
vittima Corrado Verginelli, uno zagarolese
che aveva ricoperto cariche di una
certa importanza durante il regime. Fu
ucciso in un portone a Roma. Il delitto
rimase impunito. Molto probabilmente si
trattò di una vendetta politica.
Durante il passaggio per Zagarolo delle
truppe alleate, dopo la distruzione di
Cassino, alcuni soldati marocchini infersero
una dura punizione al macellaio
Ercole Pennacchiotti, reo come tanti altri,
di aver aderito al fascismo. All’interno di
Palazzo Rospigliosi venne torturato e gli
Il Palazzo era stato trasformato in un
ospedale da campo tenuto in piedi con
mezzi di fortuna e con quello che i tempi
permettevano. Venivano trasportati a
Zagarolo, dove ricevevano le cure possibili
date le circostanze, i soldati tedeschi
fatte cuntu, loc. avv. per esempio.
fazzoletto da sudore, s. m. fazzoletto per
tergersi il sudore. Se ne trova menzione in
alcuni contratti di nozze e spesso faceva
fazzulettone, s. m. largo scialle di panno
senza frange. Lett. grosso fazzoletto.
fedatore, s. m. èndice, uovo vero o finto
che si deposita in determinati posti per
indurre le galline a ridepositare.
femminella, s. f. la parte della serratura
applicata ai tinelli di campagna consistente
in una piccola sbarra di ferro bucata ad
una estremità in cui passa la mandata
della serratura.
fernì, v. tr. finire, completare.
ferriera, s. f. insieme di sonagli collocati
sui carri usati per il trasporto del vino.
ferru, s. m. 1) ferro. 2) attrezzo da lavoro.
fiarasse, v. rifl. avventarsi contro qualcuno
come una fiera. Il verbo potrebbe essere
anche “affiarasse” con una derivazione
ficcà, v. tr. infilare, conficcare. Volg.
ficocciu, s. m. fico non maturo.
fìcora, s. f. indecl. fico, fichi.
fìcora cocozzola, s. f. una varietà di fichi
ficozzu, s. m. bernoccolo.
fienarola, s. f. luscengola, rettile della
famiglia degli Scincidi, serpentello innocuo
che vive in mezzo al fieno da cui il
nome. In italiano si chiama anche cecilia
o cicigna da cui il dialettale “ucìula” (v.)
Fienili, s. m. pl. antico stabile adibito un
tempo a deposito di fieno, in viale
Ungheria, che prima dell’invasione sovietica
del 1956, si chiamava Via degli archi.
fijanu, s. m. il figlioccio tenuto a battesimo
o a cresima.
fijuzzu, s. m. singhiozzo.
filaccetta, s. f. gioco con palline di terracotta
prima e poi di vetro. La prima pallina
della fila si chiamava “caporale” (v.),
quella più grossa “pallinacciu” (v.)
filagna, s. f. fusto reciso di albero sottile
e affusolato. Per reggere pergolati e
filamaria, s. f. piccola farfalla, nera con
finende, prep. avv. fino a quando, fino a
dove.
finimentu, s. m. cinghia di cuoio che passava
sotto la pancia del cavallo per reggere
fionnà, v. tr. fiondare, scagliare, gettare
fischione, s. m. succhione, pollone.
Ramoscello che spunta dal fusto dell’albero.
focaracciu, s. m. grosso falò con sterpaglia
focone, s. m. braciere. Veniva portato di
camera in camera con un po’ di brace
presa dal camino nel vano tentativo di
riscaldare gli ambienti.
foderetta, s. f. federa per guanciali.
fognara, s. f. fungaia, posto in cui crescono
i funghi.
fògnitu, agg. malaticcio, rovinato,
fonnacchia, s. f. depressione del terreno.
fonnu, 1) s. m. il fondo di qualcosa, per
es. della botte. 2) agg. profondo.
fontana, s. f. ce ne sono tante in tutto il
territorio di Z. anche se, naturalmente,
hanno perduto la loro funzione originale
che era quella di fornire di acqua i contadini,
sia per uso potabile che per uso agricolo,
e di dare da bere agli animali, presenti
una volta in ogni appezzamento di
terreno. Ricordiamo la fontana di
Predicolle, le tre cannelle (v.), la fontana
de Chiocchiò, la fontana delle zinne, la
fontana de lu Perzicu, la fontana de
Mainello, la fontana de Tajalurottu, le
Serchie, la fontana de prata, la fontana
della Montagnola, la fontana de lu
Fromale, la fontana noa, la fontanella, lu
Fontanelle (via delle), da Corso Vittorio
fino all’ex mattatoio sulla strada dei
“Caoni”.
fontanone, s. m. lavatoio pubblico situato
a ridosso della Porta Rospigliosi ancora
funzionante e dove qualche coraggiosa
signora sfida il freddo e lava i suoi panni.
forcina, s. f. specie di telo sistemato a
mo’ di capote sul carretto con il quale si
trasportava il vino. Riparava il carrettiere
forcinella, s. f. forcina per capelli.
forcinetta, s. f. legno fatto a Y per
costruirci la mazzafionna (v.).
forcu, s. m. unità di misura equivalente
alla distanza che intercorre tra l’indice e il
pollice distesi ad angolo retto.
forfé, s. m. inv. prezzo globale fissato per
una prestazione di servizio. Gli Z. più
anziani ricordano che quando nelle case si
accesero le prime lampadine elettriche si
sottoscriveva un contratto a “forfé” che
consisteva nel pagamento di una somma a
prescindere dal consumo. Le lampadine
erano di 16 candele, poco più di un lumino.
Nelle case non si riusciva ad accendere
che una sola lampadina alla volta e l’erogazione
della corrente si interrompeva
quando le luci della illuminazione pubblica
si spegnevano. Gli impianti delle case
erano allacciati alla rete pubblica.
Quando le vie del paese diventavano
buie, anche le case per forza di cose lo
fossa ricciuta, s. f. toponimo della campagna
Fosser, s. m. approssimativo, pionieristico
campo di calcio nella Valle della foresta
dove si disputarono regolari campionati
fino al 1974. Il nome riecheggia
scherzosamente il glorioso Prater di
fracicà, 1) v. tr. bagnare a fondo. 2) v.
intr. andare a male, rovinarsi.
fràcicu, agg. 1) inzuppato, assai bagnato.
2) guasto, ammuffito, andato a male. 3)
malato, irrimediabilmente malato.
frappalà, s. m. pl. nastri e altri ornamenti
di vesti femminili. In italiano con tale
significato si usa il termine frappa.
fraschetta, s. f. osteria segnalata da
un’insegna consistente in una canna con
le sue foglie o da un ramoscello di altra
pianta. Un tempo ce n’erano tante dislocate
in varie parti del paese e costituivano
l’unica occasione di svago. Un bicchiere
di vino, una partita a carte, quattro chiacchiere
con gli amici.
fràtemi, s. m. pl. i miei fratelli.
fràteti, s. m. pl. i tuoi fratelli.
fraticellu, s. m. dim. di frate. Venivano
chiamati in tal modo i bambini che, per
un voto dei genitori a seguito di eventi
fortunati attribuiti alla divinità, erano
vestiti da frate. Così vestiti i bambini
seguivano tutte le processioni.
fratticciu, s. m. cespuglio, piccola fratta.
fraulona, s. f. fragolona. Al plurale
diventa maschile “li frauloni”.
free, s. f. febbre. La “free magnarella” è
quella che non toglie l’appetito. Malanno
di poco conto.
fregacciu, s. m. abbondanza, grande
fregna, s. f. 1) organo genitale femminile.
2) sciocchezza, stupidaggine. 3) esprime
stupore e meraviglia. Fr. id. “tené le
fregne” essere nervoso, irascibile.
fregnaccia, s. f. baggianata, cretinata.
fregno, s. m. significato generico di cosa
o anche di persona di cui non si conosce
quasi nulla.
fregnone, s. m. sciocco, sempliciotto,
frellecà, v. intr. piovigginare.
fricandò, s. m. inv. Il vocabolo, diretta
discendenza dal francese fricandeau, indica
una pietanza a base di carne cotta con
verdure e erbe aromatiche. A Roma, come
a Z. in senso figurato significa disordine,
fritto, s. m. animosità, coraggio.
frocella, s. f. contenitore di ricotta fatto di
frociu, s. m. omosessuale maschio.
Fromale (lu), s. m. valle del Formale,
quella che delimita il lato nord - orientale
del paese. Destinata alle attività sportive.
Vi sorgono due strutture coperte utilizzate
dalle squadre di pallavolo e di basket e
il campo usato dalle squadre di calcio
della Unione sportiva di Zagarolo.
frullà, v. tr. sbattere, lanciare lontano con
frustu, s. m. correggiato, arnese costituito
da due bastoni legati da una correggia
di cuoio (la suatta, v.) usato per battere il
grano nell’aia o per sgranare i legumi.
fua, s. f. tana (della volpe, del coniglio
ecc.)
fuì, s. m. piccolo uccello dei passeracei.
furasticu, agg. scontroso, intrattabile,
furbara, s. f. tasca interna della giacca.
furisteru, s. m. forestiero.
furmine, s. m fulmine. Fr. id. “sapé de
furmini” avere sapori cattivi, del vino ed
altro.
fusaja, s. f. fusaglia, lupini mantenuti in
fusajaru, s. m. venditore di fusaja.