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Michele Lacetera
Persone Storie Parole

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M

I dialetti italiani sono veramente un

fatto unico per la loro varietà che ben si

collegano, alla diversità del paesaggio,

dei monumenti, delle opere d’arte del

nostro Paese. (Tristano Bolelli - Adriana

Zeppini)

macellu, s. m. macello. Gli anziani individuano

il posto nel portichetto di via

Fabrini, sede “de lu giustu(v.) dove un

tempo c’erano un forno, uno spaccio di

alimentari e il macello pubblici.

macèra, s. f. muro a secco.

macchia, s. f. bosco, boscaglia.

machina, s. f. 1) automobile. 2) pompa a

spalla azionata manualmente contenente

poco più di dieci litri di liquidi preparati

appositamente per irrorare le piante, in

particolare la vite, ma non solo, e difenderle

dalle malattie.

macininu, s. m. arnese per macinare il

caffè, macinino.

macìnula, s. f. attrezzo per la lavorazione

artigianale del lino.

maddimà, avv. stamattina.

madonnella, s. f. 1) fiore dell’olmo. Una

volta i bambini li mangiavano. In un italiano

di basso uso con il termine madonnina

si intendono alcune specie di piante.

2) località di campagna nelle immediate

vicinanze del paese.

madrecchia, s. f. sostanza filamentosa e

gelatinosa prodotta dall’aceto. In italiano

con il vocabolo madre si intende “ il residuo

torbido che si deposita sul fondo di

un recipiente contenente un liquido sottoposto

a decantazione” (De Mauro).

maglioccutu, agg. grassoccio, paffutello.

magnà, s. m. preceduto dall’articolo “lo”

indica il mangiare, il cibo.

magnà, v. tr. mangiare.

magnatora, s. f. mangiatoia.

magnauffe, s. m. scroccone, che mangia

a sbafo.

majese, s. f. maggese. Contrariamente al

significato che questo termine ha nella

lingua italiana (pratica agricola che consiste

nell’arare un terreno e lasciarlo incolto

per un certo periodo di tempo) nel dialetto

di Z. questa parola intendeva riferirsi

alla semina del grano o del granturco su

un dato appezzamento di terreno. In italiano

il vocabolo solitamente viene usato

al maschile.

maladia, s. f. malattia.

malalleatu, agg. cresciuto male, viziato,

maleducato, allevato male.

maleppeggio, s. m. martello da muratore

con un taglio verticale e uno orizzontale

usato per spezzare i mattoni.

malocchiu, s. m. malocchio. Ci si difendeva

in svariati modi dall’influsso negativo

causato, quasi sempre per invidia e

gelosia, dallo sguardo o dalle pratiche di

chi era dedito a simili faccende. Un bambino

sano e bello veniva protetto dal

maleficio nascosto sotto il basto del

somaro. La casa ricca dove non mancava

nulla, oggetto di invidia, era salvaguardata

da due scope incrociate collocate

davanti all’ingresso. Corni e amuleti vari

completavano il paesaggio.

mammana, s. f. ostetrica, levatrice.

màmmota, s. f. con agg. poss. tua madre.

mancazzione, s. f. mancamento, svenimento.

màndula, s. f. mandorla, mandorlo. Dim.

mandulina.

manfroditu, agg. indolente, apatico, svogliato.

Da segnalare il regionalismo

merid. manfronecol significato di furbacchione,

marpione.


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mangiola, s. f. 1) manina. 2) soprannome

che si alla persona che è priva di un

braccio.

mani, s. f. mano. Pl. mano”. “la mani,

le mano”.

manicutu, agg. fornito di manico. C’è in

italiano il vocabolo manicato, di scarso

uso, che significa fornito di manico.

manimani, avv. rasente, a brevissima

distanza da qualcuno o qualcosa.

manna, inter. avanti, dai, forza. Esprime

incitamento, incoraggiamento.

manocchiu, s. m. fascio di paglia o di

spighe afferrato di volta in volta dal mietitore.

In it. manipolo o fastello. Il manocchio

o mannocchio, invece, è un mazzetto

di foglie di tabacco.

mantucciu, s. m. indumento femminile

consistente in una mantellina coprispalle,

di lana o altro tessuto pesante.

manzu, agg. calmo, docile, tranquillo. In

it. manso si dice dell’animale docile e

mansueto.

marcaduto, s. m. licantropia, malattia del

lupo mannaro.

mardiotu, s. m. irrispettoso, maleducato,

non devoto.

mariaccia, s. f. gioco di bambini.

Mariaccia doveva dare la caccia ai giocatori

nascosti e la sua ricerca era sinistramente

annunciata da questa filastrocca

Parte Mariaccia colu callarozzu a

cento, lu somaru a capezza, un pezzettu

de qua e unu de , parte Mariaccia a

acchiappà”. I giocatori catturati diventavano

figli di Mariaccia e si univano a lei

nella caccia di tutti gli altri giocatori. Una

variante del gioco prevedeva che i giocatori

catturati venissero rinchiusi in una

prigione guardata a vista da alcune guardie.

Il gioco si concludeva allorchè tutti i

ladri erano stati catturati. In altri posti,

Roma tra questi, la Mariaccia è un gioco

di carte.

maréngulu, s. m. frutta acerba in generale.

mariscialle, s. m. maresciallo.

maritozzu, s. m. maritozzo, impasto con

farina di granturco e uva passita cotto al

forno in un tegame spalmato di olio o

strutto. Usato un tempo anche al posto del

pane. Oggi il maritozzo è un panino dolce

farcito di uvetta diffuso in tutta l’Italia

centrale e in particolare a Roma.

màrmoru, s. m. marmo. Marmore è parola

antiquata e di uso letterario.

marraccetta, s. f. roncola dalla lama

piuttosto lunga usata per tagliare i tralci

troppo lunghi della vite. Con significato

diverso esiste il terminemarra” pur sempre

un attrezzo usato in agricoltura.

marracciu, s. m. roncola dalla lama

molto robusta usata per tagliare rami e

arbusti.

martelle, s. f. pl. arnesi usati dai fabbri

per ribattere la lama delle falci e simili.

Grossi martelli.

martinicchia, s. f. martinicca, freno a

ceppi manovrato manualmente istallato

sui carri a trazione animale.

marùcula, s. f. spina acacia o anche un

pruno selvatico che si sviluppa tra gli

spini.

marvaciola, s. f. uva molto simile alla

malvasia, con chicchi più piccoli.

marvasia, s. f. il vitigno principe di

Zagarolo presente in assoluta predominanza

nelle vigne locali. Unitamente al

trebbiano costituisce in determinate proporzioni

la base per il vino che può fregiarsi

della denominazione DOC. (denominazione

di origine controllata).

massera, avv. questa sera.

mastella, s. f. mastello. Recipiente di

legno, di forma ovale, usato per raccogliere

il vino durante le operazioni della

svinatura.

mastu, s. m. basto.

matinè, s. m. giacchetto di lana che la

donna appena alzata indossava sulla

camicia da notte. Evidente francesismo.

In francese matinée.


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matrea, s. f. matrigna.

màtrema, s. f. con agg. poss. mia madre.

màtreta, s. f. con agg. poss. tua madre.

matta, s. f. fascio di legna.

mattacinu, s. m. mattaccino, persona bizzarra

e stravagante. Il mattacino era il

giullare buffone che eseguiva giochi di

abilità ed esercizi acrobatici in pubblico.

Giocoliere da circo.

mattarellu, s. m. matterello.

mazza, s. f. pl. intestini, viscere.

mazzabbeccu, s. m. v. cuccunneu.

Sichiama in tal modo anche lo strumento

usato dagli addetti al rifacimento delle

strade per sistemare i sanpietrini nella

sabbia.

mazzabbubbù, s. m. gioco infantile in

uso in molte parti d’Italia che consiste

nell’indovinare il numero delle dita allungate

dietro la schiena. Chi sbagliava

pagava una penitenza la cui somministrazione

era accompagnata da alcune filastrocche.

mazzafionna, s. f. fionda fatta a Y per

lanciare sassi.

mazzafrustu, s. m. virgulto di giovane

castagno che piegato e attorcigliato ad

una estremità veniva usato per battere il

grano nell’aia. Con il significato di mazza

snodata esiste in italiano il vocabolo mazzafrusto,

composto di mazza e frusta.

mazzarellu, s. m. spezzone di canna

usato per inserirvi la parte terminale dei

ferri da calza. L’accorgimento, piuttosto

rudimentale, serviva comunque a non

pungersi e a non bucarsi i vestiti durante

lo sferruzzamento.

mazzaroccu, s. m. bastone a clava, di

materiale plastico, usato dai bambini

durante il carnevale per battaglie incruente.

Composto di mazza e rocchio.

mazzolà, v. tr. picchiare di santa ragione.

mazzolu, s. m. intestino di maiale (che

sta a mazzetti). Venivano lavati e rilavati

e rigirati più volte. Conditi con finocchio,

peperoncino, coriandolo e sale. Una volta

insaporiti venivano appesi all’interno del

camino per favorirne l’essiccazione al

calore del fuoco. Venivano sfumati”.

mbacchiatu, agg. ingrassato, gonfio.

mbarà, v. tr. 1) imparare. 2) insegnare.

mbararecciu, s. m. apprendista, appena

avviato ad un mestiere.

mbattà, v. tr. pareggiare, impattare.

mbiastru, s. m. 1) incapace, maldestro.

2) malaticcio. 3) guastafeste, scocciatore.

mbicci, s. m. pl. cose di poco conto.

Fr. id. pijarsi li mbiccifare pettegolezzi,

impicciarsi degli affari altrui.

mbizzo, avv. sulla sporgenza, sulla punta,

sul bordo.

mbostà, v. tr. sistemare le botti sugli

appositi sostegni (li posti).

mbostasse, v. rifl. mettersi in mostra.

mbostatu, agg. impettitto, tronfio, bene

in vista.

mbrunitu, agg. altezzoso, superbo.

mbunità, s. f. . capriccio.

mbunitu, agg. capriccioso, testardo.

melàngulu, s. m. mela acerba. In italiano

il termine melangolo indica un arancio

amaro dal lat. medievale melangolu(m)”.

mèle, s. m. miele.

melu, s. m. l’albero del melo. I suoi frutti

sono “le mela”. Con tale termine usato

al plurale si intendono anche i buchi causati

dal logorio delle calze.

memoria (giorno della), manifestazione

organizzata dall’Amministrazione comunale

di concerto con altri enti quali la

Provincia di Roma e l’UPTER, l’Università

per la terza età, avente lo scopo di

promuovere la conoscenza tra i popoli

all’insegna della tolleranza reciproca. Per

sconfiggere tentazioni razzistiche e spegnere

eventuali focolai di antisemitismo.

La Shoah in primo piano con tutto ciò che

ha significato quella dolorosissima pagina

della storia d’Europa. Ricordare per

non dimenticare, a monito delle future

generazioni.

Mostre fotografiche, proiezioni di documenti


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filmati, concorsi indetti tra i ragazzi

delle scuole, dalle elementari ai licei.

L’iniziativa è rivolta all’intera popolazione

e in particolare ai giovani che studiando si

preparano all’ingresso nella vita attiva.

menagabbe, s. f. meraviglia.

mentuà, v. tr. nominare, mentovare.

mercà, v. tr. sfregiare, marchiare.

mercatu, s. m. mercato.

Per anni fonte di inesauribili polemiche

tra le Amministrazioni comunali e

l’Associazione dei commercianti, il mercato

ha sempre svolto una funzione

importante nell’economia paesana.

La prima sede del mercato fu l’attuale

piazza Marconi, detta prima del

Commercio, nei pressi di vicolo del mercato.

Piazza S. Maria e via Gabinova le

sedi successive, per approdare poi in

Piazza Indipendenza una volta alla settimana.

Attualmente le sede del mercato è

in via del Formale in spazi attrezzati e

confortevoli e si svolge nella giornata del

sabato.

mercu, s. m. 1) segno sulla pelle di un

colpo ricevuto, ematoma. 2) bersaglio. 3)

marchio segnato a fuoco sulla pelle degli

animali come segno di riconoscimento. In

it. merco è poco usato.

mèrula, s. f. 1) merlo (maschio o femmina).

2) pezzo del torchio che scorrendo

intorno ad una lunga vite aumenta o allenta

la pressione sulle vinacce.

mete, v. tr. mietere.

Prima che gli zagarolesi imparassero a

lavorare i vigneti e a dedicarsi alla produzione

del vino, la gran parte del territorio

agricolo era destinato alla coltivazione

del grano e del granturco. Per lo più si

seminava grano tenero quello più adatto

alla panificazione. La mietitura era l’atto

finale che vedeva impegnati i contadini

per alcune settimane a partire dalla metà

del mese di giugno. Le squadre dei mietitori

si avviavano da Z. che non era ancora

giorno e rientravano la sera dopo il tramonto.

Solo pochi possedevano un carretto

o un somaro. Tutti gli altri a piedi per

alcuni chilometri tra l’andare e il tornare.

Il lavoro era molto dispendioso e occorreva

aiutarsi con una alimentazione

abbondante e frequente. I mietitori mangiavano

cinque volte in una giornata: si

cominciava col mozzicottu(v.) dopo

qualche ora dall’inizio del lavoro, seguiva

la colazione e poi il pranzo. Nel pomeriggio

un’altra breve pausa per la merenna

e infine la cena. Pizza di polenta farcita

con verdure, legumi, patate, qualche

alicetta e pezzi di baccalà le basi dell’alimentazione.

La condizione del contadino che doveva

lavorare duramente sulle terre del principe

era vissuta con dolore rabbia e rassegnazione.

Ci si sfogava componendo

versi a dispetto come questi: “Nelle terre

di Cancella/ dove me so perso zappa,

streppone e cupella/ Boncompagni non

coprì le spese/ all’inferno il povero zagarolese”.

Le terre che i contadini coltivavano erano

appartenute ai principi Rospigliosi, proprietari

di tutto il feudo di Z. e in parte

anche alla famiglia Buoncompagni.

Frazionate in quote erano state assegnate

ai contadini che ne avevano fatto richiesta.

L’intervento del Comune, l’assoggettamento

dei terreni alla disciplina degli usi

civici che prevedeva il godimento delle

terre da parte dei cittadini zagarolesi, l’affrancazione

delle quote da parte dei coltivatori

e il successivo definitivo acquisto

da parte di questi ultimi furono le tappe

attraverso le quali si è giunti all’attuale

configurazione del territorio zagarolese.

Ancora oggi si verificano atti di alienazione

da parte del Comune di quote ancora

sottoposte al regime di uso civico.

meu, agg. pr. poss. m. s. mio. Le altre

forme sono: mea, mee, mei (mia, mie,

miei). Gli aggettivi possessivi “mio e tuo”

quando si riferiscono a nomi indicanti


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parentela diventano come particelle enclitiche

che si appoggiano alla parola precedente

formando con essa un’unità fonetica.

Es. mio padre, tuo nipote, mio cugino,

mio marito, tua moglie si rendono così

pàtremu, nepotetu, cugginemu, maritemu,

mojeta”.

mezzà, v. tr. bagnare, inumidire.

Es. So messo le soera a mezzà pe’ le

scali de la rotti(ho sistemato le sorbe

sugli scalini della grotta per farle inumidire

e accelerarne la maturazione).

mezzu, agg. intriso d’acqua, bagnato fradicio.

In it. con tale senso è di basso uso

il termine mezzo.

mi, pr. pers. I pers. s. inv. me.

miccarellu, agg. dim. piccolino.

Micchè, s. m. Michele.

miccu, agg. piccolo (di età o di statura).

mijarina, s. f. migliarino, erba selvatica

perenne assai diffusa, con fiori gialli e frutti

bianchi. È il Lithospermum officinale”.

mijolitu, s. m. dermatite, sfogo della

pelle.

minome, s. m. omonimo, la persona che

ha il mio stesso nome.

mmàndula, s. f. mandorla, mandorlo.

mmerenna, s. f. merenda. La Domenica

“de le mmerenneè quella successiva

alla Pasqua quando c’era la consuetudine

di andare alla vigna a consumare il pranzo.

mmocca, loc. avv. in bocca.

mmoccu, s. m. soldo, denaro, nel linguaggio

dei bambini.

mmolli, agg. bagnato, zuppo. Se il vino

sa di mmolliè segno che ha preso un

sapore cattivo.

mo, avv. adesso. Diffuso in tutta l’area

centromeridionale.

mocarone, s. m. 1) ristagno d’acqua. 2)

timido, che parla poco. 3) uomo che non

può avere figli.

mòese, v. rifl. muoversi, darsi da fare.

Imp. mòite(muoviti).

mogne, v. tr. 1) mungere. 2) rimescolare.

Mola (via della), s. f. vecchia sede di un

mulino per macinare il grano. La via sottostante

al bosco comunale. Nome ufficiale

Via Gabinova.

mondanu, s. m. frantoio per macinare le

olive. In it. il vocabolo mondatoio indica

l’attrezzo che negli oleifici separa le olive

da spremere dalle foglie e da altre impurità.

Da mondare, pulire. Fino agli anni

‘70 a Z. c’era un mondanuin via del

Formale, di proprietà della famiglia

Segnalini. Per difficoltà di vario genere

tra le quali le nuove norme sempre più

pressanti dell’adeguamento della struttura

a nuovi criteri igienico - sanitari indussero

alla chiusura. Ora a Z. a seguito della

crisi della produzione del vino, si produce

molto olio dato che moltissimi vigneti

sono stati trasformati in oliveti. La molitura

viene eseguita a Poli, a Gallicano, a

Casape o a Montecompatri. In una località

del paese esiste un posto chiamato lu

mondanunel rione del Colle dove

attualmente risiedono le suore canossiane

e gli uffici dell’amministrazione dell’ospedale.

Anticamente c’era un frantoio

per la molitura delle olive.

mongiu, 1) s. m. sasso di grandi dimensioni,

macigno. 2) lento, flemmatico, inoperoso.

moniche de lu ceciu, vecchio stabile utilizzato

un tempo come istituto per accogliere

donne sole. Oggi è sede del consultorio

familiare. In vicolo Brembi. In realtà

si tratta dell’Istituto Coletti sorto per la

generosità di Teresa Coletti, una benefattrice

che dedicò la sua vita alla cura e

all’assistenza di ragazze orfane. Presso

l’Istituto le ragazze ricevevano un minimo

di istruzione e imparavano l’arte della

tessitura.

Montagnola (la), s. f. un tratto in salita

della nuova Prenestina, in realtà si tratta

della strada 155, Roma-Fiuggi, in direzione

della stazione delle ferrovie dello stato.

montinu, s. m. pagliaio.


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montura, s. f. capi di vestiario, abito

completo. In it. montura sta per uniforme,

divisa.

mopa, s. f. malattia contagiosa del cane,

cimurro. Il termine indica anche una

malattia immaginaria di persone che

hanno poca voglia di lavorare.

moppochè, avv. poco tempo fa.

morènula, s. f. erba selvatica (Stellaria),

spesso infestante, con fusti gracili e fiori

bianchi, piccoli e numerosi.

mòrganu, s. m. una sorta di rullo di legno

tirato da animali per spianare il terreno.

morica, s. f. mora, frutto del rovo.

morrèggine, s. f. terreno arido, tufaceo,

difficile da lavorare.

mortale, s. m. mortaio, recipiente di

legno (poi di metallo) utilizzato per

pestarvi il sale, il pepe, gli aromi. Detto

anche pistasale”.

mosaicu, s. m. l’insieme degli organi

interni del maiale o del vitello (cuore,

milza, reni ecc.) Cotti in padella con

cipolla, olio, pomodoro e una goccia di

vino. Detto anche “mischiettu”.

mosciarella, s. f. castagna sgusciata e

fatta asciugare dopo un lungo trattamento

in acqua. La si trova sulle bancarelle dei

mercati insieme alle “fusaje(v.)e alle

noccioline.

mosciu, s. m. il mezzo mattone o la pietra

sulla quale si ponevano le monetine nel

gioco omonimo. (v. mosciu, (a).

mosciu (a), gioco di ragazzi. Consisteva

nel disporre su un mezzo mattone delle

monetine che costituivano la posta. I giocatori

da una distanza pattuita lanciavano

delle piastrelle in direzione delle monete.

Alla fine dei lanci i giocatori si impadronivano

delle monete più vicine alle loro

piastrelle. Ricorda nella tecnica il gioco

delle bocce. Qui al posto del boccino o

pallino ci sono le monetine.

moscuzza, s. f. larva di coleottero che

penetra nei legumi rodendoli e svuotandoli.

mostatura, s. f. strofinamento di un grappolo

d’uva sul viso. Si trattava di un’azione

scherzosa messa in atto dai ragazzi nei

confronti delle ragazze nei giorni della

vendemmia. Un’impiastricciata di mosto.

Anche ammostatura.

mottatore, s. m. imbuto. Che serve a

mutare, cioè a spostare, trasferire dei

liquidi da un recipiente all’altro.

mozzetta, s. f. coltello a punta tronca e

manico di legno usato per praticare gli

innesti. Probabile derivazione di mozzo,

nel senso di troncato, smozzicato, incompleto,

dato che la punta è più corta di

quella di un normale coltello.

mozzicottu, s. m. il leggero pasto che

spettava agli operai (opere, v.) all’inizio

della giornata di lavoro. (v. mète). Lett.

piccolo morso e, per estensione, piccolo

pasto.

mpastorà, v. tr. impastoiare, legare con le

pastoie un animale.

mpeciatu, agg. impacciato, impedito nei

movimenti, in preda a crampi.

mpiommatura, s. f. nodo di congiunzione

tra due tratti di corda.

mpontàsse, v. rifl. marinare la scuola.

mpucinatu, agg. fradicio, bagnato come

un pulcino. Da un inesistente impulcinato.

mpuntasse, v. rifl. impuntarsi, intestardirsi,

bloccarsi.

mpupazzitu, agg. 1) irrigidito per il freddo,

rinsecchito. Anche l’uva può essere

mpupazzita”. 2) stordito, spaventato.

muccarellu, s. m. piccolo ciocco di

legno.

mucciulosu, s. m. moccioso, ancora con

il mocciolo al naso. Reg. toscano moccicoso,

sciocco, stolto che ha ancora il moccio

che gli cola dal naso.

mùcciulu, s. m. muco, liquido vischioso

secreto dal naso.

muccu, s. m. faccia, viso, aspetto. Usato

con toni scherzosi o offensivi e con ogni

probabilità è un derivato di muco che da


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una sostanza che cola sul viso dal naso ha

finito per significare l’intero viso.

mucculetta, s. f. ragazza sfacciata, irriverente,

sfrontata.

mucculottu, s. m. cero votivo che si

accende in chiesa o al cimitero. In it.

moccolo è il mozzicone della candela.

mùcidu, s. m. odore di muffa, stantio.

Lat. mucidum, ammuffito da mucus”.

muffa, s. f. gioco di bambini. Si giocava

“a muffacon biglie di terracotta (poi di

vetro). Praticata con il tallone una buchetta

per terra, iniziava il gioco il giocatore

che, in un determinato numero di tiri, si

era maggiormante accostato alla buca con

la sua biglia. I più bravi riuscivano ad

allontanare dalla buca le palline degli

avversari e nel contempo a depositarvi la

propria. Chi portava più biglie a casa

aveva vinto la partita.

mula, s. f. 1) femmina del mulo. 2) donna

sterile.

munnà, v. tr. disinfestare dalle erbacce un

campo di grano. Mondare, pulire.

munnezze, s. f. pl. immondizia, sporcizia.

munnu, agg. pulito, netto.

munnulà, v. tr. pulire il forno, rimuovere

la cenere.

mùnnulu, s. m. straccio umido usato dal

fornaio per munnulà(v.)

muru dell’ortu, s. m. il muraglione che

delimita via Marzio Colonna dal quale si

domina con la vista sulla via dei Caoni e

su Valle della foresta. Fr. id. “Chi s’affaccia

a lu muru dell’ortu, o è becciu o è

culu rottu”.

muru pezzutu, s. m. località di campagna

tra colle Pallavicini e Valle Martella.

musa (a), s. f. gioco di ragazzi. Si formavano

due squadre: chi stava sotto, piegato

a schiena d’asino, e chi saltava con una

rincorsa. Quando i saltatori commettevano

un errore e non riuscivano ad effettuare

il salto per superare il giocatore piegato,

si invertivano i ruoli. La difficoltà nel

saltare dipendeva dal fatto che la distanza

da superare con il salto aumentava ad

ogni salto. Lo stesso gioco, privato dell’obbligo

di aumentare il coefficiente di

difficoltà del salto aumentando la distanza

tra un giocatore e l’altro, veniva chiamato

sarda la spiga”. A Roma si chiamava

salta la quaglia”.

musa, s. f. unità di misura utilizzata dai

ragazzi nell’omonimo gioco per stabilire

la distanza tra un giocatore e l’altro da

saltare. Veniva indicata con i piedi di un

giocatore: un piede posto in verticale sul

piano stradale e l’altro orizzontale ad esso

a formare una sorta di T.

muscugliata, s. f. confidenza, comunicazione

di argomenti riservati.

Museo del giocattolo, inaugurato nel

mese di marzo del 2005, occupa una

superficie di 1.500 mq. nell’ala est, finemente

restaurata, di Palazzo Rospigliosi.

Sono due piani di esposizione con diciotto

sale complessive: sei si trovano al

piano terra e sono dedicate ai servizi tra

cui libreria, sala convegni, teatrino, punto

ristoro ecc. dodici al primo piano dedicate

al museo vero e proprio. Una cavalcata

nel tempo attraverso i giocattoli, un mutamento

dei costumi attraverso i passatempi

dei bambini. Viene passato in rassegna

l’intero secolo scorso attraverso documenti,

illustrazioni legate al mondo del

gioco infantile. Viene suggerito un percorso

didattico che offrirà spunti educativi

agli operatori delle scuole della zona.

Ampliamenti dell’esistente sono previsti

nei prossimi anni. Una rassegna di burattini

- Burattini alla ribalta - e una mostra

di burattini utilizzati nella costruzione di

fiabe - Il mondo delle fiabe.

muta, s. f. vestito completo di giacca e

pantaloni. Come la pelle nuova per il serpente.

Dim. mutarella”.

mutà, v. tr. cambiare il vino, travasare.

mutanna, s. f. mutanda.




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