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Michele Lacetera Persone Storie Parole IntraText CT - Lettura del testo |
I dialetti italiani sono veramente un
fatto unico per la loro varietà che ben si
collegano, alla diversità del paesaggio,
dei monumenti, delle opere d’arte del
nostro Paese. (Tristano Bolelli - Adriana
macellu, s. m. macello. Gli anziani individuano
il posto nel portichetto di via
Fabrini, sede “de lu giustu”(v.) dove un
tempo c’erano un forno, uno spaccio di
alimentari e il macello pubblici.
macchia, s. f. bosco, boscaglia.
machina, s. f. 1) automobile. 2) pompa a
spalla azionata manualmente contenente
poco più di dieci litri di liquidi preparati
appositamente per irrorare le piante, in
particolare la vite, ma non solo, e difenderle
dalle malattie.
macininu, s. m. arnese per macinare il
macìnula, s. f. attrezzo per la lavorazione
artigianale del lino.
maddimà, avv. stamattina.
madonnella, s. f. 1) fiore dell’olmo. Una
volta i bambini li mangiavano. In un italiano
di basso uso con il termine madonnina
si intendono alcune specie di piante.
2) località di campagna nelle immediate
madrecchia, s. f. sostanza filamentosa e
gelatinosa prodotta dall’aceto. In italiano
con il vocabolo madre si intende “ il residuo
torbido che si deposita sul fondo di
un recipiente contenente un liquido sottoposto
a decantazione” (De Mauro).
maglioccutu, agg. grassoccio, paffutello.
magnà, s. m. preceduto dall’articolo “lo”
magnatora, s. f. mangiatoia.
magnauffe, s. m. scroccone, che mangia
a sbafo.
majese, s. f. maggese. Contrariamente al
significato che questo termine ha nella
lingua italiana (pratica agricola che consiste
nell’arare un terreno e lasciarlo incolto
per un certo periodo di tempo) nel dialetto
di Z. questa parola intendeva riferirsi
alla semina del grano o del granturco su
un dato appezzamento di terreno. In italiano
il vocabolo solitamente viene usato
al maschile.
mal’alleatu, agg. cresciuto male, viziato,
maleppeggio, s. m. martello da muratore
con un taglio verticale e uno orizzontale
malocchiu, s. m. malocchio. Ci si difendeva
in svariati modi dall’influsso negativo
causato, quasi sempre per invidia e
gelosia, dallo sguardo o dalle pratiche di
chi era dedito a simili faccende. Un bambino
sano e bello veniva protetto dal
maleficio nascosto sotto il basto del
somaro. La casa ricca dove non mancava
nulla, oggetto di invidia, era salvaguardata
da due scope incrociate collocate
davanti all’ingresso. Corni e amuleti vari
mammana, s. f. ostetrica, levatrice.
màmmota, s. f. con agg. poss. tua madre.
mancazzione, s. f. mancamento, svenimento.
màndula, s. f. mandorla, mandorlo. Dim.
manfroditu, agg. indolente, apatico, svogliato.
Da segnalare il regionalismo
merid. “manfrone” col significato di furbacchione,
mangiola, s. f. 1) manina. 2) soprannome
che si dà alla persona che è priva di un
mani, s. f. mano. Pl. “mano”. “la mani,
le mano”.
manicutu, agg. fornito di manico. C’è in
italiano il vocabolo manicato, di scarso
uso, che significa fornito di manico.
manimani, avv. rasente, a brevissima
distanza da qualcuno o qualcosa.
manna, inter. avanti, dai, forza. Esprime
manocchiu, s. m. fascio di paglia o di
spighe afferrato di volta in volta dal mietitore.
In it. manipolo o fastello. Il manocchio
o mannocchio, invece, è un mazzetto
mantucciu, s. m. indumento femminile
consistente in una mantellina coprispalle,
di lana o altro tessuto pesante.
manzu, agg. calmo, docile, tranquillo. In
it. manso si dice dell’animale docile e
marcaduto, s. m. licantropia, malattia del
mardiotu, s. m. irrispettoso, maleducato,
non devoto.
mariaccia, s. f. gioco di bambini.
Mariaccia doveva dare la caccia ai giocatori
nascosti e la sua ricerca era sinistramente
annunciata da questa filastrocca
“Parte Mariaccia co’ lu callarozzu a
cento, lu somaru a capezza, un pezzettu
de qua e unu de là, parte Mariaccia a
acchiappà”. I giocatori catturati diventavano
figli di Mariaccia e si univano a lei
nella caccia di tutti gli altri giocatori. Una
variante del gioco prevedeva che i giocatori
catturati venissero rinchiusi in una
prigione guardata a vista da alcune guardie.
Il gioco si concludeva allorchè tutti i
ladri erano stati catturati. In altri posti,
Roma tra questi, la Mariaccia è un gioco
di carte.
maréngulu, s. m. frutta acerba in generale.
mariscialle, s. m. maresciallo.
maritozzu, s. m. maritozzo, impasto con
farina di granturco e uva passita cotto al
forno in un tegame spalmato di olio o
strutto. Usato un tempo anche al posto del
pane. Oggi il maritozzo è un panino dolce
farcito di uvetta diffuso in tutta l’Italia
centrale e in particolare a Roma.
màrmoru, s. m. marmo. Marmore è parola
antiquata e di uso letterario.
marraccetta, s. f. roncola dalla lama
piuttosto lunga usata per tagliare i tralci
troppo lunghi della vite. Con significato
diverso esiste il termine “marra” pur sempre
un attrezzo usato in agricoltura.
marracciu, s. m. roncola dalla lama
molto robusta usata per tagliare rami e
martelle, s. f. pl. arnesi usati dai fabbri
per ribattere la lama delle falci e simili.
martinicchia, s. f. martinicca, freno a
ceppi manovrato manualmente istallato
marùcula, s. f. spina acacia o anche un
pruno selvatico che si sviluppa tra gli
marvaciola, s. f. uva molto simile alla
malvasia, con chicchi più piccoli.
marvasia, s. f. il vitigno principe di
Zagarolo presente in assoluta predominanza
nelle vigne locali. Unitamente al
trebbiano costituisce in determinate proporzioni
la base per il vino che può fregiarsi
della denominazione DOC. (denominazione
di origine controllata).
mastella, s. f. mastello. Recipiente di
legno, di forma ovale, usato per raccogliere
il vino durante le operazioni della
matinè, s. m. giacchetto di lana che la
donna appena alzata indossava sulla
camicia da notte. Evidente francesismo.
màtrema, s. f. con agg. poss. mia madre.
màtreta, s. f. con agg. poss. tua madre.
mattacinu, s. m. mattaccino, persona bizzarra
e stravagante. Il mattacino era il
giullare buffone che eseguiva giochi di
abilità ed esercizi acrobatici in pubblico.
Giocoliere da circo.
mattarellu, s. m. matterello.
mazza, s. f. pl. intestini, viscere.
mazzabbeccu, s. m. v. cuccunneu.
Sichiama in tal modo anche lo strumento
usato dagli addetti al rifacimento delle
strade per sistemare i sanpietrini nella
mazzabbubbù, s. m. gioco infantile in
uso in molte parti d’Italia che consiste
nell’indovinare il numero delle dita allungate
dietro la schiena. Chi sbagliava
pagava una penitenza la cui somministrazione
era accompagnata da alcune filastrocche.
mazzafionna, s. f. fionda fatta a Y per
mazzafrustu, s. m. virgulto di giovane
castagno che piegato e attorcigliato ad
una estremità veniva usato per battere il
grano nell’aia. Con il significato di mazza
snodata esiste in italiano il vocabolo mazzafrusto,
mazzarellu, s. m. spezzone di canna
usato per inserirvi la parte terminale dei
ferri da calza. L’accorgimento, piuttosto
rudimentale, serviva comunque a non
pungersi e a non bucarsi i vestiti durante
lo sferruzzamento.
mazzaroccu, s. m. bastone a clava, di
materiale plastico, usato dai bambini
durante il carnevale per battaglie incruente.
mazzolà, v. tr. picchiare di santa ragione.
mazzolu, s. m. intestino di maiale (che
sta a mazzetti). Venivano lavati e rilavati
e rigirati più volte. Conditi con finocchio,
peperoncino, coriandolo e sale. Una volta
insaporiti venivano appesi all’interno del
camino per favorirne l’essiccazione al
calore del fuoco. Venivano “sfumati”.
mbacchiatu, agg. ingrassato, gonfio.
mbarà, v. tr. 1) imparare. 2) insegnare.
mbararecciu, s. m. apprendista, appena
mbattà, v. tr. pareggiare, impattare.
mbiastru, s. m. 1) incapace, maldestro.
2) malaticcio. 3) guastafeste, scocciatore.
mbicci, s. m. pl. cose di poco conto.
Fr. id. “pijarsi li mbicci” fare pettegolezzi,
impicciarsi degli affari altrui.
mbizzo, avv. sulla sporgenza, sulla punta,
sul bordo.
mbostà, v. tr. sistemare le botti sugli
mbostasse, v. rifl. mettersi in mostra.
mbostatu, agg. impettitto, tronfio, bene
in vista.
mbrunitu, agg. altezzoso, superbo.
mbunitu, agg. capriccioso, testardo.
melàngulu, s. m. mela acerba. In italiano
il termine melangolo indica un arancio
amaro dal lat. medievale “melangolu(m)”.
melu, s. m. l’albero del melo. I suoi frutti
sono “le mela”. Con tale termine usato
al plurale si intendono anche i buchi causati
memoria (giorno della), manifestazione
organizzata dall’Amministrazione comunale
di concerto con altri enti quali la
Provincia di Roma e l’UPTER, l’Università
per la terza età, avente lo scopo di
promuovere la conoscenza tra i popoli
all’insegna della tolleranza reciproca. Per
sconfiggere tentazioni razzistiche e spegnere
eventuali focolai di antisemitismo.
La Shoah in primo piano con tutto ciò che
ha significato quella dolorosissima pagina
della storia d’Europa. Ricordare per
non dimenticare, a monito delle future
Mostre fotografiche, proiezioni di documenti
filmati, concorsi indetti tra i ragazzi
delle scuole, dalle elementari ai licei.
L’iniziativa è rivolta all’intera popolazione
e in particolare ai giovani che studiando si
preparano all’ingresso nella vita attiva.
menagabbe, s. f. meraviglia.
mentuà, v. tr. nominare, mentovare.
mercà, v. tr. sfregiare, marchiare.
Per anni fonte di inesauribili polemiche
tra le Amministrazioni comunali e
l’Associazione dei commercianti, il mercato
importante nell’economia paesana.
La prima sede del mercato fu l’attuale
piazza Marconi, detta prima del
Commercio, nei pressi di vicolo del mercato.
Piazza S. Maria e via Gabinova le
sedi successive, per approdare poi in
Piazza Indipendenza una volta alla settimana.
Attualmente le sede del mercato è
in via del Formale in spazi attrezzati e
confortevoli e si svolge nella giornata del
mercu, s. m. 1) segno sulla pelle di un
colpo ricevuto, ematoma. 2) bersaglio. 3)
marchio segnato a fuoco sulla pelle degli
animali come segno di riconoscimento. In
mèrula, s. f. 1) merlo (maschio o femmina).
2) pezzo del torchio che scorrendo
intorno ad una lunga vite aumenta o allenta
Prima che gli zagarolesi imparassero a
lavorare i vigneti e a dedicarsi alla produzione
del vino, la gran parte del territorio
agricolo era destinato alla coltivazione
del grano e del granturco. Per lo più si
seminava grano tenero quello più adatto
alla panificazione. La mietitura era l’atto
finale che vedeva impegnati i contadini
per alcune settimane a partire dalla metà
del mese di giugno. Le squadre dei mietitori
si avviavano da Z. che non era ancora
giorno e rientravano la sera dopo il tramonto.
Solo pochi possedevano un carretto
o un somaro. Tutti gli altri a piedi per
alcuni chilometri tra l’andare e il tornare.
Il lavoro era molto dispendioso e occorreva
aiutarsi con una alimentazione
abbondante e frequente. I mietitori mangiavano
cinque volte in una giornata: si
cominciava col “mozzicottu” (v.) dopo
qualche ora dall’inizio del lavoro, seguiva
la colazione e poi il pranzo. Nel pomeriggio
un’altra breve pausa per la “merenna”
e infine la cena. Pizza di polenta farcita
con verdure, legumi, patate, qualche
alicetta e pezzi di baccalà le basi dell’alimentazione.
La condizione del contadino che doveva
lavorare duramente sulle terre del principe
era vissuta con dolore rabbia e rassegnazione.
Ci si sfogava componendo
versi a dispetto come questi: “Nelle terre
di Cancella/ dove me so perso zappa,
streppone e cupella/ Boncompagni non
coprì le spese/ all’inferno il povero zagarolese”.
Le terre che i contadini coltivavano erano
appartenute ai principi Rospigliosi, proprietari
di tutto il feudo di Z. e in parte
anche alla famiglia Buoncompagni.
Frazionate in quote erano state assegnate
ai contadini che ne avevano fatto richiesta.
L’intervento del Comune, l’assoggettamento
dei terreni alla disciplina degli usi
civici che prevedeva il godimento delle
terre da parte dei cittadini zagarolesi, l’affrancazione
delle quote da parte dei coltivatori
e il successivo definitivo acquisto
da parte di questi ultimi furono le tappe
attraverso le quali si è giunti all’attuale
configurazione del territorio zagarolese.
Ancora oggi si verificano atti di alienazione
da parte del Comune di quote ancora
sottoposte al regime di uso civico.
meu, agg. pr. poss. m. s. mio. Le altre
forme sono: mea, mee, mei (mia, mie,
miei). Gli aggettivi possessivi “mio e tuo”
quando si riferiscono a nomi indicanti
parentela diventano come particelle enclitiche
che si appoggiano alla parola precedente
formando con essa un’unità fonetica.
Es. mio padre, tuo nipote, mio cugino,
mio marito, tua moglie si rendono così
“pàtremu, nepotetu, cugginemu, maritemu,
mojeta”.
mezzà, v. tr. bagnare, inumidire.
Es. “So messo le soera a mezzà pe’ le
scali de la rotti” (ho sistemato le sorbe
sugli scalini della grotta per farle inumidire
e accelerarne la maturazione).
mezzu, agg. intriso d’acqua, bagnato fradicio.
In it. con tale senso è di basso uso
mi, pr. pers. I pers. s. inv. me.
miccarellu, agg. dim. piccolino.
miccu, agg. piccolo (di età o di statura).
mijarina, s. f. migliarino, erba selvatica
perenne assai diffusa, con fiori gialli e frutti
bianchi. È il “Lithospermum officinale”.
mijolitu, s. m. dermatite, sfogo della
minome, s. m. omonimo, la persona che
ha il mio stesso nome.
mmàndula, s. f. mandorla, mandorlo.
mmerenna, s. f. merenda. La Domenica
“de le mmerenne” è quella successiva
alla Pasqua quando c’era la consuetudine
di andare alla vigna a consumare il pranzo.
mmoccu, s. m. soldo, denaro, nel linguaggio
dei bambini.
mmolli, agg. bagnato, zuppo. Se il vino
sa di “mmolli” è segno che ha preso un
mo, avv. adesso. Diffuso in tutta l’area
mocarone, s. m. 1) ristagno d’acqua. 2)
timido, che parla poco. 3) uomo che non
può avere figli.
mòese, v. rifl. muoversi, darsi da fare.
mogne, v. tr. 1) mungere. 2) rimescolare.
Mola (via della), s. f. vecchia sede di un
mulino per macinare il grano. La via sottostante
al bosco comunale. Nome ufficiale
mondanu, s. m. frantoio per macinare le
olive. In it. il vocabolo mondatoio indica
l’attrezzo che negli oleifici separa le olive
da spremere dalle foglie e da altre impurità.
Da mondare, pulire. Fino agli anni
‘70 a Z. c’era un “mondanu” in via del
Formale, di proprietà della famiglia
Segnalini. Per difficoltà di vario genere
tra le quali le nuove norme sempre più
pressanti dell’adeguamento della struttura
a nuovi criteri igienico - sanitari indussero
alla chiusura. Ora a Z. a seguito della
crisi della produzione del vino, si produce
molto olio dato che moltissimi vigneti
sono stati trasformati in oliveti. La molitura
viene eseguita a Poli, a Gallicano, a
Casape o a Montecompatri. In una località
del paese esiste un posto chiamato “lu
mondanu” nel rione del Colle dove
attualmente risiedono le suore canossiane
e gli uffici dell’amministrazione dell’ospedale.
mongiu, 1) s. m. sasso di grandi dimensioni,
macigno. 2) lento, flemmatico, inoperoso.
moniche de lu ceciu, vecchio stabile utilizzato
un tempo come istituto per accogliere
donne sole. Oggi è sede del consultorio
familiare. In vicolo Brembi. In realtà
si tratta dell’Istituto Coletti sorto per la
generosità di Teresa Coletti, una benefattrice
che dedicò la sua vita alla cura e
all’assistenza di ragazze orfane. Presso
l’Istituto le ragazze ricevevano un minimo
di istruzione e imparavano l’arte della
Montagnola (la), s. f. un tratto in salita
della nuova Prenestina, in realtà si tratta
della strada 155, Roma-Fiuggi, in direzione
della stazione delle ferrovie dello stato.
montura, s. f. capi di vestiario, abito
completo. In it. montura sta per uniforme,
mopa, s. f. malattia contagiosa del cane,
cimurro. Il termine indica anche una
malattia immaginaria di persone che
hanno poca voglia di lavorare.
morènula, s. f. erba selvatica (Stellaria),
spesso infestante, con fusti gracili e fiori
mòrganu, s. m. una sorta di rullo di legno
tirato da animali per spianare il terreno.
morica, s. f. mora, frutto del rovo.
morrèggine, s. f. terreno arido, tufaceo,
mortale, s. m. mortaio, recipiente di
legno (poi di metallo) utilizzato per
pestarvi il sale, il pepe, gli aromi. Detto
anche “pistasale”.
mosaicu, s. m. l’insieme degli organi
interni del maiale o del vitello (cuore,
milza, reni ecc.) Cotti in padella con
cipolla, olio, pomodoro e una goccia di
vino. Detto anche “mischiettu”.
mosciarella, s. f. castagna sgusciata e
fatta asciugare dopo un lungo trattamento
in acqua. La si trova sulle bancarelle dei
mercati insieme alle “fusaje” (v.)e alle
mosciu, s. m. il mezzo mattone o la pietra
sulla quale si ponevano le monetine nel
gioco omonimo. (v. mosciu, (a).
mosciu (a), gioco di ragazzi. Consisteva
nel disporre su un mezzo mattone delle
monetine che costituivano la posta. I giocatori
da una distanza pattuita lanciavano
delle piastrelle in direzione delle monete.
Alla fine dei lanci i giocatori si impadronivano
delle monete più vicine alle loro
piastrelle. Ricorda nella tecnica il gioco
delle bocce. Qui al posto del boccino o
moscuzza, s. f. larva di coleottero che
penetra nei legumi rodendoli e svuotandoli.
mostatura, s. f. strofinamento di un grappolo
d’uva sul viso. Si trattava di un’azione
scherzosa messa in atto dai ragazzi nei
confronti delle ragazze nei giorni della
vendemmia. Un’impiastricciata di mosto.
Anche ammostatura.
mottatore, s. m. imbuto. Che serve a
mutare, cioè a spostare, trasferire dei
liquidi da un recipiente all’altro.
mozzetta, s. f. coltello a punta tronca e
manico di legno usato per praticare gli
innesti. Probabile derivazione di mozzo,
nel senso di troncato, smozzicato, incompleto,
dato che la punta è più corta di
quella di un normale coltello.
mozzicottu, s. m. il leggero pasto che
spettava agli operai (opere, v.) all’inizio
della giornata di lavoro. (v. mète). Lett.
piccolo morso e, per estensione, piccolo
mpastorà, v. tr. impastoiare, legare con le
mpeciatu, agg. impacciato, impedito nei
mpiommatura, s. f. nodo di congiunzione
mpontàsse, v. rifl. marinare la scuola.
mpucinatu, agg. fradicio, bagnato come
un pulcino. Da un inesistente impulcinato.
mpuntasse, v. rifl. impuntarsi, intestardirsi,
mpupazzitu, agg. 1) irrigidito per il freddo,
rinsecchito. Anche l’uva può essere
“mpupazzita”. 2) stordito, spaventato.
muccarellu, s. m. piccolo ciocco di
mucciulosu, s. m. moccioso, ancora con
il mocciolo al naso. Reg. toscano moccicoso,
sciocco, stolto che ha ancora il moccio
mùcciulu, s. m. muco, liquido vischioso
muccu, s. m. faccia, viso, aspetto. Usato
con toni scherzosi o offensivi e con ogni
probabilità è un derivato di muco che da
una sostanza che cola sul viso dal naso ha
finito per significare l’intero viso.
mucculetta, s. f. ragazza sfacciata, irriverente,
mucculottu, s. m. cero votivo che si
accende in chiesa o al cimitero. In it.
moccolo è il mozzicone della candela.
mùcidu, s. m. odore di muffa, stantio.
Lat. “mucidum”, ammuffito da “mucus”.
muffa, s. f. gioco di bambini. Si giocava
“a muffa” con biglie di terracotta (poi di
vetro). Praticata con il tallone una buchetta
per terra, iniziava il gioco il giocatore
che, in un determinato numero di tiri, si
era maggiormante accostato alla buca con
la sua biglia. I più bravi riuscivano ad
allontanare dalla buca le palline degli
avversari e nel contempo a depositarvi la
propria. Chi portava più biglie a casa
mula, s. f. 1) femmina del mulo. 2) donna
munnà, v. tr. disinfestare dalle erbacce un
campo di grano. Mondare, pulire.
munnezze, s. f. pl. immondizia, sporcizia.
munnulà, v. tr. pulire il forno, rimuovere
la cenere.
mùnnulu, s. m. straccio umido usato dal
muru dell’ortu, s. m. il muraglione che
delimita via Marzio Colonna dal quale si
domina con la vista sulla via dei Caoni e
su Valle della foresta. Fr. id. “Chi s’affaccia
a lu muru dell’ortu, o è becciu o è
muru pezzutu, s. m. località di campagna
tra colle Pallavicini e Valle Martella.
musa (a), s. f. gioco di ragazzi. Si formavano
due squadre: chi stava sotto, piegato
a schiena d’asino, e chi saltava con una
rincorsa. Quando i saltatori commettevano
un errore e non riuscivano ad effettuare
il salto per superare il giocatore piegato,
si invertivano i ruoli. La difficoltà nel
saltare dipendeva dal fatto che la distanza
da superare con il salto aumentava ad
ogni salto. Lo stesso gioco, privato dell’obbligo
di aumentare il coefficiente di
difficoltà del salto aumentando la distanza
tra un giocatore e l’altro, veniva chiamato
“sarda la spiga”. A Roma si chiamava
musa, s. f. unità di misura utilizzata dai
ragazzi nell’omonimo gioco per stabilire
la distanza tra un giocatore e l’altro da
saltare. Veniva indicata con i piedi di un
giocatore: un piede posto in verticale sul
piano stradale e l’altro orizzontale ad esso
muscugliata, s. f. confidenza, comunicazione
Museo del giocattolo, inaugurato nel
mese di marzo del 2005, occupa una
superficie di 1.500 mq. nell’ala est, finemente
restaurata, di Palazzo Rospigliosi.
Sono due piani di esposizione con diciotto
sale complessive: sei si trovano al
piano terra e sono dedicate ai servizi tra
cui libreria, sala convegni, teatrino, punto
ristoro ecc. dodici al primo piano dedicate
al museo vero e proprio. Una cavalcata
nel tempo attraverso i giocattoli, un mutamento
dei costumi attraverso i passatempi
dei bambini. Viene passato in rassegna
l’intero secolo scorso attraverso documenti,
illustrazioni legate al mondo del
gioco infantile. Viene suggerito un percorso
didattico che offrirà spunti educativi
agli operatori delle scuole della zona.
Ampliamenti dell’esistente sono previsti
nei prossimi anni. Una rassegna di burattini
- Burattini alla ribalta - e una mostra
di burattini utilizzati nella costruzione di
muta, s. f. vestito completo di giacca e
pantaloni. Come la pelle nuova per il serpente.
mutà, v. tr. cambiare il vino, travasare.