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Michele Lacetera
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- 139 -


R

 “Mi infurio sempre contro quei due o

tre goffi scopamestieri che van travestendo

in pessimo romanesco or questa

or quell’opera classica e col solo scopo

di eccitare le risa”. (G.G. Belli)

raccapezzà, v. tr. scegliere, mettere in

evidenza ciò che è buono e separarlo da

ciò che non può essere utilizzato. Es. in

un cesto di frutta si sceglie (si raccapezza)

quella buona e si butta via la cattiva.

racchéru, s. m. raucedine e, per estensione,

bronchite, catarro.

racchiu, s. m. brutto, deforme, sgraziato.

racciaccaru, s. m. grappoletto d’uva

sfuggito alla raccolta che rimane attaccato

alla vite a vendemmia ultimata. In it.

esistono i termini racemo e racimolo per

grappolo d’uva. Terminata la vendemmia

si procedeva alla racimolatura che consisteva

nel raccogliere i grappoli d’uva

sfuggiti alla prima passata. Racimolare,

mettere insieme ciò che è rimasto. Nella

lingua italiana c’è il termineracchio

che indica “un piccolo grappolo d’uva

residuo della vendemmia, costituito da

pochi acini non giunti a maturazione.

(Diz. De Mauro).

racciu, s. m. braccio: pl. “le raccia”.

racia, s. f. brace.

racina, s. f. sostanza vinosa che rimane

attaccata alla botte. I contadini la usano

per farne un impasto (impiastru, v.) con la

calce o il cemento per otturare piccole

falle della botte.

radica gialla, s. f. carota.

radicula, s. f. griglia per la brace, graticola.

rafacanu, s. m. ignorante, grezzo, rozzo,

volgare.

raganella, s. f. 1) raucedine. 2) strumento

usato durante la Settimana Santa per

annunziare le cerimonie religiose e le ore

del giorno. In segno di lutto in quel periodo

non si suonano le campane. Lo strumento

provocava un suono simile al gracidare

delle rane (di qui il nome) che era

provocato dallo scorrimento ruotante di

una linguetta di legno sottile intorno ad

una ruota dentata. Il termine è usato in

molte regioni italiane.

ràganu, s. m. ramarro. Fig. brutto, sgraziato.

raja, s. f. fame insaziabile.

rajà, v. intr. ragliare.

raju, s. m. raglio (verso dell’asino).

ramiccia, s. f. gramigna. Epiche battaglie

sono state condotte dai vignaroli zagarolesi

contro questa erba infestante considerata,

a ragione, una vera nemica della

vite. Nel linguaggio comune viene menzionata

per indicare qualcosa di assolutamente

ineliminabile contro cui ogni battaglia

è inesorabilmente perduta.

rangiu, s. m. ragno.

rangiu a do capi, s. m. scorpione.

rangiu de fossu, s. m. granchio. Il vocabolo

è largamente usato in tutta l’Italia

meridionale.

rangottanu, s. m. cafone, volgare, triviale

e anche malevolo, malintenzionato.

rangu, s. m. crampo. In un italiano di

scarso uso rancoè colui che cammina

arrancando.

raniggiata, s. f. grandinata.

rànina, s. f. grandine. Tra le calamità

naturali che si potevano abbattere su un

vigneto, certamente la più temuta e scongiurata.

Un evento esorcizzato in mille

maniere. Quando la grandine colpiva,

nelle case dei vignaroli gelo e disperazione.

Lavoro e capitali andati in fumo, debiti


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da pagare, mancato guadagno, stretta di

cinghia nei consumi domestici, anche

quelli indispensabili. Niente gelato ai

bambini, nemmeno nel giorno di San

Lorenzo, il patrono, il dieci di agosto.

Nel corso degli anni Sessanta il

Consorzio delle strade vicinali promosse

l’istallazione di batterie antigrandine (in

realtà si trattò del ripristino di un’usanza

introdotta a Z. fin dagli ultimi anni del

1800, come risulta da numerosi scritti

risalenti all’epoca) consistenti in postazioni

fisse dotate di cannoni che, alla

bisogna, sparavano missili contro le nubi

minacciose.

Quando i nembi si addensavano e la

minaccia del temporale si toccava con

mano, entravano in azione le batterie. Le

esplosioni che si verificavano ad altezze

considerevoli sprigionavano nell’atmosfera

un calore tale da sciogliere gli

addensamenti pericolosi, ridurre gli effetti

della grandinata o addirittura, se si era

fortunati, scongiurarla.

Le batterie furono rimosse nel corso degli

anni Settanta quando i proiettili contro la

grandine cominciarono ad essere considerati

un pericolo per gli aerei che sorvolano

il territorio di Z. Questa fu la motivazione

ufficiale propagandata dagli Enti

preposti alla sicurezza dei voli aerei. In

verità si trattava d’altro.

Correvano gli anni Settanta, quando

l’Italia fu attraversata da venti di follia

che generarono lutti e stragi. Gli anni bui

del terrorismo. Un delirio di pochi che

lasciò nelle strade scie dolorose di sangue

e di odio. Saggiamente si pensò che

lasciare esplosivo a portata di mano per le

campagne fosse quanto meno imprudente.

Un rischio che non si poteva e doveva

correre. Fu pertanto disposta la rimozione

dei proiettili e lo smantellamento delle

batterie che erano state a guardia delle

vigne degli zagarolesi. Prima dell’avvento

dei cannoni, si cercvava di allontanare

il flagello della grandine con mezzi più

primitivi e ruspanti. Qualcuno si attaccava

alle corde delle campane e sperava che

il frastuono provocato allontanasse le

bufere e qualcun altro dava di mano al

fucile e sparava colpi in direzione dei

nembi minacciosi.

Ora i vigneti quasi non ci sono più. Per

preservare i pochi rimasti dalle calamità

naturali ci si affida alle preghiere e alle

Assicurazioni.

ranischia, s. f. chicchi di grandine di

modeste dimensioni.

ranischiata, s. f. lieve grandinata.

ranzolu, s. m. piccolo chicco di grandine.

rapellu, s. m. terreno arido e roccioso

non coltivabile.

rapino, s. m. sporcizia attaccata a parti

del corpo come mani, piedi ecc.

rapònzulu, s. m. raperonzolo, erba del

genere campanula (Campanula rapunculus)

simile alla carota. Si consuma in

insalata.

rappaju, s. m. grappolo.

rappezzà, v. tr. rammendare panni.

rappi, s. m. pl. drappi, stoffe o vestiti pregiati

di gran lusso. Ad una persona che

impiega troppo tempo per vestirsi si suole

dire: “Che, ti stai a mette li rappi d’oro?”.

Evidente deformazione di drappi.

rasa, s. f. striscia di terreno, in genere

vigneto, di misura imprecisata.

raschiatora, s. f. spatola di ferro usata

per ripulire la spianatoia dove era stata

impastata la farina per il pane o dove era

stata servita la polenta.

rascia, s. f. brace.

rasorata, s. f. rasoiata, colpo di rasoio.

rasoru, s. m. rasoio.

rastellu, s. m. rastrello.

raticula, s. f. graticola.

rattaculu, s. m. bacca selvatica.

rattatuja, s. f. disordine, caos. Ratatouille

è parola francese che indica una

pietanza a base di verdure (peperoni, zucchine,

melanzane, cipolle) cotte nel sugo


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di pomodoro. Il miscuglio delle verdure

genera poi l’idea della confusione e del

disordine.

rauju, V. a rauju

razzu, s. m. raggio della ruota della bicicletta.

reazza, s. f. 1) ragazza, bambina. 2)

fidanzata.

reazzu, s. m. 1) ragazzo, bambino. 2)

fidanzato.

rebatte, v. intr. 1) ribattere, rispondere. 2)

controllare. 3) alternarsi in un lavoro con

un’altra persona.

rebbelà, v. tr. seppellire. Contr. sbelà

(v.) (scoprire, esumare).

recagnu, s. m. scambio di manodopera

nell’esecuzione di lavori agricoli. Era uso

tra i vignaroli rendersi disponibili per aiutarsi

a portare avanti i lavori più impegnativi.

recchia, s. f. orecchio.

recchia de lepre, s. f. erba selvatica

molto simile alla gramigna con radice

grossa e profonda.

recchiali, s. m. pl. orecchioni.

recchione, s. m. omosessuale, pederasta.

recchiozza, s. f. piega fattasi involontariamente

all’angolo di una pagina o fatta

appositamente come segnalibro.

reccota, s. f. raccolta.

recopiu, s. m. fotografia. La storia della

fotografia a Z. ebbe inizio quando un

medico francese, gli anni sono quelli alla

fine dell’800, regalò una macchina fotografica

ad un ragazzino che si chiamava

Siricio Loreti. (1888-1979) Il regalo

venne acompagnato dalle prime rudimentali

istruzioni sull’uso dello strano aggeggio

a cui fece seguito un interesse che ben

presto divenne vera passione. Fotografie

per tessere e foto ricordo in occasione di

feste organizzate in casa. Figli e nipoti di

Siricio Loreti continuano ad esercitarsi

egregiamente nell’arte del loro antenato.

recotà, v. intr. seminare grano o granturco

per il secondo anno consecutivo sul

medesimo appezzamento di terreno. Le

terre avute in assegnazione dai principi

Pallavicini venivano utilizzate per i primi

due anni per la semina del grano o del

granturco. Il terzo e quarto anno il terreno

veniva trattato con la semina di foraggere

quali favette e lupinella. Successivamente

la terra veniva lasciata incolta, a riposo.

recuerà, v. tr. ricoverare, mettere al sicuro,

mettere al riparo dalla pioggia.

refattu, agg. raffermo (pane).

refiatà, v. intr. respirare.

refiatu, s. m. respiro.

refota, s. f. 1) terreno non adatto all’impianto

di un vigneto perché difficile da

dissodare. 2) il punto in cui si raccoglieva

l’acqua usata per far girare le macine del

mulino. Se ne trovava uno, ancora oggi

ben visibile, nei pressi di Pantanello, vicino

alla tenuta di Passerano. Prendendo

spunto da tale significato gli zagarolesi

indicano con questo nome qualsiasi posto

o luogo pieno di gente. Viene operata una

traslazione di significato. Veniva espressamente

chiamata con questo vocabolo

una parte di Piazza Santa Maria riparata

dal vento di tramontana e perciò stesso

assai frequentata dalle persone anziane

durante le fredde giornate invernali. “È

piena la refota, si esclamava quando il

numero delle persone che si scaldavano al

sole diventava consistente. Nel linguaggio

militare il rifosso o refosso è il fosso

secondario che serve di rinforzo a quello

principale.

refutu, s. m. rifiuto. Il vocabolo per alcuni

anni è stato usato per indicare gli appezzamenti

di terreno di scarso valore che

nessuno desiderava avere. Al tempo dell’assegnazione

dei terreni questi pezzi di

terra venivano rifiutati e lasciati incolti.

regnìculu, s. m. malandato, ridotto in cattive

condizioni. Der. di regnumregno e

colaabitante, era colui che abitava nel

Regno, in particolare di Napoli che comprendeva

anche l’Abruzzo. Assai verosimilmente


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le condizioni miserande in cui

vivevano i suoi abitanti fornirono l’occasione

per l’uso di questo vocabolo, naturalmente

oggi scomparso.

regolizia, s. f. liquirizia.

rembullà, v. intr. rimanere sospeso. p.p.

rembullatu.

rembullu, s. m. appiglio, cavillo.

remmoccà, v. tr. rovesciare, far cadere.

remmoccasse, v. rifl. cadere rovinosamente

all’indietro.

remmunnà, v. tr. sbucciare, pulire, mondare.

rencicciulà, v. intr. riaversi, rimettersi in

sesto fisicamente ma anche finanziariamente.

rendorcì, v. intr. addolcirsi, divenire più

temperato (il clima, il tempo). “L’aria à

rendorcito”.

renfaccià, v. tr. 1) rinfacciare. 2) avere

difficoltà nel digerire qualcosa. Es. ssa

minestra mi se renfaccia”.

renga, s. f. aringa.

rengolefatu, agg. v. arengolefatu.

rennaccià, v. tr. rammendare.

rennacciata, s. f. legatura.

rennacciatu, agg. p.p. rabberciato, aggiustato

alla meglio, raffazzonato.

rennacciu, s. m. 1) rammendo. 2) cicatrice

molto vistosa. 3) pezzetto di focaccia.

rennecitu, agg. magro, smagrito, deperito.

reoccognu, s. m. triviale, volgare.

reoticà, v. tr. rivoltare, capovolgere. agg.

p.p. reoticatu, capovolto, rovesciato.

reoticu, s. m. rovescio, capovolgimento.

Se pioe a reoticune vien giù proprio

tanta.

repenetitu, s. m. disgraziato, derelitto,

infelice.

reppia, s. f. Convolvulus arvensis”,

erba selvatica infestante delle colture

erbacee, arboree e degli incolti. Nome

volgare Convolvolo.

rèpricu, s. m. rimprovero.

rescì, v. intr. uscire.

resega, s. f. fenditura, taglio, rientranza di

un muro.

resicatu, agg. stretto, limitato, ridotto,

risicato.

resicottu, s. m. tralcio della vite potato a

lungo.

rèsicu, s. m. 1) tralcio della vite tagliato

corto. 2) una piccola porzione di qualcosa

(di una canna, di un pezzo di stoffa).

restiu, agg. indeciso.

retacciu, s. m. pianta usata per la fabbricazione

di scope da giardino.

retrattu, s. m. ritratto, fotografia. Sin.

recopiu(v.)

retrèpene, s. m. disabile.

retribbiu, s. m. piega fatta ai pantaloni

per accorciarli o ad una veste femminile.

A Roma si dice ritreppio”.

rezzelà, v. tr. mettere in ordine.

riazzu, s. m. ragazzo. Anche reazzu

(v.).

ribbatte, v. tr. controllare.

riersa (a la), avv. a rovescio.

rierzina, s. f. lembo di lenzuolo ripiegato

sulla coperta.

rimòvese, v. rifl. rimuoversi. Nel gioco

della briscola il giocatore che si rimove

è colui che cala sul tavolo una carta di briscola

di basso valore.

rinale, s. m. orinale, vaso da notte.

rincicciulà, v. intr. rinascere, riaversi,

rifiorire, tirarsi fuori da una difficoltà

economica. Anche arencicciulà(v.).

rinzolu, s. m. lenzuolo. pl. rinzola(f).

riòrvere, s. m. rivoltella. revolver.

riozza, s. f. sottile bastone adatto a sostenere

la vite.

risposta, s. f. detta anche corrisposta”,

è il cosiddetto livello, cioè la cessione di

un godimento perpetuo specie di un terreno

in cambio del pagamento di un canone.

Un tempo la risposta consisteva nel

dare al padrone del terreno il prodotto di

un ordine (v.) di vigna ogni cinque. Il

pagamento in natura venne poi sostituito

da una somma di denaro.


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ritta, s. f. destra.

rittu, agg. dritto, in piedi.

rocchiu, s. m. ceppo di una pianta. In italiano

rocchio tra l’altro indica un pezzo

cilindrico tozzo e di piccole dimensioni.

rodore, s. m. prurito, irritazione della

pelle.

roffianu, s. m. 1) ruffiano, adulatore. 2)

cerchio di ferro che si colloca tra il primo

e il secondo cerchio della botte con il

compito di agevolare la sistemazione di

tutti gli altri cerchi.

romitu, s. m. eremita, solitario, romito.

roncà, v. tr. cavare lupini, fagioli, ceci e

simili. Estirpare con la ronca. Roncare.

ronda, s. f. cariolino con tre ruote dotate

di cuscinetti a sfera usato in giochi di

ragazzi.

ronna, s. f. grondaia. Fr. id. ronna

ronna(v.).

roprì, v. tr. aprire.

roscignolu, s. m. usignolo. In italiano si

dice anche rosignolo o rosignuolo.

rosciu, agg. rosso.

rosicarellu, s. m. cartilagine.

rosta, s. f. 1) capannello di gente. 2) striscia

di terreno liberata dalle erbacce per

impedire al fuoco di propagarsi quando

era il tempo di bruciare le ristoppie.

rotonda, s. f. località situata nelle immediate

vicinanze del torrione circolare(da

qui il nome)di Palazzo Rospigliosi,

dove inizia via Guido Reni.

rotone, s. m. grossa moneta di poco valore

usata dai ragazzi nel gioco detto del

caraghè(v.).

rotti, s. f. grotta.

Scavate nel tufo le grotte si estendono in

profondità e si rimettono in piano dopo la

discesa di molti gradini. Il frigorifero

degli antichi. Vi si ingrottava il vino ai

primi tepori primaverili e solo così se ne

garantiva la tenuta e la qualità. Tutte le

operazioni di ingrottamento una volta

venivano praticate manualmente e duravano

alcuni giorni. Anche le botti viaggiavano

dal tinello alla grotta e viceversa

e il loro spostamento richiedeva forza,

abilità, destrezza e molta prudenza.

rotti a pezzulana, s. f. cava di pozzolana.

rottu, 1) s. m. rutto, rigurgito. 2) agg.

rotto.

ruazzola, s. f. giaciglio costituito da

canne e paglia sostenuto da quattro piedi

legati con rametti di salice. Giaciglio di

fortuna presente nei tinelli di un tempo. A

Roma si usava il termine rapazzolaper

indicare un modesto giaciglio di pastori.

rubbiu, s. m. vecchia misura di superficie

agraria adottata nello Stato pontificio

equivalente a 18.480 mq.

ruciu, s. m. 1) rozzo, trasandato, disordinato.

2) lombrico.

rùciulu, s. m. ricciolo, frammento.

rufulà, v. intr. russare, grufolare.

rugnosu, agg. intrattabile, inavvicinabile.

rugnu, s. m. grugno, muso del maiale.

ruscà, v. intr. cercare qualcosa con cura,

rovistare in mezzo all’erba. Nei dialetti

piemontesi e lombardi ruscaresignifica

lavorare sodo e il ruscoè il lavoro,

la fatica quotidiana.

ruschià, v. tr. graffiare.

ruspà, v. tr. grattare il terreno alla ricerca

di qualcosa. In it. ruspare indica l’azione

di raccogliere olive o castagne rimaste sul

terreno dopo la prima raccolta.

ruspu, s. m. ricerca di qualcosa, specie di

frutta caduta dall’albero. Il termine

ruspoin italiano se pur poco usato

indica ciò che si trova ruspando o razzolando.

ruzza, s. f. ruggine.

ruzzà, v. intr. scherzare, giocare. Si legge

nel dizionario De Mauroruzzare spec. di

bambini o animali, correre e saltare per

gioco, rincorrendosi e fingendo di lottare”.

ruzza calla (alla), loc. avv. metodo di

cottura, specialmente di patate, sotto la

cenere calda ricoperta di brace viva. Si

mangiano calde, appena rimosse dalla


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cenere, con un pizzico di sale. In alcuni

paesi della Ciociaria le patate cotte con

questo metodo si chiamano “all’urùnza

laddove urùnza” è il “miscuglio di brace

e cenere in mezzo al quale si cuociono,

talvolta, patate con la buccia, cipolle,

mele ecc.”. Dal latino ùrere(bruciare).

(dal libro Il tempio della Raja -

L’alimentazione delle classi subalterne

ferentinesi fino alla metà del XX secolo di

Emilio Cantagallo e Loretana Bianchi).

rùzzica, s. f. ruota di legno.

ruzzicà, 1) v. tr. girare, far ruotare. 2) v.

intr. ruzzolare.

ruzzicasse, v. rifl. rotolare a gambe per

aria.

ruzzu, agg. arrugginito. Fig. volgare,

rozzo.

 




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