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Michele Lacetera Persone Storie Parole IntraText CT - Lettura del testo |
“Mi infurio sempre pù contro quei due o
tre goffi scopamestieri che van travestendo
in pessimo romanesco or questa
or quell’opera classica e col solo scopo
di eccitare le risa”. (G.G. Belli)
raccapezzà, v. tr. scegliere, mettere in
evidenza ciò che è buono e separarlo da
ciò che non può essere utilizzato. Es. in
un cesto di frutta si sceglie (si raccapezza)
quella buona e si butta via la cattiva.
racchéru, s. m. raucedine e, per estensione,
racchiu, s. m. brutto, deforme, sgraziato.
racciaccaru, s. m. grappoletto d’uva
sfuggito alla raccolta che rimane attaccato
alla vite a vendemmia ultimata. In it.
esistono i termini racemo e racimolo per
grappolo d’uva. Terminata la vendemmia
si procedeva alla racimolatura che consisteva
nel raccogliere i grappoli d’uva
sfuggiti alla prima passata. Racimolare,
mettere insieme ciò che è rimasto. Nella
lingua italiana c’è il termine “racchio”
che indica “un piccolo grappolo d’uva
residuo della vendemmia, costituito da
pochi acini non giunti a maturazione.
racciu, s. m. braccio: pl. “le raccia”.
racina, s. f. sostanza vinosa che rimane
attaccata alla botte. I contadini la usano
per farne un impasto (impiastru, v.) con la
calce o il cemento per otturare piccole
radicula, s. f. griglia per la brace, graticola.
rafacanu, s. m. ignorante, grezzo, rozzo,
raganella, s. f. 1) raucedine. 2) strumento
usato durante la Settimana Santa per
annunziare le cerimonie religiose e le ore
del giorno. In segno di lutto in quel periodo
non si suonano le campane. Lo strumento
provocava un suono simile al gracidare
delle rane (di qui il nome) che era
provocato dallo scorrimento ruotante di
una linguetta di legno sottile intorno ad
una ruota dentata. Il termine è usato in
ràganu, s. m. ramarro. Fig. brutto, sgraziato.
raja, s. f. fame insaziabile.
raju, s. m. raglio (verso dell’asino).
ramiccia, s. f. gramigna. Epiche battaglie
sono state condotte dai vignaroli zagarolesi
contro questa erba infestante considerata,
a ragione, una vera nemica della
vite. Nel linguaggio comune viene menzionata
per indicare qualcosa di assolutamente
ineliminabile contro cui ogni battaglia
rangiu a do capi, s. m. scorpione.
rangiu de fossu, s. m. granchio. Il vocabolo
è largamente usato in tutta l’Italia
rangottanu, s. m. cafone, volgare, triviale
e anche malevolo, malintenzionato.
rangu, s. m. crampo. In un italiano di
scarso uso “ranco” è colui che cammina
raniggiata, s. f. grandinata.
rànina, s. f. grandine. Tra le calamità
naturali che si potevano abbattere su un
vigneto, certamente la più temuta e scongiurata.
Un evento esorcizzato in mille
maniere. Quando la grandine colpiva,
nelle case dei vignaroli gelo e disperazione.
Lavoro e capitali andati in fumo, debiti
da pagare, mancato guadagno, stretta di
cinghia nei consumi domestici, anche
quelli indispensabili. Niente gelato ai
bambini, nemmeno nel giorno di San
Lorenzo, il patrono, il dieci di agosto.
Nel corso degli anni Sessanta il
Consorzio delle strade vicinali promosse
l’istallazione di batterie antigrandine (in
realtà si trattò del ripristino di un’usanza
introdotta a Z. fin dagli ultimi anni del
1800, come risulta da numerosi scritti
risalenti all’epoca) consistenti in postazioni
fisse dotate di cannoni che, alla
bisogna, sparavano missili contro le nubi
Quando i nembi si addensavano e la
minaccia del temporale si toccava con
mano, entravano in azione le batterie. Le
esplosioni che si verificavano ad altezze
considerevoli sprigionavano nell’atmosfera
un calore tale da sciogliere gli
addensamenti pericolosi, ridurre gli effetti
della grandinata o addirittura, se si era
Le batterie furono rimosse nel corso degli
anni Settanta quando i proiettili contro la
grandine cominciarono ad essere considerati
un pericolo per gli aerei che sorvolano
il territorio di Z. Questa fu la motivazione
ufficiale propagandata dagli Enti
preposti alla sicurezza dei voli aerei. In
Correvano gli anni Settanta, quando
l’Italia fu attraversata da venti di follia
che generarono lutti e stragi. Gli anni bui
del terrorismo. Un delirio di pochi che
lasciò nelle strade scie dolorose di sangue
e di odio. Saggiamente si pensò che
lasciare esplosivo a portata di mano per le
campagne fosse quanto meno imprudente.
Un rischio che non si poteva e doveva
correre. Fu pertanto disposta la rimozione
dei proiettili e lo smantellamento delle
batterie che erano state a guardia delle
vigne degli zagarolesi. Prima dell’avvento
dei cannoni, si cercvava di allontanare
il flagello della grandine con mezzi più
primitivi e ruspanti. Qualcuno si attaccava
alle corde delle campane e sperava che
il frastuono provocato allontanasse le
bufere e qualcun altro dava di mano al
fucile e sparava colpi in direzione dei
Ora i vigneti quasi non ci sono più. Per
preservare i pochi rimasti dalle calamità
naturali ci si affida alle preghiere e alle
ranischia, s. f. chicchi di grandine di
ranischiata, s. f. lieve grandinata.
ranzolu, s. m. piccolo chicco di grandine.
rapellu, s. m. terreno arido e roccioso
non coltivabile.
rapino, s. m. sporcizia attaccata a parti
del corpo come mani, piedi ecc.
rapònzulu, s. m. raperonzolo, erba del
genere campanula (Campanula rapunculus)
simile alla carota. Si consuma in
rappezzà, v. tr. rammendare panni.
rappi, s. m. pl. drappi, stoffe o vestiti pregiati
di gran lusso. Ad una persona che
impiega troppo tempo per vestirsi si suole
dire: “Che, ti stai a mette li rappi d’oro?”.
Evidente deformazione di drappi.
rasa, s. f. striscia di terreno, in genere
vigneto, di misura imprecisata.
raschiatora, s. f. spatola di ferro usata
per ripulire la spianatoia dove era stata
impastata la farina per il pane o dove era
rasorata, s. f. rasoiata, colpo di rasoio.
rattaculu, s. m. bacca selvatica.
rattatuja, s. f. disordine, caos. “Ratatouille”
è parola francese che indica una
pietanza a base di verdure (peperoni, zucchine,
melanzane, cipolle) cotte nel sugo
di pomodoro. Il miscuglio delle verdure
genera poi l’idea della confusione e del
razzu, s. m. raggio della ruota della bicicletta.
reazza, s. f. 1) ragazza, bambina. 2)
reazzu, s. m. 1) ragazzo, bambino. 2)
rebatte, v. intr. 1) ribattere, rispondere. 2)
controllare. 3) alternarsi in un lavoro con
un’altra persona.
rebbelà, v. tr. seppellire. Contr. “sbelà”
recagnu, s. m. scambio di manodopera
nell’esecuzione di lavori agricoli. Era uso
tra i vignaroli rendersi disponibili per aiutarsi
a portare avanti i lavori più impegnativi.
recchia de lepre, s. f. erba selvatica
molto simile alla gramigna con radice
recchiali, s. m. pl. orecchioni.
recchione, s. m. omosessuale, pederasta.
recchiozza, s. f. piega fattasi involontariamente
all’angolo di una pagina o fatta
appositamente come segnalibro.
recopiu, s. m. fotografia. La storia della
fotografia a Z. ebbe inizio quando un
medico francese, gli anni sono quelli alla
fine dell’800, regalò una macchina fotografica
ad un ragazzino che si chiamava
Siricio Loreti. (1888-1979) Il regalo
venne acompagnato dalle prime rudimentali
istruzioni sull’uso dello strano aggeggio
a cui fece seguito un interesse che ben
presto divenne vera passione. Fotografie
per tessere e foto ricordo in occasione di
feste organizzate in casa. Figli e nipoti di
Siricio Loreti continuano ad esercitarsi
egregiamente nell’arte del loro antenato.
recotà, v. intr. seminare grano o granturco
per il secondo anno consecutivo sul
medesimo appezzamento di terreno. Le
terre avute in assegnazione dai principi
Pallavicini venivano utilizzate per i primi
due anni per la semina del grano o del
granturco. Il terzo e quarto anno il terreno
veniva trattato con la semina di foraggere
quali favette e lupinella. Successivamente
la terra veniva lasciata incolta, a riposo.
recuerà, v. tr. ricoverare, mettere al sicuro,
mettere al riparo dalla pioggia.
refattu, agg. raffermo (pane).
refota, s. f. 1) terreno non adatto all’impianto
di un vigneto perché difficile da
dissodare. 2) il punto in cui si raccoglieva
l’acqua usata per far girare le macine del
mulino. Se ne trovava uno, ancora oggi
ben visibile, nei pressi di Pantanello, vicino
alla tenuta di Passerano. Prendendo
spunto da tale significato gli zagarolesi
indicano con questo nome qualsiasi posto
o luogo pieno di gente. Viene operata una
traslazione di significato. Veniva espressamente
una parte di Piazza Santa Maria riparata
dal vento di tramontana e perciò stesso
assai frequentata dalle persone anziane
durante le fredde giornate invernali. “È
piena la refota”, si esclamava quando il
numero delle persone che si scaldavano al
sole diventava consistente. Nel linguaggio
militare il rifosso o refosso è il fosso
secondario che serve di rinforzo a quello
refutu, s. m. rifiuto. Il vocabolo per alcuni
anni è stato usato per indicare gli appezzamenti
di terreno di scarso valore che
nessuno desiderava avere. Al tempo dell’assegnazione
terra venivano rifiutati e lasciati incolti.
regnìculu, s. m. malandato, ridotto in cattive
condizioni. Der. di “regnum” regno e
“cola” abitante, era colui che abitava nel
Regno, in particolare di Napoli che comprendeva
anche l’Abruzzo. Assai verosimilmente
le condizioni miserande in cui
vivevano i suoi abitanti fornirono l’occasione
per l’uso di questo vocabolo, naturalmente
regolizia, s. f. liquirizia.
rembullà, v. intr. rimanere sospeso. p.p.
rembullu, s. m. appiglio, cavillo.
remmoccà, v. tr. rovesciare, far cadere.
remmoccasse, v. rifl. cadere rovinosamente
all’indietro.
remmunnà, v. tr. sbucciare, pulire, mondare.
rencicciulà, v. intr. riaversi, rimettersi in
sesto fisicamente ma anche finanziariamente.
rendorcì, v. intr. addolcirsi, divenire più
temperato (il clima, il tempo). “L’aria à
renfaccià, v. tr. 1) rinfacciare. 2) avere
difficoltà nel digerire qualcosa. Es. “ssa
rengolefatu, agg. v. arengolefatu.
rennaccià, v. tr. rammendare.
rennacciata, s. f. legatura.
rennacciatu, agg. p.p. rabberciato, aggiustato
alla meglio, raffazzonato.
rennacciu, s. m. 1) rammendo. 2) cicatrice
molto vistosa. 3) pezzetto di focaccia.
rennecitu, agg. magro, smagrito, deperito.
reoccognu, s. m. triviale, volgare.
reoticà, v. tr. rivoltare, capovolgere. agg.
p.p. reoticatu, capovolto, rovesciato.
reoticu, s. m. rovescio, capovolgimento.
Se “pioe a reoticu” ne vien giù proprio
tanta.
repenetitu, s. m. disgraziato, derelitto,
reppia, s. f. “Convolvulus arvensis”,
erba selvatica infestante delle colture
erbacee, arboree e degli incolti. Nome
rèpricu, s. m. rimprovero.
resega, s. f. fenditura, taglio, rientranza di
un muro.
resicatu, agg. stretto, limitato, ridotto,
resicottu, s. m. tralcio della vite potato a
lungo.
rèsicu, s. m. 1) tralcio della vite tagliato
corto. 2) una piccola porzione di qualcosa
(di una canna, di un pezzo di stoffa).
retacciu, s. m. pianta usata per la fabbricazione
retrattu, s. m. ritratto, fotografia. Sin.
retribbiu, s. m. piega fatta ai pantaloni
per accorciarli o ad una veste femminile.
rezzelà, v. tr. mettere in ordine.
riazzu, s. m. ragazzo. Anche “reazzu”
(v.).
ribbatte, v. tr. controllare.
riersa (a la), avv. a rovescio.
rierzina, s. f. lembo di lenzuolo ripiegato
sulla coperta.
rimòvese, v. rifl. rimuoversi. Nel gioco
della briscola il giocatore che si “rimove”
è colui che cala sul tavolo una carta di briscola
rinale, s. m. orinale, vaso da notte.
rincicciulà, v. intr. rinascere, riaversi,
rifiorire, tirarsi fuori da una difficoltà
economica. Anche “arencicciulà” (v.).
rinzolu, s. m. lenzuolo. pl. “rinzola” (f).
riòrvere, s. m. rivoltella. revolver.
riozza, s. f. sottile bastone adatto a sostenere
la vite.
risposta, s. f. detta anche “corrisposta”,
è il cosiddetto livello, cioè la cessione di
un godimento perpetuo specie di un terreno
in cambio del pagamento di un canone.
Un tempo la risposta consisteva nel
dare al padrone del terreno il prodotto di
un ordine (v.) di vigna ogni cinque. Il
pagamento in natura venne poi sostituito
rocchiu, s. m. ceppo di una pianta. In italiano
rocchio tra l’altro indica un pezzo
cilindrico tozzo e di piccole dimensioni.
rodore, s. m. prurito, irritazione della
roffianu, s. m. 1) ruffiano, adulatore. 2)
cerchio di ferro che si colloca tra il primo
e il secondo cerchio della botte con il
compito di agevolare la sistemazione di
tutti gli altri cerchi.
romitu, s. m. eremita, solitario, romito.
roncà, v. tr. cavare lupini, fagioli, ceci e
simili. Estirpare con la ronca. Roncare.
ronda, s. f. cariolino con tre ruote dotate
di cuscinetti a sfera usato in giochi di
ronna, s. f. grondaia. Fr. id. “ronna
roscignolu, s. m. usignolo. In italiano si
dice anche rosignolo o rosignuolo.
rosicarellu, s. m. cartilagine.
rosta, s. f. 1) capannello di gente. 2) striscia
di terreno liberata dalle erbacce per
impedire al fuoco di propagarsi quando
era il tempo di bruciare le ristoppie.
rotonda, s. f. località situata nelle immediate
vicinanze del torrione circolare(da
qui il nome)di Palazzo Rospigliosi, là
rotone, s. m. grossa moneta di poco valore
usata dai ragazzi nel gioco detto del
Scavate nel tufo le grotte si estendono in
profondità e si rimettono in piano dopo la
discesa di molti gradini. Il frigorifero
degli antichi. Vi si ingrottava il vino ai
primi tepori primaverili e solo così se ne
garantiva la tenuta e la qualità. Tutte le
operazioni di ingrottamento una volta
venivano praticate manualmente e duravano
alcuni giorni. Anche le botti viaggiavano
dal tinello alla grotta e viceversa
e il loro spostamento richiedeva forza,
abilità, destrezza e molta prudenza.
rotti a pezzulana, s. f. cava di pozzolana.
rottu, 1) s. m. rutto, rigurgito. 2) agg.
ruazzola, s. f. giaciglio costituito da
canne e paglia sostenuto da quattro piedi
legati con rametti di salice. Giaciglio di
fortuna presente nei tinelli di un tempo. A
Roma si usava il termine “rapazzola” per
indicare un modesto giaciglio di pastori.
rubbiu, s. m. vecchia misura di superficie
agraria adottata nello Stato pontificio
equivalente a 18.480 mq.
ruciu, s. m. 1) rozzo, trasandato, disordinato.
2) lombrico.
rùciulu, s. m. ricciolo, frammento.
rufulà, v. intr. russare, grufolare.
rugnosu, agg. intrattabile, inavvicinabile.
rugnu, s. m. grugno, muso del maiale.
ruscà, v. intr. cercare qualcosa con cura,
rovistare in mezzo all’erba. Nei dialetti
piemontesi e lombardi “ruscare” significa
lavorare sodo e il “rusco” è il lavoro,
la fatica quotidiana.
ruspà, v. tr. grattare il terreno alla ricerca
di qualcosa. In it. ruspare indica l’azione
di raccogliere olive o castagne rimaste sul
terreno dopo la prima raccolta.
ruspu, s. m. ricerca di qualcosa, specie di
frutta caduta dall’albero. Il termine
“ruspo” in italiano se pur poco usato
indica ciò che si trova ruspando o razzolando.
ruzzà, v. intr. scherzare, giocare. Si legge
nel dizionario De Mauro “ruzzare spec. di
bambini o animali, correre e saltare per
gioco, rincorrendosi e fingendo di lottare”.
ruzza calla (alla), loc. avv. metodo di
cottura, specialmente di patate, sotto la
cenere calda ricoperta di brace viva. Si
mangiano calde, appena rimosse dalla
cenere, con un pizzico di sale. In alcuni
paesi della Ciociaria le patate cotte con
questo metodo si chiamano “all’urùnza”
laddove “urùnza” è il “miscuglio di brace
e cenere in mezzo al quale si cuociono,
talvolta, patate con la buccia, cipolle,
mele ecc.”. Dal latino “ùrere” (bruciare).
(dal libro Il tempio della Raja -
L’alimentazione delle classi subalterne
ferentinesi fino alla metà del XX secolo di
Emilio Cantagallo e Loretana Bianchi).
rùzzica, s. f. ruota di legno.
ruzzicà, 1) v. tr. girare, far ruotare. 2) v.
ruzzicasse, v. rifl. rotolare a gambe per
aria.
ruzzu, agg. arrugginito. Fig. volgare,