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Michele Lacetera Persone Storie Parole IntraText CT - Lettura del testo |
Proverbi
Si tè la ’igna e te ’ò arricchì,
manna l’opere e non ci jì.
(Se possiedi un vigneto e vuoi diventare
ricco, fallo lavorare dagli operai. Tu stattene
a casa).
Lo dice chi capisce:
a la ‘igna se patisce.
(Brutto mestiere quello del contadino.
Nel suo destino c’è solo sofferenza).
Tuttu l’annu a jì a la ’igna
e quann’è fatta l’u’a chi magna magna.
(Quando c’è da lavorare nessuno ti dà una
mano, quando, invece, l’uva è matura…).
A la ’igna ’acci
e a casa stacci.
(Bada ai tuoi interessi: sii assiduo nel
lavoro dei campi e nella cura della casa).
Quanno che è la ’ennegna
chi s’encazza e chi s’enfregna.
(Difficile stare tranquilli nei giorni della
vendemmia. Troppi pensieri, troppe cose
da sistemare).
Doppo ’na lunga tappa
lassa la ’anga e pija la zappa.
(Sei condannato a lavorare. Se hai finito
con la vanga ti tocca la zappa).
La ’igna è comme la tigna,
più ci ne fa e più se ne pija.
(Non c’è pace nel lavorare la vigna. Non
puoi mai dire di aver finito).
La ’igna fa la casa
ma la casa non fa la ’igna.
(Con il lavoro potrai procurarti risorse
economiche per comprare la casa. La
casa, invece, non ti rende nulla).
Quanno la càula canta e fa remore
lu ‘ignarolu se cambia de colore.
(Quando il gorgoglio della botte fa intendere
che il vino è quasi finito, il vignaiolo
si sente male).
Se pio’e de la luna settembrina
sette lune si strascina.
(Se piove quando fa la luna di settembre
pioverà per altre sette lune).
Se pio’e de Santa Bibbiana
ne fa ‘na quarantana.
(Se piove il giorno di Santa Bibbiana pioverà
per altri quaranta giorni).
Se pio’e prima de la messa,
tutta la giornata te vè ’nfossa.
(Se piove prima della messa, starai a
bagno per tutta la giornata).
Se tira le’ante
se non pio’e è ’n birbante.
(Quando soffia il vento dell’Est, stanne
certo che arriva la pioggia).
Natale co’ lu sole,
Pasqua co’ lu tizzone.
(Se a Natale ci sarà il sole, a Pasqua
dovrai accendere il camino).
Quanno se fa scuro a Maccarese,
’ncollate la zappa e ’attene a lu paese.
(Quando il tempo si fa minaccioso dalla
parte del mare, tornatene a casa. Non c’è
da attendersi nulla di buono).
Quanno la cornacchia ’a in montagna,
pija la zappa e va a guadagna.
(Se la cornacchia si dirige verso i monti,
è tempo di lavorare. Guadagnati la giornata
con la zappa).
Màndula, non fiorì
che marzu te fa pentì.
(Mandorlo, non fiorire ai primi tepori.
Marzo è un mese pericoloso).
La ne’e marzola
dura quanto la suocera co’ la nora.
(La neve di marzo è destinata a durare
poco, tanto quanto durano i buoni rapporti
tra una suocera e sua nuora).
Se febbraru non febbrareggia
marzo male penza.
(Il freddo che non fa durante il mese di
febbraio lo farà certamente a marzo).
Se arennuola sopre a la brina,
prima de notte t’enfonni la schina.
(Se dopo una brinata il cielo si coprirà di
nuvole, ben presto arriverà la pioggia).
Chi nasce de gallina ’n terra ruspa,
chi nasce de ben nato se lu porta.
(Nessuno potrà dimenticare le proprie
origini).
Colle del pero,
la fame t’arizza lu pelu.
(Colle del pero non è un colle generoso e
lì si patisce la fame).
La robba de l’avaru
se la magna lu sciampagnone.
(Accumula, accumula. Qualcuno penserà
a dilapidare tanta ricchezza).
Chi fila e chi nun fila
puro de panno ‘este.
(Alla fine anche chi non ha nulla avrà
sicuramente di che vestirsi).
Chi coll’atri fa speranza,
tucche tucche fa a la panza.
(Fa’ affidamento solo su te stesso. Se
aspetti gli altri rimarrai con la pancia
vuota).
Chi ben trica,
ben se marita.
(La donna che ci sa fare, un buon marito
finisce per trovarlo).
Quanno che la campana sona a festa
la Domenica s’accosta.
(È vigilia di festa. Grande stormir di campane).
Quanno canta lu cucculu,
a lu finocchiu ci puzza lu culu.
(Quando canta il cuculo è già primavera e
i finocchi non sono più buoni).
Broccoli e sermoni
doppo Pasqua non so’ più bboni.
(Cavoli e prediche, passata Pasqua, non
sono più buoni. Durante il periodo quaresimale
si ascoltavano prediche e per penitenza,
non potendo consumare carne, si
faceva grande consumo di verdure come i
broccoli. Si riferisce, in modo figurato, a
cose passate di moda e fuori uso).
So’ ’enuti l’Innocentini,
so’ scorti le feste e li quatrini.
(Alla festa dei santi Innocenti che cade il
28 dicembre finiscono le feste e i soldi. È
finita la pacchia).
Prima de Natale
né freddo né fame,
doppo Natale
freddo e fame.
(Fino a Natale tutto va bene, dopo,
però...).
Chi semina e non munna,
a mète s’engrugna.
(Se durante l’anno non avrai badato a
tenere pulito il tuo campo di grano, al
tempo della mietitura avrai di che lagnarti).
È mejo a la’orà co’ chi nun te paga
che a raggionà co’ chi nun te capisce.
(È triste non essere capiti, molto peggio
che non essere pagati dopo una giornata
di lavoro).
Fenisce la ’endemmia e vè l’olia,
nun s’areposa mmai la ‘ignarola.
(La vendemmia e subito dopo la raccolta
delle olive. A quando un po’ di riposo?)
Chi se ’ergogna
nun se satolla.
(A volte un po’ di faccia tosta è ciò che ci
vuole).
Nun è ora de jì a mete
se l’u’a nun è comme lo pepe.
(L’uva è pronta per la vendemmia solo
quando è diventata del colore del pepe).
‘Ino de troppa…
cella de zoppa.
(Vino e sesso: scegli roba genuina).
Nun c’è fijanu
che de lu sàntulu
nun ne pija ‘n ramu.
(Il bambino al quale hai fatto da compare
al battesimo prenderà qualcosa di te, ti
somiglierà un po’. Nella frase si coglie
anche una punta di malizia poiché spesso
tra il “santolo” e la mamma del figlioccio
si stabilivano rapporti che a volte sconfinavano
nell’intimità).
Chi ara co’ le ’acche e zappa co’ le femmine,
otica lu saccu e no’ lu reempie.
(Ogni cosa va fatta secondo le regole.
Non si ara con le vacche, non si zappa con
le donne. Se così avrai fatto, il tuo sacco
resterà vuoto).
La robba se ne ’a comme lu ’entu
e lu malaguriu te lu tè accantu.
(A seguito di un infelice matrimonio la
tua roba ben presto svanirà ma la tua
mogliettina, che è la tua disgrazia, rimarrà
sempre vicina a te).
Che ci n’à che fa’ la gatta
si la padrona è matta?
(Se il tuo gatto ha combinato pasticci non
prendertela con lui. La colpa è della
padrona che lo fa entrare in casa).
Padrone meu le penne d’oro,
comme me tratti così te la’oro.
(Caro padrone, se mi tratti bene lavorerò
per te con ogni scrupolo.)
Marìtemu penza penza,
penza a famme la zappa a mi,
ma nun serve che ci penza
tanto a zappà non ci ’ojo jì.
(Caro marito mio, non darti pena a comprarmi
la zappa. Zappare non fa per me).
Senz’acqua torvida
mare nun cresce
(Spesso l’abbondanza è frutto di male
azioni).
Chi se ’o ’idé la saccoccia netta,
se fa l’orloggiu, la chitarra e la schioppetta.
(Lascia stare le cose futili come l’orologio,
la chitarra e il fucile da caccia. Ti
manderanno in rovina).
Chi ’o che la casa dura
puro l’acqua se mesura.
(Sii parco e parsimonioso su tutto, perfino
sull’acqua).
Chi oji se magna tuttu
dimà canta co’ lu cuccu.
(Sii oculato nelle spese. Se finirai tutte le
tue sostanze non ti rimarrà che cantare.)
Tristu lu sordu che non vo sentì.
(Non c’è peggior sordo di chi non vuol
sentire).
Preti, frati e polli
nun so’ mai satolli.
(Preti, frati e polli: appetito insaziabile).
Beatu chi ha,
beatu chi non ha,
chi spera d’a’è
e chi tè fiji da go’ernà.
(Un inno all’ottimismo. Tutti felici).
Trista la famija che nun avrà mai pace,
ndò canta la gallina e il gallo tace.
(Non sarà una buona famiglia quella dove
comanda solo la donna).
Chi gira lecca,
chi sta a casa se secca.
(Chi si dà da fare rimedia sempre qualcosa,
chi è inoperoso diventa arido e inutile).
Chi magna pe’ la ia, ’ncontra la socera
cattìa.
(Per scoraggiare l’abitudine di mangiare
per strada si diceva che…)
Nun so’ pe’ ll’asini li confetti
e manco le melarosa pe’ li porchi.
(Ognuno si adatti alla sua condizione e
non cerchi cose riservate ad altri).
Mejo la porvere de gennaru
che la fanga de febbraru.
(Più favorevole alla stagione un gennaio
asciutto che un febbraio piovoso).
Se fa la porvere de gennaru,
judi lu tinellu e apri lu granaru.
(Se gennaio sarà un mese asciutto le cose
non andranno bene per la vigna. Tutto
bene, invece, per la raccolta del grano).
Chi nun sa finge e nun sa tramà,
nun tro’a lu modu de potè campà.
(A volte nella vita è necessario fingere e
ordire inganni contro qualcuno).
Chi finge cià ’n difettu.
chi nun sa finge nun è perfettu
(La finzione. Una necessità).
Le bellezze de Filomena
se le porta ’ia la tramontana.
(Filomena, chi sei?)
Mejo ’n tristu maritu
che ’n bon fratellu.
(Un marito è sempre un marito).
Catena non fa bon cane.
(I metodi costrittivi da soli non hanno mai
dato buoni risultati).
Culu che n’à ’isto mmai cammisa
quanno che la ’idde se ne fece ’na risa.
(Occorre imparare a conoscere le cose se
le si vuole usare in maniera appropriata).
Sta più ’ecino lu dente che lu parente.
(Dei parenti non ti fidare e non farci affidamento
e anche se devi distribuire dei vantaggi
pensa prima a te stesso e poi agli altri).
È mejo che consuma le scarpe
che la ssediola.
(Se un bambino è irrequieto è segno che
sta bene. Meglio così).
Mejo a puzzà de ’ino
che d’acqua santa.
(È preferibile l’oste al prete).
Quanno che la ’occa magna e lu culu
renne,
jamo ’n saccoccia a le medicine e a chi
le ’enne.
(Se hai sempre appetito è buon segno.
Potrai fare a meno di medici e farmacisti.
Da chi nun tè fiji nun ci jì
né pe’ piaceri né pe’ consiji.
(Chi non ha figli non è in grado di dare consigli
a nessuno: non ha alcuna esperienza).
Chi da lu giocu aspetta soccorsu
mette lu pelu comme l’orsu.
(Non affidare la tua vita all’azzardo e al
gioco: non ne trarrai alcun vantaggio).
Chi capisce nun tè da nasce
e si nasce…
battizzatu e mortu.
(Meglio nascere e vivere nell’ignoranza).
L’omminu pe’ la parola,
lu somaru pe’ la capezza.
(L’uomo si prende per la parola, il somaro
per la cavezza).
La fine de lu ca’allu è la carretta
la fine de la zitella è la coroncella.
(Il cavallo finisce i suoi giorni attaccato
ad un carretto. Alla zitella non rimane
altro che recitare il rosario). Ne esiste una
versione romanesca che dice: “La fine
der cavallo è la carretta, la fine della puttana
è la bussoletta”.
’Esti ’na scopa
e pare ’na sposa.
(Come dire che l’abito fa il monaco).
Si ojo che lu sole me guardi
la sera presto e la mmatina tardi.
(Non è certo un gran lavoratore colui che
rientra presto la sera ed esce tardi la mattina).
Hai voja a predicà, predicatò,
se predichi pe’ mi predichi male.
(Le tue chiacchiere non mi ingannano,
non fanno per me).
San Martino sementa il poverino,
San Clemente chiude la semente.
(La semina occorre farla tra il giorno di S.
Martino -11 novembre - e quello di san
Clemente -30 novembre).
La ’eccia ’ntreccia,
la sensala appara/
lu èulu la fa la capannola,
iamocinne che lu granu è munnu.
(Una sorta di tiritera tendente a dire che
raramente i raccolti sono buoni. Erbacce
di ogni genere pregiudicano le annate e,
prima che il contadino se ne renda conto,
il raccolto è bello e finito).
Lu canale è tantu strettu
che ci cape la casa co’ tuttu lu tettu
(Quando la fame è tanta attraverso la gola
ci passa di tutto).
Tanto cammina lu zoppu
e tanto lu sciancatu.
(Questo o quello per me pari sono).
Puzzà quanto ’na ’òlepe de marzu.
(Le carni della volpe sono immangiabili
nel mese di marzo).
Gallina che non picca
à già piccato.
(Se rifiuti di sederti a tavola è segno che
sei sazio. L’amante che fa lo schizzinoso
con la sua bella è segno che si è saziato
altrove).
Via Giuseppe Calandrelli.
Per gli zagarolesi “lu stradone”. (foto del 1916).