PEL.
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Tanto
godete?
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TASC.
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In libertà vedermi
Con voi,
empie di gioia il seno mio.
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PEL.
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Almen
potessi anch'io
Col riso
accompagnar la vostra gioia!
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TASC.
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Che avete?
che v'annoia?
Non basta a
rallegrarvi
Il vedermi
sì lindo e sì garbato?
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PEL.
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(Che
sciocco!) Ah tormentato
Da troppo
fiera angoscia è questo core.
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TASC.
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Perché? Mio
dolce amore,
Dite a me la
cagion.
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PEL.
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Voi, voi
la siete.
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TASC.
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Io! come?
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PEL.
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Sì: nel dirmi che
godete
Brillar
faceste, oh cielo! agli occhi miei
Il vostro
vago anello
Che mi fe'
ricordar d'un che perdei,
Simile
appunto a quello.
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TASC.
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(Oh infausta
somiglianza!
Maledetta
lezion!) Io vuò riporlo
Nel taschin
più nascosto,
Acciò più
nol vediate.
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PEL.
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Ah prima
almen lasciate,
Mio caro
Tascadoro,
Ch'io lo
contempli: io spero
Consolarmi
così per un momento.
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TASC.
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(Ahimè!) No,
che il vederlo è più tormento.
Credetemi...
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PEL.
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Ah crudel!
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TASC.
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Oh Dio! Prendete,
Vostro
conforto ei sia; non lagrimate,
Ch'io mi
sento morir.
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PEL.
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Voi mel
donate?
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TASC.
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Io dissi...
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PEL.
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Grazie,
grazie.
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TASC.
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A
contemplarlo...
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PEL.
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Si, sì, per
vostro amore
Sempre il
contemplerò: come è mai bello!
Come giusto mi
va!
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TASC.
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(Povero anello!
Per me sei
morto già).
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PEL.
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Ma che vi turba?
D'esser meco
qui solo,
pur la
libertade a voi sì cara.
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TASC.
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Sì. (Mai più
solo. Oh libertade amara!
Ma non si
perda in tutto). Or Pelarina
Non mi sarà
crudele.
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PEL.
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(Ecco la
mosca che s'accosta al mele).
Mio bel sol,
che sereni i giorni miei,
Tu sei pur
mio.
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TASC.
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Sì, sì,
mia bella Venere.
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PEL.
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Ah caro!
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TASC.
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Oh che contento!
(Dell'anello
il brucior già più non sento).
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PEL.
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Così allegro
vi voglio.
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TASC.
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E amorosa
così vi brama il core.
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PEL.
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(Un nuovo
segno or ti vuò dar d'amore).
Tascadoro,
vi lascio.
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TASC.
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Che?
Partite?
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PEL.
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Alla
conversazion del conte Cimbano
A mezz'ora
di notte io sono attesa.
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TASC.
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Oh, oh, dunque
v'è tempo.
Tutte le
mostre mie
Fan di
ventitré ore un quarto meno.
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PEL.
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È ver, ma
che disditta a una mia pari
È il non
aver cinque orologi almeno!
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TASC.
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Cinque? Che
dite mai?
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PEL.
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Cinque, né
sono assai:
Un da scena,
un da casa,
Un da conversazione,
il quarto al letto.
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TASC.
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(Ahi, si fa
brutto il tempo). E il quinto poi?
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PEL.
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Quanto alla
tavoletta
Possa il
quinto giovar, vedete voi.
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TASC.
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Eh,
superflui son tutti;
E l'ultimo
che dite anzi è proibito,
Acciò la virtuosa
non s'affanni
Ad
abbigliarsi in fretta,
E si faccia
aspettar così al teatro.
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PEL.
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Eh non
scherzate. È debito preciso
Sempre del
protettore
Il
provvederli.
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TASC.
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Or favelliam d'amore.
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PEL.
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Pria di
parlarne più, debbo insegnarvi
Come all'amata
il vero amor ragioni.
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TASC.
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No, no, da
voi non voglio altre lezioni.
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PEL.
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Dunque
partite.
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TASC.
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Ah che non
posso.
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PEL.
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Andarne
Saprò ben
io.
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TASC.
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Fermate. (Oh cieli)
S'ascolti
Un vero
amante alfin come si scopre.
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PEL.
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D'un verace
amator parlano l'opre.
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TASC.
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E gli
orologi miei parlar dovranno?
Creder nol
so.
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PEL.
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Poneteli in mia mano,
E parlar li
udirete.
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TASC.
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Eccoli. A
questo patto
Ve li
consegno, e ad ascoltar m'appresto.
(Che parlar assassino,
o Giove, è questo!)
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PEL.
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Parlan così:
sentite. È Tascadoro
Il cor di
Pelarina;
Languisce la
meschina
Perché
troppo l'adora...
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TASC.
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Seguite, o
cari, via parlate ancora;
Siete suoi,
già son vinto.
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PEL.
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Non parlan più,
perché vi manca il quinto.
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TASC.
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Or via mo,
siate buona, e se m'uccise...
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