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Gasparo Gozzi
Prose Varie

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    • XXXVI.   Riflessioni sulle cerimonie.
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XXXVI.

 

Riflessioni sulle cerimonie.

 

Mene huic confidere monstro?

Mene salis placidi vultum, fluctusque quietos

Ignorare?

 

Virg. Æn. V.

 

E ch'io m'affidi a mostro tale? E non so

io forse che non si può prestar fede alla

ingannevole bonaccia di questo mare?

 

Cerimonie, convenevoli, inchini, sberrettate, seder più qua o più , andare a man destra o a sinistra, giuramenti d'amicizie, abbracciamenti, baciare in fronte, stringer mani, e altre sì fatte gentilezze, dicono alcuni, sono tutte maschere, veli, commedia, apparenza. Ne' principj del mondo, quando viveano gli uomini di susine e mele salvatiche, e s'innamoravano con una furia da bestie, non conoscevano queste civiltà. Risvegliavasi una voglia in corpo; quegli che l'avea, manifestava d'averla, senza altri aggiramenti d'atti, di parole; e s'alcuno gliele contrastava, i loro convenevoli erano le pugna, i graffi, i morsi, le sassate e il furore; non altrimenti di quello che facciano oggidì i cani quando s'avventano ad un osso, che fanno le pellicce e le schiavine del pelo. Almen che sia, dicono cotesti tali, sapea l'uomo in qual modo s'avea egli a guidare, e conosceva a' cenni e a' segni di fuori quello che il somigliante a era di dentro; e quando egli vedea occhi di bragia, dirugginar denti, impallidire, o arrossare, intendeva benissimo l'animo di colui; e s'egli non avea voglia d'azzuffarsi, o d'impacciarsi seco, gli voltava il dosso, e se n'andava per li fatti suoi. Essi aveano anche un altro vantaggio, che non doveano avere soverchia quantità di parole, d'atti, quanta n'abbiamo noi oggidì; perchè se noveriamo tutto quello che si dice o fa da mattino a sera, troveremo che la maggior parte delle nostre parole, o degli atti, è stata questa borra, questo vento, e vano riempimento di ceremonie; e che gli orecchi nostri, per lo più, non sono stati occupati in altro tutto il giorno. Entriamo nello scrivere. Si comincia una lettera con le gentilezze, con le scuse, col chieder perdono o dell'essere stato tardo a far il suo dovere, o dell'arrischiarsi a dare incomodo, e si chiude con gli ossequj, col raccomandarsi, co' baciamani, con la schiavitù; tanto che la sostanza del foglio si tuffa e s'annega nel mare delle offerte e delle profferte, e il cervello è stanco e smarrito nell'avere cercate tante superfluità, nelle quali di giorno in giorno vuol anche trovare novità, e dire il medesimo con altre parole. Da tutto ciò dunque conchiudono i nemici dell'umana generazione, che con queste maschere si copra la malizia, l'ingordigia e la crudeltà degli uomini.

All'incontro pare a me che questi atti e queste cortesie sieno un effetto del buon terreno e dell'ottima qualità del cuore umano, il quale, condotto a vivere in compagnia con gli altri, ha trovato tali estrinseci segni per ispiegare la sua buona volontà. E ciò me lo fa credere lo intendere e il leggere che in tutti i paesi in universale s'usano; e se vengono diversificati i modi delle ceremonie, hanno però sempre quella medesima sostanza. Nel principio quando gli uomini cominciarono ad addomesticarsi, ed a sentire quella dolcezza che viene dall'ajutarsi l'un l'altro, io credo che nelle bisogne loro fossero prontissimi a darsi soccorso, come si fa nelle cose nuove, e provavano volentieri quella dolcezza del poter rasciugare le lagrime altrui, e del far bene quando potevano. A poco a poco i campi meglio coltivati fruttificarono più, gli armenti meglio pasciuti somministrarono più larga pastura, entrò nel mondo il traffico, vennero scoperti l'oro e l'argento, furono trovati i mestieri e l'arti; sicchè ognuno potè ajutarsi da medesimo, e più di rado erano gli uomini costretti a ricorrere altrui; cominciarono le cerimonie, le quali significavano che ad ogni occorrenza, ad ogni caso e necessità, chi le facea sarebbe stato apparecchiato a far tutto il suo potere. A penetrare nella sostanza di quelle, significano lo stesso anche oggidì, e si vede in esse una cert'aria di bontà, di galanteria e di buona grazia, che non si può dubitare che non vengano da quella caritativa fonte ch'io dico. Se v'ha difetto veruno, si è che la cosa è invecchiata; ed è rimasa tra noi, come tante altre usanze, delle quali non si sa più la ragione; e non se ne dee più far sopra fondamento veruno.

 

 

 




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