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Gasparo Gozzi
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    • XLIII.   Sulle vicende della vita umana.
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XLIII.

 

Sulle vicende della vita umana.

 

In longa via et pulvis, et lutum, et pluvia.

Senec. Ep.

 

A fare un cammino lungo trovi polvere, pioggia e pantano.

 

Non c'è al mondo più lungo cammino di quello della vita. Ogni uomo e ogni donna, quanto è a , non può fare una gita più lunga di questa. Mentre che si fa viaggio, mille cose t'hanno ad accadere; e mentre che si vive, sarà lo stesso. Leva il sole chiaro, senza un nuvoletto per tutta l'aria dall'oriente all'occidente, da settentrione al mezzodì. Oh! bella giornata ch'è questa! Animo. Su; in poste. Oggi io avrò un viaggio prospero. - Entro nel calesso; e non sarò andato oltre due miglia, che dalla parte di tramontana cominciano a sorgere certi nugolonacci neri, cenerognoli, da' quali esce un acuto lampeggiare spesso; poi s'alzano e mandano fuori un sordo fragore, in fine volano, come se ne li portasse il diavolo; premono, certi goccioloni radi qua e colà, e finalmente riversano pioggia con tanta furia, che par che venga dalle grondaje: tu n'aspetti allora anche gragnuola, saette, e che si spalanchi l'abisso. Non è vero. Ogni cosa è sparita. Il sole ritorna come prima. Un altro t'avviene il contrario. Esci di letto, che giureresti che avesse a cadere il mondo, di a mezz'ora tutto è tranquillità e quiete. Trovi un'osteria che pare edificata dal Palladio. Ti si presenta un ostiere, che diresti: Costui è uscito ora di bucato, pulito come una mosca. - I famigli suoi tutti sono garbati. Tu fai conghiettura d'avere un pranzo che debba essere una signoría. Siedi alla mensa. Appena hai di che mangiare, e infine una polizza ti scortica fino all'osso. Domani in una taverna, che pare un nido di sorci, che ha per insegna un fastelletto di fieno, o una frasca legata sopra un bastone, farai la più grassa vita e il più bello trionfare del mondo. Reggi in qual modo vuoi le cose tue, e fa quel che vuoi; prendi alterazione, o non ne prendere di quello che t'avviene; misura i tuoi passi, o lascia andare le cose come le vogliono: io credo che sia quello stesso. Una cosa sola dovremmo imparare, cioè la sofferenza. Ma noi vogliamo antivedere gli anni, non che i mesi, prima quello che dee avvenire, o oltrepassare con gli occhi dell'intelletto a quello che dev'essere, e non è maraviglia poi se vediamo quasi tutti gli uomini pieni di pensiero, con gli occhi tralunati e malinconici, che sembrano sempre in agonia, e si dolgono che la fortuna è cieca.

 

 

 




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