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Gasparo Gozzi
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    • XLVIII.   Ragionamento intorno ai pensieri.
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XLVIII.

 

Ragionamento intorno ai pensieri.

 

In pertusum ingerimus dicta dolium.

Plaut.

 

Mettiamo le parole in una botte fessa.

 

Verrà uno e dirà: Vuoi tu scrivere? Io ho un bello argomento alle mani. Odilo. - E mi narra una cosa. Quantunque la non mi piaccia affatto, conviene ch'io faccia buon viso, altrimenti n'avrebbe collera; ma non giova, perchè poi si sdegnerà, quando non vede ch'io l'abbia scritta. Tanto era ch'io non gli avessi usata quella prima civiltà sulla faccia, e avessi detto pane al pane, come in effetto mi dettava la coscienza. Io sono più presto malaticcio che altro: e tuttavia non mangiando e non bevendo soverchiamente, facendo altri disordini di quelli che danno il crollo al temperamento dell'uomo, essendo per natura mal condizionato di viscere, di sangue, non posso indurmi a credere ch'altro mi renda così malsano, fuorchè il fare per civiltà quello che non vorrei, tacere quello che vorrei dire, e parlare di quello che non vorrei, più volte in un giorno. Io non so perchè il contrastare così spesso alla propria volontà non debba fare qualche alterazione nel corpo, come la fanno tulli gli altri disordini. Di qua viene, cred'io, ancora che parlo poco. Non so come facciano alcuni i quali tengono nel cuore e nel capo più cose ad un tratto; e traggono fuori, quasi da una borsa, quello che vogliono. Anzi quello che mi pare più strano, si è che ne cavino quel che non hanno dentro. Io vedrò uno il quale ha una malinconia nel cuore che l'ammazza, e trovasi in compagnia di chi gli narra qualche frascheria, e ride; per compiacenza ghigna anch'egli, e risponde al primo con una facezia. In qual parte della borsa avea egli la facezia così pronta, s'egli è pieno di tristezza? Una vedova sarà allo specchio da , e mirerà come le quadra bene il bruno arrecatole quel per la morte del marito. È piena di , contenta del vestito nuovo, che le rialza la carnagione perch'è bianca. La sua appariscenza l'empie tutto l'animo, tutta la testa. Il cameriere le annunzia che vengono persone a visitarla; ed ella, ripiena del primo pensiero, parlerà con la miglior grazia del mondo del suo gran dolore, e mescolerà le parole con le lagrime. In effetto, io credo che la lingua sola, senza l'ajuto del cervello, possa oggidì anch'essa dire quello che occorre, perchè altrimenti io non saprei intendere come si potesse ragionare così diversamente da quello ch'è di dentro. O veramente, contro a quanto n'hanno detto gli speculatori della natura, i pensieri non sono più nell'intelletto, ma volano per l'aria, e ce li tiriamo respirando ne' polmoni, e li mandiamo fuori. Il che quasi quasi sarei tentato di credere, e forse lo potrei provare. Oh! non sono forse state provate cose che nel principio pareano più strane di questa? Dappoi in qua, per esempio, che fu fatto il mondo, è stato parlato sempre. Le parole non sono altro che tante vesticciuole, come chi dicesse vescichette, che rinchiudono un pensiero. Quando sono uscite dalla lingua, la vescichetta percuote nell'aria: oh! non si potrebbe dire che si rompe, e fa quello scoppio ch'ode ognuno? Il pensiero svestito dove n'andrà? Rimane per l'aria a svolazzare. Immagini ognuno qual turbine di pensieri si dee aggirare intorno a noi, dappoichè si parla al mondo. Io non l'affermerei per certo, ma molte cose mi fanno dubitare che si parli oggidì co' pensieri che vengono dal di fuori. L'una, che non s'ode mai cosa che non sia stata detta; e questo è segno che si parla co' pensieri degli altri. L'altra, che spesso s'odono persone a favellare con tanta confusione, che non si potrebbe dire altro, se non che tirando il fiato ingojano que' pensieri che vengono, e li cacciano fuori come ne vanno. Si potrebbe anche dire che di così fatti pensieri sia tanto piena l'aria, che caschino in ogni luogo, e principalmente ne' calamai, dove si ravviluppano nelle spugne, e ne vengono poi tratti fuori dalla punta della penna; poichè anche gli scrittori per lo più fanno come chi favella; e ci è chi scrive quello che altri ha scritto, o detta in modo che non s'intende. So benissimo che si potrebbe fare qualche obbiezione; perchè molte ne vanno per l'aria anche di queste, come d'ogni altra materia; ma non diffido però, che non ci volino anche le risposte e gli scioglimenti. Potrebbe nascere un dubbio, per esempio, perchè le donne parlino più de' maschi. S'egli fosse vero che i pensieri volassero per l'aria, come io dico, per qual ragione ne avrebbe ad entrare in esse una maggior quantità che negli uomini, quando tirano il fiato per favellare? Rispondo, che ci è diversità, fra pensieri e pensieri, e che una minor quantità ne dee di necessità entrare di quelli che sono di maggiore importanza, e per conseguenza più grossi (quali son quelli che co' loro più gagliardi polmoni traggono in gli uomini) di que' dilicati e fini pensieri che si traggono le femmine in polmoncelli men vigorosi nel ventilare. Per altro l'obbiezione non ha fondamento; e la mia risposta fu piuttosto per dire qualche cosa, che perchè in effetto abbisognasse. Ho udite donne a parlar poco, e uomini molto. Ho sentite femmine a favellare benissimo di cose importanti e gravi, e uomini di minute e di nessuna sostanza: sicchè anche questa opposizione non istà salda al martello. E per maggior prova della mia opinione, ho fatto sperienza che, a questi giorni così piovosi e umidacci, ognuno è malinconico, e appena si è posto a sedere, che pare addormentato; laddove quando sono i tempi asciutti, e que' bei sereni così vivi, par che ognuno si conforti a chiacchierare; e questo è indizio ch'entra l'aria in corpo respirata più grossa e più tarda; e quanto essa tien più di luogo e più tarda va, tanto men v'entra di pensieri, i quali all'incontro con la serena, agile e sottile, trovano più capacità dentro, e maggior prontezza all'entrata.

 

 

 




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