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Gasparo Gozzi Prose Varie IntraText CT - Lettura del testo |
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LIII.
Imitazione degli Autori.
O imitatori, greggia di schiavi!
Anche qualche cosa che appartenga allo buone arti, può entrare fra le considerazioni dell'Osservatore, e principalmente avrà egli facoltà di parlare intorno alla poesia, che fu sempre una delle più coltivate dalle genti, e forse una delle prime a levar via da' popoli la ruggine della barbarie. Io non dirò che cosa essa sia, nè donde derivi quell'invasazione che si chiama furore poetico; nè parlerò de' varj generi de' componimenti. Tanto n'è stato detto fino al presente, e tanto se ne legge in antichi e moderni libri, che sarebbe un aggiungere acqua al mare chi volesse dirne più oltre. Eleggo una sola particella di essa, intorno alla quale udii più volte a fare romor grande e infinite quistioni, con tante ragioni dall'una parte e dall'altra, che sono un abisso da non uscirne mai. Questa è la imitazione. Vogliono alcuni che si debba imitare autori antichi; altri ci sono i quali affermano che non si debba. I primi dicono ch'egli è bene seguire i vestigj di uomini già divenuti immortali; non potendo errare chi va dietro all'orme di chi prese la diritta via della gloria. Dicono i secondi: Oh! non abbiamo noi forse vigoria da noi medesimi senza nuotare co' gonfiotti? Questa è schiavitù. - Adunque che si ha a fare? imitarli, o no? Abbiamo da prendere l'esempio altrui, o da lasciarlo stare? - Quanto è a me, direi, che essendo stati al mondo certi capi più maschi degli altri e più favoriti da Apollo, questi abbiano ad essere nostro modello e guida nel poetico viaggio. Non nego però, che non ci sieno alcuni i quali errino grandemente nel modo dell'imitazione, riducendola per lo più alla scelta delle parole e al collocamento di quelle; nel che veramente egli è impossibile che non perdano il nervo, per così dire, dell'intelletto, logorandolo nella meditazione di picciole cose, quando dovrebbono adoperarlo in quello che fa la sostanza della poesia. La correzione nel linguaggio è necessaria, e una grata armonia con giudizio variata; ma questi sono vestiti; e a che giovano i vestimenti, se non hai corpo da mettervi dentro? I nobili ingegni, che tu cerchi d'imitare, pensarono prima alle ossa, al midollo, alle polpe, poi le fornirono. Se tu se' vero investigatore, non iscucire i loro panni, ma notomizzali intrinsecamente; apri vene, sottilizza intorno a' nervi, studia quelle ossa massicce; il dolce suono delle parole ti si appiccherà frattanto agli orecchi, senzachè tu vi ponga mente, non dubitarne. Imparasti tu a favellare, dicendo fra te: questo sì dice sì e sì: questo vocabolo significa tal cosa? - No. Tu non vi badasti punto, e in capo a non so quanti anni trovasti in sulla tua lingua un intero vocabolario da spiegare ogni tuo concetto; imparato dalla tua famiglia, dagli amici, dalla tua nazione con la costumanza, con la pratica; e l'hai nel cervello senza sapere in qual modo vi sia entrato. Non temere. Lo stesso avverrà leggendo i libri e meditandovi sopra, senza punto arrestarti qui ad una sillaba, costà ad un modo di favellare. Lascia fare alla tua mente, la quale condotta dalla tua volontà a riflettere intorno alla sostanza dei libri, ti farà in fine questo benefizio di arricchirti dei modi del favellare; nè credere che ti abbisognino lunghe grammatiche o regole, perchè a lungo andare vi entra la correzione e la giustezza insieme con le parole. In breve, l'imitazione della favella è cosa che viene da sè, non istudiata. E ti maraviglierai che insieme ne vengano a poco a poco per la stessa impensata via i più bei fiori della rettorica e le figure, o vogliam dire, veemenze del ragionare. Che pensi tu che sieno coteste figure? Fa tuo conto che le sieno l'azione di dentro. Siccome di fuori tu non parleresti con forza senza movere le mani, alzare gli occhi, battere i piedi o altro somigliante atteggiare; così di dentro nascono certi gagliardi atteggiamenti che rinvigoriscono il tuo favellare, e chiamansi figure, le quali ne vengono spontaneamente; e se tu non di': Ora alzerò il braccio, ora mi picchierò il petto, o farò altro; così non dirai: Eccomi al luogo di una iperbole o di una esclamazione, o di somiglianti movimenti che ingagliardiscono la tua loquela. - Va, va, non te ne dar briga; leggi per altro fine, e lascia in ciò fare all'usanza. Altra dee essere l'imitazione de' nobili scrittori; e il tuo ufficio sarà di seguirli nella imitazione ch'essi avranno fatta di natura. Nacquero al mondo certi capi privilegiati in poesia, i quali videro, come in uno specchio, tutti gli aspetti di natura, e ritrassero con tanta fede e sicurezza i lineamenti di quella nelle loro scritture, che leggendo ti par di vedere, tanta e tale si è la somiglianza del vero nei loro versi. Va tu alla loro scuola, e nota bene questa grande attività, seguili a passo a passo, e considera tutte le bellezze di questo genere. Quanto più sono minute, sia maggiore la tua maraviglia, e ti avvezzerai col tempo a far tu medesimo lo stesso cammino; nè potresti credere a mezzo i bei campi che ti si apriranno dinanzi, non tocchi ancora, e quante novità ritroverai non vedute nè udite. Ma se vuoi andare oltre in quest'arte, non fermare il piede ai primi oggetti che ti feriscono gli occhi, nè gareggiare a descrivere un fresco e corrente rivolo, un ombroso boschetto, o il romore di una burrasca. Questi sono i più facili aspetti di natura che primi si affacciano, e dei quali si trovano ritratti in ogni luogo e ad ogni passo. Non ti chieggo imitazione di ciò. Se ti occorrono, sappi farle; ma non le tirare a te con le tanaglie. Domandoti che studii nelle passioni caratterizzate da Omero con quella infinita grandezza; quelle smanie, quei dispetti, quelle turbolenze delle anime nell'Inferno di Dante, quella nobile malinconia del suo Purgatorio, quelle consolazioni del suo Paradiso. Vedi quanti amorosi effetti ti spiega il Petrarca nel suo Canzoniere, e con quanta nobiltà! Egli è quel solo che la nobile natura di amore trasse dalla natura del cuor suo. A pena si può dire quante vie cotesti grandi uomini ti aprano coll'andare innanzi, se tu li segui. L'imitazione di natura risplende in essi da tutte le parti. Ogni squarcio è quadro. In ogni linea e tinta scorgi pennello da natura guidato. Se vuoi comprendere i loro studj e le continue riflessioni in questo genere, abbi l'occhio non solamente alle cose più massicce, ma, come già ti dissi, anche alle più minute, e in qual forma abbelliscono tutta la tessitura de' loro versi con migliaja d'immagini prese dalla verità; e volano rapidamente a guisa d'intelletto di uomo9 che veduto abbia molto mondo, e consideri con la sua profonda mente là fui o qua, e molte cose pensi. Spécchiati fino nelle gru descritte da Dante, nelle pecorelle ch'escon del chiuso a una, a due, a tre; nell'arzana dei Veneziani, in quelle candide anime che per la loro sottilità si veggono a guisa di perle messe in bianca fronte; e stabilisci in tuo cuore che ad ogni cosa ponevano mente, ed esaminavano aria, terra, acqua, opere di uomini, naturali effetti, apparenze di tutto. Questa è l'imitazione usata dagli uomini grandi; e in ciò li dobbiamo imitare. Di chi si ride di loro, ridi; e tieni per certo che in altro modo non si fa libro che oltrepassi con la fama sua l'età dello scrittore.
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9 Omero, Iliade, lib. XV. |
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