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Gasparo Gozzi Prose Varie IntraText CT - Lettura del testo |
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LXIV.
Mi affatico per esser breve,
Fu trattata un tempo una quistione, qual di due antichi scrittori sia il più breve nella sua storia, Sallustio o Tacito. Tuttadue scrivono con vigoria, nervo, ristretti, saporiti. Ogni cosa brilla in quelle loro parole, tutto è midollo e sostanza. Con tutto ciò fu deliberato che Tacito in brevità vincesse l'altro. La brevità di Sallustio, dissero i dotti che ne diedero sentenza, sta nel parlare, quella di Tacito nello stile e nella materia. Il primo ha certi proemj, certe digressioni, quanto allo stile stringate, ma tirate nell'opera co' denti. All'incontro lo scrittore degli Annali e delle Istorie tronca ogni superfluità nella materia; sempre è brusco, sempre conciso nell'argomento e nello scrivere; e si vede ch'egli ha fatto professione di accorciare ogni cosa coll'intelletto e con la penna. Questa è la vera brevità da imitarsi per qualunque uomo voglia seguire quella via; e questa è quella ch'io raccomando a quella persona che mi ha scritto perchè io gliene dica il mio parere. Ora vi aggiungerò anche alquante altre ciance, delle quali egli farà poi quell'uso che gli piace. Due cose sono principalmente necessarie a colui che voglia stringare quanto può gli scritti suoi. L'una intendere e conoscere profondamente tutte le circostanze della materia trattata da lui, perchè quando l'ha bene innanzi alla mente, tutto quello che gli si presenterà di slegato e di forestiere, lo vedrà subito, e lo scaccerà da sè come inutile. Non iscrive mai lungamente se non colui il quale non sa di che scrivere. E ricordomi di aver letta una lettera, non so ora di cui, che cominciava in questa forma. Amico mio caro. Voi mi avrete questa volta per iscusato, se vi riuscirò lungo nello scrivervi, perchè vi scrivo senza aver materia; ch'era quanto dire: Egli mi conviene seguir la penna, e andar a caccia di pensieri, e prendere quelli che verranno. - In secondo luogo si ha ad acquistare un sicuro possedimento di quella lingua in cui si scrive, acciocché ogni pensiero si presenti con adattati vocaboli, per non abbisognare di lunghi giri a spiegarsi. Questa impresa richiede una pazienza grande e una minuta e continua osservazione, fatica necessaria, ma disprezzata da molti i quali, non avendola per infingardaggine curata mai, atterriscono tutti col dire ch'essa è inutile, e col farsi beffe di chi vi ha perduto dentro gli occhi. Io non allegherò gli scritti di alcuno, acciocché non paja ch'io favelli per maldicenza; ma parlerò in generale di molte scritture che si veggono oggidì, date fuori per dettate in italiano: nè in esse noterò però altri difetti fuor che quello della lunghezza eterna; quando gli autori di esse si credono di essere stati brevissimi. Biasimavano cotesti tali il periodeggiare con armonia, qual nemico mortale dell'esser breve. Io vorrei però sapere, se sia più lungo un periodo di una facciati intera, diviso in più membri, in ognuno de' quali si contenga qualche pensiero, o una filza di singhiozzi ch'empiano la stessa facciata, e che nella fine non se ne cavi nulla. È più lungo chi sa e può variare il suo stile in ogni genere di argomenti, trovare vocaboli alti a spiegare capricci, azioni, passioni e quanto si trova nell'umana natura, o chi con un Dizionario di dugento voci intraprende di descrivere questo mondo e l'altro? È più lungo chi può con diversi tuoni diversificare prosa e versi, o chi suona sempre la stessa campana? Quanto è a me, sono di opinione che il poter diversificare i tuoni e le parole nello scrivere, se non giova alla brevità, almeno non lasci sentire il tedio di quella lunghezza che nasce dal toccar sempre una corda sola. Vorrei anche segnare a chi mi domanda, quali sieno quegli autori, fra gl'italiani, che più meritano di essere osservati, per impinguare la mente di modi migliori da spiegarsi, e in qual forma si debbano fare sopra ciascheduno di essi le osservazioni per giungere alla desiderata brevità. Ma questa sarebbe cosa da scuola, e ha in sè una certa aridità che non conviene a' presenti fogli. Anzi temo di averne detto troppo.
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