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Gasparo Gozzi Prose Varie IntraText CT - Lettura del testo |
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Apparizione dell'Infingardaggine e lodi della medesima.
Trovandomi io a questi passati giorni soletto nella mia stanza, e pensando, come sono avvezzo, a varie cose (che appunto è indizio di non pensar a nulla; perchè chi ha un vero ed efficace pensiero, non ha tempo di andar vagando qua e colà col cervello, internandosi principalmente nella sua unica intenzione, in essa sta fermo e saldo); trovandomi io dunque quale cominciai a descrivermi, egli mi parve in un súbito di sentire un certo sordo stropicciar di piedi fuori della stanza mia; ond'io curioso di saper chi fosse, dissi: Chi è là fuori? Ma crescendo tuttavia quel romore, qualunque si fosse, e non udendo risposta veruna, mi levai su di là dov'io sedeva, e aperto l'uscio, mi affaccio a quello per veder chi era. Vidi una femmina co' capelli tutti sparpagliati, che non solamente le cadevano sulle spalle di dietro, ma anche intorno alle tempie ed agli occhi, coperta con un certo vestito logoro, da cui si spiccavano molti cenci, sicchè qua e colà per le fessure le si vedeano le carni, benchè la fosse però, quanto al corpo suo, grassotta e colorita in viso come una rosa damaschina, e l'avesse un'aria di sanità che facea innamorare a vederla. Due volte aperse costei la bocca per favellare, ed altrettante in iscambio di parole le uscì uno sbadiglio, e la cominciò anche a prostendere le braccia con un oimè lungo e rotondo che non avea mai fine, come suol fare chi si risveglia dal sonno, ferito dal sole ch'entra per le finestre. Ad ogni modo io la sollecitava pure a dirmi chi ella fosse; ma non fu mai possibile che proferisse parola, nè si movea punto di là, nè parea che sapesse che fare. Se non che finalmente adagio adagio la si pose una mano in tasca, e ne trasse fuori un foglio con sì gran fatica, che avreste detto che la ne cavasse fuori piombo; e come se non avesse potuto sostenerlo, lo lasciò cadere in terra, e guardandolo, si grattò il capo quasi disperata di poternelo più rilevare; onde con le lagrime agli occhi diede la volta indietro con tanta lentezza, come se l'avesse avuto i piè cotti; ed io fra il guardar così strana figura, e lo star mezzo chino per prendere il foglio, e il ridere di così nuovo atto, stetti un pezzo, e tanto, che non vidi più la femmina, la quale quando piacque al cielo mi uscì di vista. Allora, senza punto sapere quel ch'io mi facessi, nè chi ella si fosse, ricolsi il foglio, e leggendo il titolo che portava in fronte, ritrovai che questa era la sostanza della scrittura:
Non attendete, o ascoltatori, che parlando di me, che sono l'Infingardaggine, vi faccia periodi brevi, sugosi, o con sostanza di troppo grave e profonda materia; imperciocchè il parlare stringato arreca soverchia fatica, come quello che tosto finisce un senso, e vuole entrare in un altro subitamente. La rotondità del periodo, la sonorità, l'abbondanza è quella che mi dà la vita, ed è cagione ch'io talvolta, senza punto uscire della natura mia, ritrovato un picciolo pensiero, quasi chi stende un pezzuol di pasta ad una estrema sottigliezza, l'allargo, lo prolungo e lo affogo in un dizionario di vocaboli quant'io posso risonanti e rotondi. Nè vi attendete, oltre a ciò, ch'io con infinito studio e con diligentissima cura voglia perdere il cervello a ritrovare vincoli e dipendenze che stringano e facciano scendere e germogliare l'una cosa dall'altra; essendo questo uno studio non solo dannoso e ritrovato da certi ingegni sofistici per istemperare le cervella del prossimo, ma vôto affatto di effetto sopra gli uditori, i quali tanto più ascoltano volentieri, quanto più spesso si cambia di proposito, e dall'una cosa nell'altra a lanci e a salti si passa. Così dunque facendo io al presente, dícovi che sono l'Infingardaggine. Io vi prego, ascoltatori miei, prestatemi un attento orecchio, perchè quand'io lodo me medesima, non intendo già di esaltar me, ma bensì di far benefizio a voi. Se chiaramente potrete intendere quali sieno que' giovamenti che da me ne vengono fatti al mondo, io son certa che, lasciate stare tutte le faccende, correrete fra le mie braccia come i piccioli fanciulli alla madre. Io sono in primo luogo capitale nemica delle lunghe fatiche che fanno gl'ingegni negli studj; e quanto giusta e ragionevole sia questa nimicizia, tosto lo conoscerete da voi medesimi, quando vedrete che la consumazione del corpo e della vita nasce in gran parte dagli stenti interni del cervello che continuamente stando, per così dire, in sulle ale, mai non si stanca, mai non rifina, sempre si move, e ruota fra le migliaja di pensieri in un giorno. Non vedete voi, o pazzi che siete, in qual guisa vi ha fatti natura, ch'egli pare propriamente che siate fabricati per non movervi mai? Pensate alla facitura del vostro corpo. Qual bisogno aveva ella di empiervi al fondo delle rene di due pezzi di carne così evidenti che sembrano due origlieri, s'ella non avesse voluto darvi con questo ad intendere, esser sua intenzione che vi stiate il più del tempo a sedere? All'incontro se considerate i piedi, non vedete voi come a paragone del corpo sono picciolini e asciutti, che par che dimostrino che voi abbiate poco e di rado a posarvi sopra di quelli? Anzi per darvi di ciò più certo avviso, io credo che ognuno di voi comprenda che quando gli avete mossi alquanto in fretta, incontanente siete ammoniti da' polmoni che l'andare non è secondo la natura vostra, ma sì bene il sedere; chè nel vero, se voi sedeste parecchi anni, senza levarvi mai, non tirereste mai il fiato con quella furia che fate, quando avete camminato lungamente. Queste sono quelle ragioni vere e palpabili, alle quali vorrei che poneste mente, e ne traeste fuori quella verità che andate cercando invano tra le sottigliezze. Questa è la scuola mia, e queste sono le da me insegnate dottrine. Perchè vi credete voi ch'io abbia ritrovate tante fogge di sedili alti, bassi, soffici, morbidi e profondi, altro che per bene dell'umana generazione, e per quel vero conoscimento ch'io ho della sua natura? Nè vi crediate già ch'io abbia in tanti miei ritrovati logoro il mio cervello in lunghe contemplazioni, no. Io ho solamente osservato in qual modo stieno meglio adagiati i lombi, in qual forma abbiano miglior posatura le schiene, in qual guisa stieno più comodamente distese le gambe, e secondo che mi parea o così o così feci nascere mille nuovi agi, che non gli avrebbero i più fini speculativi rinvenuti giammai. Di cui vi credete voi che sieno opera tante botteghe, nelle quali si può a suo grandissimo agio bere, sbadigliare e ragionar di nonnulla, o tacere quanto si vuole? Tutte sono opera mia e carità mia per distogliere gl'ingegni da' pensieri sodi e massicci, perchè possano gli uomini dormire con gli occhi aperti e non logorarsi internamente l'intelletto. Chi credete voi?... Ma io mi debbo pur ricordare che sono l'Infingardaggine, e non andar tanto a lungo. Se mi domandate ch'io faccia un compendio del mio ragionare, non mi ricordo quel ch'io abbia detto: se attendete ch'io dica di più, non so quello ch'io mi debba dire. O bene o male, ho detto.
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